Itinerari vocazionali per cresimandi: quale linguaggio?
Questo numero di Vocazioni intende aiutare gli educatori alla fede a valorizzare la celebrazione della cresima come itinerario vocazionale per preadolescenti e adolescenti, aprendo tale esperienza educativa alla dimensione vocazionale e orientandola in direzione vocazionale.
Ritengo, infatti, che la comunità cristiana, e in essa in particolare i catechisti e gli altri educatori alla fede, non può non crescere nella consapevolezza che “età di cresima” significa “età di vocazione”: età, cioè, di orientamento pedagogicamente qualificato e teologicamente fondato; età di inserimento ecclesiale; età di sintesi umana – cristiana – vocazionale.
Mentre i contributi che seguono ci aiuteranno a fare una lettura vocazionale della celebrazione della cresima, in questa riflessione introduttiva desidero offrire un quadro di riferimento che risponda al seguente interrogativo: quale il “linguaggio” dell’animazione vocazionale e, specificamente, degli itinerari vocazionali per cresimandi?
L’azione pastorale della Chiesa, intesa come mediazione di salvezza, e in particolare l’animazione vocazionale nelle sue varie espressioni, si trova, infatti, oggi inevitabilmente di fronte a tale interrogativo.
La “storia del linguaggio” ovvero della comunicazione tra Dio e l’uomo
“In principio la parola”; ci testimonia il prologo di Giovanni.
Come dire che “noi siamo nella Parola di Dio, essa ci spiega, e ci fa esistere… È stata la Parola per prima a rompere il silenzio, dire il nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita”[1].
È possibile dunque ripercorrere nella Sacra Scrittura la “storia della comunicazione tra Dio e l’uomo” per cogliere lungo la storia della salvezza i passaggi esemplari e significativi in ordine al “linguaggio di Dio”, quindi al comunicare di Dio con l’uomo[2].
I primordi felici dell’umanità
“Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole” (Gn 11,1).
“Babele” simbolo della non – comunicazione
Simbolo della fatica e delle ambiguità a cui è soggetto il comunicare sulla terra e anche simbolo di una civiltà in cui la moltiplicazione e la confusione dei messaggi porta al frastornamento.
“La si chiamò Babele, perché il Signore confuse la lingua di tutta la terra” (Gn 11,9).
“L’alleanza”, fondamentale evento comunicativo tra Dio e l’uomo
Numerose sono nella Bibbia le “formule” che esprimono una realtà fondamentale: Dio vuole entrare in comunione con il Suo popolo.
“Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa d’Israele… porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore” (Gn 31,33).
Cristo e il mistero pasquale, vertice della comunicazione di Dio agli uomini
Il comunicarsi divino nella storia culmina nella incarnazione del verbo di Dio in Gesù di Nazareth e nella sua morte in croce e risurrezione.
Nell’Incarnazione e nel mistero pasquale noi veniamo, infatti, a conoscere quel Figlio che S. Ignazio di Antiochia chiama “Verbo precedente il silenzio”.
Gesù “maestro e operatore della comunicazione”
La guarigione del sordomuto – “Effatà apriti” – fa uscire un uomo dalla sua incapacità a comunicare e diventa segno della guarigione dell’uomo di ogni tempo dal disagio comunicativo e invito ad ascoltare il “vangelo della comunicazione”.
La “Pentecoste” icona efficace del dono del comunicare che Dio elargisce al suo popolo.
Il dono dello Spirito Santo a Pentecoste suscita dunque una straordinaria capacità comunicativa, riapre i canali di comunicazione interrotti a Babele e ristabilisce la possibilità di un rapporto facile e autentico tra gli uomini nel nome di Gesù Cristo. Esso suscita la Chiesa come segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e dell’unità del genere umano.
In sintesi: “L’evento comunicativo che regge tutta la storia è un evento gratuito e libero: Dio decide di comunicarsi all’uomo entrando con lui in alleanza. A tale iniziativa libera e gratuita di Dio vivente è chiesta una risposta libera e grata: la risposta della fede”[3].
