N.03
Maggio/Giugno 2004

L’adolescente di oggi davanti alle scelte di vita: l’educazione del cuore nella direzione spirituale

Il tema è sviluppato attorno a due nuclei centrali: il primo, a carattere descrittivo, tratta dell’adolescenza e dei compiti dello sviluppo propri di questa fase; il secondo, in chiave operativa e pedagogica, vorrebbe fornire alcune indicazioni pratiche per la direzione spirituale vocazionale con particolare attenzione alla formazione del cuore.

 

PRIMA PARTE 

L’ADOLESCENZA E L’ADOLESCENTE

Definizione

In questi anni risulta piuttosto difficile una comprensione univoca della fase dell’adolescenza e una sua collocazione cronologica precisa nel corso della vita della persona. Sentiamo parlare di prima, media e tarda adolescenza, di giovani, giovanissimi e giovani adulti, senza aver ben chiaro a quale gruppo generazionale o a quale categoria di persone ci si riferisca. Se qualche anno fa si identificava con il termine adolescenza la fascia di età compresa tra i 13/14 anni e i 20, oggi si assiste ad un allungamento temporale sia verso l’alto sia verso il basso, per cui si considerano adolescenti ragazzini che hanno appena superato la prima decade della vita e persone, senza fretta di crescere, che rasentano la soglia dei 30 anni[1].

Alcuni autori parlano di adolescenza incerta perché, mentre la pubertà è databile e visibile attraverso i mutamenti del corpo, l’adolescenza sta diventando interminabile[2] e affermano che essa, dilatandosi, si è sovrapposta alla giovinezza vera e propria nell’acquisizione di un ruolo sociale, ma anche nello sviluppo della maturità emotiva e dell’identità personale[3]. È essenzialmente per questi compiti, la maturazione dell’identità personale e l’apertura alle scelte di vita, che si caratterizza l’adolescenza, momento di transizione tra la fanciullezza e l’inizio dell’età adulta, che si articola lungo un periodo di diversi anni[4].

Questa fascia d’età appare quindi anche il tempo più fecondo e importante per l’orientamento vocazionale, nel senso che pone le basi e crea le condizioni per le scelte vocazionali future, che non pochi giovani traducono in decisioni vere e proprie già a partire dai 19/20 anni. Per tutti questi motivi estendiamo la nostra riflessione sull’adolescenza all’età compresa tra i 15 e i 25 anni pur nella consapevolezza dei limiti che può comportare: ogni singola persona ha i suoi specifici tempi e ritmi di maturazione, pertanto identificare età precise in cui dovrebbero aver luogo cambiamenti e passi di sviluppo diventa inevitabilmente rischioso. Inoltre, la decade compresa tra i 15 e i 25 anni non è certamente una fase omogenea e comprende diverse tappe a causa delle rilevanti trasformazioni qualitative e quantitative che avvengono.

Affrontare in modo adeguato la fase dell’adolescenza, richiede certamente maggior spazio di quanto sia disponibile in questa sede ed un approccio ampio capace di considerare le diverse angolature e punti di vista. Vogliamo qui privilegiare un approccio psicologico e spirituale che ci permetta di circoscrivere l’area e trattare la tematica dell’adolescente di fronte alle scelte della vita. Come educatori cristiani possediamo, oltre ad una nostra esperienza e ad un nostro cammino personale con Gesù, il necessario bagaglio di conoscenze sulla dottrina della fede e sui contenuti della spiritualità cristiana; conosciamo ciò che siamo chiamati a trasmettere. Ma il compito educativo in vista della formazione del cristiano adulto, quale opera di mediazione ecclesiale[5], ci chiede anche di conoscere il destinatario del nostro servizio, affinché il nostro intervento si ponga sulla stessa frequenza d’onda dell’educando, dell’adolescente nel nostro caso, e il messaggio di cui siamo ambasciatori lo raggiunga sul terreno concreto del suo vissuto. Nelle parole del filosofo Lonergan[6] possiamo dire che “la vera oggettività passa per la soggettività, non sta solo nel soggetto né solo nell’oggetto, essa è il compimento della soggettività autentica”.

Come primo passo vogliamo riflettere insieme chiedendoci “chi è l’adolescente a cui siamo chiamati ad offrire il servizio della direzione spirituale”.

 

 

Tempo di cambiamenti

Qualsiasi sia la prospettiva adottata, diversi autori che hanno trattato l’adolescenza concordano nel riconoscere la complessità di questo periodo della vita, caratterizzato da un intreccio di fattori biologici, psicologici, sociali e anche spirituali, strettamente legati ai cambiamenti che avvengono[7].

Pur all’interno di un cammino di essenziale continuità, pur riconoscendo che tutta la vita è un processo di cambiamenti e fasi evolutive, nell’adolescenza i cambiamenti si impongono con forza, toccano tutte le dimensioni del vissuto e si rendono visibili talvolta in modo sconcertante. Tutto questo ci porta a considerare l’adolescenza come un tempo di crisi e di trasformazione, definita talora come l’età incerta[8]. Quali sono i cambiamenti che investono la vita dell’adolescente, quali compiti di sviluppo lo interpellano mettendo in discussione la stabilità in cui è vissuto fino a questo momento?[9]

L’area più visibile è certamente quella fisica: i cambiamenti nel proprio corpo, con le trasformazioni a livello fisiologico e morfologico di tutto l’aspetto, suscitano turbamenti ed incertezze che l’adolescente è interpellato ad affrontare in un processo spesso faticoso di accettazione e adattamento. Tali cambiamenti si ripercuotono nell’immagine di sé, spesso percepita e vissuta con sentimenti di svalutazione personale, che poggiano talvolta su disarmonie reali, vissute come stabili, sebbene in realtà siano solo transitorie e legate alla fase dello sviluppo e influenzate anche dai canoni estetici e culturali di bellezza o normalità. Le trasformazioni fisiologiche della pubertà e lo sviluppo della sessualità ai diversi livelli, psicologico e interpersonale, sono accompagnati da pensieri, sentimenti e domande in ordine alla comprensione della sessualità stessa, alla relazione con l’altro sesso, all’acquisizione di un ruolo maschile e femminile e al rafforzamento della propria identità sessuale. A livello interpersonale cresce l’esigenza di ampliare le relazioni con i coetanei e di aprirsi a nuove forme di socialità.

Lo sviluppo intellettuale costituisce una seconda area di evidente cambiamento: l’adolescente elabora un nuovo modo di pensare, raggiunge un livello cognitivo che è qualitativamente diverso da quello acquisito in precedenza, passando così dal pensiero concreto a quello astratto, simbolico ed entrando in un mondo ampliato lungo l’asse passato-presente-futuro e fatto di possibilità illimitate. C’è facilmente la tendenza a sognare ad occhi aperti e anche la modalità polemica tipica dell’adolescente è legata a questo sviluppo: il pensiero logico viene applicato alle argomentazioni dei genitori, mentre egli sta cercando di elaborare i suoi schemi mentali.

Una terza area di cambiamento riguarda il sistema morale e i valori di riferimento. Il ragazzo, la ragazza, allargando il suo sistema cognitivo, pone domande e dubbi sulle convinzioni trasmesse dai genitori, esprime giudizi talvolta in modo approssimativo o assumendo posizioni radicalizzate oppure oscillando da un estremo all’altro. Queste modalità sono frutto dei tentativi dell’adolescente di elaborare il suo sistema di valori. L’adolescente deve affrontare le sfide della scelta della scuola o del lavoro, scelte immediate che rimandano a domande più radicali; si interroga su ciò che può rendere felici, su orizzonti e scelte su cui valga la pena impegnare la propria vita. La capacità riflessiva permette di trascendere l’immediato, di guardare la realtà da punti di vista e prospettive diversi da quelli più soggettivi, di andare oltre se stesso; nel giovane sorgono nuove domande che lo provocano, come una spinta interna, ad andare oltre, a porsi interrogativi più grossi sul senso della vita, e anche le domande su Dio[10].

