Adolescenza e fedeltà: un rapporto possibile?
L’adolescenza è età di crescita, nella quale avviene la ristrutturazione della personalità. Si verifica il passaggio dalla fanciullezza alla giovinezza, passando attraverso il fenomeno della crisi di identità, per cui gli adolescenti, che ragazzi non sono più e giovani non sono ancora, si sentono a disagio, quasi disorientati, e vanno alla ricerca della risposta all’interrogativo personale: “Chi sono io?”. Invero la crisi di identità si fa crisi d’integrazione di tutte le trasformazioni, avvenute fino ad ora, per cui, nella ipotesi positiva, si va verso una rifusione di un’immagine nuova di sé, nella quale l’adolescente ritrova sé stesso.
Identità, progettualità, e fedeltà
Nell’adolescenza è possibile il passaggio dalla fase problematica della crisi di identità alla maturazione di questa. Secondo Erikson l’identità consiste in uno stabile senso di continuità interiore che rimane nel tempo e nelle circostanze varie: è il sentimento di continuità, di individualità e di coesione interna del proprio essere; in altre parole, è percepirsi come una persona che rimane se stessa, pur nel fluire del tempo, con le proprie idee, scelte personali e si sente legata a una scala di valori. Per definire una identità sono necessari e il senso di individualità e di continuità del proprio io e il senso di appartenenza ad un sistema realistico di valori: occorre cioè che uno sappia di essere un individuo che rimane identico a se stesso nel tempo e sappia dove vuole andare e quale è il fine della sua esistenza e lo scopo per cui vuole giocare la vita. È un dato pacifico per molti studiosi che ciò che, soprattutto, tiene unita una vita, che integra l’esistenza, sono la meta, gli scopi che uno si prefigge, i quali polarizzano la individualità.
La ricerca di identità non può aver buon esito, se, oltre alla percezione del proprio io, non incontra un significato per l’esistenza. So chi sono, non solo quando mi percepisco realisticamente, ma quando progetto di impegnare la vita per dei valori. Psicologicamente possiamo dire che l’identità positiva fuoriesce dalla coniugazione di due strutture in relazione reciproca: l’io attuale (ciò che io sono e penso di essere attualmente) e l’io ideale (ciò che vorrei essere e mi sento chiamato ad essere). L’integrazione armonica delle due strutture darà l’identità matura che è, perciò, legata alla biografia presente aperta al futuro.
Ora l’adolescenza è l’epoca propizia per la costruzione di questa armonia strutturale, di questa identità: è il momento in cui il soggetto deve prendere consapevolezza di sé, della propria dotazione psicofisica, del proprio talento e trovare ancoraggio in ideali grandi di vita. Un duplice compito attende l’adolescente in formazione: primo, conoscersi profondamente nelle attitudini, nei bisogni, nelle aspirazioni e scoprire un quadro di valori in cui radicare l’esistenza, e secondo, sviluppare una fedeltà interiore all’io e ai valori. Un adolescente si fa maturo, se sa essere se stesso, pur in varie circostanze, e resta fedele alle sue scelte valoriali: se sa perseverare nella identità e in un ideale di vita. Quindi l’itinerario educativo da seguire da parte dell’adolescente consiste nel procedere alla consapevolezza di sé, alla riappropriazione di sé, e nel ricercare validi ideali cui identificarsi e per cui impegnare il proprio futuro, e nell’agire di conseguenza, fedele a sé e ai valori scoperti.
Alla scoperta di sé e dei valori di vita con sviluppo della fedeltà al proprio io e ai valori scelti
L’adolescente, dotato di introspezione e riflessione, va cavando la propria immagine da varie esperienze e si proietta verso il futuro, orientando la vita verso i valori che scopre man mano. La propria immagine emerge dal confronto sociale coi coetanei. Uno nel confronto orizzontale coi coetanei trova tali positivi e punti deboli, riceve stima e disapprovazione, si specchia negli altri, e nel rapporto sociale, che avviene nel gruppo, nel gioco, nella scuola, emergono lineamenti personali: uno prende coscienza di avere certe capacità o di esserne manchevole, di essere dialogico, scorbutico, ottimista, disponibile, collaboratore, leader, gregario… I connotati della propria identità, inoltre, fuoriescono dalla valutazione degli adulti, i quali dando giudizi apertamente o indirettamente, stimolano gli adolescenti a conoscersi. Gli educatori in varie circostanze esprimono i loro appunti, i giudizi di approvazione o quelli critici in merito agli atteggiamenti o all’operato degli adolescenti e così contribuiscono alla costruzione, da parte di questi ultimi, della propria immagine. Ancora, dall’incontro con la Parola di Dio uno ricava i connotati personali. Nella meditazione e nel silenzio della preghiera uno trova la dimensione vera della propria esistenza. Pure dalla identificazione e dalla imitazione dei genitori, degli educatori, degli eroi provengono certi tratti di personalità. Infine dalle attitudini e capacità messe alla prova nella scuola e nella vita ordinaria, dalla riuscita più o meno positiva, emergono certe caratteristiche di personalità. L’adolescente, dunque, dalla relazione con gli altri e con l’altro, dalle esperienze di vita va delineando il concetto di sé e in base a questo coltiva aspirazioni per il domani ed è incline a giocare la vita per gli ideali. È il momento adatto per la prospettazione di valori autentici che possano esercitare un fascino sull’adolescente. Vanno presentati e fatti esperimentare la passione della verità, il gusto del bello, il fascino del bene, la gioia della gratuità, la bellezza della preghiera e dell’incontro con Dio.
