La famiglia nella comunità parrocchiale: atteggiamenti e percorsi per l’educazione della fede e della vocazione dei giovanissimi
Questa relazione vuole essere un contributo all’argomento generale che affronta questo Convegno: la pedagogia delle vocazioni e l’adolescenza. Come introduzione definisco subito i limiti del mio intervento e faccio due precisazioni. Questo non è uno studio sulla pedagogia della vocazione; già altri relatori hanno illustrato che cosa si intenda per “pedagogia delle vocazioni”. Non è neppure uno studio sull’età dell’adolescenza che già altri hanno definito dal punto di vista pedagogico e psicologico.
Prima precisazione: dal punto di vista della pastorale parrocchiale, noi intendiamo come “giovanissimi” i ragazzi dagli 11 ai 14 anni, detti anche “preadolescenti”, e i ragazzi dai 15 ai 18 anni, propriamente detti “adolescenti”. Anche se l’adolescenza sembra si prolunghi oltre i 18 anni, noi consideriamo solo le iniziative pastorali rivolte ai cristiani in questa fascia di età.
Seconda precisazione: questa relazione non vuole avere un taglio di teologia morale o di teologia pastorale ed affrontare quale sia il ruolo della famiglia all’interno della comunità parrocchiale; presentiamo, invece, quali sono le iniziative e le proposte che può fare una comunità parrocchiale per aiutare i genitori anzitutto nell’educazione alla fede dei loro figli e, in secondo luogo, per aiutarli nell’orientamento delle scelte vocazionali della loro vita.
Questo intervento, dunque, avrà un taglio soprattutto esperienziale, più che teologico.
La famiglia e la comunità parrocchiale: due soggetti educativi degli adolescenti in rapporto vicendevole
La pastorale parrocchiale era stata impostata dal Concilio di Trento ed è stata portata avanti sostanzialmente per cinque secoli, fino al Concilio Vaticano II. Pur con diverse correzioni ed adattamenti alle mutate condizioni storielle e sociali, questa pastorale aveva come soggetto il cristiano, inteso come individuo da educare nella fede. Sia per motivi di impostazione teologica ed ecclesiologica, sia per motivi sociali, la pastorale era suddivisa per età e per sesso. La catechesi era fatta soprattutto da sacerdoti e religiosi ed era finalizzata, quasi esclusivamente, alla preparazione a ricevere i sacramenti dell’Eucaristia e della Confermazione. La catechesi agli adulti era attuata soprattutto con la istruzione durante il Vespro domenicale, con le omelie, con le predicazioni dette “straordinarie” in occasione dei Tempi Forti e delle solennità principali dell’Anno Liturgico, delle feste patronali, delle missioni al popolo e degli esercizi spirituali parrocchiali.
A questa impostazione per “educare alla fede” furono apportate due novità significative. La prima è il Catechismo di San Pio X, che era un insegnamento sistematico di tutta la dottrina cristiana ed era rivolto ai fanciulli. La novità dell’impostazione catechetica di Papa Pio X stava anche nel fatto che l’educazione alla fede partiva dai fanciulli di 6-7 anni, era in preparazione alla Prima Comunione, ma durava fino alla quinta elementare, era cioè parallela all’istruzione scolastica obbligatoria; si chiamava infatti la “scuola di catechismo”, con lezioni a cadenza settimanale, registri, voti ed esami. Inoltre, per questo nuovo metodo di catechesi, si sono introdotte le figure delle catechiste parrocchiali, in genere donne e insegnanti.
La seconda novità alla catechesi tradizionale fu apportata dall’Azione Cattolica; questa associazione, diffusa su tutto il territorio nazionale, proponeva una catechesi non solo nozionistica, ma esistenziale, cioè legata ai temi della vita. Questa catechesi era rivolta a tutte le fasce di età; oltre ai fanciulli, era rivolta soprattutto ai giovani e agli adulti. L’Azione Cattolica aveva un’attenzione particolare alle donne, a cui veniva affidata l’educazione catechistica dei fanciulli e dei ragazzi. Sempre per fasce di età e per sesso, si organizzavano adunanze parrocchiali, in genere a cadenza settimanale, in cui si approfondivano temi religiosi proposti dai centri diocesani. Nonostante le novità, l’impostazione di base rimaneva sempre orientata all’educazione alla fede rivolta al singolo; la famiglia come tale non era considerata soggetto di catechesi.
Fu il Concilio Vaticano II a proporre una nuova impostazione catechistica, in cui la famiglia come tale ha un ruolo fondamentale. Nella Costituzione Lumen gentium si dice: “In questa [cioè nella famiglia] che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale”[1]. Anche la Costituzione Gaudium et spes, nel capitolo I della parte II in cui tratta della dignità del matrimonio e della famiglia, afferma: “Prevenuti dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, ed anzi tutti quelli che convivono nell’ambito familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente umana, della propria salvezza e di una vera santità. Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell’educazione, soprattutto religiosa, che spetta prima di ogni altro, a loro”[2].
Inoltre la Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis, dedicata in modo particolare all’educazione cristiana, sottolinea il ruolo dei genitori come primi educatori nella fede: “Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e della missione del matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più tenera età, devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il prossimo secondo la fede che hanno ricevuto nel Battesimo”[3]. Questa nuova impostazione della educazione alla fede, affidata anzitutto ai genitori verso i propri figli, proposta dal Concilio Vaticano II, è stata ripresa nel documento base Il rinnovamento della catechesi, ai nn. 151-152 e 195.
Anche negli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del Duemila i nostri Vescovi propongono un’attenzione particolare alla famiglia, in quanto “essa è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore, nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede. […] La famiglia è l’ambiente educativo e di trasmissione della fede per eccellenza: spetta dunque anzitutto alle famiglie comunicare i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini”[4]. Per quanto riguarda il rapporto tra famiglia e parrocchia nell’educazione, si afferma che “proprio per il ruolo delicato e decisivo della famiglia nella società, la Chiesa, nonostante l’evidente crisi culturale dell’istituzione familiare, desidera assumere l’accompagnamento delle famiglie con priorità di importanza pari a quella della pastorale giovanile […]. Le nostre parrocchie dovrebbero essere sempre più luoghi di ascolto e di sostegno delle famiglie in difficoltà, avendo ben chiaro che la medicina dell’amore fraterno e della misericordia è l’unica in cui la Chiesa creda fermamente”[5].
Anche nel Messaggio conclusivo in occasione della 52a Assemblea Generale, che si è tenuta ad Assisi, nel novembre dello scorso anno, i nostri Vescovi segnalano che la parrocchia ha il compito di indicare possibili percorsi di crescita umana e nella fede, soprattutto per i giovani e per le famiglie. I documenti citati dimostrano che è in corso un passaggio importante nella pastorale parrocchiale e familiare: dalla famiglia considerata solo come un ambiente di crescita nella fede, alla famiglia qualificata come soggetto educativo nella fede per i propri figli, sia bambini, sia ragazzi, sia adolescenti, accanto alla comunità parrocchiale ed alle figure educative che nella comunità operano.
