Il ministero dell’animatore vocazionale parrocchiale
Affinché l’animatore vocazionale parrocchiale si renda utile alla crescita dell’impegno vocazionale di tutta la comunità, sono necessarie quattro condizioni.
L’appello di una comunità. La dimensione vocazionale deve essere fatta inizialmente presente nel contesto generale e nelle articolazioni educative e pastorali della parrocchia.
Sorgano ministri. Vi siano una persona o più di una persona che abbia l’intenzione e la competenza idonee per assumere il ministero dell’animazione vocazionale e per esercitarlo nella comunità e per la comunità.
Si definisca un ministero. I responsabili ricavino la necessità e il significato di un ministero specifico da esercitare per attuare l’animazione vocazionale conveniente.
La comunità dia a questa persona o a queste persone il “mandato” per esercitare il proprio ministero con pieno valore ecclesiale.
L’appello di una comunità
Oggi è comune la definizione della parrocchia come comunità di vocazione e di vocazioni, pur con i limiti reali di ogni situazione. In essa i giovani nascono, crescono, vivono, s’incamminano verso gli orizzonti universali della Chiesa e del Mondo.
La parrocchia per prima deve essere oggetto di animazione vocazionale nella sua totalità, nella sua unità, in tutte le sue articolazioni, specialmente educative e pastorali, ma anche al vertice e nel governo. Là sono le famiglie cristiane. Là avviene l’iniziazione cristiana dei ragazzi alla fede, ai sacramenti, alla vita. Là i giovani raggiungono la maturità capace di comprendere la vita e la fede e ogni loro espressione concreta e onesta come vocazione e come missione. Là sono possibili e perfino doverosi l’orientamento, le proposte, le scelte e il primo accompagnamento.
La promozione vocazionale non vi sta come fattore ornamentale o di rara eccezione. Siamo in presenza di una condizione d’autenticità e di compiutezza a livello di coscienza, di preoccupazione, di impegno, di programma educativo e pastorale.
Il vertice, i pastori e i consigli parrocchiali sono espressioni della coscienza e dell’impegno unitario organico vocazionale della vita della comunità. Poi i vertici programmatori ed esecutori di ogni articolazione educativa e pastorale devono farsene prolungamento e via concreta, per includere nei propri programmi la dimensione vocazionale, sia per la propria sopravvivenza, sia per un servizio più ampio all’ecclesialità locale e universale.
Il punto di partenza è una comunità che unitariamente e nelle sue articolazioni educative e pastorali sente il bisogno di animazione vocazionale. È l’impegno vocazionale di tutta la comunità, almeno sentito come iniziale. Perciò bisognoso di ulteriore animazione, meglio qualificata.
I ministri nasceranno quando la tensione vocazionale diffusa farà sorgere una domanda di essi, più o meno consapevole e esplicita. Quando non solo sacerdoti e religiosi, ma l’insieme dei fedeli parteciperà coscientemente allo spirito vocazionale delle comunità, con la preghiera, con la volontà d’impegno specifico, di azione conveniente generale e articolata.
La nascita dei ministri
Gli animatori vocazionali non sono solo prodotti artificiali di nuove strutture organizzative e operative. Dovrebbe ormai essere superato il modello di una comunità che, già viva e matura, progetta un quadro teorico di ministeri, compreso quello vocazionale, e solo successivamente cerca o coltiva la propria rete di ministri. I risultati saranno ben scarsi.
I ministri fanno a loro volta la comunità non perché questa li nomina, ma quando questa li suscita mentre coltiva il loro potenziale battesimale, di confermazione, di eucaristia, di matrimonio, di consacrazione, di dedizione apostolica, missionaria. Per una via di libertà spirituale.
Poi la comunità a sua volta continuerà ad alimentarli, anzi darà loro l’investimento di ruolo e di grazia utile perché operino nel modo giusto.
C’è una vocazione ad essere ministri, anche delle vocazioni. Il compito della comunità viva è di suscitare ministri, formare ministri, nel nostro caso vocazionali, affinché essi siano in grado di assumere ruoli e programmi e metodi, portando nuova vita all’intera comunità e perfino ai suoi vertici.
I ministri devono sgorgare dalla comunità e dalla sua vita. Nel nostro caso da mature coscienze e competenze vocazionali.
Ed ecco il punto. Dalla comunità viva devono sorgere persone che per prime hanno sentito intimamente e personalmente un loro appello vocazionale, che hanno maturato una competenza degli interi quadri ecclesiali particolari, locali, universali, rispetto a tutte le vocazioni, compresa l’attenzione alle consacrazioni speciali.
Qualcuno potrà dedicarvisi a tempo limitato, magari mentre attua la propria vocazione-missione. Qualcuno potrà assumerne un impegno a tempo pieno, di piena responsabilità, professionale o volontaria.
La definizione di un ministero
Saranno in gran parte gli stessi ministri vocazionali coloro che contribuiranno a definire il proprio ruolo, i propri compiti, ambiti, programmi e metodi di azione.
