N.02
Marzo/Aprile 1991

La celebrazione della cresima: una lettura vocazionale

 

Premessa

L’approccio con le realtà sacramentali e soprattutto con i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana di cui la Cresima o Confermazione è parte integrante, ci stimola a scoprire, con riconoscenza profonda allo Spirito e alla Chiesa, nella quale Egli opera, il grande e provvidenziale mutamento rituale e celebrativo che il Sacramento della Cresima ha subito per opera del Concilio, soprattutto attraverso la Riforma Liturgica.

 

 

Un nuovo rito

Chi ha ricevuto la Cresima prima della Riforma conciliare la ricorda come un evento legato e quasi condizionato, il più delle volte, alla visita pastorale del Vescovo. In quella circostanza veniva conferita la Cresima a quanti in quell’anno, o triennio, o anche quinquennio, avevano raggiunto un sufficiente uso di ragione.

Una breve catechesi sul concetto di Cresima sintetizzato dal Catechismo di Pio X: “La Cresima è il sacramento che ci fa perfetti cristiani, soldati di Gesù Cristo e ce ne imprime il carattere”, una giustificazione liturgica di quello “schiaffetto” che il Vescovo avrebbe dato sulla guancia del candidato e poi tutto e tutti erano pronti e il Vescovo poteva procedere, con un rito che non prevedeva la Celebrazione dell’Eucaristia che, se veniva celebrata, lo era o prima o dopo il Rito, ma da esso totalmente indipendente.

Ora non è più così. Paolo VI, nella Costituzione Apostolica che presenta e ufficializza il nuovo Rito, ricorda l’esplicito invito della Costituzione Sacrosanctum Concilium: “Sia riveduto il Rito della Confermazione, perché appaia più chiaramente la sua intima connessione con tutta l’iniziazione cristiana” (S.C. 71), in modo che Riti e parole “esprimano più chiaramente le realtà sante da esse significate e il popolo cristiano, per quanto è possibile, riesca a comprenderne facilmente il senso e a parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria” (ibidem).

 

 

Una nuova catechesi dei segni

Tocca ora ad un’intelligente catechesi preparare a questa “celebrazione piena, attiva e comunitaria” per cui non dovrebbe mai mancare, nelle mani del catechista il testo del Rito, con le sue premesse e con tutti i momenti celebrativi da illustrare preventivamente ai candidati, alle famiglie e ai padrini.

È un Rito, che come ogni Azione liturgica, si presenta ricco di “segni” e l’“explicatio signorum” è fondamentale per una catechesi preventiva.

Ne indichiamo alcuni per poi riprenderli nella presentazione della celebrazione e tradurli nella fedele interpretazione richiesta ai protagonisti.

C’è il segno della comunità e dell’assemblea; il segno della famiglia dei candidati; il segno dei Padrini; il segno del “gruppo” dei cresimandi; il segno del Vescovo (faremo sempre riferimento al Vescovo, come ministro originario e ordinario, anche se il Vescovo, soprattutto nelle grandi diocesi, “delega” ad altri il conferimento della Cresima).

C’è, all’interno del Rito, il segno della Parola di Dio; c’è (e va sottolineato come fondamentale) il segno della “chiamata” (il nome: “Ti ho chiamato per nome” e della risposta – “Eccomi!” – c’è il “ritorno alle origini”: il Fonte battesimale con la rinnovazione delle promesse; la prima imposizione delle mani (quella collettiva) con l’invocazione dello Spirito Santo; l’unzione con il Crisma con la seconda imposizione delle mani e l’affettuoso gesto paterno del Vescovo che augura la pace; poi la preghiera dei fedeli e la Benedizione finale, prima del congedo.

Se, non solo negli ultimi giorni, ma durante tutto il cammino di preparazione, ci sarà stata una “prelettura” ed un approfondimento di questi “segni”, la celebrazione avrà degli “attori” convinti, veri protagonisti (con lo Spirito Santo s’intende) dell’evento pentecostale, e non come spesso capita, dei timidi adolescenti ai quali bisogna suggerire all’ultimo momento di dire il nome con chiarezza, di rispondere “Amen” e di accogliere il paterno augurio del Vescovo con la filiale e gioiosa risposta: “e con il tuo spirito”. Ragazzi che, a volte, non sanno come e dove tenere le mani e che sorridono fra loro quasi si fossero finalmente liberati da un peso.

 

 

Concrete attenzioni

– La comunità deve conoscere la data della Cresima e riconoscerle il valore di un’annuale Pentecoste parrocchiale. Sarà una data fissa o una data concordata annualmente con il Vescovo. L’importante è annunciarla ufficialmente alla comunità riunita nel giorno del Signore, pubblicandola fin dall’inizio dell’anno; perché la comunità stessa si senta “chiamata”… La data della Cresima potrebbe essere introdotta nell’annuncio delle “date pasquali” che la Liturgia prevede per il giorno dell’Epifania del Signore (cfr. Messale, p. 1047). In quella circostanza, o qualche domenica dopo, sarà opportuno presentare alla comunità i candidati, dando all’evento una forma quasi rituale: per es. dopo la proclamazione del Vangelo o dopo l’omelia. I nomi, da quella data, potrebbero essere esposti alla porta della Chiesa, come si fa per le pubblicazioni matrimoniali.

