La dimensione etica della scelta di vita irrevocabile
Lo scopo del presente lavoro è analizzare nell’ottica particolare della teologia morale il tema vocazionale dell’opzione di vita. Seguiremo pertanto un percorso articolato in alcuni momenti fondamentali: la necessità di visibilizzare in un’opzione di vita la nostra opzione fondamentale entra nella dinamica antropologica e teologica della costituzione dell’uomo; l’opzione di vita rappresenta un criterio in cui convergono l’appropriazione personale dei valori attraverso un quadro di virtù vissute; in questo quadro trova senso e possibilità la tematica dell’irrevocabilità come dinamica soggiacente le varie scelte di vita ed in particolar modo le vocazioni di speciale consacrazione.
Dall’opzione fondamentale alle scelte concrete: la mediazione dell’opzione vitale
Nella teologia morale già da alcuni anni è stata assunta l’idea di opzione fondamentale (= of) per superare la visione di una morale cristallizzata sull’esatto compimento della norma. Si è compreso che non è sufficiente spiegare il dinamismo etico dell’uomo attraverso una griglia di doveri e di valori morali, ma come fosse necessario introdurre la categoria di of per esprimere l’appropriazione di tutto il soggetto all’eterno processo della vita morale considerata sotto l’ottica della fede cristiana. L’of rappresenta l’apertura della libertà e della volontà umana ad una decisione che investe il centro profondo del singolo e contribuisce così a configurare la sua identità personale. Essa, in sostanza esprime l’autodeterminazione del soggetto al bene morale visto come realizzazione piena della propria esistenza. L’of, in questa prospettiva rappresenta il soggetto nel suo decidersi per l’unificazione creativa della propria vita. Tale opzione, attuata nella profondità della coscienza si riverbera e dà consistenza alle scelte particolari ed in particolare al misurarsi del soggetto con il complesso delle norme e dei soggiacenti valori morali e misura l’intensità dell’impegno che al singolo è richiesta per costruire fedelmente la sua risposta alla chiamata etica che il progetto cristiano considera come suo insopprimibile costitutivo. Però caratteristica propria di tale of, resta una sua fondamentale astrattezza, risultando essa maggiormente categoria unificante (di fronte alla quale tutti devono prendere posizione) che diversificante (l’irripetibilità di ogni singola esistenza). In sostanza l’of resta “unica” coincidendo con la positiva e libera accettazione dell’iscrizione delle virtù teologali (fede, speranza e carità) nel singolo agente. Pertanto da alcuni anni si è introdotta nella teologia morale l’attenta considerazione che non solo l’of è in stretto contatto con le singole scelte concrete, ma con una scelta tematica del singolo che decide e si dispone ad un progetto tendente a dare unità concreta alla propria vita.
Si parla a questo proposito di opzione irrevocabile di vita, o, più semplicemente di opzione vitale (= ov) (Lebensentscheidung). A questo proposito la teologia morale viene a recuperare e sviluppare maggiormente quell’imperativo tradizionale della morale circa il dovere di adempiere ai doveri del proprio stato. Lo sviluppo consiste propriamente nel fatto che il dinamismo per una scelta concreta di vita non viene dato per scontato, ma valutato nelle sue conseguenze etiche. Si cerca quello che rappresenta per l’uomo il fatto di una scelta di vita e le sue condizioni di possibilità. Tali condizioni di possibilità determinano anche un risvolto etico imprescindibile su cui quotidianamente ciascuno è chiamato a misurarsi.
La possibilità di un’opzione che si pone come irrevocabile sembra essere contestata dalla povertà decisionale dell’uomo contemporaneo. La paura di definitività, che coincide con l’impossibilità di reperire un’uscita di sicurezza di fronte ad una scelta difficile, porta l’uomo a dilazionare o assumere solo parzialmente e con iniziali riserve l’impegno di vita. Si rende necessaria un’opera che non è solo di tipo pedagogico, ma più globalmente di educazione morale per far cogliere come l’opzione irrevocabile di vita sia una reale possibilità e che venga a coincidere con la maturità della persona. Questa maturità assume un duplice volto: quello della maturità umana e quello della maturità nella fede. Ci soffermiamo brevemente su questi due aspetti.
Opzione di vita e maturità umana
La maturità umana non è un traguardo impossibile. Fa parte della stessa struttura umana l’esercizio di una signoria positiva sopra la propria vita maturando una capacità di progettazione di sé. Questo comporta un duplice dinamismo: quello che pone l’uomo di fronte al tempo della sua vita e quello che lo pone nella tutela dello spazio della propria scelta.
