N.05
Settembre/Ottobre 2025

Maria Troncatti

Verginità: vocazione alla maternità

Il 15 giugno 1915, in piena Guerra Mondiale, due suore Figlie di Maria Ausiliatrice si aggrappano a un tavolo mentre l’acqua continua a entrare nell’edificio e minaccia di sommergerle: a Varazze, in Liguria, un’alluvione sferza la costa e mette a dura prova. In quei momenti più vicini alla morte che alla vita, suor Maria Troncatti, afferrata al tavolo e cosciente del pericolo, promette alla Madonna di partire missionaria se l’avesse salvata. Il tavolo comincia a roteare vorticosamente, a spostarsi e a colpire il muro con le persiane: le due suore riescono ad aggrapparsi, a tirarsi su: sono salve. Ma ora suor Maria ha una promessa da mantenere.

Era nata nei monti della Val Camonica, a Corteno Golgi, il 16 febbraio di 32 anni prima, in una famiglia dedita all’allevamento del bestiame. Come tante famiglie d’allora, i Troncatti erano unitissimi e benedetti da molti figli. Maria cresce dentro questa concretezza del salire in alto sui pascoli e del provvedere ai fratellini. Sperimenta con intensità anche la dimensione della fede, fedelissima alla preghiera e devota dell’Eucaristia che intuisce da subito come la Presenza reale di Gesù, come l’incontro con Colui che continua a “esserci” anche oltre il tempo della Comunione: quando, bambina, per un improvviso banco di nubi smarrisce il gregge e smarrisce il sentiero e il papà e gli uomini accorsi non riescono a trovarla, lei è serena, malgrado la notte passata all’addiaccio e rannicchiata presso un cespuglio perché – racconterà l’indomani –  con lei era il Signore ricevuto nell’Eucaristia della domenica precedente.

Sui monti, da bambina che si è persa, a Varazze, da donna che crede di morire, Maria Troncatti abita dunque con coraggio i momenti di prova: li abita con tutta se stessa, guarda in faccia il pericolo e scopre di non essere mai sola. E una vita restituita è vita da donare, da spendere per gli altri perché ormai non si appartiene più a se stessi.

Così suor Maria Troncatti – professa tra le suore salesiane nel 1908 e, durante la Guerra, a Varazze per frequentare corsi di assistenza sanitaria e impiegata come crocerossina all’ospedale militare – chiede di diventare missionaria tra i lebbrosi. Dio, però, ha piani diversi. La sua destinazione è infatti l’Ecuador, in sintonia con la profezia che le aveva fatto una ragazza poco prima di morire, ospite delle suore la cui casa ella riconosceva essere la casa della Madonna e dove pertanto aveva chiesto di venire accolta nei suoi ultimi giorni: profezia poi confermata dalla decisione della Superiora generale.

La seconda metà della vita di suor Maria Troncatti inizia dunque nel 1922 quando approda dall’altra parte del mondo, nella baia di Guayaquil. Mons. Comin, Vescovo missionario, accompagna lei e le compagne verso l’interno. È un viaggio scoraggiante, prostrante, nel folto della selva amazzonica dove per un Occidentale le energie fisiche e interiori vengono messe a dura prova. Maria è coraggiosa, ma è anche una donna per cui tutto è nuovo, incombente… Le viene da piangere. Chiede a Mons. Comin perché le abbia portate lì a morire.

L’accoglienza degli indigeni – gli Shuar allora famosi per essere tagliatori di teste – lascia poco margine all’interpretazione: la figlia di un capo Shuar è stata ferita da una pallottola; che suor Maria dunque operi! Poi, se la ragazza si salva, anche i missionari saranno salvi; se suor Maria fallisce, tutti verranno uccisi. Opera con un semplice taglierino e intanto prega, prega la Madonna Ausiliatrice di salvarla un’altra volta. La pallottola, contro ogni legge della fisica, improvvisamente schizza fuori, come spinta da una mano invisibile. Per suor Maria e i suoi compagni è il lasciapassare: quella suora – osservano gli indigeni – è più potente dei loro stregoni, ora sono pronti a rispettarla.

In Ecuador Maria Troncatti resta per tutta la vita (morirà a 86 anni), spostandosi in luoghi diversi, a piedi, talvolta a cavallo, sempre di corsa per aiutare tutti, sfidando – lei che già una volta aveva rischiato di annegare – la corrente dell’impetuoso fiume Upano. Si confronta con un contesto difficilissimo, dove all’inizio nessuna giovane arriva alla missione ed è una piccola kivaretta, rimasta orfana, ad avvicinarsi per prima, a conoscere le suore, a decidere di presentar loro le proprie amiche in un singolare inizio di apostolato tutto al femminile dal quale si irradierà la vita cristiana in quelle terre.