 

 

L’adolescente di oggi e le mete di sempre

Ci siamo chiesti chi è l’adolescente, e il passo successivo si apre su un’ulteriore domanda: chi deve diventare l’adolescente?

Mentre affronta la sfida di armonizzare i diversi tipi e livelli di cambiamento tipici di questo passaggio evolutivo, con il senso di discontinuità e smarrimento che li accompagna, l’adolescente affronta il compito centrale che consiste nell’acquisizione di un senso di sé come individuo autonomo e di una adeguata indipendenza dai genitori verso la costruzione della propria identità: chi sono io? Tale domanda è colorata di tonalità affettive di timore, ansia o dubbio evocando altri interrogativi del tipo: vado bene così? Sarò accettato? Sono normale?

Sebbene l’adolescente di oggi, pur seguendo nuovi percorsi, cerchi le mete di sempre nel suo cammino di crescita e le sfide centrali siano le stesse per gli adolescenti di diverse generazioni, vanno rilevate alcune differenze significative rispetto al passato, soprattutto in relazione al contesto socio-culturale.

Una prima osservazione riguarda il rapido e continuo sviluppo della tecnologia e della realtà virtuale: tali strumenti mettono gli adolescenti a contatto diretto con il mondo in tempo reale, superando le barriere spaziali, e li espongono a grandi sollecitazioni culturali. Inoltre il ragazzo del nostro tempo è maggiormente esposto alla violenza, in qualità di spettatore o anche di vittima, mentre risulta ampiamente modificato l’assetto familiare, sia per la diffusa disgregazione o la poca stabilità della famiglia sia per la riduzione delle relazioni al suo interno (famiglia nucleare, mancanza di relazioni estese, genitori assenti). Una nota importante riguarda anche la sessualità e la mancanza di regole in questa area: i mass-media equiparano il sesso all’amore, spesso gli adolescenti sono sessualmente attivi con tutte le conseguenze che scaturiscono dall’esercizio non maturo e non responsabile della sessualità (sentirsi usati, abusati e vuoti); i rapporti omosessuali vengono presentati come espressione di autodeterminazione o come uno stile di vita alternativo. Inoltre viviamo in un contesto di relativismo etico, di assenza di un condiviso sistema morale per cui il concetto stesso di giusto/sbagliato assume il carattere della relatività[11]. Un’ultima osservazione conduce a sottolineare come l’adolescente di oggi viva in un contesto pluralistico: una vasta gamma di possibilità e scelte sono disponibili davanti a lui; egli è cresciuto in una cultura poco incline e poco favorevole a scelte definitive, come fa eco un film apparso di recente sugli schermi e intitolato L’amore è eterno finché dura.

La cultura in cui viviamo è un po’ come l’aria che respiriamo: non si vede, ma riempie i polmoni. Non possiamo quindi sottovalutare l’influsso delle tendenze culturali odierne sullo sviluppo del giovane e sulla sua capacità, e spesso anche difficoltà, di fare scelte di vita[12].

 

 

L’autonomia e l’identità personale

Acquisizione dell’autonomia e sviluppo dell’identità personale costituiscono due facce della stessa medaglia, due passi intrecciati di un unico processo che qui consideriamo in prospettiva psicosociale[13] e che potrà giungere a sufficiente maturazione solo nell’età adulta. Il processo dell’autonomia o senso di individuazione psicologica segue un percorso lungo che affonda le sue radici fin nei primi anni di vita. Il bambino piccolo, attraverso successivi stadi di sviluppo, acquisisce progressivamente abilità e competenze a più livelli che lo rendono autonomo, in diverse aree, dalle cure materne. A livello psicologico, lungo un processo molto articolato chiamato di separazione – individuazione[14], il bambino impara a percepirsi come essere individuato rispetto alla figura materna, come essere separato capace di entrare in relazione con l’ambiente, con gli altri, proprio perché da essi distinto. Il percorso di consolidamento di questo processo continua fino all’età adulta e nell’adolescenza vive una fase cruciale, al punto tale che una psicologa americana ha affermato che se “tutto si prepara nell’infanzia, tutto si gioca nell’adolescenza”[15].

Il ragazzo e la ragazza imparano a rinunciare alla dipendenza infantile dalle figure genitoriali, in un cammino di desatellizazione, in favore di una relazione più responsabile e di rapporti orientati all’interdipendenza relazionale e anche di una maggiore suscettibilità all’influenza del gruppo dei coetanei[16]. Lo sviluppo di una sana autonomia personale implica il fondamento sufficiente di una autonomia emozionale, come adeguato sentimento di fiducia nelle proprie abilità e scelte; di una autonomia comportamentale, cioè la capacità di prendere decisioni, portarle a termine facendosi carico delle conseguenze; di autonomia nei valori intesa come capacità di far fronte alle pressioni sociali mantenendosi orientati su una serie di principi personali.

Alla maturazione di una sana autonomia personale, che è anche il presupposto per una scelta libera e responsabile, è connesso lo sviluppo dell’identità personale e il consolidamento dell’identità di genere maschile e femminile: la trasformazione e la crescita psicologica rappresentano una minaccia per il senso di identità del ragazzo, che non è più un bambino e non è ancora un adulto, ma costituiscono anche l’occasione e il passaggio obbligato per un’ulteriore crescita. Dal punto di vista delle strutture psicologiche e cognitive l’adolescente ha ormai elaborato le capacità necessarie per cominciare a sviluppare una percezione di sé e degli altri sufficientemente stabile e integrata e ciò costituisce il fondamento dell’identità personale, del senso di sé, della formazione della propria personalità. Per identità intendiamo il senso di unità e continuità interiore che perdura nel tempo e nelle diverse circostanze, unito alla capacità di mantenersi in rapporto consistente con un sistema realistico di valori[17].

Compito di questa età è imparare, a piccoli passi, a percepirsi come attore del proprio agire, come centro di unità, in cui l’esperienza affettiva e la rappresentazione cognitiva, o mentale, degli aspetti positivi e negativi di sé può trovare una basilare integrazione e sintesi in una immagine di sé sufficientemente unitaria[18]. In altre parole si tratta di cominciare ad assumere il negativo di sé e della realtà, a riconoscersi e anche a sentirsi integrati, a percepire che il limite non distrugge la positività di sé.

Autonomia e integrazione della personalità non si sviluppano in modo lineare e senza fatica, anche perché l’adolescente sperimenta intensamente e in modo irruente l’ambivalenza che nasce da questo gioco di forze e tendenze interiori: da una parte la sicurezza che viene dal passato, dalla dipendenza familiare e dall’altra la ricerca e la spinta verso l’acquisizione di uno spazio di autonomia personale. Egli non ha ancora elaborato una modalità abbastanza sicura ed efficace per far fronte alle minacce che sente provenire da dentro di sé – l’insicurezza, lo smarrimento – e alle sfide che sono poste dalla realtà esterna – nuove modalità relazionali, necessità di fare scelte e prendere decisioni -. Per questi motivi l’esperienza interiore dell’adolescente è segnata da picchi di entusiasmo e alte idealità che lasciano improvvisamente spazio a cadute vertiginose nello sconforto o delusione, da slanci di apertura e attrazione verso grandi progetti a brusche frenate che portano a ripiegarsi e chiudersi su se stessi: è con questo vissuto interiore, con questo cuore che noi, come guide ed educatori, siamo chiamati a entrare in sintonia!

