Idee per la città di domani – Attività laboratoriale
Ci siamo presi del tempo per esplorare come possiamo educare e auto-educarci alla cura e alla tutela della biodiversità. In questo LABS che conclude il nostro percorso insieme sul tema, desidero approfondire una questione cruciale: in che posto viviamo? Stiamo bene nel posto dove viviamo e lavoriamo? Dati scientifici alla mano, il 95% della popolazione mondiale gravita intorno a una città. Io vivo a Milano e mi muovo per impegni familiari e di lavoro anche tra Como e Bergamo. E voi?
La ricerca scientifica dice anche che le nostre città hanno un modello di sviluppo obsoleto dove tutto è basato sull’asfalto e sul cemento. Non serve un genio per accorgersi che abbiamo dunque un problema gigantesco da affrontare. Nel LABS non abbiamo la pretesa ingenua di pensare di risolvere i problemi complessi con soluzioni lineari e veloci, ma possiamo comunque fare qualcosa di significativo. Possiamo prima approfondire la faccenda, conoscerla un po’ meglio – al di là delle chiacchiere da bar o dagli slogan in uso sui social network – e poi promuovere un’attività laboratoriale collettiva per pensare insieme.
La Storia ci insegna che, molte volte, le rivoluzioni, quelle non violente, che hanno fatto la differenza, sono partite dal basso con azioni piccole, ma non per questo insignificanti.
Per capirci qualcosa
Non siamo certo i primi ad accorgerci che la vita nelle nostre città è troppo. “Troppo estesa, troppo frenetica, troppo costruita” – sono queste le definizioni che ci propone l’antropologo Dario Basile in un articolo dedicato al tema della città e pubblicato su ANUAC, la Rivista della Società italiana di antropologia culturale. Vi invito dunque per prima cosa a leggere l’articolo che è disponibile online gratuitamente e s’intitola: Selvatica, autistica e percorribile in 15 minuti. Idee per la città di domani (cartaceo pp. 203-212).
Basile scrive: «Il benessere della vita urbana sarà in buona parte determinato dalla capacità delle città di adattarsi ai sempre più repentini cambiamenti. È un’impresa complicata e affascinante al tempo stesso che non può essere delegata ai soli urbanisti, ma deve coinvolgere epidemiologi, artisti, letterati e, naturalmente, antropologi e scienziati sociali». (Basile 2025, p. 204). L’antropologo prende così in esame, quale contributo per la progettazione della città di domani, tre libri pubblicati in Italia lo scorso anno (2024) e prova a dare idee «non solo per riprogettare i centri urbani e renderli più vivibili e resilienti, ma anche per rivendicare quello che il filosofo Henri Lefebvre (2014: 113) ha definito il “diritto alla città”, ovvero il diritto alla vita urbana trasformata e rinnovata» (Basile 2025, p. 204). Dalla sua analisi, emerge che le città del futuro per farci vivere in modo sostenibile hanno bisogno di diventare selvatiche – nell’incolto prospera la biodiversità – autistiche ovvero più sensibili alla realtà biologica dei corpi – le luci e i rumori ci fanno male! – e percorribili in 15 minuti – gli spostamenti fanno a pezzi la vita quotidiana e inquinano!
Insomma, già da queste poche righe emergono idee interessanti, ma sicuramente abbiamo bisogno anche di confrontarci tra noi cittadine e cittadini. Voi in che città desiderate vivere e/o lavorare? Cosa vi fa stare bene? Cosa promuove la tutela della biodiversità? A questi interrogativi proveremo a dare una risposta attraverso un’attività laboratoriale come da tradizione di LABS.
La proposta
In questa sezione online della rivista propongo un’attività laboratoriale che prendo a prestito, con un riadattamento, dal manuale di Pedagogia della Famiglia curato da colei che è stata per molti anni la mia mentore, ovvero Laura Formenti, con la quale collaboro da quasi 20 anni nel Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Se siete curiosi e volete saperne di più del mio lavoro con lei, prima di addentrarvi nella proposta laboratoriale, vi invito a leggere un articolo dove racconto come ho imparato a immaginare i laboratori che anche qui propongo. L’articolo s’intitola La composizione. L’educazione degli adulti come arte. È consultabile gratuitamente nel numero 25 della rivista online Riflessioni Sistemiche.
Al di là della curiosità, penso valga la pena leggerlo, per avere un’idea più articolata di cosa intendo per laboratori. I laboratori sono uno spazio di pensiero anche per noi adulti. Non sono attività che si fanno per i bambini o gli adolescenti. Nulla in contrario, ci mancherebbe, ma questo non è abbastanza per me. C’è di più. È fare per pensare, è fare per cambiare magari non la realtà, ma il nostro posizionamento in essa. E se cambia il nostro modo di pensare e immaginare la città, allora cambia il nostro modo di posizionarsi in essa. E se cambia come ci posizioniamo alla fine cambia anche la città.