La zona degli Shuar, dominata da una cultura della vendetta e da un tasso altissimo di violenza, è però attraversata anche da una ferita: la presenza di coloni bianchi con cui incomprensioni e tensioni sono all’ordine del giorno.

Da quel momento suor Maria Troncatti scopre la propria terza vocazione – dopo quella di Figlia di Maria Ausiliatrice e quella missionaria –: essere donna di riconciliazione e pace, tessendo l’unità nella propria persona come fa una mamma disposta a tutto pur di ritrovare i figli dentro un solo abbraccio. La sua è un’azione instancabile in cui mette in campo le armi della preghiera, della pratica infermieristica per avvicinare e guarire, confortare e incoraggiare, e soprattutto della testimonianza di un cuore buono. Gli Shuar, ad esempio, uccidono i bambini deboli o deformi, altri li allontanano – condannandoli comunque a morte certa –: suor Maria è la mamma che li riscatta e li accoglie. Poi affida questi bambini alle donne bianche, alle famiglie dei coloni, e in quel momento il “nemico” Shuar smette di essere un problema astratto per assumere, in braccio a queste mamme d’adozione, tutta la consistenza di un piccolo che reclama il cibo e ha bisogno di tutto. Suor Troncatti pensa che figli cresciuti “insieme” getteranno le basi di un futuro di pace e lei stessa è mamma, sommamente mamma per ciascuno di essi e per gli stessi missionari che chiama a sé, ascolta, conforta, aiuta e anche sostiene… con adeguate merende. È la «mamita», la «madrecita»: la mamma, in tutti i sensi della parola.

Il suo spendersi però non basta: permane infatti nell’area un punto segreto di resistenza, di odio che serpeggia e infine esplode. Una grande Opera viene data alle fiamme, l’obiettivo è uccidere un salesiano, nella Comunità c’è chi per salvarsi si deve lanciare anche da 4 metri di altezza. Gli Shuar, sul piede di guerra, meditano vendetta contro i coloni bianchi cui il fatto viene imputato.

Suor Maria Troncatti compie allora due gesti: dona al direttore dei Salesiani una maglia pulita perché la indossi e da quel minimo gesto simbolico di ordine e di integrità possa ricostruire la Vita comune ferita nel cuore e privata degli spazi; guarda dritta negli occhi gli Shuar armati fino ai denti per la spedizione punitiva, e parla loro. Agli Shuar suor Troncatti dice, senza mezze misure: «Vi abbiamo insegnato a essere caritatevoli e a perdonare le offese. Se veramente mi amate, deponete le armi ai miei piedi». I guerrieri lo fanno. Nessuno quel giorno morirà per ritorsione.

Lei, questa volta, vuole però andare alla radice di un’inimicizia che potrebbe deflagrare ancora e sceglie la strada che passa da qualcosa di assai diverso dalle mediazioni o dalle minacce umane: l’offerta della vita. Suor Maria comunica: «Sarei molto contenta di offrire la mia perché la pace torni in questa popolazione».

La «Purísima» (il titolo con cui lì si venera la Madonna) il 5 agosto 1969 le ispira di «prepararsi» perché presto qualcosa di grave le sarebbe accaduto. Tre settimane dopo, il 25 agosto 1969, l’aereo su cui viaggia diretta agli Esercizi spirituali cade poco dopo il decollo e lei è l’unica a morire.

Ai funerali il cordoglio è unanime: «è morta una santa», si dice, «non c’è più la nostra mamita!».

Shuar e coloni si ritrovano insieme: ora i nemici di poco prima fanno unità. Non ci si può schierare su fronti opposti se si vuol bene alla stessa mamma e si piangono per lei le medesime lacrime. La preghiera di suor Maria Troncatti era stata accolta.

 

«Con quale squisita maternità conquista i cuori! […]
Ciò che mi sorprende
è che in tutto e sempre
rimaneva squisitamente donna.
Direi quanto più vergine, tanto più madre
»

Da una testimonianza su madre Troncatti

 

Maria Troncatti nasce a Corteno Golgi (Brescia) il 16 febbraio 1883 in una famiglia unita e timorata di Dio. Colpita dal carisma salesiano, entra a 21 anni tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Missionaria in Ecuador dopo essersi salvata da un’inondazione per intercessione della Madonna, vi è donna di riconciliazione e pace, sino ad offrire la propria vita perché la sua gente ritrovasse la concordia. Muore in un incidente aereo il 25 agosto 1969. Beatificata nel 2012, viene canonizzata da papa Leone XIV il 19 ottobre dell’anno giubilare 2025. Per approfondire si rinvia anzitutto a https://www.cgfmanet.org/ che pubblica numerosi materiali.