 

– La famiglia sarà già stata coinvolta con incontri frequenti, in risposta a quanto previsto dal n. 3 delle Premesse al Rito e nei quali non si farà mancare una riflessione o più sulla natura vocazionale della Cresima e, sulla responsabilità dei genitori, nella maturazione vocazionale dei figli… È giusto che nella Chiesa abbiano quel giorno un posto riservato, anche se distinto dai cresimandi.

 

– Il vescovo. Bisognerebbe evitare, per quanto possibile (ma si cerchi di renderlo possibile!) che i candidati e il Vescovo si incontrino e si conoscano per la prima volta solo il giorno del conferimento della Cresima. Sarebbe tanto desiderabile che entrasse nella tradizione un incontro preventivo di carattere familiare con il Vescovo. L’incontro potrebbe avvenire nello stesso Episcopio: è bello educare i nostri ragazzi a conoscere la casa del Padre e a prendere confidenza con un ruolo da protagonisti nella chiesa di cui la familiarità col Vescovo è espressione e strumento.

 

– La veglia. Non si tratta propriamente di un “segno” nel senso stretto del termine, ma una veglia di preghiera e di riflessione, distinta dalla celebrazione penitenziale, è un elemento che non andrebbe trascurato. Ce ne sono di ottime che sviluppano il tema del rapporto tra dono dello Spirito e cammino di crescita vocazionale!

 

– I padrini. È una scelta da non lasciare alle ultime settimane. Si tratta di spiegarne il senso ed i doveri che ne derivano. Da preferirsi il padrino del Battesimo, sempre che la scelta di allora sia stata e si sia rivelata quella giusta (cfr. Premesse n. 5).

 

– Il gruppo. Non so se sia esatto definirlo così. Sono i ragazzi che hanno compiuto insieme il cammino della preparazione (in generale almeno due anni). Forse alcuni si sono persi per la strada, ma i più sono giunti alla meta. Ha una grande importanza nel cammino di crescita dei nostri ragazzi dopo la cresima… Anche le scelte vocazionali personali potranno maturare nel gruppo; anche nella celebrazione, è bene che il gruppo conservi il segno della compattezza attorno al Vescovo.

 

– La collocazione. Per sottolineare l’importanza della “chiamata”, prevista dal Rito dopo la proclamazione del Vangelo (cfr. n. 24), è bene che i candidati prendano posto nei primi banchi della navata (o in altro luogo adatto, ma ancora vicini all’assemblea), in modo da potersi portare più vicino o nel presbiterio al momento della chiamata.

 

– La proclamazione e l’ascolto della parola di Dio. È bene che le Letture scelte con i candidati o fatte loro conoscere durante la preparazione prossima anche come tema di catechesi, non siano proclamate dai cresimandi, ma dai catechisti, dai genitori e dai padrini. I cresimandi devono vivere l’esperienza dell’ascolto di una Parola che è la sorgente di ogni chiamata ma che giungerà ad essi per la mediazione della chiesa. Anche di questo i catechisti non avranno mancato di parlarne…

 

– La chiamata potrà essere preceduta da una breve (direi brevissima…) presentazione del Parroco. I nomi siano proclamati chiaramente e chiara e spontanea sia la risposta, accompagnata dal segno esterno del movimento: alzarsi in piedi e portarsi al presbiterio. La risposta sia preferibilmente “l’Eccomi” biblico (Gesù, Maria, Abramo, i Profeti…) che più di ogni altra esprime la coscienza vocazionale!

 

– L’omelia. Va ricordato ai ragazzi che l’omelia non solo è parte integrante della Liturgia della Parola, ma è anche la conclusione del cammino di catechesi. Toccherà al Vescovo non eccedere in lunghezza, perché i cresimandi, già piuttosto tesi anche emotivamente, non arrivino stanchi e distratti al momento sacramentale (cfr. n. 47).

 

– La rinnovazione delle promesse battesimali. C’è il rischio, se la preparazione catechistica non ne avrà evidenziato l’importanza e il collegamento con gli impegni del Battesimo che ora diventano “personali” e non più “delegati”, che non si dia sufficiente importanza a questo momento rituale. Si potrebbe (anche se il rito non lo prevede) accendere il Cero pasquale precedentemente collocato nel presbiterio. Se il Battistero fosse vicino all’Altare, agibile e il numero dei cresimandi non eccessivo, rinnovare le promesse vicino al fonte stesso. Bisogna saper dare elasticità alla celebrazione e illustrare questi gesti e questi movimenti con opportune e ben mirate didascalie che suscitino in tutti l’interesse e la partecipazione senza per altro mancare di mettere in risalto che “rinuncio” e “credo” sono, di fatto, i propositi di una vita vissuta come vocazione alla Santità!