Definiranno il ministero e la sua attuazione personale dentro una chiesa, una parrocchia tutta ministeriale, dotata di ministri ordinati e di ministri ecclesiali, ispirati dallo Spirito, designati dalla chiesa. Quale servizio di animazione, vocazionale dovrà essere svolto nella comunità parrocchiale e nelle sue varie articolazioni?
Come il servizio vocazionale metterà a fuoco un particolare aspetto della vita interna della Chiesa? Come s’impegnerà a migliorare la qualità della condizione di ogni fedele? Come provvederà a mediare l’amore con il quale Dio fornisce ogni nuova vita di doni personali e comunitari? Come potrà animare ogni luogo e programma e metodo di educazione e di cura pastorale perché la dimensione vocazionale sia giustamente evidenziata, introdotta e sviluppata? Che cosa si potrà fare direttamente per supplire, per organizzare, per coordinare, per potenziare, per integrare il servizio vocazionale? Come potrà tenere i collegamenti diocesani, regionali, nazionali? Come porterà a complementarità organica l’azione dei presbiteri, dei religiosi, dei laici? Come regolerà gli interventi dall’esterno?
Difficilmente potrà essere una persona che opera in modo isolato. Primo compito sarà quello di creare un sistema organico di collaborazione varia e unitaria. Dovranno insieme preparare piani e metodi e progetti di azione. Per ritrovare la unità ricca di ogni particolare forma vocazionale.
Il “mandato” ecclesiale
Il momento di piena maturità del circolo preparatorio dell’animatore vocazionale si ha nell’appello della gerarchia. Il ministero non deve essere solo preparato e definito, ma è “istituito”. Il ministro deve diventare tale nella struttura organica vitale della Parrocchia.
L’animatore vocazionale di una Parrocchia ha un ruolo di ministero e di mediazione come operatore della e nella comunità ecclesiale.
Egli è un mediatore. Come tale ha bisogno di essere chiamato, preparato, mandato dalla comunità, per diventare l’anima dell’annuncio, della proposta, dell’accompagnamento vocazionale che ogni altro attuerà sotto la sua guida, il suo coordinamento, il suo stimolo.
Perciò la stessa comunità non può non far precedere una verifica della presenza in lui di una volontà dotata di retta intenzione.
Spesso i presupposti generici non sono sufficienti, anche se sono fondamentali. Spesso si sente la necessità di una preparazione specifica di pastorale vocazionale più prossima. La comunità verificherà l’idoneità o la presenza delle qualità richieste per svolgere bene le proprie funzioni.
Viene il momento di un esplicito “mandato” della comunità e di chi la regge per rendere il ruolo dell’animatore vocazionale utile alla crescita dell’impegno vocazionale di tutta la comunità.
Potrà aver luogo in maniera distinta. Potrà essere collegata con l’insieme dei mandati che la comunità dà per tutti i servizi ministeriali al suo interno.
Sarà necessario che tanto la comunità che manda, quanto coloro che sono mandati, sappiano leggere e celebrare i segni validi ed efficaci in cui si concretizza il mandato. Sappiano rilevarvi le dimensioni trinitarie, cristologiche, spirituali, ecclesiali, missionarie…
Il “mandato” ottiene un duplice effetto. Chi è mandato sente in sé la pienezza dell’impegno che assume e della comunità che glielo comunica.
Chi manda sente l’impegno di stare unito con la preghiera, con la testimonianza, con l’appoggio, pronto a rispondere agli inviti che l’animatore rivolgerà per la concreta e completa attuazione.
L’intesa reciproca è per una buona pianificazione che possa tener presenti tutti i diversi carismi della vita cristiana, e quindi l’azione animatrice vocazionale di tutti. Anche l’animatore parrocchiale avrà il carisma della sintesi, non pretendendo la sintesi dei carismi. Dovrà attuarsi una stretta unificazione dei ministeri, dei ministri, dei rapporti reciproci.
Chi riceve il mandato dell’animazione vocazionale potrà contare su chi riceve il mandato della catechesi, sapendo che nella sua programmazione darà spazio ai temi che fondano la vocazione e la missione. Così faranno i ministri della pastorale giovanile, della pastorale scolastica, della carità e della missione, della preparazione matrimoniale, della liturgia e della preghiera, dei movimenti e gruppi giovanili cristiani.
A loro volta i ministri dell’animazione aiuteranno a svolgere gli aspetti vocazionali e missionari inerenti a quegli altri impegni ecclesiali. Per ora non è possibile scendere a maggiori determinazioni.
La materia è viva e fluida. Il modello delineato si sta progressivamente definendo e attuando. Tutti ne seguiamo con interesse l’evolvere nello Spirito. La base parrocchiale è sempre stata nei secoli una matrice feconda delle vocazioni di ogni natura e grazia. Deve continuare, adeguandosi ai nuovi tempi. Per ora sentiamoci sicuri di essere sulla giusta via…