La categoria della temporalità rappresenta la chiave di comprensione dell’ov. La seria posizione di una ov reclama nel momento della scelta una chiara percezione della propria storia nel suo dispiegarsi passato di fronte al quale l’ov rappresenta la sensata conclusione di una riflessione attenta a cogliere i segni che hanno portato alla sua formulazione. Passato di fronte al quale l’ov rappresenta l’inveramento, la concentrazione. L’ov si pone anche di fronte al futuro del singolo e rappresenta l’atto in cui con sufficiente libertà si dispone della propria esistenza facendo espressamente un atto di fedeltà. L’apertura al futuro rappresenta per l’ov non solo il comodo adagiarsi nella sicurezza di una scelta fatta, ma reclama parimenti la seria considerazione del margine di incertezza di fronte ad esso. Come sinteticamente si esprime K. Demmer: “La riuscita del progetto di vita sta e cade con la conseguente fedeltà alla verità di sé una volta riconosciuta, che viene accolta come vocazione. L’individuo certo non sa cosa gli porterà il suo futuro. Intesa così, ogni decisione di vita è sempre un passo verso un futuro incerto e oscuro”.
Il tempo diventa il luogo di consolidamento della ov. In questo senso essa non è un atto posto una volta per tutte di cui si subiscono le conseguenze, ma un atto che ha la pretesa di prolungarsi nelle scelte di ogni giorno. Per questo l’opzione di vita rappresenta l’esercizio concreto e necessario per la maturità dell’uomo, maturità che si dispiega nell’arco stesso della propria vita percepita non come moltiplicazione infinita di esperienze a forte tonalità emozionali, ma nel realismo della percezione della irripetibile limitatezza della propria esistenza che reclama un ordine interiore ed esteriore. Dal punto di vista antropologico tale opzione rappresenta il concreto precludersi di altre possibilità. Questo fatto è solo un apparente impoverimento in quanto tale atto di scelta è visto come l’unico capace nella concreta esistenza di dare un significato pieno ai frammenti. Per questo è atto di maturità ed esige un atteggiamento continuo di maturazione nell’opzione di vita posta.
Lo spazio di una ov reclama, parimenti, una sua protezione attenta nelle scelte concrete da porre attraverso una cura provvidente ad essa. Tale attenzione si esprime attraverso un’analisi profonda delle motivazioni che stanno alla base dell’agire quotidiano, delle intenzioni che la persona pone di fronte alle scelte e, inevitabilmente, si ripercuote sull’esecuzione dei doveri propri di ogni stato di vita. In sostanza non è possibile un accostamento asettico di fronte ai valori morali, essi sono sempre affrontati dall’interno di una scelta fatta o che si sta compiendo. Si tratta, dunque, di valori “incarnati” e mai astratti dalla concreta esistenza e capacità di percezione. Inversamente la cura per la costruzione di una ov, che abbia alle spalle la stessa apertura della persona alla decisione fondamentale per il bene, riceve una spinta di consolidamento o un progressivo logoramento proprio dai singoli atti della persona.
Sotto questo profilo l’ov assume la caratteristica dell’irrevocabilità. Tale caratteristica che si esprime nella vita matrimoniale, come nella vita sacerdotale e religiosa rappresenta più che un limite angusto, a volte palesemente contestato dalla cultura, un positivo guadagno personale e consente di scoprire all’interno di essa i valori e le virtù necessarie per riempire di senso l’esistenza umana. Una particolare cura deve dunque svolgersi per conservare la fedeltà. Tale fedeltà, che nell’ottica del sacramento e della consacrazione rappresenta un continuo dono di Grazia, modella le esigenze etiche richieste. Anche l’obbedienza alle singole norme all’interno dell’of della persona che si esplica in una opzione di vita rappresenta il concreto percorso per mantenere una cura continua alla fedeltà. Tale irrevocabilità non esclude l’ipotesi del fallimento (legato ad una insufficiente ricezione delle esigenze richieste davanti ad ogni scelta di vita o legata ad una insufficiente cura delle proprie energie morali e spirituali, o, in modo più esterno, ad una costrizione della libertà nell’atto della scelta), ma costituisce il risvolto operativo della fedeltà.
Questo discorso sulla fedeltà ci porta però al passaggio dalle categorie antropologiche a quelle teologiche. La fedeltà dell’uomo è sempre risposta alla fedeltà di Dio che lo chiama ad una concreta, intelligente ed appassionata disposizione di sé in un progetto di vita. Questa caratteristica di fedeltà reca dunque il segno indelebile della Grazia.
L’opzione di vita nell’esistenza di fede
Si insiste molto nella catechesi sul nesso fede-vita. Sotto questa particolare prospettiva l’impegno per la formazione di una opzione di vita e l’attenta cura di essa rappresenta la prima e fondamentale concretizzazione della decisione di fede. “L’uomo – come si esprime K. Demmer – decide definitivamente e irrevocabilmente circa la sua vita, perché lo guida la convinzione che esiste un senso definitivo della sua esistenza, fondamentalmente conoscibile e fondato nell’irrevocabile decisione di Dio”. La scelta di realizzarsi nel progetto di Dio, in sostanza, è fondata sull’innegabile fatto della sua indefettibile fedeltà all’uomo, attuata definitivamente nel Cristo. La risposta dell’uomo nella fede è carica di questa capacità di lasciarsi plasmare da essa per una autentica costruzione di sé. Tale fedeltà di Dio si riverbera e viene partecipata proprio nell’atto di porre una opzione di vita. Questa idea è chiarissima nella teologia del matrimonio, come in quella del sacerdozio e della vita consacrata. L’indefettibile presenza della Grazia dà un senso al fatto del consegnarsi gratuito e fedele dell’uomo a Dio e ai fratelli e libera l’esistenza dal puro sforzo volontaristico della riuscita. La riuscita di un progetto di vita contempera così la saggia disposizione della libertà dell’uomo e lo spazio creativo della Grazia che amplifica tale libertà infondendo il dono della gratuità, della consegna e del sacrificio come caratteristiche necessarie per la fedeltà. Il dono della Grazia, in sostanza, rappresenta la partecipazione del singolo agli stessi sentimenti che furono del Cristo Gesù e ogni opzione di vita rappresenta per parte sua il particolare inserimento di ciascuno nel mistero di salvezza del Cristo.