A questo punto è d’obbligo una breve considerazione sull’esperienza di ambivalenza che l’adolescente vive che ci porta ad un altro livello: l’ambiguità del cuore percepita a toni molto accesi e fortemente instabili in questa fase della crescita, evoca o richiama una tensione che appartiene ontologicamente all’esperienza della persona umana e alla sua dimensione di mistero. Leggiamo nel profeta Geremia: “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori” (Ger 17,9). Ogni persona vive nella sua concreta esistenza una certa dialettica tra tendenze opposte; sperimenta bisogni, profondamente umani, che sono in sintonia con i valori scelti, ma talvolta anche in opposizione, per cui nel cuore umano si intrecciano pulsioni naturali e interessi sociali, tendenze egocentriche e affetti che portano alla condivisione, una capacità di amare dotata di una dimensione divina. L’immagine biblica di Davide, l’amico di Dio, ma anche uomo di lussuria e violenza, rappresenta questa profondità del cuore umano[19]: è dentro questa sua, profonda miseria che l’uomo è chiamato ad una sublime vocazione che lo pone in alleanza con Dio, prendendo a prestito le parole della Gaudium et spes 13.

È su questa verità antropologica che deve fondarsi ogni opera di formazione del cuore umano, ogni intervento educativo nel cammino di crescita e di accompagnamento dell’adolescente: allora la sfida, che si costituisce come sfida dell’intera esistenza, è quella di cercare di unificare e integrare queste diverse passioni e amori attorno alla signoria di Dio.

 

 

Segni di crescita e maturazione

Lo sviluppo dell’identità personale e della capacità relazionale, attraverso lo stabilirsi di un’immagine di sé e dell’altro sempre più realista, stabile e flessibile, trova un punto di svolta nell’adolescenza, ma si consolida nell’età adulta ed impegna tutta la vita. A sua volta l’identità personale è la condizione necessaria per poter costruire relazioni mature, capaci di intimità e interdipendenza, e della possibilità di scelte e impegni vocazionali[20]: è necessaria una identità sufficientemente stabile per impegnare se stessi in un progetto duraturo e totalizzante; bisogna riconoscersi come individui capaci di stare in piedi sulle proprie gambe per vivere una relazione di autentica reciprocità che permetta di riconoscere l’altro come altro, diverso da sé.

A questo sviluppo è legata quindi anche la capacità di innamorarsi e di rimanere nell’amore, di decidersi per progetti a lunga scadenza ed impegnarsi in essi in un dinamismo di fedeltà. Fa riflettere il fatto che molte crisi e difficoltà tra persone che hanno compiuto scelte vocazionali definitive siano legate a mancanze e falle non colmate a questo livello, più che a dubbi di reale natura vocazionale[21]. La maturazione dell’identità personale e l’acquisizione di una adeguata autonomia, quali mete dello sviluppo adolescenziale, si manifestano attraverso delle specifiche capacità che caratterizzano la persona adulta e nelle quali l’adolescente, in un certo senso, si allena[22]. È importante ripetere che si tratta di un percorso molto lungo che non si completa nell’adolescenza.

In primo luogo la capacità di controllare le proprie pulsioni, di orientare la propria sessualità e di riconoscere bisogni ed emozioni integrandoli con i valori, senza la necessità di nasconderli e negarli. A questo riguardo, un compito cruciale è imparare a gestire l’ira e l’aggressività senza eccessive esplosioni o deleterie chiusure su di sé. Una seconda area importante è la capacità di affrontare la realtà, cioè di non fuggire davanti ai problemi, di riconoscere i limiti propri e altrui, di accogliere e integrare il negativo, di accettare la tensione e la rinuncia come parte della vita. Un terzo segno di crescita è la capacità di amare gli altri, di mettersi nei loro panni e percepire i loro sentimenti, di non fare di sé il centro del mondo, di volere bene in modo disinteressato e gratuito per il valore intrinseco dell’altra persona e non prevalentemente per certe sue caratteristiche, andando così al di là della propria gratificazione e soddisfazione personale.

Altro aspetto centrale nel cammino di sviluppo è la capacità di un minimo equilibrio tra autonomia e dipendenza, che si realizza superando, da una parte, il bisogno di dipendenza affettiva, quando essa lega all’altro in modo immaturo o porta a cercare continuamente sostegno e appoggio, e dall’altra, il bisogno di autonomia quando manifesta la paura di legarsi all’altro e porta a prendere interiormente le distanze dall’altro se il rapporto si fa più vicino e profondo. Allora, il modo maturo di vivere la dipendenza affettiva diventa apertura e capacità di ricevere dagli altri, mentre l’autonomia adulta favorisce la capacità di farsi dono all’altro[23]. Un ultimo e importante segno di crescita è la capacità di impegnarsi, di giocarsi in un progetto o un ideale significativo, a lunga scadenza ed esigente, senza cadere nella tentazione del “tutto e subito” e accettando il costo personale che l’impegno esige.

Naturalmente sono tutti obiettivi all’orizzonte nel cammino dell’adolescente, nei quali egli si allena e che acquisisce solo gradualmente, lungo un processo fatto di passi di crescita, ma anche di blocchi e regressioni. È inoltre importante sottolineare come alcune aree rimangano vulnerabili per tutta la vita, ad esempio mantenere la propria individualità vivendo relazioni significative e profonde e il bisogno di custodire la stima di sé, quale sentimento della propria positività di fronte alle inevitabili sfide e fallimenti della vita.

 

 

SECONDA PARTE 

L’EDUCAZIONE DEL CUORE NELLA DIREZIONE SPIRITUALE

La direzione spirituale

È dentro questa avventura di crescita umana che la direzione spirituale (DS), o accompagnamento vocazionale personale, può trovare il suo posto e il suo compito di formazione della persona, nel suo divenire umano e spirituale, come cammino che aiuta a scoprire una visione significativa, di senso, dell’esistenza e a coltivare la dimensione di progettualità della vita, quale presupposto per una scelta responsabile e matura.

È negli anni dell’adolescenza che la persona opera le scelte che danno l’orientamento fondamentale per la vita, e le decisioni in questa età influenzano il futuro in modo rilevante. In tal senso, la direzione spirituale in questa età della vita non può non essere vocazionale, cioè non può non essere orientata al futuro, alla ricerca della propria strada, alla scoperta e attuazione della propria vocazione, in quanto per sua natura questa fase della vita porta in sé la ricerca della terra promessa, dell’identità umana e cristiana. La DS si configura allora come servizio alla libertà dei giovani nella “convinzione che la persona è pienamente realizzata quando scopre e vive la propria vocazione umana e cristiana”[24].

In quest’ottica, il servizio più grande che può essere fatto ai giovani è aiutarli a scoprire e realizzare il progetto di Dio su ciascuno, pertanto una DS o una pastorale giovanile che non si aprisse alla dimensione vocazionale sarebbe inevitabilmente monca[25]. Dio nella sua libertà e creatività sorprendente, può scegliere tante vie diverse per chiamare qualcuno a seguirlo, ma ordinariamente una scelta vocazionale matura attraverso un paziente, graduale e progressivo itinerario spirituale. Condivisione di un cammino di fede comunitario e accompagnamento personale, quale tempo dedicato all’ascolto della persona e all’attenzione alla proposta di Cristo, sono complementari e decisivi per una scelta vocazionale matura[26].

 

 

Come accompagnare lungo il cammino della DS?

Nell’educazione della fede, elemento centrale è favorire l’incontro tra il giovane e Dio che si rivela in Gesù, Verbo fatto Carne: al centro di ogni cammino di accompagnamento spirituale c’è la Parola di Dio, una parola che la guida è chiamata a spezzare, ad annunciare, a porgere in modo tale da favorire l’ascolto e l’accoglienza da parte del giovane, da suscitare il suo desiderio, la fame, il gusto, l’affetto per la Parola.