Come parroco, mi chiedo se le famiglie sono preparate ad essere soggetti educativi nella fede, hi passato, i genitori e i nonni trasmettevano ai propri figli gli elementi fondamentali della fede cristiana, insegnavano le preghiere del buon cristiano ed i principi morali fondamentali. Ai catechisti parrocchiali delegavano il compito di insegnare la “dottrina cristiana” in modo più approfondito. Anche oggi esistono coppie di genitori credenti e praticanti che educano nella fede i propri figli con la preghiera comune, con il confronto con la Parola di Dio, con la partecipazione viva all’Eucaristia domenicale ed alle altre iniziative della comunità parrocchiale. Ma so bene che esistono pure coppie di genitori che sono indifferenti e poco sensibili al cammino di fede dei loro figli; questo perché i genitori per primi sono indifferenti e non si pongono neppure il problema educativo cristiano, oppure lo delegano tutto alla comunità parrocchiale. Tra le coppie in situazioni irregolari (conviventi, sposati civilmente, divorziati risposati), la situazione è diversificata. Alcune coppie partecipano alle celebrazioni ed alle attività parrocchiali e si impegnano in casa a far crescere i figli nella fede, altre sono completamente indifferenti ed escludono volutamente ogni forma di educazione, con la motivazione che i figli dovranno decidere autonomamente da adulti. Davanti a queste situazioni, presenti nella mia parrocchia, ma, sono sicuro, presenti anche in altre comunità parrocchiali in Italia, si possono rilevare dei tentativi, significativi ed anche efficaci, di aiuto ai genitori da parte delle parrocchie.
In una piccola comunità parrocchiale (sotto i 1000 abitanti), un parroco ha proposto un cammino di fede in preparazione alla Confermazione, proponendosi di coinvolgere i genitori. La catechesi è rivolta sia ai preadolescenti, di età compresa tra gli 11 e i 14 anni sia ai loro rispettivi genitori, che formano un unico gruppo di catechesi. Gli incontri sono guidati dal parroco e da una coppia di genitori catechisti degli adulti. Le finalità di questo cammino sono tre: preparare i preadolescenti a celebrare la Confermazione, far riscoprire ai genitori la loro identità di cristiani e riscoprire gli impegni della loro Confermazione e ridestare nei genitori la corresponsabilità di educatori nella fede, che hanno il compito di seguire la crescita spirituale dei loro figli dopo la Confermazione. Il cammino è in due anni, con due incontri mensili, alla sera per permettere ad entrambi i genitori di partecipare, alcune celebrazioni penitenziali in occasione del Natale e della Pasqua ed un ritiro spirituale la settimana prima della celebrazione della Confermazione. Il parroco ed i catechisti hanno preparato una scheda per ogni incontro, seguendo la traccia dei catechismi della CEI per i preadolescenti, tenendo conto delle loro domande di vita ed offrendo ai genitori proposte concrete per continuare il cammino in famiglia.
In una parrocchia tra i 1000 ed i 5000 abitanti, si è progettata questa esperienza di catechesi ai genitori. Il progetto è rivolto solamente ai genitori; lo guida il parroco da solo. La finalità è di educare i genitori per primi a vivere da cristiani e diventare catechisti dei propri figli, imparando a leggere la Parola di Dio in famiglia. Il metodo adottato è anzitutto di insegnare ai genitori a pregare con i figli e a partecipare, come famiglia, alle celebrazioni comunitarie, sia l’Eucaristia domenicale, sia gli altri momenti di preghiera. Inoltre questo progetto si propone di avvicinare i genitori alla Parola di Dio, prima di tutto ai Vangeli, e di aiutarli ad introdurre i figli alla conoscenza della Parola. Il progetto è rivolto ai genitori che hanno i figli preadolescenti, dura tre anni, con un incontro mensile, alla sera, da settembre a maggio. Per ogni incontro il parroco prepara una scheda con alcune indicazioni operative. Contemporaneamente i ragazzi partecipano agli incontri di catechismo settimanali in parrocchia.
In alcune parrocchie del Milanese mi risulta che si sta sperimentando un progetto nuovo di catechesi rivolta sia agli adolescenti, sia ai genitori. Questo progetto si basa sul coinvolgimento sostanziale della famiglia. Suo principio di base è che quanto i genitori credono, fanno, vivono da adulti è percepito dal ragazzo come la vera dimensione dell’esistenza. Se c’è disparità di vedute e se la famiglia non accetta di confrontarsi sulle scelte di Gesù, il figlio resta disorientato, non rifiuterà nulla dei due mondi, quello familiare e quello religioso, ma si abituerà a viverli in maniera dissociata. Si troverà di fronte a due modi di pensare: quello del Vangelo per alcuni ambienti e quello della “vita” per la realtà quotidiana. Nel quotidiano il ragazzo recepisce, oggi, i valori di vita che lo accompagneranno lungo tutto il cammino di adulto. È quindi indispensabile che la famiglia si metta insieme all’adolescente alla ricerca di un cammino di fede. Non è pensabile che i genitori chiedano la frequenza alla catechesi e poi se ne disinteressino: ne va della credibilità delle loro scelte, prima ancora del futuro della fede del ragazzo in sé.
Sulla base di queste considerazioni, il progetto prevede:
– che i genitori dedichino “un quarto d’ora alla settimana” ai figli, a casa, per leggere la Parola di Dio e il sussidio di catechesi e spiegarli con semplicità;
– una volta al mese il parroco, in parrocchia, affronta con i genitori i nodi fondamentali della fede, che spesso gli stessi genitori hanno dimenticato;
– i ragazzi continuano ad avere l’incontro settimanale con i catechisti in parrocchia: lavorano insieme, elaborano schede, ricerche, cartelloni, imparano canti, utilizzano audiovisivi, leggono la Parola di Dio e i sussidi di catechesi adottati.
Gli scopi di queste iniziative pastorali sono quelli di responsabilizzare le famiglie e renderle soggetto di educazione alla fede e di far sì che la fede torni ad essere qualcosa di cui si parla in famiglia e non sia più la grande estranea nelle case di adulti e ragazzi.
L’educazione alla fede all’interno della famiglia
“La catechesi familiare trova la sua originalità e la sua efficacia nel carattere occasionale e nella immediatezza dei suoi insegnamenti, espressi innanzi tutto nel comportamento stesso dei genitori e nell’esperienza spirituale di ciascuno. In famiglia, ciascuno deve poter trarre un modello di vita permeato di fermenti cristiani, sperimentando dal vivo il senso di Dio, di se stesso, del prossimo” così afferma Il rinnovamento della catechesi n. 152. Ai genitori viene chiesto di essere i maestri e i modelli di fede per i figli. Come possiamo aiutare i genitori in questo compito? Non possiamo accontentarci di lasciare i genitori allo sbaraglio, all’improvvisazione, alla buona volontà di ogni singola coppia. Come comunità cristiana sentiamo l’esigenza di fornire un aiuto ai genitori per realizzare questo loro “dover essere” maestri e modelli nell’educazione alla fede dei figli.
I genitori come modelli di vita nella crescita spirituale dei figli
In tutte le età della crescita, ma soprattutto nell’adolescenza, i figli hanno bisogno di vedere nei propri genitori un modello di vita cristiana adulta e una coerenza tra i valori del Vangelo e lo stile e le scelte della vita quotidiana. Purtroppo molti genitori, pur essendo sposati “in chiesa” e scegliendo i sacramenti per i loro figli, non sono poi esempi di coerenza cristiana, in quanto non sono mai diventati “adulti” nella fede. Essi, per primi, hanno abbandonato la vita cristiana dopo la Cresima, hanno fatto scelte di vita (familiare, professionale…) non conformi al Vangelo e, quindi, non sono in grado di essere modelli educativi; i figli adolescenti ben si accorgono di questa discrepanza tra fede cristiana e vita. Inoltre vi sono le coppie irregolari, che maggiormente hanno il problema di giustificare le loro scelte di vita davanti ai figli adolescenti, che nella catechesi parrocchiale ascoltano la proposta cristiana e in famiglia non la vedono attuata o addirittura vedono una contro testimonianza.
