N.04
Luglio/Agosto 1992

La vocazione: dimensione costitutiva e permanente della formazione dei presbiteri

Sulla base degli Studi e degli Orientamenti che precedono, il CNV ritiene opportuno offrire a tutti gli operatori pastorali e gli animatori vocazionali le note propositive che seguono. Sono offerte in maniera sintetica, quasi una “riepilogazione”, particolarmente utili alla pianificazione pastorale dei Centri Diocesani Vocazioni.

 

 

 

Premesse metodologiche

Mettere al “cuore” e al “centro” della formazione permanente dei presbiteri la “vocazione” – come dimensione teologica, spirituale e pastorale – conduce a osservare la “formazione permanente” dei presbiteri dal punto di vista del possibile quadro di riferimento che segue:

La formazione vocazionale delle giovani generazioni nella comunità cristiana (formazione remota)

– La responsabilità della comunità cristiana nella formazione alla fede e alla vocazione delle giovani generazioni, sostenuta dalla testimonianza vocazionale del presbitero.

– Concreti itinerari nella comunità cristiana in vista della maturazione della vocazione al presbiterato delle giovani generazioni.

La formazione vocazionale dei futuri presbiteri in seminario (formazione prossima-specifica)

– La dimensione vocazionale è costitutiva dei “contenuti” della formazione teologica e spirituale dei seminaristi.

– La formazione dei seminaristi alla testimonianza della propria vocazione tra i coetanei e alla responsabilizzazione nella pastorale vocazionale della comunità cristiana.

La formazione vocazionale permanente dei presbiteri (formazione permanente)

– La dimensione vocazionale nella formazione spirituale del presbitero diocesano: perché sia fedele alla sua vocazione e a servizio della vocazione degli altri.

– La responsabilità del presbitero nella pastorale vocazionale della comunità cristiana. “La funzione dei presbiteri nella pastorale vocazionale è centrale e insostituibile in ragione del loro stesso ministero… È una funzione che fa parte della loro stessa missione sacerdotale… Tale impegno è dunque motivato dalla spiritualità propria dell’identità presbiterale” (P.P.V., n. 32).

– I giovani preti e la promozione delle vocazioni: formazione dei giovani preti alla pastorale vocazionale; il rapporto tra i giovani preti e le vocazioni consacrate; i giovani preti e gli “itinerari” di animazione vocazionale delle giovani generazioni.

 

 

 

Premesse contenutistiche

– La vocazione – come “dono di Dio (PDV, 35) e come “chiamata a vivere l’unico e permanente sacerdozio di Cristo (PDV, 5) – è realtà costitutiva e permanente della formazione dei presbiteri.

– Il presbitero è caratterizzato, in senso teologico e pastorale, come colui che è strutturalmente teso a promuovere tutte le vocazioni dei credenti nella comunità cristiana a lui affidata (cfr. PDV, 41).

– Il presbitero è il tramite necessario che concretizza, in termini “ordinati” e ordinari, la responsabilità della Chiesa nei confronti della vocazione di tutti fedeli.

– L’azione pastorale che ne consegue è di sua natura teologica e storica (per il soggetto e l’oggetto in essa implicati).

In senso teologico dice la PDV 34: “Nel medesimo nome della Chiesa, Ecclesia, è indicata la sua intima fisionomia vocazionale, perché essa è veramente ‘convocazione’, assemblea dei chiamati – Dio ha convocato l’assemblea di coloro che guardano nella fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa -”.

In senso storico invece è chiaro che: “la vocazione deriva dalla Chiesa e dalla sua mediazione, non solo si fa riconoscere e si compie ‘nella’ Chiesa, ma si configura – nel fondamentale servizio a Dio – anche e necessariamente come servizio ‘alla’ Chiesa. La vocazione cristiana in ogni sua forma, è un dono destinato alla edificazione della Chiesa, alla crescita del Regno di Dio nel mondo (PDV 35).

– La responsabilità in ordine alla vocazione cristiana, sia quella del presbitero, sia quella di coloro che sono animati vocazionalmente da lui, si può descrivere e proporre autenticamente come esperienza di natura “spirituale” (come un lasciarsi guidare dallo Spirito di Gesù a fare la volontà del Padre, come Cristo), perciò oggetto della teologia spirituale. Questo non esclude, ma anzi suppone l’apporto delle scienze umane, più analitiche, che aiutano a capire l’evoluzione del cammino di santità.

– E richiede inoltre l’attuazione di una pedagogia sapiente e paziente che faccia maturare la libertà umana.