La sfida concreta dell’educatore o direttore spirituale diventa allora quella di tradurre questi principi e scopi in itinerari percorribili lungo i quali accompagnare il ragazzo e la ragazza, attraverso tappe successive e obiettivi intermedi. La domanda che guida la nostra riflessione potrebbe allora suonare così: come accompagnare l’adolescente, ponendo particolare attenzione alla formazione del cuore?

Il “come accompagnare” riguarda i passi concreti che la guida propone al giovane, ma anche il modo in cui la guida si propone o si relaziona. Distinguiamo quindi questa parte in due momenti: indicazioni per la guida e indicazioni per il percorso.

 

 

Come accompagnare? Indicazioni per la guida

Nel libro degli Atti al capitolo 8,26-40 troviamo un’icona che ci può aiutare a riflettere sulla relazione educativa, si tratta dell’incontro di Filippo con l’eunuco. Filippo ci offre un’immagine non solo riguardo all’identità della guida, ma ci suggerisce anche degli atteggiamenti, dei tratti pedagogici, delle modalità concrete di intervento educativo.

Il punto di partenza è dato dal fatto che Filippo è lui stesso discepolo che obbedisce all’invito dell’angelo del Signore: è rischioso condurre altri in un cammino di obbedienza, se non si vive sulla propria pelle un autentico impegno di ascolto e ricerca obbediente; è rischioso incamminarsi per il sentiero conducendo altri se prima non si è fatta l’esperienza dell’esser condotti, della fatica e della gioia della consegna di sé ad un altro; e questo anche perché una non realistica conoscenza di se stessi porta facilmente a proiettare nell’altro i propri problemi non risolti o ad evitare temi e ambiti percepiti come minacciosi.

Un altro elemento importante suggerito da Filippo è l’atteggiamento con cui egli avvicina l’eunuco: Filippo entra in dialogo con il suo interlocutore, fa nascere nell’eunuco la domanda, cerca di risvegliare in lui il desiderio di mettersi in cammino, di conoscere la Scrittura, di essere istruito; non si tratta solo, o prevalentemente, di trasmettere qualcosa, dei contenuti, delle conoscenze, di dare risposte, ma di evocare, risvegliare il desiderio nell’altro; forse questo è uno degli aspetti cruciali dell’itinerario spirituale. La crescita viene da dentro, il “mettersi in movimento” del discepolo viene dal cuore, non dall’esterno, ma la voce esterna può destarlo.

Al versetto 31 leggiamo che l’eunuco “invitò Filippo a salire [sul suo carro] e a sedere accanto a lui”: la guida si rende disponibile alla richiesta dell’altro, si può proporre, ma mai imporsi. Filippo inizia a parlare quando l’eunuco gli rivolge la domanda, lasciando a lui la libertà e la responsabilità della ricerca, infatti il discepolo non va derubato della fatica e della gioia di cercare, di scoprire e di scoprirsi, di capire[27].

Filippo è invitato a salire sul carro della vita dell’eunuco e a percorrere un tratto di strada con lui. Questo cammino percorso insieme evoca vicinanza, affetto, condivisione, relazione profonda, capacità di intimità, tuttavia la relazione educativa non è un rapporto amicale o alla pari, come non può essere nemmeno una relazione didattica. La vicinanza, con la forza d’affetto che porta con sé, non deve far chiudere in una dimensione diadica, ma aprirsi sempre più alla presenza dello Spirito Santo, in una dimensione triangolare della relazione e questo alla guida deve essere chiaro fin dall’inizio. Lo scopo, infatti, è favorire un’esperienza spirituale cristiana – conduce al battesimo – e, una volta raggiunto l’obiettivo, la guida sa tirarsi indietro: alla fine Filippo scende dal carro della vita dell’eunuco e “lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino” (39).

Cosa dice questo a noi? L’educatore che veramente ama, è capace di lasciare andare, di favorire la separazione, non lega a sé, perché egli, in ultima analisi, annuncia la Buona Novella e conduce al battesimo, cioè conduce all’incontro con l’Altro. Nemmeno Gesù lega a sé: va’, la tua fede ti ha salvato; va’ e annuncia ai tuoi fratelli.

Dio, unico autore di ogni chiamata e vero maestro ulteriore, si fa presente anche attraverso dei mediatori ecclesiali. L’educatore, allora, è un “altro” che accompagna al Signore, che aiuta a conoscere la Scrittura, il libro della Vita, cioè il Signore, ma che aiuta anche a conoscere il proprio libro, la propria vita e storia personale e questo perché il Signore si rivela – e vorrei anche aggiungere – e si nasconde nella propria storia, ma questo punto sarà approfondito in seguito. L’educatore deve poter essere o diventare un “altro”, un “tu” disponibile a proporsi come specchio, in cui il giovane può riflettere e scoprire il suo volto in autenticità, spesso scoprendo tratti e aspetti di sé che ancora non ha conosciuto; quel “tu”, quell’attenta di cui il ragazzo ha realmente bisogno per crescere, capace di offrire, di volta in volta, una presenza empatica, rassicurante e comprensiva, capace di accoglienza, consolazione, vicinanza e sostegno. Ma altre volte la guida si deve costituire come sfida e provocazione, capace di suscitare domande e interrogativi, di lasciare l’altro da solo e provocare il movimento e la ricerca[28].

 

 

Come accompagnare? Indicazioni per il percorso

La direzione spirituale, che in ultima analisi è servizio di accompagnamento a Cristo, Signore della vita, si richiama nello specifico a tre ambiti fondamentali di lavoro[29]:

1- Lavoro di conoscenza di sé e della propria storia, delle doti personali, del proprio vissuto ulteriore ed emotivo, dei propri limiti e aree conflittuali.

2- Lavoro di purificazione e cammino di conversione.

3- Lavoro di discernimento vocazionale.

Consideriamo ora alcune possibili tappe per un itinerario di DS che comprenda questo triplice obiettivo e che presti particolare attenzione alla formazione del cuore. Seguire il Signore significa conoscerlo nella sua verità, significa imitare la sua vita e il suo agire, ma significa soprattutto innamorarsi di Lui e a Lui conformare la propria esistenza: se la vocazione cristiana, nella sua essenza, è dialogo e alleanza d’amore, anche la natura stessa della motivazione vocazionale della singola persona è essenzialmente affettiva[30].

Nonostante ciò, sembra che di fatto, nei cammini vocazionali la dimensione del cuore, l’area affettivo-emotiva, sia quella più sfuggente all’intervento educativo, quella che più rimane nell’ombra e quindi anche sottratta ad un cammino di integrazione delle diverse componenti della motivazione umana[31]. È importante sottolineare come nelle lingue moderne la parola “cuore” evochi essenzialmente la vita affettiva, mentre la lingua ebraica concepisce il cuore come “l’interno” della persona umana, in un senso molto più lato: il cuore comprende, oltre ai sentimenti, anche i ricordi e le idee, i progetti, le intenzioni e le decisioni, è il centro dell’essere, il luogo in cui l’uomo dialoga con se stesso, si assume le proprie responsabilità, si chiude o si apre all’incontro con Dio[32].

Questa nota ci aiuta ad affrontare il nostro argomento, la formazione del cuore, in una prospettiva di più ampio respiro e, soprattutto a guardare alla persona nella sua profonda unità.