Vi sono anche coppie di genitori che sono modelli di fede con le loro scelte di vita. Presento l’esempio di due di queste coppie, augurandomi che sia estendibile in generale. All’interno del gruppo-famiglie di una parrocchia, guidato dal parroco con una coppia di coniugi, si è discusso per un intero anno pastorale sulle scelte tra opportunità di lavoro ed esigenze educative dei figli adolescenti. Il gruppo ha concluso che se i figli, nei primi anni di vita, possono essere affidati ad una baby-sitter, oppure possono essere portati al nido e poi alla scuola materna, nell’età dell’adolescenza hanno bisogno di una presenza diretta ed assidua dei genitori. Due coppie, in cui entrambi i coniugi lavoravano a tempo pieno come dipendenti, hanno scelto, allora, di ridurre l’orario di lavoro o di rinunciare a scatti di carriera, di conseguenza ad aumenti di stipendio, per dedicare più tempo ed attenzione ai figli; questa riduzione di entrate nel bilancio familiare ha portato anche ad una prima conseguenza positiva di riscoprire uno stile di vita più essenziale e di dialogare con i figli adolescenti sui valori fondamentali della vita cristiana, volendo motivare le loro scelte davanti ai figli. Inoltre, come seconda conseguenza, questa riduzione dell’orario lavorativo, ha permesso ai genitori di proseguire l’impegno di collaboratori nelle attività parrocchiali e di volontariato sociale, coinvolgendo sempre più i figli.
I genitori come maestri della Parola di Dio verso i figli
“Al magistero della vita, si unisce provvidamente il magistero della parola che, in famiglia, è quanto mai semplice e spontaneo. Nasce infatti nei momenti più opportuni e più vitali, per celebrare, ad esempio, il mistero di una nuova vita che si accende, per interpretare una difficoltà ed insegnare a superarla, per aprire alla coerenza spirituale, per ringraziare Dio dei suoi doni, per creare raccoglimento di fronte al dolore e alla morte, per sostenere sempre la speranza” così è suggerito sempre nel già citato n. 152 de Il rinnovamento della catechesi.
Per concretizzare il “magistero della parola” in famiglia, i genitori devono anzitutto conoscere la Parola di Dio. La comunità parrocchiale può venire in aiuto in questa formazione biblica con due iniziative: la traccia biblica, fornita ogni due mesi, con indicazioni sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, per una lettura continuata e per arrivare così ad una conoscenza ampia del testo biblico. La seconda iniziativa è il corso biblico, aperto a tutti, dove oltre ad approfondire un libro ogni anno, si offrono indicazioni per la lettura in famiglia e l’applicazione alla vita.
I genitori si impegnano a trovare uno spazio, normalmente alla sera, per ascoltare i figli, con i loro problemi e le loro difficoltà di adolescenti e, insieme a loro, cercano risposte nella Parola di Dio; in essa possono trovare orientamenti ed indicazioni per la vita dell’adolescente, che vuole essere coerente con la sua vita di fede. Inoltre, i genitori, all’interno di un momento di preghiera familiare, offrono la lettura di un breve brano biblico, desunto dalla traccia parrocchiale; dopo un tempo di silenzio, tutti sono invitati a condividere pubblicamente la parola che li ha colpiti particolarmente e ad illustrarne i rapporti con la giornata trascorsa. In questo modo i genitori possono offrire ai figli adolescenti l’interpretazione cristiana degli eventi della vita e educarli all’ascolto della Parola di Dio anche quando saranno giovani ed adulti.
I genitori maestri di preghiera in famiglia
All’ascolto della Parola di Dio nella vita familiare è strettamente unita la preghiera: “Grande rilievo ha la celebrazione del culto di Dio nelle espressioni di preghiera personale e familiare, nella partecipazione della famiglia alla vita liturgica della comunità parrocchiale, nelle ricorrenze e negli anniversari più cari”[6] così afferma sempre Il rinnovamento della catechesi.
Per concretizzare i suggerimenti del documento, proponiamo alcune indicazioni concrete: iniziare la giornata con il segno della croce, pregare prima dei pasti e, la sera, quando la famiglia è tutta unita, condividere un momento di preghiera. Questo può essere la recita delle preghiere tradizionali del buon cristiano, la recita del Santo Rosario, la celebrazione dei Vespri, un congruo spazio di silenzio per la preghiera spontanea di perdono e di ringraziamento.
Dato che sono poche le famiglie in cui i genitori invitano i figli alla preghiera, la parrocchia può fornire alcune tracce come sussidi per la preghiera in famiglia. Inoltre, particolarmente nei Tempi Forti dell’anno liturgico, la parrocchia offre indicazioni per la preghiera in famiglia. La distribuzione dei sussidi può avvenire attraverso il bollettino parrocchiale, ma vi sono metodi – a mio avviso – più efficaci. I sussidi possono essere distribuiti attraverso i figli adolescenti che partecipano alla catechesi in preparazione alla Confermazione oppure che partecipano al gruppo parrocchiale “post-cresima” o ai gruppi dei giovanissimi, opportunamente motivati sull’importanza della preghiera comunitaria, fatta a livello familiare. Oppure i sussidi possono essere distribuiti attraverso i genitori che partecipano ai gruppi parrocchiali. Specialmente in Quaresima si può proporre la forma del “digiuno televisivo”: si realizza distribuendo, durante l’Eucaristia del Mercoledì delle Ceneri o della Prima Domenica di Quaresima, un velo ed una traccia di preghiera, da utilizzare tutte le sere, oppure almeno il venerdì; si copre la televisione con il velo e si celebra un momento di preghiera familiare e di ascolto della Parola di Dio.
I genitori coinvolgono i figli nella partecipazione alle celebrazioni parrocchiali
Oltre la preghiera in famiglia, i genitori si devono preoccupare della partecipazione alla vita liturgica della propria comunità parrocchiale, in particolare della preparazione dei figli ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, come afferma sempre Il rinnovamento della catechesi: “Insostituibile è la partecipazione attiva dei genitori nella preparazione dei figli ai sacramenti della iniziazione cristiana, hi tal modo, non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce: i genitori stessi annunciando ascoltano, insegnando imparano”[7]. Per i figli in età adolescenziale si tratta, in particolare, di preparare e celebrare il Sacramento della Confermazione, che completa l’itinerario dell’iniziazione cristiana. La presenza attiva dei genitori alle celebrazioni liturgiche parrocchiali è fondamentale perché gli adolescenti hanno bisogno di vedere cristiani adulti, convinti e corresponsabili. Solo in questo modo, gli adolescenti si sentiranno coinvolti nel testimoniare la propria fede.
