Un annuncio silenzioso per la Chiesa, oggi
Charles de Foucauld
Il desiderio di annunciare il Vangelo è antico e sempre nuovo. Gesù ha fatto conoscere l’amore del Padre: Percorreva tutta la Galilea, […] annunciando il vangelo del Regno (Mt 4,23). I discepoli sono stati chiamati, a loro volta, a portare la Buona notizia fino ai confini della terra e Paolo ha donato tutta la sua vita per questo; apostolo per chiamata (Rm 1,1), l’annuncio è stato per lui un assillo quotidiano (2Cor 11,28) e «un programma di vita e d’azione» (EN 1).
La Buona notizia, per il cristiano è un dono e un compito: «Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione» (EG 120).
In un contesto sempre più globalizzato, un’attenta contemplazione ci permette di raccogliere tanti piccoli semi di annuncio, in appassionati testimoni. È il miracolo della vita cristiana e da qui dobbiamo ripartire, per raccogliere esperienze evangeliche nel nostro quotidiano.
- Un insolito evangelizzatore
La qualità dell’annuncio dipende dal testimone e da come sparge semi di Vangelo. Charles de Foucauld (1858-1916), che il 15 maggio sarà riconosciuto santo da Papa Francesco, è un grande testimone del Vangelo. In alcuni casi è stato accusato di “proselitismo”: quando il suo rispettoso desiderio di far conoscere la bontà di Gesù è stato confuso con l’idea di convertire a tutti i costi.
Egli ha inaugurato uno stile profetico, nel tempo e nel contesto in cui è vissuto, anticipando forme di annuncio di cui abbiamo bisogno oggi. Sono, soprattutto, forme di condivisione che rendono la vita evangelica familiare, prossima, risposta alla ricerca di senso e pacificazione delle nostre inquietudini.
Appassionato di Dio, Charles ha diffuso il Suo amore, nel rispetto degli interlocutori, amandoli per quello che sono, come Dio li ama, e senza pretese verso di loro: «Tutti gli uomini sono figli di Dio che li ama infinitamente: è dunque impossibile amare [Dio senza] voler amare gli uomini […]. L’amore per Dio, l’amore per gli uomini, è tutta la mia vita […]; siate dunque sicuro che in fondo a un monastero un cuore batte molto per voi»[2].
Charles conclude le sue lettere dedicandosi alla persona “nel Cuore di Gesù”, perché l’annuncio è un cuore che batte per Dio e per gli uomini. Non a caso il suo emblema sono il Cuore e la Croce: solo quando il nostro «cuore batte molto calorosamente» per Dio e per gli altri siamo disposti a perdere la nostra vita per il Vangelo. Occorre passione, gratuità, dono di sé che non attende ritorno.
L’amore di Dio può raggiungere ognuno di noi: «Tutti gli spiriti sono fatti per la verità, tutti i cuori per la carità, tutte le anime per il bene…»[3]. Per questo, Charles trasforma, gradualmente, la sua idea di annuncio: dal desiderio di condurre altri «alla nostra Santa religione»[4], matura la convinzione che ciò che conta è una vita esemplare, rapporti di fiducia e di fraternità, nel rispetto della libertà e del ritmo dell’altro.
- I passaggi foucauldiani nell’annuncio
La Presenza che evangelizza
Giunto nel Sahara come sacerdote, nel 1901, Charles è convinto che solo con Gesù Eucaristia «a due metri da me»[5], «sempre esposto nella Santa Ostia, i popoli circostanti sono meravigliosamente santificati»[6], perché «là dove c’è un tabernacolo, siamo sicuri che non è inattivo»[7].
L’illusione delle opere
Le molteplici persone che incontra lo conducono, tuttavia, a ipotizzare l’avvio di progetti pastorali: costruire ospedali, scuole, debellare la schiavitù, ecc.[8]. Beni Abbès è un crocevia che suscita ipotesi di intervento. Questi progetti, pressoché irrealizzati, lo convincono che occorre piuttosto: accoglienza, cura dei poveri e condivisione di una vita fraterna con tutti. È ciò che prospetta a chi vorrà seguirlo, dicendo che nessuno «ignori, a grande distanza all’intorno, che sono gli amici universali, i fratelli universali, che […] la loro fraternità sia un porto, un asilo dove ogni essere umano, soprattutto povero o infelice, sia fraternamente, ad ogni ora, invitato, desiderato, accolto»[9].
L’annuncio secondo la logica della Visitazione
Più rimane nei territori sahariani, più Charles pensa ad un annuncio silenzioso del Vangelo. Con l’icona della Visitazione (cfr. Lc 1,39-56), Gesù ispira a sua Madre di portarlo, mentre è in grembo, nella casa di Giovanni, per santificarlo prima che nasca. Il sussulto gioioso di Giovanni, alla presenza del Figlio di Dio, è la gioia del Vangelo che contagia. Facendo parlare Gesù, Charles scrive: «Prima ancora di nascere lavoro [alla] santificazione degli uomini… e spingo mia madre a lavorarvi con me… Non spingo solo lei, [a tutti gli altri] ico loro, di santificare le anime portandomi tra di esse in silenzio […] lavorate alla santificazione del mondo […] [10]. Ciascuno di noi santifica altri se ha Gesù in sé, con la Parola e l’Eucaristia; nella sollecitudine di Maria verso Elisabetta, Charles vede la spinta della grazia e della missione.