 

 

 

UN PRESBITERO FORMATO PER ESSERE

“VOCAZIONE AL SERVIZIO DI TUTTE LE VOCAZIONI”

 

 

Cenni sulla situazione attuale storico ecclesiale

Perché la fede fatica a divenire concreta, cioè vocazione? Perché i giovani hanno paura del futuro (la fede non si fa affidamento a Qualcuno); c’è la forte sfida delle “sensazioni” (l’immaturità affettiva limita la libertà di rispondere); è debole l’appropriazione dei valori ricevuti negli ambiti educativi: i modelli concreti storici di presbitero non sono sempre convincenti, debole l’appartenenza ecclesiale.

C’è una “dimensione vocazionale” debole: il definire se stessi in base al fatto di essere chiamati, prima a vivere, poi ad una vocazione specifica, è debole.

C’è la contrapposizione tra il crearsi un proprio progetto di vita – autonomo, soggettivo libero da ogni limite – e la vocazione come assunzione dei desideri di Dio, oggettivi e liberanti. Contrapposizione tra mito e illusione della autorealizzazione cercata attraverso le scelte di vita autonome e il conformarsi ai desideri di Dio perdendo se stessi per ritrovarsi realizzati veramente nella libertà autentica e nella gioia, anche passando attraverso la croce.

Nell’adolescenza il desiderio e la capacità di progettarsi, a causa della condizione educativa attuale (consumismo, libertarismo ecc.) non viene educata ad aprirsi ai desideri di Dio, e rimane preda dei bisogni da gratificare.

C’è crisi dei vocanti, “apatici… scoraggiano le vocazioni per mancanza di fiducia nel futuro, per il poco valore che attribuiscono al ministero presbiterale e alla formazione seminaristica… Parecchi non si sentono preparati e non hanno il coraggio di accompagnare le vocazioni” (SPVCP 58).

Con tutto questo è richiesto al presbitero anche di tenere presente la molteplicità dei contesti e delle situazioni socio-ecclesiali per promuovere vocazioni adatte alla nuova evangelizzazione.

 

 

Cenni sugli obiettivi della “formazione permanente”

Come dovrebbe essere formato il presbitero per essere una vocazione a servizio di tutte le vocazioni? Con una coscienza autentica della propria vocazione (quindi della vocazione cristiana in genere): primato della grazia che sostiene la libertà dell’uomo redento e la chiama ad esprimersi con creatività; dimensione ecclesiale della vocazione in particolare del presbitero (PDV 35); caratteristica presbiterale della sua vocazione: edificare una comunità matura e consapevole dei molteplici compiti di testimonianza, quindi la cura delle vocazioni è connaturale al suo ministero.

Innamorato della propria vocazione: cuore-mente-volontà che scoprono assieme e vivono l’ideale vocazionale, ciò che il presbitero è chiamato a divenire nella bellezza-verità-bontà; tutta la personalità è coinvolta in un processo che deve durare tutta la vita, senza sosta (PDV 70: “vocazione nel sacerdozio”), in tensione vocazionale.

Appassionato custode della oggettività e della universalità della esperienza cristiana, nella quale ogni cristiano ha il diritto ad essere aiutato a trovare la propria vocazione (tenendo dunque sotto controllo la propria inevitabile soggettività): custode di tutte le vocazioni ‘e delle condizioni per cui ciascun battezzato possa trovare la sua vocazione personale; aperto a tutti i valori e le esperienze cristiane, senza privilegiare una categoria vocazionale o una modalità: ciò limiterebbe infatti la sua efficacia pastorale e la realizzazione dell’essenza del suo ministero.

 

 

Cenni per il cammino formativo

Formazione remota: la formazione vocazionale delle giovani generazioni nella comunità cristiana.

– Annunciare “il Vangelo della vocazione”, o il mistero della vocazione e creare una cultura della vocazione: la vocazione è dono che richiama gratitudine (PDV 36); è un dono che diviene sequela Christi, fascino per la sua persona e imitazione, è dono che viene dall’alto, mistero, inesauribile e rischioso, è rivelazione dell’identità: si scopre chi si è e chi si è chiamati ad essere in Dio, è seguire ciò che ci innamora (motivazione estetica), liberi di desiderare gli stessi desideri di Dio su di noi (libertà affettiva); è dono per gli altri: responsabilità e missione, uscire da sé; è dono da vivere con gli altri che condividono o la stessa missione, ecclesialità e obbedienza; importanza della guida e delle altre mediazioni educative.