Si tratta quindi di “imparare a comunicare in maniera corretta aprendosi all’ascolto del ‘Vangelo della comunicazione’, alla ‘buona notizia’ di un comunicare arduo, ma possibile, quello offertoci dal Dio vivente nell’atto stesso del suo comunicarsi a noi”[4].
La pastorale delle vocazioni, quindi ogni espressione dell’animazione vocazionale, da sempre ha fondato il suo servizio sottolineando l’iniziativa gratuita di Dio, la gratuità della “chiamata” di Dio, quindi l’iniziativa di Dio nel “comunicare” con l’uomo.
La “teologia della vocazione” infatti è tutta centrata attorno all’avvenimento fondamentale che la vocazione è sempre e soltanto iniziativa di Dio.
Il dono della comunicazione però può essere rifiutato dall’uomo. “Alla base del rifiuto della comunicazione stanno tanti motivi, ma uno dei determinanti è certamente quello della mancanza di fiducia nella gratuità e sincerità dell’atto comunicativo”[5].
La Bibbia sin dalle prime pagine evidenzia questa sfiducia dell’uomo nella gratuità comunicativa di Dio. Seguendo la storia della salvezza e guardando dentro la natura dell’uomo – l’uomo è fatto per comunicare e per amare, Dio lo ha fatto così – ci accorgiamo che tutto converge verso quel Qualcuno, del cui amore non possiamo dubitare, da cui tutta la storia della salvezza sembra attendersi da sempre che compia un gesto di amore irrepetibile: questo gesto è Gesù sulla croce. “È Dio stesso che ci viene incontro: egli è comunicazione, è capace di risanare i nostri fallimenti comunicativi e di riempirci della grazia di un flusso relazionale sano e costruttivo”[6].
L’atto sintesi della comunicazione di Dio con l’uomo: “…Ti ha amato per primo”
Ritengo utile anzitutto evidenziare come il tema stesso di preghiera e catechesi della Giornata Mondiale per le vocazioni di quest’anno – già a livello di contenuti “Ti ha amato per primo” – evidenzia come tutto il mistero creativo e redentivo è un grande atto del comunicare divino[7].
Ogni vocazione nasce, cresce e si verifica, quindi si matura, soltanto a partire da questa comunicazione divina e dalla consapevolezza che alla radice della comunicazione sta la gratuità di Dio.
L’evento comunicativo che regge tutta la storia – la creazione e la redenzione – è un evento gratuito e libero di Dio.
La risposta ad una vocazione di speciale consacrazione non è altro che la risposta ad un amore che ci precede, ci chiama, ci sorregge, ci invia!
All’animazione vocazionale – che si propone come mediazione ecclesiale del comunicare di Dio con l’uomo – spetta il servizio, soprattutto presso le giovani generazioni, di far si che tale comunicazione non sia a senso unico: “parola di Dio – ascolto dell’uomo”.
Spetta proprio all’animazione vocazionale – perché ciò è già nella natura del comunicare di Dio con l’uomo – favorire un circuito di risposta che è proprio di ogni comunicare autentico: “parola – ascolto – risposta”.
L’animazione vocazionale è quindi consapevole che il suo servizio nella comunità ecclesiale è dunque quello di promuovere e tenere attivo, con tutti i mezzi possibili, proprio questo circuito “parola – ascolto – risposta”.
Con quale linguaggio dunque si favorisce la comunicazione vocazionale, cioè la chiamata, tra Dio e l’uomo del nostro tempo iscritta in quel circuito che abbiamo appena chiamato: “parola – ascolto – risposta”?
Il linguaggio è essenzialmente quello della preghiera, della catechesi-liturgia, della carità. È, in fin dei conti, il linguaggio della Chiesa.