L’attività seguente si trova in “Re-inventare la famiglia. Guida teorico-pratica per i professionisti dell’educazione” (Apogeo, a cura di Laura Formenti, 2012, p.425-426). La proposta è pensata per essere realizzata da soli, ma il mio suggerimento è di coinvolgere un piccolo gruppo di persone per farla insieme. Ognuno lavorerà prima da solo/a per poi confrontarsi in gruppo. Il laboratorio è suddiviso nei seguenti 4 passaggi o fasi.
1° fase:
Trova un angolo tranquillo e silenzioso. Chiudi gli occhi e immagina dei colori in lontananza. Sei un esploratore e ciò che vedi è una città, la città della valorizzazione della biodiversità (nella proposta del libro è la città della ricerca con la famiglia, perché il testo è dedicato a quel tema).
Quali forme e colori? Quali profumi, sensazioni, sapori e sensazioni ti immagini? Che forma ha questa città nella tua immaginazione? Che cosa e chi potresti incontrare? Immagina dei personaggi e dai loro un nome (umani e non umani, possono essere piante e animali, oggetti, ecc.). Immagina anche di ricevere e portare dei doni, quali saranno?
2° fase:
– Prendi un grande foglio bianco e colori. Disegna la mappa di questa città della biodiversità. Quella che hai immaginato nella fase precedentemente, rendila concreta con le sue vie e le sue piazze, i suoi confini e i suoi dintorni. C’è qualche edificio o monumento o elemento del paesaggio da segnalare ad eventuali visitatori? Usa tutto il tempo che serve – suggerisco almeno 30/40 minuti – per prenderti cura anche dei dettagli.
– Quando hai terminato prenditi del tempo anche per scrivere, scrivi e racconta la tua città poi condividi il tuo testo con tutti i partecipanti al laboratorio.
(Pausa)
3° fase:
Dopo il lavoro individuale, prendete il tempo per guardare le mappe e leggere i racconti. Se siete tanti, potete formare delle coppie per farvi insieme delle domande. Cosa mi attira del mio disegno/racconto? Cosa mi colpisce della mappa e della descrizione del mio compagno di coppia? Cosa hanno in comune i nostri progetti di città? In cosa differiscono?
4° fase:
Le attività laboratoriali che si fondano sul metodo sistemico-relazionale e composizionale, come quelle da me progettate, sono processi aperti e quindi molto incerti. Tutto o quasi dipende dalla qualità dell’ingaggio dei partecipanti e dalla postura partecipativa del facilitatore. Per me è quindi un’operazione molto approssimativa suggerire un’attività conclusiva.
A questo punto vi immagino tornati tutti insieme… cosa vi direte? Cosa deciderete di farvene di questa esperienza di immaginazione della città del futuro? Ci sarà qualche idea “buona” che desiderate trasferire nella vostra quotidianità?
In generale, le attività laboratoriale, funzionano quando le persone – facilitatori compresi – si portano a casa qualcosa di concreto. Qualcosa che possono trasferire nella vita quotidiana? Qualcosa che rimane in mente… anche una domanda che interroga le nostre giornate.
Io mi sto interrogando su come rendere la mia città più selvatica.
Per bisogno di controllo tendo a organizzare le mie giornate creando delle to do list. Scrivo elenchi di cose da fare che rivedo continuamente. Spesso mi agito se ricevo messaggi e telefonate che mi spostano dalle mie priorità. Mi sento in dovere di rispondere immediatamente e mi deconcentro, mi perdo. Una buona idea per la mia città selvatica del futuro è creare uno spazio dove disconnettermi dal telefono, dal computer e dalle mie to do list. Uno spazio vuoto dove lasciare emergere il mio respiro. Dove non fare nulla. Solo ascoltare il mio respiro e stare con la vita così com’è: selvatica, incredibile, imprevedibile, a volte noiosa, tante volte dolorosa. Ma viva! Chissà invece cosa vi porterete a casa voi da questa esperienza. Mi farebbe piacere saperlo. Se vi va, potete scrivermi…
I vostri messaggi sono importanti anche per progettare la prossima annata di LABS. Avete un tema che vi sta a cuore?
Scrivetemi: info@silvialuraschi.it
Risponderò a tutti i messaggi! Fate che siano tanti!
Per approfondire: tre libri
E per finire? Che poi è iniziare di nuovo qualcosa da un altro punto di vista, ecco alcuni suggerimenti di lettura. Dario Basile nel suo articolo Selvatica, autistica e percorribile in 15 minuti. Idee per la città di domani fa riferimento a tre testi che usa come riferimento per proporre delle nuove idee così da progettare e immaginare una vita nelle città più sana e più capace di valorizzare la biodiversità. I tre testi sono i seguenti:
- A. Favole, La via selvatica. Storie di umani e non umani, Editori Laterza, Roma-Bari 2024.
- C. Moreno, La città dei 15 minuti. Per una cultura urbana democratica, Add editore, Torino 2024.
- A. Vanolo, La città autistica, Einaudi, Torino
Buona lettura!