L’opzione di vita e le vocazioni di speciale consacrazione
L’ov, posta nell’ottica della fedeltà, ci guida al tema delle vocazioni di speciale consacrazione. Ancora una volta si supera il ristretto ambito dell’analisi dei poveri di ciascun stato e l’analisi legalistico -canonistica dell’implicazioni proprie del “voto” religioso per porsi ad una dimensione più profonda. Una vocazione di speciale consacrazione ha la pretesa di raccogliere in unità l’essere della persona, la consistenza del suo progetto umano e della sua maturità e il fatto della gratuità del dono di Dio che colma l’insufficiente fedeltà dell’uomo. Tali vocazioni di speciale consacrazione trovano proprio nella riflessione sulla natura dell’opzione-vita (come è stato sommariamente abbozzato sopra) un quadro di riferimento imprescindibile per definirne la propria identità e una serie di esigenze etiche che hanno la loro scaturigine in essa. Il quadro delle virtù richieste e comprese come necessari completamenti della fedeltà di fondo (sacrificio, umiltà, prudenza, temperanza e le tre virtù teologali) rappresentano la risposta non episodica al bene morale, ma l’attenzione continua e progressiva a misurarsi con il proprio progetto visto non solo come fonte di realizzazione della persona, ma più globalmente come impegno al bene concretizzato e liberato da una certa astrattezza.
Le vocazioni di speciale consacrazione, in particolare, nella disposizione di se stessi alla causa di Dio e del Regno rappresentano il segno della gratuità e dell’amore fedele di Dio. La loro costituzione stabile e pubblica in un ben definito status di vita visibilizza la costanza nel dono di sé che il Cristo ha rivelato quale volto di Dio. Sono il superamento di un’attenzione alla prestazione parziale di sé e gratificante, per entrare nell’ottica dell’Evangelo e della Grazia, passando dal dovere all’amore. All’interno di questo amore per la propria scelta pensata, fatta e “difesa” trovano senso i doveri particolari di ciascuna vocazione. Essi non si sovrimpongono ma sono scoperti quali prolungamenti interpretativi della propria ov.
Questo quadro delinea anche alcune caratteristiche necessarie per valutare la propria “forza morale” di fronte alla posizione di una ov. La chiara percezione che essa rappresenta un atto espressivo di tutta la persona e un atto che ha pretese di definitività porta la persona a valutare con realismo il proprio quadro antropologico e di fede come premessa necessaria e ad una forte esperienza della vita di Grazia.
Un eco autorevole di tutto questo la troviamo nel magistero di Giovanni Paolo II nella sua lettera programmatica ai giovani del mondo per la giornata mondiale del 1985. E con queste parole sintetiche possiamo concludere questo breve studio: “La giovinezza di ciascuno di voi è una ricchezza che si manifesta nei grandi interrogativi. Questi interrogativi provano la dinamica dello sviluppo della personalità umana, che è propria della vostra età. La risposta ad essi non può essere frettolosa né superficiale. Essa deve avere un peso specifico e definitivo. Si tratta qui di una risposta che riguarda tutta la vita, che racchiude in sé l’insieme dell’esistenza umana”.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Non ci sembra inutile proporre una breve scheda bibliografica, limitata all’area italiana, per un necessario approfondimento personale delle tematiche qui solo sommariamente accennate:
DEMMER, La decisione irrevocabile. Riflessioni sulla teologia della scelta di vita, “Communio” 16 (1974), pp. 9-17.
DEMMER, Opzione fondamentale, in: F.COMPAGNONI – G. PIANA – S. PRIVITERA (a cura di), Nuovo Dizionario di Teologia morale, Paoline, Cinisello Balsamo 1990, pp. 854-861.
KRAMER, Scelte irrevocabili. Pretese di un’ideologia o aiuto per la formazione della propria personalità cristiana?, in: T. GOFFI (a cura di), Problemi e prospettive di teologia morale, Queriniana, Brescia 1976, pp. 117-137.
MASSERONI, Vocazione e vocazioni, in: cit. Nuovo Dizionario di Teologia morale…, pp. 1498-1512.
M. RULLA – F. IMODA – J. RIDICK, Antropologia della vocazione cristiana, Vol. I: Basi interdisciplinari; Vol. II: Conferme esistenziali, Piemme, Casale Monferrato 1986.
M. RULLA, Psicologia del profondo e vocazione, Piemme, Casale Monferrato 1989.