La metodologia – meglio potremmo dire gli “itinerari comunicativi”- è quella della contemplazione, dell’ascolto, della celebrazione, della testimonianza della carità.
Il “linguaggio” e gli “itinerari comunicativi” dell’animazione vocazionale
Comunicare nel silenzio contemplativo della preghiera
“Ci si educa al comunicare sviluppando la ‘dimensione contemplativa della vita’”[8].
La preghiera nelle sue varie forme, luogo e tempo eminentemente di contemplazione, è comunicazione a due sensi: tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e Dio.
La preghiera quindi non come monologo, ma come dialogo: nasce dalla fede – come ascolto e accoglienza fiduciosa della parola di Dio – e si traduce in una risposta.
È per questo che la preghiera, in quanto chiamata e risposta, è eminentemente un itinerario vocazionale.
La celebrazione della cresima come itinerario vocazionale dovrà far proprio, in modo adeguato all’età dei cresimandi, questo itinerario comunicativo.
Educare a “comunicare nel silenzio contemplativo” significa sì educare i cresimandi alla preghiera come valore primario ed essenziale in ciò che riguarda la vocazione[9], ma sopratutto educare a comunicare nel silenzio come contemplazione delle meraviglie che Dio ha operato per il suo popolo proprio a partire dalla “meraviglia delle meraviglie” che “Dio ci ha amati per primo”. Come dire che gli itinerari di preghiera hanno una finalità pedagogica: educare alla risposta.
A questo fine sarà importante, negli incontri di preghiera proposti ai ragazzi della cresima, valorizzare adeguatamente gli “spazi di silenzio” allo scopo di educarli a guardare con stupore al mistero di Dio “che ci ha amati per primo” e in esso, ad accogliere con stupore e timore la Parola di Dio come Maria.
Le stesse proposte di “gesti” e “segni” (il crocifisso, la Bibbia, il cero pasquale, una lampada, un’icona, una rete da pesca…) – che solitamente vengono utilizzati negli incontri di preghiera – intendono favorire la contemplazione attraverso la comunicazione simbolica veicolo privilegiato dall’esperienza religiosa di tutti i tempi ed anche rispondente alla capacità d’interiorizzazione dell’età adolescenziale.
Comunicare nella Parola
È patrimonio acquisito dell’esperienza ecclesiale di sempre, quindi della pastorale delle vocazioni, che un progetto di vita nasce, vive e matura essenzialmente nell’ascolto e nel dialoto con la Parola.
“L’ascolto credente della Parola di Dio libera e unifica”: potremmo dire “libera la vocazione” e “unifica la vita” come vocazione, proprio perché per sua natura la Parola di Dio è “Parola che chiama”.
La celebrazione della cresima è tempo privilegiato per educare i cresimandi ad accogliere la Parola e ad amarla. I ragazzi della cresima, che stanno vivendo la stagione della preadolescenza, hanno il naturale bisogno di una “parola di verità” sulla vita a cui si stanno aprendo.
L’incontro e il confronto diretto con la Scrittura – per la forza vocante che è propria della Parola di Dio e per l’incisività dei modelli vocazionali (es. i profeti, Maria, Cristo, gli apostoli…) che vi si incontrano – offre pressoché naturalmente una ‘lettura’ vocazionale della Parola ed è quindi uno specifico itinerario educativo alla vocazione.
Comunicare nella celebrazione dei segni della salvezza
La liturgia attua l’opera di salvezza propria della Chiesa[10].
I Sacramenti infatti sono la celebrazione dei segni della salvezza che comunicano la vita[11]. La liturgia mentre “fa opera di mediazione tra l’interiorità contemplativa colmata dal dono della Parola e l’espressione esterna e pubblica dell’adorazione e della lode… presuppone e coltiva pure l’interiorità del credente; educa e forma alla comunicazione autentica con Dio”[12].
Caratteristica antologica della liturgia – il cui cuore e centro è l’Eucaristia, dalla quale derivano ed a cui si riportano tutti gli altri sacramenti – è quindi la dimensione sacramentale che comunica la vita stessa di Dio.
