Le Comunità di Accoglienza come comunità di riferimento
Dieci anni fa, il II Congresso Internazionale per le vocazioni dedicò un’attenzione tutta particolare alle nuove esperienze avviate dai religiosi e dalle religiose per aiutare i giovani e le giovani a maturare la loro scelta vocazionale. Nel documento conclusivo c’era un invito esplicito a valorizzare le esperienze della comunità di accoglienza.
In seguito, nel 1982, l’Ufficio Vocazioni CISM tenne un convegno sulle comunità di accoglienza che vennero definite “forme privilegiate di pastorale vocazionale giovanile”. Da allora queste esperienze si sono moltiplicate e la riflessione su di esse ha fatto dei passi in avanti. Qui propongo alcuni orientamenti circa quelle particolari comunità di accoglienza con cui sono venuto a contatto e che definisco “comunità di riferimento”.
Perché e come sono nate
All’origine di queste comunità, di queste nuove forme di “accompagnamento vocazionale”, si possono individuare due ordini di fattori.
Il primo concerne il mondo giovanile che attraversava un periodo di particolari sconvolgimenti a causa della contestazione. Molti seminari, scuole apostoliche, prenoviziati e noviziati stavano avviandosi alla chiusura, mentre tra i giovani stessi sorgevano nuove domande, nuove esigenze, per cui, alcuni, che avevano incontrato sulla loro strada dei consacrati che davano una forte testimonianza di vita, hanno chiesto di poter condividere la loro vita più da vicino, di poter fare un’esperienza di vita vissuta secondo il Vangelo, di vita in comunità. Così hanno stimolato i formatori e non a cercare nuove vie, nuove modalità di formazione e di pastorale vocazionale.
Il secondo riguarda le comunità religiose. Quasi contemporaneamente alla contestazione fuori, dentro le comunità soffiava il vento di rinnovamento sollevato dal Concilio Vaticano II. Era qualcosa di forte che immetteva il desiderio di dare vita a nuove comunità in cui si potesse esprimere con più radicalità e audacia la propria consacrazione a Dio e il carisma del proprio Fondatore, riscoperto attuale.
Tutto questo alla luce di quella che noi oggi chiamiamo la dinamica della comunione ecclesiale, cioè di una fraternità e di un’unità nuova tra i membri della comunità.
Destinatari e finalità
Parlando di comunità di riferimento chiariamo subito la prospettiva di fondo entro cui ci muoviamo.
Si tratta di quelle comunità che si aprono all’accoglienza di ragazzi/ragazze, che avendo vissuto un cammino di fede nella comunità cristiana offrono dei segni vocazionali, magari anche latenti. Giovani che in un modo o in un altro si stanno interpellando su quale sia il proprio posto nella Chiesa e nell’umanità.
C’è una categoria che riesce ad esprimere bene la posizione di questi giovani, destinatari privilegiati delle comunità di riferimento: “Pensosi vocazionalmente”.
Pertanto la comunità di riferimento è prima di tutto un’esperienza profonda di vita vissuta secondo il Vangelo, come risposta alla propria vocazione battesimale: essere creatura nuova in Cristo.
Un’esperienza vissuta in comunità, insieme, nella libertà, nella corresponsabilità e nella partecipazione reale alla vita di tutti. Il Vangelo è il punto di partenza, la fonte di ispirazione principale.
Vivendo così si innesca anche un processo di maturazione umana. Maturazione che comprende la sfera psicologica (il cammino verso la definizione della propria identità), la sfera culturale, la sfera affettiva (la capacità di relazionarsi sostenuti da un amore autentico), la sfera sociale (l’apertura incondizionata ad ogni persona).
E tutto questo in un cammino graduale, regolare, continuativo, verificato e vario che ha come obiettivo giungere alla scoperta della propria vocazione nella Chiesa secondo un chiaro riferimento alla volontà di Dio.
Lo sfondo teologico entro cui si inquadra questa ricerca è ormai noto: la vocazione fondamentale del cristiano è il Battesimo che è chiamata unica e irripetibile alla piena conformità all’immagine del Figlio. Da qui le vocazioni particolari risaltano tutte come il modo proprio di ognuno di realizzare la chiamata alla santità. Ogni vocazione è collocarsi al proprio posto nella Chiesa e contribuire alla sua Missione nel mondo. È la scoperta del disegno di Dio su di sé e la conseguente risposta d’amore.
Scoperte vitali
La maturazione vocazionale dentro la comunità di riferimento è legata ad alcune “scoperte” vitali. Prima di tutto la riscoperta di Cristo, del suo messaggio, della sua vita, del suo Volto. Tutta l’esperienza diventa una possibilità di incontrarsi profondamente con Lui, per costruire un rapporto nuovo.
Poi la riscoperta di se stessi, dei propri limiti e delle proprie potenzialità, forse anche nascoste, con la conseguente accettazione sincera e libera della propria personalità.
Ugualmente l’esperienza nella comunità di accoglienza ripropone una lettura di tutta la propria vita illuminata dall’Amore di Dio, così da riscoprire il “filo d’oro” che lega ogni avvenimento.
Quasi contemporaneamente c’è, anche, la riscoperta della Chiesa come realtà di uomini e donne che vivono dell’unica fede in Cristo Signore e sono guidati dalla stessa legge, quella dell’Amore.
Infine, dentro la Chiesa, la riscoperta di tutte le vocazioni come possibilità concrete di amare Dio e di collocarsi al servizio della Chiesa e dell’umanità.
