L’animatore vocazionale parrocchiale e il gruppo dei ministranti
Narrare la mia esperienza con il gruppo parrocchiale dei ministranti potrebbe essere, tutto sommato, semplice, ma le cose diventano più impegnative se si tratta anche di analizzare tale esperienza e inserirla in un discorso più globale come quello dell’animazione vocazionale. Tale analisi infatti, implica una riflessione su molti aspetti, quali le finalità e gli obiettivi del gruppo, la formazione dell’animatore, il rapporto con altri gruppi e le iniziative diocesane, la vera e propria proposta vocazionale.
Le finalità e gli obiettivi
Una riflessione sulle finalità del gruppo dei ministranti non può ovviamente prescindere dalle motivazioni che spingono un ragazzo (più raramente anche qualche ragazza) di età variabile tra i sette e i quattordici anni, a svolgere un’attività di questo tipo.
Quanto meno nella nostra diocesi credo che ogni animatore di questi gruppi possa concordare sul fatto che le motivazioni esplicite dei ragazzi sono molto varie e, in genere, poco consistenti, al punto che, se non esiste qualcosa di più profondo, una qualche motivazione implicita, dopo poco tempo, il ragazzo esce dal gruppo e non vi parteciperà mai più. Il comprendere questa aspirazione profonda del ragazzo diviene così molto importante per individuare quali siano le finalità principali che il gruppo deve perseguire.
Con una certa sicurezza credo che ciò che spinge veramente un ragazzo a diventare un “chierichetto” sia il desiderio profondo di una partecipazione più attiva alla preghiera liturgica. Per il ragazzo di questa età, infatti, tale preghiera è spesso incomprensibile (bisognerebbe chiedersi in che misura per gli adulti le cose siano diverse, ma è un capitolo a parte di cui non ci riteniamo competenti), ma diventa accettabile nella misura in cui è vissuta da protagonista. Questa aspirazione del ragazzo non è in sé né buona né cattiva, ma se essa viene colta dall’animatore e indirizzata in modo giusto può portare a un vero e proprio cammino di fede.
La finalità principale del gruppo dei ministranti, non dovrebbe essere tanto il semplice (seppur onorevole) servizio all’altare, quanto la cura e la formazione di un vero spirito di preghiera, il quale va innanzi tutto cercato e preparato nel gruppo e personalmente, con la catechesi e con l’orazione personale, e viene poi alimentato dal servizio nelle azioni liturgiche. Il servizio, infatti, proprio per il suo aspetto pratico, diviene manifestazione della generosità e dello stare vicino al Signore.
Se l’animatore del gruppo sa cogliere questi aspetti e riesce a tenere uniti catechesi, orazione e servizio con queste finalità, allora il cammino dei ragazzi diviene veramente vocazionale, proprio perché, seriamente, tenteranno di divenire “accoliti”, coloro cioè che “seguono il Signore da vicino”.
A questo proposito credo sia bene ricordare che nella nostra diocesi molti di questi ragazzi che hanno una certa sensibilità per la preghiera, dopo essere stati per alcuni anni nel gruppo dei ministranti, hanno deciso di entrare in seminario. Buona parte infatti dei ragazzi del nostro seminario minore proviene da questa esperienza.
La formazione dell’animatore
È chiaro che, se il gruppo dei ministranti non ha una semplice funzione strumentale e decorativa nella liturgia, ma possiede proprie finalità e attua un vero cammino di fede, anche l’animatore del gruppo deve essere guidato da un autentico spirito di preghiera. L’obiettivo principale non deve essere quello di riuscire a “fare servire bene” i ragazzi nelle celebrazioni liturgiche, ma quello di fare un cammino di crescita mediante una preparazione adeguata e un servizio generoso.
L’animatore, prima di tutti, deve essere cosciente che il servizio dei ragazzi all’altare sarà veramente valido, solo quando questi divengono, anche se inconsciamente, invito alla preghiera per il popolo di Dio presente nelle assemblee liturgiche; perché ciò si avveri è necessario che, pur nella concentrazione e nell’impegno del servizio, il ministrante preghi, preghi profondamente. Se tutto ciò non avviene mai, avremo presto sui nostri altari unicamente degli attori che contribuiranno a sminuire il valore delle nostre celebrazioni, perdendo così il senso del mistero.