 

In ascolto del cuore

Nella direzione spirituale si parte dalla vita, si parla della vita e si ritorna alla vita: non è un gioco di parole quanto un richiamo alla concretezza che deve caratterizzare il cammino di DS. Argomento degli incontri diventa quindi, ciò che l’adolescente concretamente vive nella sua giornata: relazione con sé e con la famiglia, le piccole lotte con i genitori, i rapporti di amicizia e le relazioni nel gruppo, la scuola e la fatica o la noia dello studio, gli impegni e il tempo libero, i desideri e i valori, le domande sulla fede, le aspirazioni e i sogni per il futuro, le paure e le ansie: in sintesi, fatti quotidiani ed eventi straordinari che costituiscono la trama del vissuto concreto del giovane.

In un certo senso, tutto può diventare tema su cui confrontarsi e dialogare nella DS, con l’attenzione però di non fermarsi solo a “cosa” avviene, ai fatti, ma di aiutare il giovane ad entrare in contatto anche con “il modo” in cui egli vive gli eventi e gli incontri, cioè aiutarlo ad ascoltare il cuore, la risonanza affettiva che da corpo ed energia alle azioni e ai fatti. Il contatto con i propri sentimenti non è un passaggio scontato per nessuno di noi, in particolare se si tratta di emozioni e passioni che possono mettere a disagio, che sono percepiti come minacciosi e pericolosi, in particolare per l’immagine e la stima di sé. A nessuno fa piacere sentirsi arrabbiati o gelosi, sentire la vergogna o la colpa: l’essere umano è portato quasi automaticamente ad allontanare dalla propria consapevolezza il vissuto percepito come fonte di minaccia, di dolore e di fatica[33]. Ma i sentimenti e i timori rinchiusi nel cassetto, non solo non scompaiono, ma tendono a diventare più forti ed energici proprio perché non riconosciuti.

È tipico dell’adolescente vivere esperienze interiori ed eventi esterni con tonalità molto intense e vivide, senza sfumature e chiaroscuri, per cui la stessa ambivalenza che caratterizza il cuore umano, è sperimentata in questa età, a maggior ragione, senza mezze misure: lo slancio di entusiasmo si tramuta facilmente in buio scoraggiamento; la percezione, oggi, della propria forza e potenzialità, diventa, domani, senso di inutilità e debolezza; la speranza si tramuta repentinamente in inquietudine e insoddisfazione.

Facilmente l’adolescente si rifugia nel mondo dei concetti astratti, delle teorie o della fantasia; oppure, all’opposto, tende a vivere a livello di emozioni considerando vero, giusto e reale solo ciò che sente, e il “sento” o “non mi sento” diventa criterio di scelta e azione. Astrattismo ed emotivismo rappresentano le due facce della stessa medaglia, cioè due vie per non vivere le emozioni in modo costruttivo.

Alcune indicazioni utili per aiutare l’adolescente a sviluppare la capacità di riflettere sul proprio sentire, sulla propria esperienza emotiva, nell’itinerario di formazione alla fede sono, ad esempio, l’invito a ricapitolare davanti al Signore, al termine della giornata, le emozioni e gli affetti sperimentati, attraverso la meditazione di un salmo capace di esprimere quella particolare esperienza, sia essa la gioia o il dolore, la stanchezza o il giubilo, l’umiliazione profonda o la gratitudine. I componimenti salmici si prestano particolarmente a questo, per il loro carattere espressivo del vissuto umano e dell’esperienza del popolo d’Israele in cammino.

Altro passaggio utile è l’incontro con l’umanità di Gesù, con i suoi sentimenti profondi, ad esempio scegliendo come riferimento uno dei Vangeli sinottici e prestando attenzione alla ricchezza della partecipazione emotiva che emerge dalle narrazioni evangeliche: Gesù gioisce dell’amicizia, prova angoscia profonda al Getsemani, freme di rabbia di fronte alle ingiustizie, sente compassione della folla senza mezzi[34]… Vissuti squisitamente umani!

Diventa compito importante anche della DS imparare a riconoscere, a dare il nome a ciò che abita il cuore, a ciò che si prova e si sente; imparare a cogliere e vivere la differenza tra il sentire e il seguire un impulso o un’emozione: essi accadono indipendentemente dalla volontà del soggetto, lo raggiungono e lo scuotono, mentre il passo seguente, cioè cosa farne dell’emozione, interpella la persona ad un livello di responsabilità in quanto deve decidere cosa fare con quello che sente, confrontandosi con i valori in cui crede. Occorre prendere coscienza della propria interiorità, del proprio cuore, per pervenire ad una autentica esperienza personale di Cristo proprio perché l’itinerario spirituale è eminentemente interiore[35].

 

La guarigione del cuore

Altro passo importante nella DS è accompagnare il ragazzo ad una lettura esperienziale della storia personale e familiare alla luce della fede, in modo che egli possa riappropriarsi del suo vissuto ed entrare anche nelle inevitabili ferite nascoste nelle pieghe di ogni storia.

Questa lettura, che possiamo definire sapienziale, va fatta in modo concreto, permettendo al giovane di raccontarsi, di dirsi, di verbalizzare o di scrivere il proprio vissuto, di condividerlo, consegnarlo ad un altro, fratello o sorella maggiori nella fede, in modo da sottrarlo ad una lettura spesso troppo privata e chiusa, soprattutto quando affonda le radici in un cuore ferito. Trasformare un vissuto in parole, orali o scritte, costringe a prendere in mano, a guardare in faccia, a rendersi consapevoli: non si può affrontare ciò che non si conosce, e non si può lasciare ciò che non si possiede!

La capacità umana di ricordare non riguarda solo i fatti, ma anche le emozioni che li hanno accompagnati, ed esse, custodite nel bagaglio della memoria affettiva, colorano e influenzano il presente, talvolta in modo eccessivo. Ciò che è stato fonte di gioia e piacere, viene ricordato facilmente, mentre le emozioni sgradevoli o dolorose tendono ad essere espulse dalla consapevolezza; oppure si presta così tanta attenzione al negativo da non essere capaci di gustare la gioia e il positivo già vissuti[36].

Si tratta, allora, di aiutare il ragazzo, la ragazza a riaprire capitoli dolorosi della propria storia che, sebbene cronologicamente ormai lontani, in realtà sono rimasti nel presente come fantasmi che operano indisturbati, proprio perché creduti superati; ad avere il coraggio di riaprire ferite che, sotto un’apparente guarigione, ancora sanguinano e fanno male. Questo cammino ha in parte il carattere di una via crucis, per la fatica che esige in taluni momenti e richiede la mediazione di uno sguardo diverso, nuovo, uno sguardo di fede – dovrebbe essere quello della guida – che sappia capire con empatia e accogliere in profondità il vissuto del giovane e che offra la possibilità di un’interpretazione più oggettiva del passato e di una esperienza emotivamente più serena.

È un’operazione allo stesso tempo psicologica e spirituale, che offre l’occasione di cercare la presenza di Dio dentro i fatti della propria storia, laddove tutto direbbe, in una lettura superficiale o semplicemente troppo umana, che Dio è estraneo e non vi è mai passato. “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio… ti ha fatto percorrere nel deserto” — leggiamo al cap. 8 del Deuteronomio – pur camminando nel “deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni… il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato” (Dt 8, 4.15): questo passo può aiutare la persona ad interpretare la propria storia personale come storia di salvezza, cioè come luogo concreto in cui Dio si è rivelato a me, e quell’evento, quel fatto preciso diventa come il segno dell’assemblea di Sichem: “Questa pietra sarà una testimonianza per noi; perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha dette” (Gs 24,27). Se non siamo responsabili di molti fatti accaduti, o forse subiti, nel nostro passato, siamo però responsabili dell’atteggiamento che oggi assumiamo di fronte ad essi: la libertà può assumere un passato eventualmente condizionante, come elemento di una chiamata, come progetto da realizzare[37].

