N.05
Settembre/Ottobre 2025

Ecco, sto alla porta (Ap 3,20)

L’Anno Giubilare non è ancora finito! È vero, ci stiamo avvicinando al suo termine, ma non possiamo chiudere la porta a ciò che il Signore ancora ci riserva! Questa parola del libro dell’Apocalisse – “Ecco, sto alla porta” (Ap 3,20) – ci invita di nuovo a considerare quanto è avvenuto proprio all’inizio del Giubileo: una porta è stata aperta. Innanzitutto, la Porta Santa della basilica di San Pietro e poi quelle delle basiliche maggiori. Di fatto, il pellegrinaggio giubilare ha come punto d’arrivo una porta aperta, spalancata. La porta aperta si può toccare e la si può anche baciare. Cosa si tocca? Cosa si bacia?  Una realtà fortemente spirituale. Questa porta possiede una vera e propria dimensione sacramentale rappresentando, in modo “plastico”, un perdono gratuito e infinito. L’amore traboccante di Cristo reso visibile attraverso la Chiesa e nella Chiesa. Un amore per i bisognosi, per i piccoli, per i peccatori che siamo. Ci rechiamo in pellegrinaggio a Roma e stiamo alla porta per toccare questo amore qui. Nient’altro. 

 In questo versetto di Apocalisse però, non vi è un pellegrino davanti a una porta aperta ma Cristo, davanti a una porta chiusa. “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. (Ap 3,20). Qual è dunque il legame col Giubileo? Come interpretare questo passo? L’interpretazione classica afferma che Cristo si trova davanti alla porta di ogni fedele: bussa, parla e chiede a ciascuno di noi di aprirgli. In effetti, nessuno si mette in cammino se Cristo non bussa alla sua porta, se non lo chiama per seguirlo. Certo, Cristo desidera che noi apriamo la porta del nostro cuore per accoglierlo: bussa, chiama, parla e ci lascia profondamente liberi di aprirgli oppure no.  

Eppure, il contesto del passo in questione suggerisce anche un’altra interpretazione. Nei versetti precedenti Cristo non si rivolge a un individuo ma a una comunità: l’assemblea (ekklesia) di Laodicea (Ap 3,14). Questa comunità è rappresentata come un edificio dotato di una porta. Tale porta, dunque, raffigura l’accesso ad una realtà ecclesiale. Questo è molto importante perché, in effetti, in occasione del Giubileo il Papa apre la porta di una chiesa. Il pellegrino che attraversa la Porta Santa si vede immediatamente introdotto in una chiesa (edificio). L’entrata fisica in essa esprime anche la reintroduzione nella Chiesa (comunità), al modo dell’antica prassi penitenziale che si concludeva con la riammissione del peccatore pentito in seno all’assemblea cristiana per partecipare alla celebrazione eucaristica. Il sacramento della penitenza era considerato un ritorno alle acque del battesimo, che, non a caso, è anche detto la porta della vita cristiana (CCC n.1213). Il Giubileo non è altro che entrare di nuovo nella Chiesa tramite la Porta Santa. Ci spinge a convertirci tornando alle acque del battesimo: realizza il perdono dei peccati e offre il dono di una vita nuova. 

Questo ci invita a considerare il versetto precedente ad Ap 3,20 in cui Cristo invita i membri dell’assemblea di Laodicea a convertirsi: “Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante (zēleúō) e convertiti”. (Ap 3,19). Tra gli studiosi vi è chi preferisce tradurre il verbo greco zēleúō all’imperativo, “abbi un amore geloso”. Questo “amore geloso” che anima il cuore del penitente trova in Cristo la sua origine. L’amore geloso di Cristo per il peccatore cerca infine di sorgere dal cuore del peccatore. In Ap 3,20 abbiamo visto come Cristo cerca di passare tramite la porta della chiesa di Laodicea. La comunità cristiana è il luogo in cui Cristo è presente e, al tempo stesso, dove Egli cerca di entrare. Come è possibile questo paradosso? Nel Giubileo avviene la stessa cosa: quando la Chiesa accoglie di nuovo il peccatore, Cristo entra con lui. Cristo entra nella Chiesa tramite i peccatori che si pentono. Egli si fa piccolo, si abbassa, si mette in fila insieme a loro per entrare attraverso la Porta Santa e la Chiesa si rallegra di accogliere, insieme al peccatore pentito, Cristo stesso.