Reinventare è umano
Per una dinamica del cambiamento
Life is what happens to you
while you’re busy making other plans.
(John Lennon, 1980)
Nella nostra vita accade l’inaspettato. Cantava John Lennon in Beautiful Boy (Darling Boy) nel 1980 che “la vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti” (per gli appassionati di musica la canzone è contenuta nello storico album Double Fantasy nel quale Lennon collabora con Yoko Ono). A quarantadue anni di distanza dall’uscita di quella canzone, uno spazio che coincide con l’intera vita di chi scrive, non posso che pensare che Lennon avesse una qualche ragione per cantare quella riflessione esistenziale. Infatti, basta guardare agli ultimi due anni: prima la pandemia, ora una guerra nel cuore dell’Europa, i guai per i cambiamenti climatici sempre più evidenti hanno scardinato le nostre idee di pace e di futuro. A ben guardare non solo gli ultimi due anni, ma tutta la nostra vita, è costellata da eventi o incontri significativi. Questi, se siamo capaci di riconoscerlo, ci offrono la possibilità di mettere in discussione chi pensiamo di essere, come vediamo gli altri e il mondo intorno a noi. Sono eventi inattesi, alle volte piacevoli, altre dolorosi che perturbano le nostre abitudini interrogando il nostro modo di vivere e di pensare. Sono situazioni dolorose che ci saremmo evitati volentieri perché avevamo altri progetti e perché il dolore fa male. Oppure sono incontri d’amore, o sogni che si aprono all’orizzonte, che ci invitano ad andare in direzioni che non avevamo mai pensato prima. Ma come fare ad affrontare questi cambiamenti alle volte tanto rapidi e repentini nella nostra vita?
Per Anthony Brandt e David Eagleman, co-autori di La specie creativa. L’ingegno umano che dà forma il mondo (2019, Codice Edizioni), la risposta è semplice: la cosa che ci permette di accollarci il rischio di uscire dalle nostre abitudini per attraversare i cambiamenti è la nostra flessibilità cognitiva. I due autori, rispettivamente un compositore musicale e un neuroscienziato e divulgatore scientifico, scrivono nell’introduzione del loro libro:
“Facciamo nostre le materie prime dell’esperienza e le manipoliamo per produrre qualcosa di nuovo. Grazie alla nostra capacità di spingerci oltre i fatti appresi, apriamo gli occhi sul mondo che abbiamo intorno a noi ma immaginiamo anche altri mondi possibili. Apprendiamo fatti e generiamo fantasie. Padroneggiamo ciò che è e immaginiamo ciò che potrebbe essere.” (Brandt ed Eagleman, 2019, pag. XV)
Una risposta semplice, di poche righe. Ma quando una cosa è semplice non è detto che sia anche facile. Gli autori parlano della creatività umana, descrivendo le azioni di manipolare (per esempio gli oggetti), padroneggiare (che possiamo intendere da una prospettiva evolutiva come conoscere) e immaginare. In altre parole, scrivono della nostra flessibilità cognitiva e della nostra creatività, cioè delle nostre capacità di comporre in modo inedito la realtà. Queste dipendono dalle costanti connessioni tra movimento, pensiero, sensazione ed emozioni (Feldenkrais, 1996). Dunque, cambiare è un processo complesso, ma purtroppo non tutti abbiamo la stessa libertà di accedervi. In effetti, tra pensieri, sensazioni, emozioni e movimenti sono questi ultimi ad essere più accessibili alle influenze esterne e ai cambiamenti “che intervengono in ciascuno dei quattro producendo una reazione a catena” (Shelhav, 2021, pag. 19). Peccato, però, che la maggior parte di noi abbia pochissima attenzione e consapevolezza del proprio sentire corporeo, attraverso i movimenti quotidiani e, dunque, poca capacità di rendersi conto che sarebbe possibile fare la stessa cosa in un modo diverso con uno sforzo minore rispetto a quello ipotizzato. Riconoscere le azioni di cui sono fatte le nostre abitudini è la base per sperimentare altri gesti quando le azioni abituali non sono più funzionali alla situazione che stiamo vivendo. Da un punto di vista sensomotorio sono i feedback interpersonali e ambientali che le nostre azioni ricevono a darci la possibilità di accedere al cambiamento.
La possibilità di cambiare e la libertà sono dimensioni interdipendenti perché dipendono moltissimo da chi siamo, dalla nostra biografia, dalle relazioni significative che abbiamo avuto la possibilità di sperimentare fin dalla prima infanzia, ma anche dal contesto sociale, dal livello di istruzione e, più in generale, dalle risorse non solo economiche, ma anche sociali e culturali sulle quali possiamo contare. Lasciarsi scardinare per reinterpretare i propri schemi è complesso e profondo. Secondo il sociologo Pierre Bourdieu (ritenuto a buon titolo uno degli intellettuali più importanti del XX secolo), ciascuno di noi ha un suo habitus ovvero una sorta di disposizioni durevoli e insormontabili incorporate e interiorizzate. Se vogliamo pensare di cambiare occorre riconoscere il nostro habitus, un’operazione non scontata e mai data una volta per sempre visto che, ci insegna Bourdieu, l’habitus rischia di essere insormontabile. E molte, moltissime volte lo è per davvero. Non finiamo mai d’imparare e di (ri)conoscere chi siamo e di scoprire di essere anche altro da quello che pensiamo di essere. Quello che siamo dipende irrimediabilmente dal momento storico e dalla posizione nel mondo in cui ci troviamo. La nostra società individualista e neoliberista ci spinge a credere di essere noi gli artefici del nostro destino: tutto però non dipende da noi.
Quindi, se reinventarci è una capacità costitutiva degli esseri umani, riuscire a farlo non dipende solo dalla volontà di un individuo. Sulla nostra flessibilità cognitiva incidono la genetica, l’ambiente fisico, la nostra situazione socioeconomica e quella della famiglia in cui siamo cresciuti e la cultura alla quale apparteniamo. Se desideriamo cambiare la porta d’accesso è duplice: una individuale, a partire dalla consapevolezza corporea, l’altra collettiva fatta di partecipazione attiva per la riduzione delle disuguaglianze sociali e la tutela dell’ambiente.
Bibliografia
Bourdieu, P. (2001). La distinzione. Critica sociale del gusto. Bologna: Il Mulino.
Brandt, A. & Eagleman, D. (2019). La specie creativa. L’ingegno umano che dà forma al mondo. Torino: Codice Edizioni.
Feldenkrais, M. (1996). Il corpo e il comportamento maturo. Roma: Astrolabio.
Shelhav, C. (2021). Lo spazio del bambino. Un approccio integrato allo sviluppo infantile secondo il metodo Feldenkrais. Roma: Astrolabio.