Questa operazione aiuta anche a consolidare, o recuperare, il senso della propria positività, del proprio valore come persona, in altre parole, la consapevolezza sentita della propria amabilità: “tu sei prezioso ai miei occhi… sei degno di grande stima e io ti amo” (Is 43). È qui molto importante la presenza dell’educatore e la sua capacità di rimandare, di riflettere al giovane un’immagine realisticamente positiva di se stesso: l’apprezzamento e l’accettazione di sé passano attraverso la stima di un altro!

La lettura sapienziale della propria storia, dovrebbe aiutare il giovane a chiedersi quale aspetto del volto di Dio egli ha potuto scoprire in quell’evento specifico della sua vita, favorendo così l’incontro con l’immagine di Dio così come Egli si consegna a noi nella Rivelazione. Poiché l’esperienza religiosa adolescenziale è caratterizzata da un forte “egomorfismo”, cioè dalla tendenza a misurare Dio sui propri gusti e tendenze, a modellare la Sua immagine sulla percezione che si ha di sé e della propria esperienza, questo passaggio può favorire l’apertura al volto rivelato di Dio che si manifesta a noi nel Cristo morto e risorto[38].

In sintesi, la guarigione di una capacità di ascolto ferita, prepara il terreno ad un’accoglienza più profonda della Parola, affinché essa non trovi troppi sassi e spine, non incontri un cuore che, chiuso nei suoi conflitti, non è capace di farle spazio. E se è indubbiamente vero che la guarigione è sempre e solo opera di Dio, in modo particolare attraverso i sacramenti – “dice il Signore: Io li guarirò” (Is 57,19) – è anche necessario qualcuno che al Signore prepari la via come fece Giovanni Battista[39].

 

Un cuore capace di ascolto

La direzione spirituale ha il compito di promuovere l’incontro con la Parola di Dio, la Parola annunciata, proclamata e celebrata dalla liturgia e dalla comunità ecclesiale, ma anche con la Parola spezzata appositamente per questo giovane e per ciò che lui sta vivendo. “Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole” ci ammonisce il salmo 119,9.

Vogliamo ora individuare alcuni passi e personaggi biblici, l’incontro con i quali può essere particolarmente significativo per l’adolescente e le sfide di crescita che si trova ad affrontare. Abbiamo sottolineato come l’adolescente viva la sfida della ricerca della propria identità, ormai uscito dalla fanciullezza e non ancora approdato all’età adulta. L’esperienza biblica di Abramo può essere profondamente rappresentativa di questa ricerca esistenziale, egli è invitato da Dio a lasciare una terra sicura per una meta che rimane ancora sconosciuta: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che io ti indicherò” (Gn 12,1), “Abramo obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e parti senza sapere dove andava” (Eb 11,8). L’esperienza di precarietà che l’immagine evoca – l’invito ad uscire è espresso dal verbo al tempo presente, mentre l’indicazione di arrivo è al futuro – richiama con forza l’esperienza dell’adolescente, l’insicurezza e il senso di incertezza che egli vive nella sua ricerca di identità, identità psicologica e cristiana, e nell’abbandono graduale della sicurezza e della dipendenza infantile, cioè la terra conosciuta.

Anche la storia dell’Esodo è capace di evocare con forza il passaggio adolescenziale come ricerca della terra, simbolo di identità e sicurezza. Il passaggio dell’esodo con i suoi quarant’anni nel deserto richiede il superamento della prova, della tentazione, dello scoraggiamento, della delusione: allo stesso modo, l’adolescente vive la sfida di superare la tentazione del tutto e subito, deve imparare a rinunciare alla gratificazione immediata, ad accogliere la fatica, a vivere la frustrazione, ad impegnarsi senza poter gioire nell’immediato dei risultati dei propri sforzi e a fidarsi di una promessa che ancora non è visibile. A questo riguardo, come sopra accennato, è cruciale l’atteggiamento della guida, che dovrebbe essere sapientemente capace di apprezzare e ricompensare gli sforzi del giovane, a volte più degli stessi risultati, e offrire anche una lode sincera e personale che lo incoraggi e sostenga.

La Parola spezzata, annunciata al giovane va poi anche verificata per cogliere come la Parola di Dio risuona: cosa ha suscitato concretamente nella vita di questo giovane? Cosa egli ha capito, cosa ha fatto con l’intuizione donata dallo Spirito? È diventata “carne” come nel grembo di Maria, cioè scelta, decisione, azione concreta nella sua vita?[40] La verifica stessa va fatta con una certa sistematicità e disciplina, a scadenze fisse in modo tale che il giovane abbia un tempo sufficiente (o meglio, ottimale) tra un incontro e l’altro, per meditare, custodire, interiorizzare la Parola.

Il confronto con alcuni passaggi della storia biblica aiuta a sviluppare e nutrire una mentalità vocazionale, il senso della vita come chiamata, uno sguardo progettuale dell’esistenza umana, dimensione che sembra essere piuttosto carente ai nostri giorni in particolare nel mondo giovanile.

 

Un cuore capace di amare

La verità di un cammino di fede è data dall’integrazione di alcune dimensioni essenziali: l’ascolto della Parola e il suo annuncio, la preghiera e il servizio, l’azione e la contemplazione, la solitudine e la relazione, il silenzio e la parola, l’esperienza della fatica o lotta e quella della gioia nel seguire Gesù. La direzione spirituale spinge il ragazzo, la ragazza a farsi carico delle proprie debolezze e limitazioni, e, in certa misura, a superarle[41]; spinge a mettersi sulla stessa frequenza d’onda dello Spirito e a camminare sui suoi sentieri, a conformare la vita a Cristo. È invito impegnativo a vivere in profondità e con costanza la preghiera e gli impegni sacramentali, in modo che la loro pratica non dipenda solo dall’altalena degli stati d’animo, del “mi-sento” o “non-mi-sento”, ma sia espressione di motivazioni più consistenti e, soprattutto, interiorizzate[42]. Come abbiamo detto, gli stati d’animo dell’adolescente sono spesso volubili, così pure i pensieri e gli atteggiamenti, in quanto la sua stabilità personale è in via di acquisizione[43].

L’impegno nella vita spirituale si esprime anche nella faticosa trasformazione degli atteggiamenti centrati su di sé e sul piccolo mondo del proprio “io”, in un graduale cambiamento nella gestione della propria vita, del proprio tempo, energie, e nella concretezza del servizio, nella fedeltà operosa a tante piccole chiamate quotidiane. A tale riguardo si rivela significativa e utile qualche esperienza di volontariato, in cui l’adolescente si misura nella capacità di donare ad altri, gratuitamente, qualcosa di suo: tempo di ascolto ad una persona anziana, un servizio a qualcuno, un aiuto per lo studio ad un compagno in difficoltà, fino alla partecipazione ad un progetto finalizzato al bene comune.

In quest’ottica possiamo anche leggere la sfida del giovane di fronte alla propria corporeità e all’educazione della sessualità, sia sul versante fisico-genitale come su quello psico-affettivo e relazionale. “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo” (1Cor 6,15), “non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato” (Eb 10,15). Nell’ambito dell’educazione alla fede è importante accompagnare alla scoperta del valore e significato cristiano del corpo, a collegare la sessualità all’amore e alla relazione, e la libertà alla responsabilità, soprattutto all’interno del quadro sensuale e edonistico che caratterizza l’atmosfera culturale dominante e di fronte alla tendenza attuale a relegare la sessualità nell’ambito puramente privato.