Nella parrocchia in cui mi trovo attualmente, di circa 3000 abitanti, in un quartiere della città di Alba, stiamo portando avanti da parecchi anni un progetto di educazione alla fede rivolto ai preadolescenti, agli adolescenti ed ai loro genitori. Questo progetto è portato avanti dal parroco insieme ai catechisti. I catechisti sono adulti, laici e religiose, affiancati da giovani. Il nostro scopo è anzitutto di creare il “senso di comunità”, cioè rendere i genitori ed i figli consapevoli di appartenere ad una comunità parrocchiale e superare una visione privatista della fede e della vita cristiana; infatti si incontra Gesù Cristo e la sua salvezza nella Chiesa comunità dei battezzati, e non da soli. Inoltre ci siamo proposti di corresponsabilizzare i genitori nell’educazione di fede dei figli, non solo in occasione della Prima Comunione e della Confermazione, ma fino alla maggiore età. Il progetto è strutturato su tre livelli: incontri settimanali di catechesi per i preadolescenti e gli adolescenti, incontri mensili per i loro catechisti, incontri bimestrali per i genitori insieme ai catechisti. Gli incontri per i ragazzi ed i catechisti hanno le finalità ed i metodi proposti dal documento base Il rinnovamento della catechesi ed attuati dalla maggior parte delle parrocchie italiane. Per i genitori gli incontri sono strutturati a seconda dei gruppi di catechesi dei figli. In ogni incontro vi è un momento di verifica, in cui i catechisti riferiscono che cosa hanno svolto con i ragazzi; poi si ascoltano le risonanze dei genitori su quanto gli incontri hanno inciso sui figli; vi è quindi la programmazione per i prossimi mesi; infine si riflette insieme sulla Parola di Dio della domenica successiva e ci si dividono i compiti per l’animazione dell’Eucaristia. Altri appuntamenti annuali sono due ritiri spirituali con la celebrazione penitenziale nei momenti forti dell’anno liturgico, che vedono sempre coinvolti genitori, figli e catechisti, in una casa di spiritualità oppure in un santuario, ed un pranzo comunitario, in genere nei mesi di maggio e giugno. Per i genitori ed i ragazzi che si preparano a ricevere la Confermazione (nella nostra parrocchia è proposta agli adolescenti di 15 anni), vi è inoltre la celebrazione di presentazione dei candidati alla comunità parrocchiale, all’inizio dell’anno pastorale, ed una celebrazione penitenziale la settimana precedente la funzione.
La comunità parrocchiale aiuta la famiglia ad educare nella fede
L’adolescente non si accontenta più di rimanere in famiglia con i genitori. Vi è in lui la necessità di creare gruppo con altri adolescenti per confrontarsi, per ampliare le conoscenze, soprattutto per fare delle esperienze comuni. La famiglia, in questo periodo, diventa insufficiente nel rispondere alle nuove esigenze dell’adolescente e pertanto la parrocchia dovrà offrirgli nuove opportunità di crescere nella fede insieme ai coetanei. La comunità parrocchiale ha il compito di progettare un itinerario di formazione per gli animatori degli adolescenti. Parallelamente, sempre la comunità parrocchiale cercherà di creare un “gruppo famiglie” che hanno i figli in età adolescenziale per offrire sostegno e quindi collaborazione anche ai genitori.
Creazione di un gruppo adolescenti parrocchiale
In primo luogo, la comunità parrocchiale dovrà individuare giovani e adulti nella fede, che si assumano la responsabilità di progettare un cammino di catechesi con e per gli adolescenti.
Il primo passaggio per arrivare a creare un gruppo di adolescenti in parrocchia è la conoscenza della presenza adolescenziale sul territorio della parrocchia. Gli animatori cercheranno i nominativi degli adolescenti dagli elenchi del cresimandi, integrandoli con gli altri dati dello stato d’anime parrocchiale. Dopo aver fissato un primo incontro di festa e averlo fatto conoscere a tutti attraverso le normali comunicazioni parrocchiali (avvisi durante le Eucaristie domenicali, notiziario parrocchiale…), il parroco e gli educatori si impegnano a contattarli personalmente uno ad uno.
Il primo incontro sarà un momento di festa in comunità destinata a loro e, in quell’occasione, si definiscono con i ragazzi le caratteristiche fondamentali del gruppo stesso: un momento di preghiera, la catechesi, l’impegno verso gli altri, l’animazione della celebrazione eucaristica domenicale, i momenti di aggregazione e di festa. La progettazione sarà a livello annuale, con gli obiettivi, le tematiche e le tappe, e a livello mensile si pubblicheranno gli appuntamenti e gli argomenti affrontati. Le tematiche della catechesi verteranno sui temi tipici dell’adolescenza, richiesti dai ragazzi stessi (le cosiddette “domande di vita”) vagliate con gli animatori.
Il gruppo degli adolescenti dovrà essere caratterizzato dal “fare esperienze” insieme: ad esempio, preparare un recital, servizi di volontariato sociale, attività manuali in oratorio e in parrocchia… Non va tralasciata l’esperienza “forte” dei ritiri spirituali, a cadenza periodica, possibilmente in luoghi diversi, con comunità religiose significative. Inoltre è necessario coinvolgere, in prima persona, gli adolescenti, alla preparazione dell’Eucaristia domenicale. Anche l’incontro settimanale di catechesi deve essere preparato con alcuni adolescenti insieme agli animatori.
Per rispondere al bisogno di ogni ragazzo di aggregazione e di vita comune sono utili iniziative come i week-end durante le vacanze natalizie o pasquali, i viaggi nel periodo estivo, i campi-scuola parrocchiali e diocesani… Il gruppo di adolescenti parrocchiale ha come finalità di cementare la conoscenza e l’amicizia fra i ragazzi, di approfondire la conoscenza della Parola di Dio, di creare una sensibilità verso le necessità dei fratelli (i piccoli, i coetanei isolati, i genitori stessi, gli anziani), di portare ad una graduale assenzione di responsabilità negli impegni che ognuno si prende sia a livello personale, sia a livello familiare, sia a livello parrocchiale, di accompagnare i ragazzi al discernimento vocazionale.
Creazione del gruppo famiglie degli adolescenti
Proponiamo come aiuto ai genitori per diventare modelli di fede per i figli, l’iniziativa pastorale del “Gruppo Famiglie” o “Gruppo Sposi”, presente già in molte parrocchie, da parecchi anni. Ritengo che i “Gruppi Famiglie” siano più efficaci, dal punto di vista pastorale, delle varie “Scuole per genitori” variamente proposte da istituti scolastici, associazioni di genitori ed anche da parrocchie. Le “Scuole per genitori” sono strutturate, in genere, su incontri che vertano su tematiche educative, svolte da relatori specializzati; però, in genere le coppie che partecipano non si conoscono tra di loro, vi è poco tempo per il dibattito e lo scambio di esperienze, gli incontri sono relazioni frontali che forniscono delle informazioni, ma non hanno un seguito; quindi le “Scuole per genitori” non seguono le famiglie nella crescita dei figli; si limitano a dare delle indicazioni e demandano ai genitori di metterle in pratica. A mia conoscenza, le “Scuole per genitori” hanno un taglio psicologico, pedagogico e sociologico, ma non trattano argomenti inerenti l’educazione alla mentalità di fede, ad es. l’educazione alla preghiera.
