Lo Spirito Santo “soggetto” della chiamata
La vocazione è chiamata intima che sollecita ognuno a incamminarsi verso il proprio stato adulto. Essa è un termine venerato in passato come sacro: indicava la scelta di stato religioso o sacerdote. Il Concilio Vaticano II, conferendo al termine “vocazione” un ampio significato, parla di “vocazione sacra” (LG 11), “vocazione cristiana” (AA 2), “vocazione umana” (GS 3,10) o “vocazione integrale dell’uomo” (GS 11). Paolo VI, armonizzandosi sul Concilio, affermerà: “Nel disegno di Dio ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione”[1].
Alla teologia spirituale permane il compito di chiarire un interrogativo. Si suol parlare di vocazione umana e di vocazione cristiana. Sono due vocazioni o una sola? Se sono vocazioni differenti come s’intrecciano e si armonizzano fra loro?
Vocazione cristiana universale
Dio Padre in continuità viene creando l’uomo mediante il Figlio e lo Spirito Santo al fine di renderlo suo figlio e così poterlo amare con il medesimo atto d’amore che effonde nella vita divina trinitaria. Assecondando il disegno dell’amore generante di Dio Padre, il Figlio s’incarna; assume il nostro essere umano mortale che lo Spirito Santo reca allo stato di spirito risorto. Solamente come carne umana resa spirito risorto può entrare in unione immediata con Dio Padre e usufruire dell’amore divino trinitario. Per questo motivo “lo Spirito Santo dà a tutti gli uomini la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale” di Cristo (GS 22), cioè di diventare spiriti risorti in Cristo.
Tutto questo equivale a dire che esiste una vocazione cristiana universale riguardante ogni uomo e comunicata interiormente dallo Spirito Santo: diventare figlio nel Figlio di Dio; partecipare alla conversione radicale pasquale del proprio essere in virtù dello Spirito Santo; venir introdotto a essere amato da Dio, così da poterlo riamare col medesimo amore di Gesù Cristo.
Questa vocazione universale cristiana viene diffusamente ricordata nella rivelazione. L’Antico Testamento attesta che ogni uomo è creato per entrare in Alleanza con Dio mediante la potenza creativa divina che si snoda lungo la storia umana. Il Nuovo Testamento introduce a conoscere questa vocazione universale spirituale in modo approfondito. Esso insegna che Dio Padre mediante lo Spirito Santo viene iniziando l’uomo alla partecipazione della via propria del Verbo incarnato; lo rende membro del Corpo mistico del Signore (cfr. 1 Cor 8); predestina “tutti gli uomini a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8, 28-30); costituisce in Cristo ogni pienezza dato che in lui lo Spirito riconcilia ogni uomo in Dio (cfr. Col 1,15-20). Solamente lo Spirito sa assecondare il disegno di Dio Padre nel rendere Cristo “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29); unicamente lui fa emergere dall’intimo nostro la chiamata divina a diventar figli nel Figlio di Dio.
Dalla vocazione universale a quella personale
La vocazione universale cristiana è dono dello Spirito; e suol essere spiritualmente indicata come interiore chiamata alla perfezione evangelica. Lo Spirito rivolge tale chiamata non formulandola come attività propria indipendente dal Padre e dal Figlio. In essa egli coglie e esprime un atteggiarsi dell’amore divino trinitario verso le singole anime.
Similmente la vocazione universale comunicata in dono dallo Spirito non s’impone come qualcosa di esteriore all’intimo di ogni persona; non appare presso il singolo formulata in modo sovrapposto così da configurarsi realtà a se stante. Lo Spirito, immedesimandosi con l’uomo, fa scaturire dal suo intimo il richiamo vocazionale; fa sentire la chiamata come un’esigenza dell’io profondo.
Questo atteggiarsi della chiamata vocazionale fa in modo che la persona non la percepisca spesso come propria dello Spirito; non immagina neppure che esista un dono di luce trascendente che la orienti; ritiene che la propria esistenza sia autonomamente laica; non si pensa incamminata verso lo stato filiale nel Figlio di Dio in virtù dello Spirito allo scopo di intrecciare relazioni d’amore filiale con Dio Padre. Allorché noi esaminiamo la missione che uno svolge in ambito sociale, il senso che comunica al suo stato professionale, incliniamo a ritenere che sia esclusivamente una sua decisione, a cui si sente predisposto per il suo stesso essere bio-psichico.
Noi abbiamo bisogno di essere educati a una visione di fede in relazione alla nostra esistenza personale, così da renderci consapevoli di essere impegnati a testimoniare simultaneamente sia un amabile servizio d’amore verso i fratelli sia un progressivo introdurci in stato di figliolanza divina. Due aspetti che vengono proposti indissolubilmente intrecciati all’interno di ogni chiamata vocazionale personale. Come non si può distinguere l’uomo creato dall’uomo redento in Cristo, dato che costituiscono l’unico e medesimo uomo concepito da Dio nel suo iniziale atto creativo, così dal lato spirituale non si può separare e disgiungere la vocazione umana da quella fondamentale cristiana. È un compito di chiamata integrale che lo Spirito viene svolgendo verso ogni persona.
Dal lato educativo pastorale non possiamo disgiungere l’attività umana del fedele dalla sua intima relazione a Gesù Cristo. In caso contrario non asseconderemmo la chiamata dello Spirito che invita ognuno a diventare uomo completo. Il Concilio Vaticano II ha annotato: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa pure lui più uomo” (GS 41).
Mediante la sua luce interiore lo Spirito fa percepire a ognuno la sua vocazione umano-cristiana. Abilita a viverla mediante appropriati carismi (cfr. 1 Cor 12,31). Chi desidera acquisire una propria maturità sia umana che cristiana è sollecitato a invocare in modo costante la grazia-luce dello Spirito. Solo così sarà nella confortevole situazione di incamminarsi in un cammino spiritualmente illuminato con la possibilità di giungere alla meta desiderata.
Note
[1] Paolo VI, Populorum progressio, n. 15.