A livello relazionale e psico-affettivo sappiamo quanto sia centrale il gruppo nella vita dell’adolescente, per il sostegno emozionale che offre e per le opportunità di sviluppare qualità sociali. In questa età il giovane, dentro quel complesso processo di integrazione degli aspetti positivi e negativi di sé e degli altri, impara a vivere relazioni qualitative con l’altro, che in termini psicologici si chiamano relazioni oggettuali totali: questa capacità permette di entrare in contatto con l’altro nella sua totalità, non prevalentemente in funzione della gratificazione o utilità che il soggetto ne può ricevere, ma perché impara a guardarlo come bene in sé, come centro di valore con cui entrare in un rapporto di condivisione, di rispetto e di reciprocità. Infatti, il farsi dono e il saper ricevere costituiscono due aspetti dell’amore o della relazione maturi, perché il ricevere senza dono diventa dipendenza, mentre il donare senza accogliere può sfociare in superbia e autosufficienza.

L’amicizia tra Davide e Gionata è un grande esempio di relazione matura e relazione profonda. Nelle relazioni parziali invece, che sono spesso strumentali, si tende ad usare sottilmente l’altro, o a focalizzare l’attenzione solo su alcuni aspetti, come ad esempio la bellezza fisica o alcune capacità che ha; si tende facilmente a svalutare l’altro oppure, al contrario, a idealizzarlo.

Di fronte all’esplosione delle energie sessuali tipica dell’adolescenza, il ragazzo e la ragazza vanno aiutati e orientati all’integrazione di queste energie all’interno di un quadro valoriale, cammino che non si può percorrere senza una sana e anche faticosa disciplina e un impegno concreto di oblatività. L’Eucaristia è un’educazione continua a considerare il proprio corpo come tempio di Dio, da lui nutrito, abitato e trasformato da Gesù[44]. Alcuni esperti del mondo adolescenziale giovanile notano la tendenza, soprattutto tra le ragazze, a frequentare in modo esclusivo persone dell’altro sesso fin dalla prima adolescenza e ciò restringe la possibilità dell’importante esperienza di amicizia profonda con ragazze della stessa età. La frequentazione di una persona specifica dell’altro sesso è più maturante nella tarda adolescenza[45].

Non è compito del DS controllare o dirigere in modo imperativo le azioni del giovane, quanto piuttosto di offrire guida, proporre esperienze proporzionate e integrative di fede, stimolare a riflettere sulle proprie azioni e a giudicarle, invitare a porre l’attenzione sugli aspetti che rimangono esclusi dallo sguardo del ragazzo, aiutare ad integrare i piccoli fallimenti e ad imparare dagli errori. Facilmente l’adolescente è portato ad idealizzare la guida e la stessa identificazione con lui, o lei è, in questa fase di sviluppo, un passaggio normale; da parte della guida ciò richiede la libertà interiore di accogliere questa esigenza del giovane, in vista però di facilitare il processo di interiorizzazione dei valori cristiani, in modo che il giovane si senta attratto dai valori e li assuma per la loro verità, bontà, bellezza intrinseche e non tanto per compiacere la guida e per l’utilità che ne può ritornare[46].

Ogni pastorale giovanile, e in essa la DS, è impegnata ad aiutare i giovani a diventare discepoli di Gesù, a consolidare la vita cristiana, a vivere e proclamare che solo Dio è il Signore, che siamo stati salvati nella Croce del Risorto: un cammino verso l’alterità e l’uscita da noi stessi[47]. San Giacomo afferma senza mezzi termini: “Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). Ciò significa che la vita di fede deve produrre frutti visibili, che hanno e danno sapore, opere di carità e di servizio, scelte morali e relazioni autentiche, a ciò va condotto l’adolescente tenendo anche in considerazione la sua tendenza a vivere l’esperienza spirituale in modo intimistico e quindi facilmente separata dal resto della sua vita[48].

 

Un cuore che si dona

I passaggi esplicitati finora vorrebbero condurre l’adolescente ad aprirsi alla dimensione progettuale e vocazionale della vita: la scoperta della vita stessa come chiamata[49] si apre all’esperienza della vocazione cristiana, all’impegno concreto della vita battesimale per incontrare Gesù come interlocutore, come Tu con cui si vive una relazione significativa.

Abbiamo già premesso come il cammino di ogni ragazzo e ragazza sia specifico e personale, tuttavia la progressione ordinata e la gradualità delle tappe rispondono a criteri evolutivo-pedagogici e catechetico-pastorali. Questi primi passaggi nella DS che conducono alla scoperta della vita come vocazione umana e come vocazione cristiana e aiutano a recuperare la dimensione di mistero dell’esistenza[50], preparando il terreno ad una ricerca vocazionale specifica, caratterizzano i primi anni dell’adolescenza, mentre il cammino che conduce al discernimento vocazionale, in senso stretto, accompagna il secondo periodo adolescenziale, cioè a partire dai 18/19 anni. Tale distinzione è anche in sintonia con altri passaggi importanti che il giovane vive, come l’acquisizione della maggiore età, o maturità giuridica, e il termine dell’istruzione secondaria con la conseguente entrata all’università o nel mondo lavorativo. Tuttavia, ci sono ragazzi e ragazze che attorno ai 20 anni sono già orientati o compiono il passo per l’entrata in vocazione, sebbene l’età media delle scelte di vita, in questi ultimi decenni, sia notevolmente più elevata.

Il cammino di DS punta fin dal suo inizio, pur se in prospettiva, ad una meta a lungo termine, cioè alla scoperta di quel modo specifico e personale di fare dono della propria vita in una scelta totalizzante, in un impegno che coinvolga tutta la persona – mente, cuore e forze -. In altre parole, la DS è orientata alla scelta vocazionale specifica, che può avvenire solo all’interno di una storia con Gesù Cristo51, nel contatto esistenziale con la sua passione, morte e resurrezione.

Come riporta il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa52 alla consapevolezza sentita di essere già stati raggiunti da un amore salvifico e di saper amare scaturisce la gratitudine e dal terreno della gratitudine nasce anche la gratuità come desiderio e impegno realistico di donare e farsi dono a propria volta.

 

 

Conclusione

La persona umana si realizza nel dono sincero di sé (Gaudium et spes 24), cioè in un progetto d’amore che risponda alla chiamata di Dio e che, in ultima analisi, conduca a Lui: arriva un punto nella vita di ognuno – e se non arriva bisogna provocarlo, e anche questo è compito della direzione spirituale – in cui si sperimenta che impegnarsi per qualcosa non è più sufficiente, non basta più dedicare tempo ed energie per alcuni ideali, per quanto nobili e grandi essi siano. Diventa allora urgente e prioritario chiarire la relazione fondamentale, quella con Dio e “capire” attraverso quale via specifica Egli chiama alla santità, a camminare con Lui e verso di Lui nella storia: a fianco di un uomo, o di una donna, con cui impegnarsi in un progetto matrimoniale, o nella condivisione diretta della forma di vita vissuta storicamente da Gesù attraverso un impegno di consacrazione.

Questo significa, in ultima analisi, discernere la vocazione.

 

 

Note

[1] E. Cicognani – B. Zani, Genitori e adolescenti, Carocci Editore, Roma, 2003, p. 14.

[2] S. Vegetti Finzi – A.M. Battistin, L’età incerta. I nuovi adolescenti, Oscar Mondadori, Milano, 2001, p. IX.

[3] G.B. Bosco, Giovani e vocazione, LDC, Leumann-Torino, 1993, pp. 131-135.

[4] R. Rossi, “L’adolescenza”, in Psicologia dello sviluppo sessuale e affettivo, C. Simonelli (a cura di), Carocci Editore, Roma, 2002, p. 111.

[5] Congregazione Per Gli Istituti Di Vita Consacrata E Le Società Di Vita Apostolica, Direttive sulla Formazione negli Istituti Religiosi, 1990, n° 30 (DF).