Dalle esperienze delle parrocchie che conosco, invece, i “Gruppi Famiglie” sono organizzati sostanzialmente su fasce di vita matrimoniale: il “Gruppo Famiglie Giovani” che comprende le coppie dei primi dieci anni di matrimonio e il “Gruppo Famiglie” rivolto alle coppie sposate da più anni. Questa strutturazione è per rispettare le esigenze diverse delle famiglie, perché hanno problemi di coppia diversi e figli di fasce d’età diverse, quindi con problemi educativi differenti. Nell’anno pastorale vi sono momenti comuni di incontro, quali il Natale, la Pasqua e la festa della comunità parrocchiale. Gli incontri sono a cadenza quindicinale; ogni incontro è guidato dal sacerdote, oppure da una coppia; le tematiche, sia di carattere educativo, sia di carattere formativo, prendono come base un brano della Parola di Dio e sono finalizzate alla catechesi degli adulti-genitori ed alla catechesi dei figli. Ogni incontro ha un momento iniziale di preghiera; si ascolta la Parola di Dio, si introduce il tema che è trattato dal sacerdote o dalla coppia, si apre il confronto e lo scambio di esperienze, si offrono suggerimenti concreti sia per quanto riguarda la vita di coppia, sia per quanto riguarda il cammino di fede con i figli.
Dal punto di vista pastorale, i “Gruppi Famiglia” sono utili perché le famiglie non sono isolate, ma si sostengono a vicenda, i problemi dei figli sono condivisi e, mettendoli in comune, sono affrontati in modo meno drammatico, perché le coppie si sentono sostenute le une dalle altre; questi gruppi diventano, gradatamente, corresponsabili nella vita della comunità parrocchiale ed avvertono le molteplici esigenze pastorali come facenti parte della propria vita familiare, perché la parrocchia diventi “una famiglia di tante famiglie”. Oltre al cammino di catechesi offerto dalla parrocchia al “Gruppo Famiglie”, i genitori con i figli adolescenti si possono incontrare alcune volte nell’anno pastorale con il parroco e gli animatori del gruppo degli adolescenti per confrontarsi, verificare, suggerire nuove iniziative e nuovi progetti e fare presenti problemi ed esigenze venutesi a creare.
Preparazione della liturgia domenicale con i genitori ed i figli
Nell’educazione cristiana degli adolescenti non è e non può essere sufficiente la sola catechesi e neppure per i loro genitori bastano gli incontri di formazione per vivere in pienezza la loro fede. La comunità cristiana, infatti, non è una semplice “scuola della Parola”, non ha solo il compito dell’annuncio e dell’insegnamento; per ogni battezzato è indispensabile “celebrare” la propria fede. La fede viene celebrata attraverso i Sacramenti ed, in primo luogo, nell’Eucaristia domenicale poiché la liturgia “è il culmine e la fonte della vita della Chiesa”[8].
Per i genitori dei preadolescenti e degli adolescenti si organizzano tre incontri nell’anno pastorale, suddivisi per archi di età dei figli, dove si prepara la liturgia domenicale. Ogni incontro è guidato dal parroco e dai catechisti. Si inizia con un momento di preghiera, si medita la Parola di Dio della domenica successiva, con riferimento ai problemi ed alla vita degli adulti. Si preparano brevi commenti per ogni lettura, si prepara la preghiera dei fedeli, si cercano dei simboli visivi per richiamare la tematica della domenica, si offrono indicazioni al sacerdote per preparare l’omelia ed infine si distribuiscono gli incarichi di animazione, destinati non solo ai figli, ma anche ai genitori. Consiglio di coinvolgere gli adolescenti ed i loro genitori anche nella preparazione ed animazione di altre celebrazioni, ad esempio la Novena di Natale e la Via Crucis in Quaresima.
Nella preparazione della Novena di Natale si riuniscono solamente i genitori con i catechisti ed il parroco. Scelgono alcuni temi di riflessione alla luce della Parola di Dio, preparano la celebrazione della Novena di ogni giorno con il seguente schema: scelta di un segno da porre in Chiesa, che coinvolge i ragazzi nella preparazione, annuncio e commento alla Parola di Dio in sintonia con il tema scelto, preparato e presentato dai genitori, preghiere dei fedeli animata dagli adolescenti e dai genitori. I genitori ed i figli sono anche coinvolti nella preparazione della Via Crucis all’aperto, per le vie della parrocchia, che viene celebrata una sola volta all’anno, la sera del Venerdì Santo. Si scelgono alcune “stazioni” seguendo il racconto della Passione riportato nei Vangeli; l’annuncio della stazione, la lettura del brano evangelico ed il commento sono guidati dai genitori; i ragazzi si occupano delle preghiere di intercessione e dell’animazione dei canti.
Questa ed altre celebrazioni sono strumenti di educazione alla fede per gli adolescenti perché, soprattutto in questa età, diventa fondamentale la testimonianza dei genitori che vivono la propria fede nelle celebrazioni liturgiche insieme ai loro figli.
Iniziative di carità portate avanti dai genitori con i figli
La Parola di Dio ascoltata e celebrata deve tradursi in atteggiamenti concreti di amore-carità verso i fratelli. Non è sufficiente che gli adolescenti conoscano il Mistero Cristiano perché maturi in loro una mentalità di fede e neppure è sufficiente preparare belle celebrazioni coinvolgenti; è necessario dimostrare con la vita che Dio è un Padre che ci chiama ad amare. Anche in questo caso, i genitori ed i figli sono chiamati a crescere insieme nel cammino di solidarietà nei confronti dei fratelli.
Moltissime sono le iniziative di solidarietà presenti nelle parrocchia; tra queste, alcune possono essere portate avanti dagli adolescenti con i loro genitori; lo scopo primo non è tanto l’opera di carità in sé, ma l’educare i ragazzi e le loro famiglie a rinunciare a qualcosa del proprio benessere per essere solidali con chi è nel bisogno. A questo proposito propongo due iniziative caritative che sono presenti nella mia comunità parrocchiale: la distribuzione della “luce di Betlemme” e la Quaresima di fraternità.
All’inizio della Novena di Natale, viene portata in Chiesa la lampada con la luce che arriva nella nostra città da Betlemme. Gli scout dell’AGESCI si occupano da anni di far arrivare in tutte le città italiane la fiamma che arde perennemente nella grotta di Betlemme. Nei giorni successivi, i ragazzi con i genitori si occupano di andare ad accogliere la lampada, di conservarla e custodirla sempre accesa nella Chiesa parrocchiale e di distribuirla a tutte le persone sole, gli anziani ed i malati della parrocchia, dedicando a loro un po’ di tempo nell’ascolto e nella conversazione, facendoli partecipi della vita parrocchiale ed invitandoli per la notte di Natale a pregare unitamente alla comunità ed a collocare la lampada su un davanzale della casa, come segno di disponibilità ad accogliere Cristo luce del mondo.
Nel periodo quaresimale, le famiglie degli adolescenti vengono invitate a ritirare in parrocchia un salvadanaio, preparato precedentemente dai catechisti e dai ragazzi, da porre in casa. I salvadanai sono distribuiti il Mercoledì delle ceneri e ricordano l’impegno di rinunciare a qualcosa per devolvere il ricavato ad una iniziativa missionaria; ogni anno si predilige un microprogetto con una delle missioni con cui la parrocchia è in collegamento. I salvadanai vengono riportati in Chiesa dagli adolescenti durante la Messa “in cœna Domini” al momento dell’offertorio.