Non solo deve essere fatta la proposta di ideali, è necessario aiutare a capire l’importanza dei medesimi e a maturare le decisioni in favore di questi e la traduzione nella vita.
Quindi occorre coltivare la capacità di conoscenza e di convinzione, di decisione e di attuazione degli ideali. Tanto più uno è convinto e deciso nell’assunzione di valori, quanto più è perseverante nella sua scelta fatta. Quando invece l’io ideale non è fortemente trainante l’io attuale, facilmente uno cadrà nell’incoerenza oppure non farà progetti ispirati ad alte idealità, ma si adatterà alla situazione quotidiana, cercando di vivere alla meglio, galleggiando nel presente, senza decisioni forti. Emerge a questo punto un nodo educativo; come aiutare a costruire una identità forte, legata a valori validi, capace di scelte convinte e di perseveranza nelle decisioni? Orbene, per potere risolvere la questione in forma positiva, pare opportuno suggerire l’esperienza della vita di gruppo, il quale consente di vivere la quotidianità e nel contempo permette di “pensare in grande” il futuro, ma soprattutto aiuta ad iniziare a tradurre concretamente nella vita quanto è progettato idealmente.
La grazia del gruppo
Nell’attuale contesto socioculturale, dove si registra la perdita di “centro”, sia di un ente socializzante, perno dominante tutti gli altri enti, sia di un sistema prioritario di significati, in grado di riorganizzare ed integrare i vari messaggi, è auspicabile l’inserimento dell’adolescente in un gruppo di appartenenza che più avanti negli anni può farsi di riferimento, il quale sostenga ed accompagni nella elaborazione della identità e di un quadro valoriale robusto, e nell’iniziazione alla perseveranza nei propositi fatti.
Agli adolescenti che escono dalla famiglia con un forte bisogno di aggregarsi e di comunicare, che hanno come “l’istinto del branco”, è da augurare che trovino un gruppo simpatico che li aiuti a rinforzare la fragile personalità, a “decidersi per”, sia pure con rischio, a “buttarsi” per qualcosa di significativo, superando la logica del provvisorio con un impegno stabile che via via può divenire definitivo. Il gruppo funziona come luogo opportuno dove uno, misurandosi e confrontandosi con i coetanei, impara a conoscere sempre di più se stesso, è aiutato nella progettazione di vita e nella attuazione graduale del progetto. Metodologicamente è ipotizzabile un gruppo, all’interno della comunità cristiana il quale contempli momenti distensivi di socializzazione festosa, attività culturali, momenti di approfondimento e di celebrazione della fede. In momenti d’incontro, con attività ricreative (gite, partite, feste) è data la possibilità di un sano divertimento, di intessere relazioni interpersonali, di cantare e giocare la vita. Esperienze di vita conviviale e serena distendono gli spiriti, caricandoli di fiducia e di speranza e danno la voglia di costruire un futuro migliore. L’attività culturale, invece permette agli adolescenti di conoscere tematiche culturali, di evidenziare problemi dell’uomo d’oggi, di dare un nome ai propri problemi, di esprimere inquietudini e aspirazioni. Letture, proposte culturali, tavole rotonde, conversazioni, discussioni avviano alla scoperta del proprio io dentro il tessuto del “noi” del gruppo e del “noi” della collettività. Se il gruppo ha la fortuna di essere animato da una guida matura, funge da filtro per i molteplici messaggi ricevuti e da vaglio critico per l’enucleazione di valori autentici, bussola per l’esistenza, ed inoltre può esso stesso personificare simili valori e consentire pure spazi di realizzazione dei medesimi. La formazione religiosa e morale del gruppo offre opportunità all’adolescente di irrobustire la propria personalità, ancorandola a Dio e al prossimo. Sul piano morale e religioso, al fine di preparare adolescenti “coscientizzati”, consapevoli di sé e capaci di scelte impegnative e fedeli alle decisioni fatte, sono proponibili tre piste di cammino.
Innanzitutto in un tempo di superficialità e di dispersione è bene avviare gli adolescenti sulla via del silenzio che è atteggiamento interiore fatto di calma, di presenza a se stessi, di disponibilità all’ascolto, silenzio che diviene accoglienza della Parola, accettazione dei doni di Dio, e si fa dialogo con Dio, canto di lode e preghiera eucaristica personale e comunitaria. La preghiera di “rendimento di grazie” per i doni ricevuti si traduce, poi, in un impegno fedele di vita riconoscente. In secondo luogo è consigliabile l’itinerario della “lectio divina”, della lettura della Scrittura, partendo dal testo sacro per arrivare alla trasformazione del cuore e della vita, oppure partendo (ed è meglio questo cammino a livello di adolescenti) dei fatti di vita per comprendere il significato alla luce della Parola di Dio: quasi un vedere la situazione, giudicare, comprendere il fatto alla luce della Parola, e agire secondo i dettami evangelici. L’adolescente, per corrispondere all’iniziativa divina, entra in una logica stabile di vita cristiana coerente, in risposta al “Dio fedele nell’amore”. In terzo luogo è bene insistere su una grande verità: il cristianesimo per capirlo bisogna viverlo. Esperimentando, provando, si riesce a capire di più la bellezza della vita cristiana e a donarsi di più. Quindi è opportuno invitare gli adolescenti a tentare l’esperienza cristiana, fidandosi della Parola di Dio e donandosi nella carità. La gioia della vita buona donata dà tono alla personalità e induce l’adolescente a tentare totalmente l’avventura meravigliosa di spendere tutta la vita per Dio e per gli altri.