Ma la liturgia presenta, nella celebrazione, anche l’aspetto pedagogico che educa alla comunicazione con Dio.
Un educatore alla fede – che ha consapevolezza che l’itinerario sacramentale è il luogo naturale per un cammino vocazionale, per lo sbocciare e per una maturazione armonica delle vocazioni consacrate – non può non valorizzare la liturgia che vive ordinariamente la comunità cristiana per la comunicazione dell’annuncio e della proposta vocazionale, sia nel suo aspetto ontologico che pedagogico.
Valorizzare la valenza vocazionale dei sacramenti del Battesimo, della Penitenza e dell’Eucaristia – in particolare durante l’itinerario di preparazione alla celebrazione della cresima – significa “dar voce” ai sacramenti che comunicano la vita perché siano naturale occasione di annuncio, maturazione e verifica vocazionale.
A partire dal comunicare con la “sorgente della vita” nell’itinerario liturgico – sacramentale, la celebrazione della cresima offre la possibilità di educare i cresimandi al dono di sé nel servizio ai fratelli.
Le esperienze concrete di servizio attraverso il linguaggio dell’esperienza – in un’età che naturalmente privilegia l’esperienza – offrono al cresimando la possibilità di educarsi alla vita come dono di sé, quindi di aprirsi alla vita come vocazione.
Comunicare nella testimonianza
È il segreto della “comunicazione vocazionale”: “la vita genera vita”. È uno dei motivi di fondo ritornanti nel magistero di Giovanni Paolo Il, che traduce il “vieni e vedi” di Gesù.
Il “comunicare nella testimonianza” è dunque il “linguaggio della vita” che ha particolare presa nelle giovani generazioni, in particolare nell’età della preadolescenza e adolescenza, età che per sua natura cerca e s’ispira a modelli di vita.
L’incontro diretto con testimoni di vocazioni, con esperienze concrete di servizio e modelli autentici di servizio, incarnati da persone consacrate, possono essere decisive per aiutare i cresimandi a scoprire la loro vocazione.
Se una conclusione può essere tuttavia tratta – affrontando il tema del “linguaggio” nella pastorale vocazionale e specificamente nell’itinerario della cresima e del postcresima – mi sembra di potere intravederla parafrasando l’espressione di Giovanni Paolo II, sopra citata, “la vita genera vita” in “vocazione genera vocazione”.
Questo – fermo restando l’iniziativa della comunicazione di Dio verso l’uomo – è in sintesi il linguaggio essenziale dell’animazione vocazionale.
Note
[1] C.M. Martini, In principio la Parola. Programmi Pastorali diocesani 1980-90, ed. Dehoniane Bologna p. 41. N.B. Vengono riproposti in merito alcuni passaggi essenziali del pensiero del Card. C.M. Martini nella sua Lettera per il programma pastorale “Comunicare” “Effatà, Apriti”.
[2] C.M. Martini, “Effatà, Apriti”, Lettera per il Programma Pastorale “Comunicare”, Milano 1990 p. 11 ss.
[3] C.M. Martini, idem p. 39;
[4] C.M. Martini, idem p. 30;
[5] C.M. Martini, idem p. 41;
[6] C.M. Martini, idem p. 43-44.
[7] Cfr. CNV, Vocazioni n. 1 (Gennaio – Febbraio) 1991: Numero monografico sul tema della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni “Ti ha amato per primo”.
[8] C.M. Martini, idem p. 77.
[9] CEI, Vocazioni nella Chiesa Italiana, Piano Pastorale per le Vocazioni, 1985 n. 27.
[10] Cfr. Sacrosantum Concilium n. 6.
[11] Cfr CEI, Vocazioni nella Chiesa Italiana, Piano Pastorale per le Vocazioni, 1985 n. 26.
[12] C.M. Martini, idem, p. 79.