Queste ed altre iniziative contribuiscono a creare nelle famiglie degli adolescenti il senso della condivisione e della solidarietà cristiana verso i fratelli bisognosi, aiutando ad uscire dall’egoismo ed a crescere nella carità.
L’educazione alla scelta vocazionale all’interno della famiglia
Già nell’esortazione apostolica del 1992 Pastores dabo vobis di Giovanni Paolo II, si affermava che “una responsabilità particolarissima è affidata alla famiglia cristiana, che in virtù del Sacramento del Matrimonio partecipa in modo proprio e originale alla missione educativa della Chiesa maestra e madre. […] La famiglia cristiana, che è veramente “come Chiesa domestica” (Lumen gentium 11), ha sempre offerto e continua ad offrire le condizioni favorevoli per la nascita delle vocazioni. Poiché oggi l’immagine della famiglia cristiana è in pericolo, grande importanza deve essere attribuita alla pastorale familiare, così che le famiglie stesse, accogliendo generosamente il dono della vita umana, costituiscano “come il primo seminario” (Optatam totius 2), nel quale i figli possono acquisire dall’inizio il senso della pietà e della preghiera e l’amore verso la Chiesa”[9].
Sempre la Pastores dabo vobis, a riguardo della famiglia come primo luogo di orientamento vocazionale, sottolinea che “è da ricordare, anzitutto, la famiglia: i genitori cristiani, come anche i fratelli e le sorelle e gli altri membri del nucleo familiare, non dovranno mai cercare di ricondurre il futuro presbitero negli angusti limiti di una logica troppo umana, se non mondana, pur sostenuta da sincero affetto. Animati essi stessi dal medesimo proposito di ‘compiere la volontà di Dio’ sapranno, invece, accompagnare il cammino formativo con la preghiera, il rispetto, il buon esempio delle virtù domestiche e l’aiuto spirituale e materiale, soprattutto nei momenti difficili. L’esperienza insegna che, in tanti casi, questo aiuto molteplice si è rivelato decisivo per il candidato al sacerdozio. Anche nel caso di genitori e familiari indifferenti o contrari alla scelta vocazionale, il confronto chiaro e sereno con la loro posizione e gli stimoli che ne derivano possono essere di grande aiuto, perché la vocazione sacerdotale maturi in modo più consapevole e determinato”[10].
Il vescovo delegato per le vocazioni della regione pastorale del Piemonte e Valle d’Aosta, Mons. Enrico Masseroni, nella sua nota pastorale per il triennio 2000-2003 La parrocchia: frontiera della nuova evangelizzazione, sottolinea il rapporto fecondo tra famiglia e comunità parrocchiale nell’educazione religiosa e nell’orientamento vocazionale degli adolescenti e dei giovani: “La comunità è con la famiglia il solco concreto per la germinazione della vita come vocazione e di ogni vocazione, compresa quella al ministero ordinato e alla vita consacrata. C’è però un segreto per garantire un salto di qualità nella pastorale delle vocazioni ed è la coralità, unitamente alla popolarità. La coralità significa che il problema delle vocazioni, in una parrocchia, non può essere delegato a nessuno: tutti possono e devono dare il proprio piccolo-grande contributo: gli ammalati, l’offerta della loro croce e della preghiera; i catechisti, una visione concreta e vera delle fede nella dinamica della risposta ad una chiamata; i genitori, la testimonianza adamantina per creare un clima familiare capace di garantire la libertà dei figli di fronte alle scelte più decisive della vita; i giovani, il coraggio di pensare e di progettare in grande il loro futuro; i sacerdoti, la capacità di una sapiente proposta pedagogica per un cammino di fede aperto alla sequela. L’opera corale della pastorale vocazionale restituisce ad essa la sua nativa popolarità. Nella storia di ogni chiamata, infatti, entra tutta una comunità; e il problema delle vocazioni appartiene alla gente, alla comunità consapevole che i doni di Dio non fioriscono sui terreni aridi o nella serra accanto, né tantomeno sulle nuvole, ma nei solchi arati di una parrocchia viva”[11].
Educare gli adolescenti all’amore come dono
Volutamente ho scelto di intitolare questi paragrafi (educare all’amore come dono, educare all’amore come responsabilità, educare all’amore come scelta di vita) sempre con l’avverbio “come” perché evidenzia meglio il percorso di crescita spirituale dell’adolescente che ha due direzioni evolutive: una verticale ed una orizzontale, cioè una nel rapporto con Dio e l’altra nel rapporto con i fratelli.
La famiglia può creare le condizioni favorevoli per la nascita delle vocazioni di speciale consacrazione quando aiuta i figli adolescenti a prendere coscienza dei molteplici doni che ognuno ha ricevuto da Dio. L’amore è sempre un dono di Dio che l’adolescente deve imparare a riconoscere: egli esiste perché è stato amato prima di esistere da Dio e dai suoi genitori; proprio per questo l’amore ricevuto non va conservato gelosamente per se stessi, ma a sua volta, va ridonato ai fratelli; questo è il fondamento dell’educazione dell’adolescente alla scelta vocazionale.
La parabola dei talenti di Mt 25,14-30 può offrire un cammino proponibile alle famiglie cristiane per aiutare gli adolescenti a scoprire, valorizzare e ridonare i doni ricevuti. La famiglia, con l’ambiente educativo che crea al suo interno, rivela ai figli che l’amore è un dono di Dio che va vissuto con responsabilità per una missione. Ogni figlio va aiutato ad acquisire la consapevolezza dell’aver ricevuto tanti talenti. È importante allora insegnare agli adolescenti a ringraziare Dio, i familiari e tutte le altre persone che egli incontra per ciò che riceve continuamente.
Educare gli adolescenti all’amore come responsabilità
L’amore interpella ogni singola persona ed esige che ognuno si assuma degli impegni e quindi delle responsabilità. Educare gli adolescenti alla responsabilità significa esigere che il ragazzo svolga costantemente le diverse mansioni che si assume nei suoi vari ambienti di vita e le porti avanti con costanza.
I genitori hanno il compito di insegnare ai figli adolescenti a svolgere bene i diversi impegni, dallo studio ai servizi in casa, agli impegni sportivi, sociali e parrocchiali. Inoltre i genitori non possono limitarsi ad affidare incarichi, ma è necessario che verifichino quanto i propri figli mantengano le responsabilità e gli incarichi assunti, sia nell’ambito familiare, sia all’esterno. Diventa inoltre necessario richiamare e correggere i propri figli se non hanno mantenuto la parola data e non hanno svolto bene i compiti loro affidati. Infine, dato che i giovanissimi hanno una personalità in divenire, necessitano di sentirsi confermati ed incoraggiati dai propri genitori ed, in genere, dagli educatori, nella serietà e generosità dimostrate.
Una scelta vocazionale può crescere soltanto in un clima educativo che responsabilizza e valorizza gli adolescenti e li allena così allo spirito di sacrificio, allo sforzo, alla rinuncia. Questi adolescenti allenati alle piccole responsabilità domestiche riusciranno in età adulta ad essere coerenti nelle scelte fondamentali della vita quali il matrimonio, il sacerdozio, la vita consacrata.