L’animatore del gruppo quindi deve essere, per svolgere il proprio compito in modo adeguato, preparato sulle “cose di Dio”. che in pratica significa avere una preparazione catechistica sufficiente, spirituale (per una testimonianza nella preghiera), liturgica. A mio avviso, elemento importante e troppo spesso dimenticato dall’animatore del gruppo dei ministranti è proprio la preparazione liturgica. Conoscere la liturgia nei suoi atti e simboli, oltre che ad aiutare se stessi, permette di spiegare ai propri ragazzi il perché di tanti gesti e riti nelle azioni liturgiche, aiutandoli così a divenire sempre più attivi e in modo sempre più adeguato. Capire perché si usa il turibolo in certe celebrazioni, oppure perché il sacerdote si lava le mani prima della consacrazione, oppure perché tutte le orazioni si recitano in piedi…, aiuta i ragazzi a liberarsi da tante concezioni errate, spesso magiche e superstiziose, per avvicinarsi sempre più all’unico e vero Mistero, quello Eucaristico.
Oltre a tutto ciò credo che l’animatore del gruppo dei ministranti debba avere una particolare “sensibilità vocazionale”. Infatti i ragazzi che partecipano alla vita di questo gruppo hanno una spiccata predisposizione a una vita attiva che si concretizza in un servizio generoso vicino al Signore, il quale non esita a chiamare i suoi futuri ministri già a questa giovane età. L’esperienza insegna che quando questi ragazzi sono seguiti e aiutati a scoprire ciò che il Signore desidera da loro si ha un vero cammino di fede che spesso sfocia nella vocazione sacerdotale e religiosa.
I rapporti con gli altri gruppi e le iniziative diocesane
Come ogni gruppo, anche quello dei ministranti, nella misura in cui rimane chiuso in se stesso, perde di potenzialità, in quanto esperienza di confronto significa crescita. Il gruppo quindi deve evitare di diventare esclusivo, ma deve accettare in continuazione l’ingresso di nuovi elementi e di avere rapporti con gli altri gruppi di coetanei presenti in parrocchia.
Molto positiva è l’esperienza che alcuni gruppi fanno nei loro incontri vicariati, in cui si unisce la preghiera al servizio liturgico, al gioco, alla condivisione delle proprie esperienze di gruppo. Un ruolo molto importante nella vita del gruppo dei ministranti viene assunto dalle iniziative diocesane. Il nostro seminario vescovile pone molta attenzione a questi ragazzi e li raggiunge con diverse iniziative. Tra queste vorrei ricordare quelle che ritengo più significative.
La rivista mensile per il “chierichetto” (che viene stampata in 6.000 copie mensili), serve sia per la riflessione del singolo ragazzo, sia per il lavoro di gruppo; contiene spunti di riflessione e di preghiera in base al periodo liturgico che si sta vivendo, articoletti d’attenzione alle varie iniziative diocesane, una rubrica dedicata alla posta e, ultimamente, un piccolo dizionario che vuole spiegare il significato dei vari paramenti e strumenti liturgici. Come conclusione si ha un foglio che pone alcune domande su ciò che si è letto, le cui risposte vanno spedite ai responsabili per partecipare ad un concorso; è un’iniziativa, questa, che ha avuto un grande successo.
Collegato con la rivista e il concorso annesso, vi è il convegno annuale dei gruppi dei ministranti che si svolge in seminario il 25 aprile e il primo maggio e che raggiunge nelle due giornate più di duemila ragazzi (appartenenti a circa 160 parrocchie su 387). In questo convegno si concretizza l’iniziativa quaresimale sul tema annuale proposto dal gruppo vocazionale del seminario (che organizza oltre al convegno e alla rivista anche la festa del seminario in ogni parrocchia) a favore delle missioni diocesane. La celebrazione eucaristica preparata dai ragazzi del seminario minore, il pranzo insieme, i giochi, lo spettacolo e le premiazioni del concorso, divengono per i ragazzi un vero momento di gioia e di incontro, oltre al fatto che vengono a conoscenza del seminario e del gruppo vocazionale.
La proposta vocazionale
Il gruppo dei ministranti allora è un gruppo privilegiato per poter fare una vera e propria proposta vocazionale. Già le iniziative diocesane favoriscono un incontro con il seminario, ma è l’animatore, come già detto, che deve avere una particolare attenzione a questo aspetto e saper indirizzare il ragazzo sensibile a tale discorso per il giusto sentiero. Anche in questo caso, nella nostra diocesi, è il seminario vescovile che viene in aiuto organizzando incontri mensili di uno o più giornate per i ragazzi di quinta elementare e della scuola media, dove alcuni sacerdoti e seminaristi, adeguatamente preparati, presentano una chiara proposta vocazionale.
Concludendo, credo che si possa affermare che una pastorale vocazionale non possa dimenticare il gruppo dei ministranti, anzi come esso sia un luogo privilegiato per tale proposta, che però deve essere ben concertata tra animatore del gruppo e attività diocesana che fornisce il supporto e le strutture.
Tutto ciò ovviamente vale nella misura in cui il Signore stesso benedice il nostro lavoro; grazia, questa, da chiedere umilmente nella preghiera.