[6] J.B. Lonergan, Comprendere ed essere. Le lezioni di Halifax su Insight, Roma, Città Nuova Editrice, 1993, pp. 36-37; 176-179.

[7] R. Rossi, “L’adolescenza”, Op. cit., p. 113.

[8] cfr. S. Vegetti Finzi – A.M. battistin, L’età…, Op. cit.

[9] R. Rossi, Op. cit., pp. 11 ss.; G. Chapman, I cinque linguaggi di amore con gli adolescenti, LDC, Leumann Torino, 2003, pp. 19-25; E. Cicognani – B. Zani, Genitori…, Op. cit., pp. 11-19.

[10] J.B. Lonergan, Comprendere ed essere. Le lezioni di Halifax su Insight, Roma, Città Nuova Editrice, 1993, p. 103.

[11] G. Chapman, I cinque linguaggi…, Op. cit., pp. 19-25.

[12] P. Del Core, La paura di scegliere , in “Rivista di Scienze dell’Educazione”, anno XL (3) sett.-dic. 2002, pp. 442-455.

[13] E. Cicognani – B. Zani, Genitori…, Op. cit., pp. 39 ss.

[14] M.S. Mahler, On the first three sub phases of the separation-individuation process, in “International Journal of Psychoanalysis” 53 (1972), pp. 333-338.

[15] E. Kestemberg, citata in S. Vegetti Finzi -A.M. Battistin, L’età…, Op. cit., p. XI.

[16] E. Cicognani – B. Zani, Genitori…, Op. cit., p. 58.

[17] A. Cencini -A. Manenti, Psicologia e formazione. Strutture e dinamismi, EDB, Bologna, 1987, 119. Per lo sviluppo delle strutture psichiche e delle relazioni oggettuali vedi: O. Kernberg, Teoria delle relazioni oggettuali e clinica psicanalitica, Bollati Boringhieri, 1980.

[18] F. Imoda, Sviluppo umano. Psicologia e Mistero, PIEMME, Casale Monferrato, 1993, pp. 302-303; 214-215.

[19] F. Imoda, Riscopri il mistero che è in te, Ed. AdP, Roma, 2002, p. 23.

[20] A.M. Oppo, “Lo sviluppo nell’adolescente: aspetti emotivi”, in Lo condusse da Gesù, F. Imoda, (a cura di), Ed. Ancora, MI, 1994, p. 27.

[21] DF 33; Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, Esortazione apostolica post-sinodale, 1992, n° 43 (PDV).

[22] K. O’ Flinn, “Il cammino di integrazione”, in Lo condusse…, Op. cit., pp. 103 ss. 

[23] A. Bissi, Il colore del grano, Ed. Paoline, MI, 1996, p. 102.

[24] Commissione Episcopale Per L’educazione Cattolica, Vocazioni nella Chiesa Italiana. Piano pastorale per le vocazioni, 1985, nn. 5.11.

[25] Pontificia Opera Per Le Vocazioni Ecclesiastiche, Sviluppi della pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari, 1992, n. 70; cfr. anche Vocazioni nella Chiesa Italiana…, Op. cit., nn. 1,3,9.

[26]  Vocazioni nella Chiesa Italiana…, Op. cit., nn. 45-48.

[27] Riportiamo i riferimenti di alcuni testi evangelici sulla forza educativa della domanda. Domande dei discepoli: Gv 1,38; Mt 22,36; Mc 10,17; Lc 9,54; Mt 19,27; Gv 13,36. Domande di Gesù: Gv 1,38; Lc 12,57; Mc 8,27.29; Gv 13,12.

[28] F. Imoda, Sviluppo umano…, Op. cit., pp. 132-135; 197-198; 346.

[29] R. Corti – L. Marzi – S. Stevan, Che cosa devo fare, Signore?, Ancora, MI, 1993, pp. 16-17.

[30] DF 36; PdV 44; A. Cencini, “Il discernimento della motivazione vocazionale all’interno della direzione spirituale”, in Direzione spirituale e accompagnamento vocazionale, a cura del Centro Nazionale Vocazioni, Ancora, MI, 1996, p. 182.

[31] Per approfondire: F. Imoda, Sviluppo umano…, Op. cit., Cap. V, in particolare p. 166 e p. 178.

[32] Voce “cuore”, Dizionario di Teologia Biblica, Marietti, Casale Monferrato, 1984.

[33] L.M. Rulla, Antropologia della vocazione cristiana I, PIEMME, Casale Monferrato, 1985, pp. 59-62.

[34] B. Maggioni, Era veramente uomo. Rivisitando la figura di Gesù nei Vangeli, Ancora Ed., MI, 2001.

[35] E. Bianchi, in AA.VV., Testimoni e profeti, Centro Studi USMI, Roma, p. 32.

[36] A. Bissi, Il battito della vita, Paoline, 1998, pp. 20-27.

[37] F. Imoda, Sviluppo umano…, op. cit.,pp. 88-91: l’autore considera l’accettazione, la responsabilità e la chiamata come tre passaggi graduali e progressivi di un cammino di crescita che apre alla dimensione della vita come mistero.

[38] N. Dal Molin, Verso il blu. Lineamenti di psicologia della religione, Edizioni Messaggero Padova, Padova, 1995, p. 213.

[39] L’itinerario proposto in questa sede pone l’accento sull’incontro con la Parola di Dio, ma trovo importante sottolineare che la completezza del cammino spirituale cristiano, secondo la tradizione della Chiesa, richiede l’attenzione ad altre aree, quale, a scopo d’esempio, il percorso sacramentale e liturgico. La scelta di privilegiare l’attenzione alla Parola nasce, oltre che da motivi di delimitazione del tema, anche dalla mia personale esperienza pastorale: mi sembra, infatti, che l’incontro personale con la Parola di Dio rimanga spesso ai margini del cammino vocazionale.

[40] C.M. Martini, Bibbia e vocazione, Morcelliana, Brescia, 193, pp. 26-28.

[41] Ci sono in ogni persona delle limitazioni che possono essere superate e altre che non possono essere superate, nel senso di tolte o eliminate, ma che possono essere assunte e integrate dal soggetto in modo più o meno libero e liberante. Tale punto richiederebbe un maggior approfondimento, anche di carattere antropologico, non possibile in questa sede. È comunque compito dell’intervento pedagogico-educativo, calibrato sull’unicità del soggetto, cogliere la differenza tra aspetti che devono essere accettati e altri che possono essere superati.

[42] Vedi nota 46.

[43] Chapman, I cinque…, Op. cit., pp. 115 ss.

[44] C.M. Martini, La radicalità della fede, Centro Ambrosiano Edizioni Piemme, Casale Monferrato, 1991, pp. 47-51.

[45]  Chapman, I cinque…, Op. cit., p. 198.

[46]  Diversi processi di apprendimento dei valori: compiacenza, identificazione non-internalizzante e internalizzante, internalizzazione; vedi L.M. Rulla, Antropologia…, Op. cit., pp. 242-245.

[47] R. Tonelli, Per una pastorale giovanile al servizio della vita e della speranza, LDC, Leumann, TO, 2002, pp. 44.52.

[48] N. Dal Molin, Verso il blu, Op. cit., p. 213.

[49] M.I. Rupnik, “Verso la maturazione della vocazione”, in Vita Consacrata, 6, Anno XXXIX (2003), pp. 600-611.

[50] F. Imoda, Riscopri…, Op. cit., pp. 10 ss.

[51] C.M. Martini, Bibbia e vocazione, Op. cit., p. 23.

[52] Pontificia Opera Per Le Vocazioni Ecclesiastiche, 1997, n° 37.