Educare gli adolescenti all’amore come scelta di vita
Con il termine “scelta di vita” intendiamo una opzione fondamentale che caratterizza tutta l’esistenza. Una scelta di vita può essere fatta per valori umani, anche apprezzati dalla società, ma per un cristiano non sono sufficienti perché il fondamento delle sue scelte di vita deve essere soltanto l’amore. La vita può essere vissuta nella ricchezza della generosità oppure sprecata nella povertà del proprio egoismo.
Per realizzare l’amore come scelta di vita occorre eliminare tutte le ambizioni che mettono al centro se stessi per fare spazio all’amore disinteressato. Soltanto chi è capace di donarsi agli altri, di ricercare il bene dell’altro e non solamente il proprio rivela uno stile di vita davvero ricco d’amore. Ogni adolescente si trova ad un bivio; dovrà quindi fare delle scelte. I genitori, primi maestri della fede, potranno intervenire per educare i propri figli a comprendere che le scelte veramente “cristiane” sono scelte d’amore.
Per raggiungere questo fine la famiglia può presentare ai figli adolescenti figure significative di persone che hanno orientato la propria vita per amore, come missionari, laici impegnati nella solidarietà, sacerdoti e consacrati. Queste figure diventano certamente più incisive, dal punto di vista educativo, se condividono un momento della vita familiare e si intrattengono nel dialogo e nell’ascolto dei ragazzi. La forma più efficace di educazione all’amore come scelta di vita, quella che gli adolescenti percepiscono immediatamente, è certamente l’opzione d’amore che hanno compiuto i loro genitori nel matrimonio e nell’accogliere i figli. Quando i genitori sono capaci di dedicarsi del tempo l’un l’altro, di ascoltarsi, di dialogare, dimostrano ai figli, anche senza parole, che l’amore è veramente il fondamento della loro vita.
La comunità parrocchiale aiuta la famiglia alla scelta vocazionale degli adolescenti
Come nell’educazione cristiana dei figli adolescenti, i genitori non sono sufficienti ad educare i figli ad una mentalità di fede, perché gli adolescenti si confrontano con i loro coetanei e cominciano a vivere esperienze molto diverse al di fuori dell’ambiente familiare di origine, così nell’orientamento vocazionale, che coinvolge gli adolescenti ed i giovani in modo particolare, i genitori, pur con tutta la buona volontà, non possono più essere loro soli le guide spirituali dei figli.
In questa età della crescita, la comunità parrocchiale non deve porsi “in alternativa” alla famiglia, non deve avere la pretesa di sostituirsi ad essa, ma deve essere di aiuto e di complemento a genitori e figli; la collaborazione reciproca di queste due “comunità educative” sarà proficua ed efficace nell’orientare gli adolescenti nelle principali scelte vocazionali.
Ancora l’esortazione apostolica Pastores dabo vobis sottolinea il ruolo indispensabile della comunità parrocchiale nell’orientamento vocazionale: “In profondo collegamento con le famiglie sta la comunità parrocchiale, e le une e l’altra si integrano sul piano dell’educazione alla fede; spesso poi la parrocchia, con una specifica pastorale giovanile e vocazionale, esercita un ruolo di supplenza nei riguardi della famiglia. Soprattutto, in quanto realizzazione locale più immediata del mistero della Chiesa, la parrocchia offre un contributo originale e particolarmente prezioso alla formazione del futuro sacerdote. La comunità parrocchiale deve continuare a sentire come parte viva di sé il giovane in cammino verso il sacerdozio, lo deve accompagnare con la preghiera, accogliere cordialmente nei periodi di vacanza, rispettare e favorire nel formarsi della sua identità presbiterale, offrendogli occasioni opportune e stimoli forti per provare la sua vocazione alla missione sacerdotale”[12].
Quanto si dice qui per le vocazioni al presbiterato, credo si possa sicuramente affermare anche per ogni altra vocazione di speciale e totale consacrazione.
La comunità parrocchiale propone agli adolescenti dei “modelli di vita”
Negli adolescenti c’è il forte desiderio di avere davanti agli occhi modelli di vita a cui ispirarsi nella ricerca della propria identità e nell’orientamento della propria esistenza. Le famiglie non sono più in grado di fornire da sole questi modelli educativi. La comunità cristiana prende su di sé il compito di presentare ai ragazzi figure significative e testimonianze credibili sulla vita di speciale consacrazione. Nell’accompagnamento spirituale e nei gruppi di catechesi si utilizza sovente l’espressione “vita e vocazione”, ma questa rischia di rimanere uno slogan vuoto, se non si propongono concreti esempi di vite donate con gioia. Da una recente ricerca del CRV del Piemonte, condotta fra i seminaristi, i novizi e le novizie presenti in regione, emerge che la grandissima maggioranza di essi ha deciso di fare della propria vita un dono, stimolati dai modelli di vita sacerdotale e religiosa, che hanno incontrato nelle loro parrocchie. Purtroppo davanti agli occhi, gli adolescenti hanno talvolta esempi di persone consacrate che, per molti motivi, non sono “accattivanti”. Quindi i sacerdoti ed i religiosi presenti nella comunità parrocchiale devono preoccuparsi di presentare agli adolescenti una testimonianza credibile e gioiosa di vita consacrata.
Come comunità parrocchiale possiamo proporre agli adolescenti alcuni incontri con figure significative, giovanili e soprattutto gioiose di religiosi e religiose, di sacerdoti diocesani, di giovani che sono in cammino verso il sacerdozio e offrire così ai nostri ragazzi diverse e concrete testimonianze di vita donata.
Altre iniziative che possiamo proporre ai ragazzi sono giornate e week-end nei monasteri, nelle comunità religiose, nel seminario diocesano per vivere una piccola, ma incisiva esperienza vocazionale. Rimane sempre utile educare i nostri adolescenti alla lettura, alla meditazione ed alla visione di video di testimonianze di giovani consacrati e di sacerdoti che hanno vissuto il loro ministero con dedizione ed entusiasmo.
La parrocchia come comunità ministeriale
“La parrocchia è l’immagine viva di una comunità generata dall’Eucaristia, operosa e ricca di doni dello Spirito”[13]; ma diventa sempre più necessario l’impegno di tutti i cristiani per ridare un nuovo significato alle attività di catechesi e all’educazione delle coscienze per far crescere tutte le vocazioni e in particolare quelle di speciale consacrazione. Le diverse vocazioni rivelano la coscienza matura di una comunità e diventano un’espressione della missione stessa della parrocchia.
Un’esperienza significativa di una parrocchia già viva ed operante nel territorio della cintura di Torino consiste in una comunità che è composta di alcuni giovani animatori (ragazzi e ragazze), alcune religiose, una giovane coppia di sposi ed il parroco; in questo modo sono rappresentate tutte le vocazioni. I componenti di questa comunità trascorrono insieme il fine settimana e si rendono disponibili al dialogo e all’accompagnamento spirituale degli adolescenti e dei giovani ed organizzano un ritiro mensile. Questa esperienza ha certamente una ricchezza maggiore rispetto ad una comunità parrocchiale animata unicamente dal parroco e dagli animatori poiché qui ci sono persone che non solo lavorano insieme, ma vivono insieme e per gli adolescenti diventano un modello concreto di comunità cristiana in cui sono presenti tutti i ministeri.