 

– L’imposizione delle mani. È un momento forte. Il Rito prevede l’invito all’assemblea a pregare e ad un momento di silenzio. È la grande “epiclesi” del Rito, il gesto strettamente apostolico che trasmette e che “chiama”. Assemblea e cresimandi devono saperlo vivere con intensa commozione. Potrebbero accendersi tutte le luci come nella notte di Pasqua al momento del “Gloria”.

 

– Il crisma. I cresimandi, cioè coloro che devono ricevere la “crismazione”, saranno già stati istruiti in merito anche riferendosi alla stupenda preghiera con la quale il Vescovo consacra il Crisma nella Messa crismale, là dove si sarà anche fatto osservare come questo segno “dice” che la Cresima è abilitazione ad una “lotta”: è la crescita vocazionale verso una scelta di vita…

 

– Imposizione delle mani e unzione. È un momento delicato, durante il quale occorre non aver fretta. L’intervento dei catechisti è prezioso. Il nome, pronunciato chiaramente e rivolto al Vescovo dice “individuazione” del cammino di fede. Dice, in altre parole: “Eccomi, manda me!”. Così pure le altre risposte (“Amen”… “e con il tuo spirito”…) siano chiare e convinte. Quell’“Amen” è la conclusione di un discorso con Dio che si era aperto con quell’“Eccomi”….

 

– La formula. È nuova e sostituisce l’antica, dando più spazio alla gratuità del dono dello Spirito e al “signum” o sigillo che impegna ad una risposta di “testimonianza”: la Cresima è vocazione a testimoniare, nella vita di ogni giorno e nelle varie vocazioni personali, pronti al quotidiano rinnovarsi di quell’“Eccomi”. Sarà bene che almeno una volta la formula sia udita dall’assemblea (uso di un microfono). Poi potranno essere eseguiti dei canti.

 

– La preghiera dei fedeli. Il Rito prevede una formula appropriata per la Preghiera dei fedeli: la formula può essere variata, soprattutto se la Cresima viene conferita in una particolare solennità liturgica o circostanza di vita della comunità. Importante che non la si separi dal Rito di cui è parte e che, senza eccedere nel numero delle intenzioni, non si tralasci di pregare per cresimati, famiglie e padrini. Una o più “intenzioni vocazionali” non faranno altro che arricchire la preghiera…

 

– La celebrazione eucaristica. È importante riuscire a non lasciar calare il tono della celebrazione proprio a questo punto. Si tratta dell’Eucaristia alla quale il cresimato si accosta ormai “di diritto”. Ora che, per ragioni pastorali e di catechesi la Conferenza Episcopale Italiana ha anticipato la Messa di prima Comunione alla Cresima, bisogna che la catechesi stessa faccia notare come, con il conferimento della Cresima, si passi dal privilegio al diritto di assidersi alla Mensa del Signore, meta del cammino di tutta l’Iniziazione cristiana.

A livello di segni ciò può essere evidenziato da una ben preparata processione offertoriale e, soprattutto dalla Comunione sotto le due specie che sarebbe opportuno rimandare fino al giorno della Cresima, proprio per sottolineare il raggiungimento e la partecipazione piena all’Eucaristia. Specialmente il momento offertoriale offre uno spunto prezioso per un “discorso vocazionale” come l’esperienza ormai ampiamente insegna!

 

– Benedizione solenne e congedo. La Benedizione solenne, posta al n. 38 del Rito, acquista una particolare importanza perché è l’unico momento della celebrazione che contenga, nella terza invocazione, un’esplicita menzione della dimensione escatologica del Sacramento (dimensione che è propria di tutti i Sacramenti e alla quale bisogna sempre dare risalto): “lo Spirito Santo… vi conduca alla gioia del Regno”. 

Anche le parole del congedo dovrebbero contenere un invito finale a vivere il dono dello Spirito, che, nella consapevolezza vocazionale, rappresenta l’inizio dell’itinerario di discernimento sulla propria personale chiamata! Il Pastore della Diocesi sa bene che il suo augurio non può che andare in quella direzione…

 

 

 

 

Conclusione

La conclusione è che dopo tutto questo impegno catechistico prima e celebrativo poi, qualcosa rimanga. Ma a questo punto non contano tanto i suggerimenti a livello liturgico, ma subentra la famosa pastorale del “dopo Cresima”. Certo il riferimento al momento forte vissuto nella celebrazione rituale, il richiamo a quei “segni” potrà risultare meno difficile, soprattutto invitando i nostri ragazzi a non dimenticare quell’“Eccomi”… con tutto quello che comporta di presenza e di impegno nella realizzazione di un cammino che ponga solide basi per una scelta vocazionale!