 

– Diffondere il Vangelo della vocazione in tutti gli itinerari di vita cristiana: dimensione connaturale ed essenziale della pastorale, necessaria (PDV 34); tutti i membri della Chiesa hanno questo dono e responsabilità (PDV 41, PPVI, 3-40).

 

 

 

Formazione prossima: la formazione vocazionale dei futuri presbiteri in Seminario.

– Dimensione vocazionale e senso di identità.

L’identità è formata da ciò che il soggetto è e ciò che sente di dover essere. Deve rimanere una distanza ottimale tra l’ideale vocazionale e ciò che la persona è già: più il chiamato cresce e più si deve sentire attratto a crescere ancora, più si riconosce e più si deve sentire attratto a trascendersi, in uno stato vocazionale di perenne risposta che coinvolge tutte le caratteristiche della persona (mente, cuore, volontà). Attenzione perciò alla sindrome dell’inerzia post-decisionale: si sceglie una volta e poi non ci si muove più, ci si sente arrivati, la vocazione sta all’inizio della vita, non interessa il resto del cammino vocazionale.

 

– Formazione alla testimonianza vocazionale.

Essa dice la qualità della dimensione vocazionale del singolo: formare alla coscienza del dono ricevuto che deve essere condiviso; senso di responsabilità per gli altri fratelli della comunità che è essenziale per il seminarista in vista del presbiterato; responsabilità primaria nella creazione di una cultura della vocazione soprattutto all’interno della pastorale giovanile (vocazione riguarda tutti, non solo gli eroi, viene svelata dal Cristo: nasce dall’amore e porta all’amore: realizza tutto l’umano; e il senso stesso della vita che è dono: è l’obiettivo minimo, non per l’elites).

La testimonianza diventa momento in se stesso formativo: la vocazione si fortifica quando la si propone agli altri; si è costretti a tradurre per gli altri la propria esperienza e la si approfondisce purificandola da motivazioni secondarie, si è costretti ad andare al nucleo, a ciò che è condivisibile dagli altri e li può appassionare. Se non ne è capace o non lo vuole fare, si rivela un problema di crescita vocazionale: il chiamato non vuole la fatica? Il rischio? Non è abbastanza convinto? Se uno sente godibile la sua vocazione, se ne è attratto, la avverte come qualcosa di bello-buono-vero anche per gli altri: se la ama non la nasconde.

 

– È la specifica vocazione presbiterale che diventa forza trainante della maturazione cristiana ed umana del seminarista.

Non è possibile, ed è pedagogicamente errato, fare una formazione a strati, prima la maturità umana, poi quella cristiana, poi quella vocazionale; unica forza trainante e criterio oggettivo della maturazione è la realizzazione della propria vocazione specifica.

Ciò che frena ed ostacola (paure, debolezze, incoerenze, affettività non maturata, ecc.) nei normali cammini vocazionali, può essere affrontato con l’aiuto delle scienze umane illuminate dalla concezione cristiana dell’uomo, in vista di una più matura vita di fede e della efficacia e perseveranza vocazionale.

 

 

 

Formazione permanente: la formazione vocazionale permanente dei presbiteri.

– Coltivare interiorità e vita spirituale per il presbitero restando in “stato vocazionale” (vocazione nel sacerdozio).

– La cura delle vocazioni nella comunità cristiana come “luogo teologico e pastorale” ove il “presbitero si rigenera” vocazionalmente.

– Conoscenza, simpatia, esperienza delle altre vocazioni.

– Nei corsi di formazione: educare all’animazione del “gruppo ecclesiale” come “itinerario di fede vocazionale”; preparare alla direzione spirituale per l’orientamento vocazionale.

– Formazione del presbitero ad essere guida della pastorale ordinata della parrocchia in modo tale che la pastorale vocazionale ne sia dimensione essenziale (P.P.V. 32): catechesi, liturgia, carità, la pastorale giovanile e familiare…; la preghiera personale e comunitaria: la direzione spirituale per l’orientamento vocazionale, la proposta ai più adatti, la preparazione di laici animatori vocazionali parrocchiali, la celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni; il collegamento con il proprio Centro Diocesano Vocazioni.

– In particolare i giovani preti che seguono gli itinerari dell’iniziazione cristiana dei ragazzi e degli adolescenti (con attenzione particolare all’esperienza crismale e all’itinerario verso la professione di fede dei 18enni) sono chiamati a fare gli animatori, accompagnatori e i testimoni (come giovani tra i giovani) della bellezza e della gioia della vocazione presbiterale.

– Anche il 6° anno del curriculum degli studi teologici, potrebbe essere come un anno di sintesi della propria vocazione, di testimonianza e di decisione finale insieme.