L’annuncio come prossimità fraterna
Una quarta forma di annuncio che Charles matura è l’apprivoisement, il familiarizzare. Convinto del valore della testimonianza silenziosa, si fa prossimo alla popolazione sahariana attraverso la promozione della vita, l’affetto fraterno, la conoscenza dell’altro, l’approfondimento della cultura e della lingua:
Familiarizzare con loro, far cadere la loro sfiducia, far sparire i loro pregiudizi contro di noi… farci conoscere, stimare, amare da loro, dimostrare loro che li amiamo, stabilire la fraternità tra loro e noi, ecco ciò che resta da fare […]. Dialogare, […] mostrarsi fratelli, ripetere che siamo tutti fratelli in Dio e che speriamo di essere un giorno tutti nello stesso cielo[11].
- La vita evangelica come chiamata
Charles si dedica in mille modi all’annuncio del Vangelo e il suo stile si plasma attraverso tentativi ed errori; una cosa non cambia: il desiderio di far conoscere la bontà del Vangelo:
Tutta la nostra vita, per quanto muta essa sia, la vita di Nazareth, la vita del deserto, come anche la vita pubblica, deve essere una predicazione del Vangelo con l’esempio; […] tutta la nostra persona deve respirare Gesù; […]. Tutta la nostra vita gridi Gesù e il Vangelo sui tetti![12].
L’esperienza di Charles ci consegna una nuova modalità di annuncio: la testimonianza eloquente, fatta di gesti di cura, di vera fraternità, coinvolgendo altri in questa dinamica, perché la vita evangelica si diffonda, senza forzature e senza pretese:
Il mio apostolato dev’essere l’apostolato della bontà. Vedendomi, si deve dire: “Poiché quest’uomo è così buono, la sua religione dev’essere buona”. Se si chiede perché io sono mite e buono, devo dire: “Perché sono il servo di uno assai più buono di me. Se sapeste come è buono il mio Maestro GESÙ”[13].
Quando ci chiama a seguirlo, Dio «non illumina sempre con un solo tratto di luce tutta la nostra vita; ma ci dà, ora per ora, la luce necessaria […]. Bisogna lasciarci guidare da Colui che ama e che è di un amore e una saggezza infiniti»[14], poiché Egli «fa tutta la nostra felicità quaggiù e fonda tutta la nostra speranza lassù»[15].
Un’esperienza così, per Charles, deve essere condivisa: «Vorrei rendere partecipi altri della mia felicità: Egli ci ha detto che siamo tutti fratelli, figli di uno stesso Padre, e che dobbiamo amare ogni anima come noi stessi… per obbedirGli, per amarLo, occorre dunque che cerchi di condividere la mia felicità con i miei fratelli»[16].
Questa è la vita di ogni cristiano e l’appello che il Signore ogni giorno ci rivolge; un invito da accogliere con fiducia e speranza e da condividere con altri!
[2] Lettera di Charles de Foucauld a Henry Duveyrier, in Archivi della Postulazione, Viviers.
[3] C. de Foucauld, Carnet de Beni Abbès (1901-1905), Nouvelle Cité, Paris 1993, 73-74.
[4] Citato in P. Sourisseau, Notes sur la manière de parler de notre sainte religion aux indigènes de la Saoura, in « Bulletin des Amitiés Charles de Foucauld » 114 (1994) 7.
[5] Meditazione 174, in C. de Foucauld, La bonté de Dieu. Méditations sur les Saints Évangiles (1), Nouvelle Cité, Montrouge 1996.
[6] C. de Foucauld, Règlements et Directoire, Nouvelle Cité, Montrouge 1995, 113.
[7] Lettera di Charles de Foucauld a Charles Guérin, 15 settembre 1907, in C. de Foucauld, Correspondances sahariennes. Lettres inédites aux Pères blancs et aux Sœurs blanches (1901-1916), Cerf, Paris 1998, 554.
[8] Cfr. Lettera di Charles de Foucauld a Charles Guérin, 4 febbraio 1902, in ibidem, 63-80.
[9] C. de Foucauld, Règlements et Directoire, 87.
[10] C. de Foucauld, Crier l’Évangile. Retraites en Terre Sainte, Nouvelle Cité, Paris 1974, 21-22.
[11] Lettera di Charles de Foucauld a Henry de Castries, 17 giugno 1904, in C. de Foucauld, Lettres à son ami Henry de Castries 1901-1916, Nouvelle Cité, Bruyères-le-Châtel 2011, 134-135.
[12] Meditazione 314, in C. de Foucauld, La bonté de Dieu.
[13] C. de Foucauld, Carnets de Tamanrasset 1905-1916, Nouvelle Cité, Paris 1986, 187-188.
[14] Lettera a Marie de Blic, 26 aprile 1914, in C. de Foucauld, Non c’è distanza per i cuori che si amano. Lettere alla sorella Marie, a cura delle Discepole del Vangelo, Effatà, Cantalupa (TO) 2020, 216-217.
[15] Lettera a padre Jérôme, 28 gennaio 1898, in C. de Foucauld, «Cette chère dernière place». Lettres à mes frères de la Trappe, Cerf, Paris 2012, 171.
[16] Lettera a Henry de Castries, 15 dicembre 1904, C. de Foucauld, Lettres à son ami Henry de Castries, 160.