L’itinerario educativo
Mi permetto qui di riportare, come esempio, l’iter formativo che normalmente viene percorso nella comunità di accoglienza in cui vivo da qualche anno e che ripropone caratteristiche molto simili ad altri itinerari di comunità di riferimento. La premessa quasi scontata è che ogni fase non è qualcosa di automatico che scatta allo scadere del tempo ma un’esperienza che si realizza man mano che i giovani rispondono positivamente e si lasciano coinvolgere nel cammino proposto.
Questo itinerario, sperimentato da diversi anni, si presenta in 4 fasi.
1. Iniziazione
È il momento dell’accoglienza e dell’adattamento alla nuova vita in comunità, alla luce dell’esperienza di Dio Amore che ha posato il suo sguardo su ciascuno e della proposta “vieni e vedi”. È la fase in cui il giovane si rende conto che tutta l’esperienza ruota attorno al comandamento di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, che di fatto diventa l’unica regola di vita.
I punti che vengono approfonditi sono: Gesù che ci rivela il Volto di Dio: l’Amore; mettere Dio al centro della propria vita, fare la sua volontà, vivere la Sua Parola, L’Eucaristia, la preghiera, il servizio. Questa prima fase è particolarmente impegnativa perché si cerca di far maturare un’armonia, un’unità interiore e un’integrazione tra la dimensione personale e quella comunitaria, spesso completamente nuova, in un cammino che possa condurre a “molti, un solo corpo”.
2. Crescita
La seconda fase (all’incirca gennaio-marzo) ha come punto di riferimento la vita nascosta di Gesù a Nazareth, dove cresceva “in età, sapienza e grazia”.
“ Vivere Nazareth – scrive un giovane – per me significa essere attento alla voce di Dio, vivere le azioni di ogni giorno nell’attimo presente, alla luce della Parola, in comunione con Cristo Gesù. Allora tutto acquista significato. È finito il tempo degli inizi, delle novità. La vita si fa più monotona, le cose da fare sono sempre le stesse, subentrano le prime prove personali: si tratta di saper vivere questa ordinarietà nella straordinarietà dell’amore”.
È il momento questo in cui si approfondiscono tutti gli aspetti della vita. Si aiutano i giovani a perfezionare la preghiera e la meditazione personale, ad avere un ritmo di vita sacramentale e di direzione spirituale. Nella quotidianità inizia qualche interrogativo circa il proprio futuro.
3. Maturazione
Questa terza fase ha come naturale fulcro la Quaresima e il tempo di Pasqua. In questo periodo l’obiettivo è condurre i giovani ad un rapporto vitale con Cristo Crocifisso, riconosciuto e amato nei dolori personali e comunitari come anche in quelli della Chiesa e dell’umanità.
Lungo il cammino della quaresima qualcuno arriva a dichiarare la sua disponibilità a Dio, affiora un primo timido orientamento verso la consacrazione a Dio o verso altre vocazioni. È un primo “sì” che spunta tra mille incertezze e titubanze ma che è un vero e sincero dichiararsi, frutto dell’amore per Dio. Sarà questo “sì” che riaffiorerà sempre più forte nei tempi successivi. Nell’accompagnamento personale si affrontano tutti gli interrogativi, cercando di creare nel giovane un atteggiamento di serenità e di fiducia in Dio.
4. Consolidamento
Dopo Pasqua si approfondiscono e si consolidano le conquiste raggiunte. In questa fase viene presentata la realtà di Maria, come modello e tipo della vita cristiana, come Colei che vive la Parola di Dio, ed è disponibile alla sua chiamata. Si cerca di portare il giovane ad aver un rapporto con Lei, a rispecchiarsi in Lei, nella sua docilità allo Spirito e nella sua fede. È in questa fase che si cerca di aprire il giovane sulla Chiesa, sulla sua vita, su i suoi bisogni e appelli. Ogni vocazione viene scoperta nella e per la Chiesa.
Il servizio della comunità
Non è facile esprimere ciò che viene chiesto a coloro che devono condurre una comunità di accoglienza. Provo a sottolineare alcune dimensioni di fondo:
– una testimonianza di unità e di fraternità autentica, senza finzioni, che lasci cogliere la portata positiva della vita comunitaria, impostata alla luce del comandamento nuovo e della ecclesiologia di comunione. Che la comunità religiosa tutta intera sia garante del cammino di formazione del giovane, (pur avendo uno dei suoi membri la responsabilità diretta) non è una pura scelta metodologica ma è una testimonianza di vita trinitaria incarnata.
– la direzione spirituale intesa come ricerca insieme e appassionata della volontà di Dio e delle sue tracce nella propria vita. È un servizio fondamentale e prioritario che deve essere assicurato senza limiti.
– la capacità di cogliere gli appelli dello Spirito Santo attraverso la Parola sulla quale deve poggiare fedelmente tutta la vita della comunità, attraverso gli avvenimenti e le situazioni da vivere, attraverso gli interventi dei Superiori.
Sono convinto che le comunità di accoglienza vocazionale hanno attualmente alcuni nodi da sciogliere come, ad esempio, quello circa la propria natura o quello di un’autentica apertura su tutte le vocazioni nella Chiesa, ma, al tempo stesso, sono convinto che offrono una risposta sufficiente ad un’esigenza fondamentale dei giovani: il bisogno di un tempo intermedio di maturazione per approdare ad una scelta più sicura e serena; sono convinto che offrono una risposta silenziosa ed efficace agli appelli dello Spirito Santo che spinge in questa direzione le comunità religiose.