Diverse parrocchie offrono agli adolescenti la proposta concreta di una “settimana comunitaria”. Nei locali della parrocchia vivono insieme ragazzi, animatori, alcuni religiosi o religiose, il parroco e gli eventuali altri sacerdoti della parrocchia. Iniziano la giornata con la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio; ognuno frequenta la scuola o l’impegno lavorativo; si ritrovano a consumare i pasti, a studiare insieme e, in particolare la sera, a condividere un momento di riflessione e di verifica della giornata e si impegnano a realizzare, nell’arco della settimana, un servizio nella comunità parrocchiale. Il vantaggio di questa esperienza consiste nell’essere costantemente a contatto con gli animatori, i sacerdoti, le religiose, che esplicano, agli occhi dei ragazzi, i loro diversi carismi in modo spontaneo e feriale.
La parrocchia come comunità pedagogica
La comunità parrocchiale non può esimersi dall’impegno di educare gli adolescenti ad una mentalità di fede ed a percorrere il difficile cammino del discernimento vocazionale. Per favorire una pedagogia di crescita nella fede con i preadolescenti ci vogliono alcune condizioni: un’attenzione intelligente e costante alla Parola di Dio, una preghiera quotidiana, una passione missionaria attenta alle esigenze della parrocchia e del mondo e soprattutto una presenza matura di sacerdoti, di persone consacrate e di laici disponibili all’accompagnamento spirituale.
Alcune parrocchie organizzano da sole, oppure a livello di unità pastorale, i campi-scuola invernali ed estivi. Questi sono occasioni preziose per coinvolgere gli adolescenti in una forte esperienza di fede ed intraprendere un cammino di orientamento vocazionale. Risulta molto efficace, dal punto di vista dell’orientamento vocazionale, la presenza al campo-scuola di sacerdoti giovani, di religiosi e religiose e di seminaristi come animatori. Vivendo a contatto con gli adolescenti, questi figure di consacrati li interpellano e presentano ai loro occhi diversi stili di vivere il Vangelo.
Nella piccola diocesi, in cui lavoro, poche sono le parrocchie che riescono ad organizzare in proprio i campi-scuola con la presenza di sacerdoti, religiose e laici. Per la maggior parte della nostre piccole parrocchie la diocesi organizza, da oltre trent’anni, i campi-scuola diocesani, dove è possibile la presenza di sacerdoti, di religiose e seminaristi, di almeno una coppia di sposi, oltre che di animatori e animatrici laici. Inoltre, in ogni campo-scuola (non solo quelli rivolti agli adolescenti), viene progettata una “giornata vocazionale”: si invitano seminaristi, religiosi e religiose con esperienze significative ad una tavola rotonda dove ognuno espone la propria testimonianza e, in seguito, gli adolescenti si confrontano con i propri educatori attraverso una traccia per concludere con un dibattito con i relatori. Personalmente posso attestare che la stragrande maggioranza di vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata sono scaturite proprio da questi campi-scuola.
Siamo tutti a conoscenza che diverse diocesi d’Italia e varie congregazioni organizzano campi-scuola espressamente di orientamento vocazionale per gli adolescenti. Le finalità sono di aiutare a riflettere, a confrontarsi con la Parola di Dio, ad interrogarsi seriamente sul senso della propria vita ed a cercare un cammino che permetta di orientarsi bene.
Tutte le iniziative pedagogiche elencate e tante altre promosse dalle parrocchie e dalle congregazioni e finalizzate all’orientamento vocazionale non sono sufficienti se non c’è la garanzia di un accompagnamento spirituale che sia personale e costante. Il discernimento vocazionale è un cammino individuale, una scelta che dovrà fare la persona e per questo necessita di un cammino di accompagnamento. L’adolescente è in quella fase della vita dove sta cercando di costruire il suo futuro; per questo motivo l’accompagnamento spirituale è utile e necessario. Questo servizio verso l’adolescente è delicato e può essere compiuto dal sacerdote, da una religiosa, da un religioso, ma anche da un laico adulto nella fede.
Un cammino personale deve avere alcune scadenze fisse con coloro che sono predisposti a fare da accompagnatori spirituali. Fare accompagnamento spirituale significa aiutare un adolescente ad entrare nel progetto che Dio ha su di lui, senza mai sostituirsi alle sue responsabilità e alle sue scelte. La guida spirituale ascolta con pazienza l’adolescente, fa riferimento alla Parola di Dio e fornisce indicazioni all’accompagnato per attuare l’impegno scelto. Lo scopo ultimo dell’accompagnamento spirituale è quello di orientare il giovane a Cristo e quindi aiutarlo a compiere un cammino di scelta vocazionale personale. Per la maggioranza degli adolescenti questo cammino continua nella giovinezza. Sono pochi coloro che concludono il cammino con una scelta definitiva di vita consacrata, sacerdotale, matrimoniale intorno ai vent’anni. Molti scelgono decisamente più avanti negli anni e quindi l’accompagnamento spirituale continua anche nella giovinezza.
La parrocchia come comunità missionaria
La comunità parrocchiale non può non essere missionaria; diversamente non avrebbe ragion d’essere. È l’amore di Cristo Risorto che infonde alla parrocchia l’apertura verso l’orizzonte degli uomini. Tuttavia la vita della comunità cristiana, prima di essere missionaria, è comunione. La comunità parrocchiale, essendo la Chiesa sul territorio, testimonia Cristo tra la sua gente, anzitutto attraverso la stima reciproca, la sincera collaborazione, l’apprezzamento degli uni verso gli altri.
Gli adolescenti necessitano di sacerdoti, religiosi, religiose ed animatori laici che li educhino a “guardare” con realismo ai “bisogni” degli uomini del nostro tempo. Gli adolescenti hanno bisogno di capire quali siano le domande più drammatiche dell’umanità in questo periodo storico e soprattutto di comprendere che la vita come vocazione è un formidabile impegno ad aiutare le persone ad entrare in un progetto globale di salvezza. Hanno bisogno di capire che la verginità consacrata, la povertà, la paternità o la maternità, il ministero del sacerdote, non sono “inutili soprammobili”, ma la presenza più urgente e più necessaria. In definitiva, gli adolescenti hanno bisogno di vedere, capire, percepire l’utilità di questa presenza di consacrati come esperienza della gratuità dell’amore.
La comunità parrocchiale missionaria allora si impegna costantemente ad educare i giovanissimi alla fede con il desiderio di comunicare un’esperienza vissuta, proprio come è stato per alcuni apostoli nel brano del Vangelo di Giovanni 1,45: “Abbiamo trovato Colui del quale hanno scritto Mosè e i profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Così la fede diventa progetto e vocazione precisa se non mortifica lo Spirito che fa crescere la passione e il coraggio di annunciare l’unica persona che da senso alla vita, Gesù Cristo. Il compito di educare gli adolescenti alla missionarietà spetta soprattutto alla parrocchia. Come si può realizzare concretamente questo compito? Propongo un’iniziativa alla portata anche delle comunità più piccole, che abbiano un gruppo di giovanissimi.
Nell’estate si può proporre una “vacanza alternativa” con l’incontro al “Punto Giovani” della diocesi di Rimini. Il “Punto Giovani” è un oratorio fuori dall’ombra del campanile, gestito da giovani laici, insieme ad alcuni sacerdoti, attorno al quale si sviluppano le attività capaci di aggregare i giovani ed i giovanissimi: teatro, musica, punto internet, attività manuali, ascolto della Parola di Dio e confronto. Gli animatori del “Punto Giovani” si sono proposti di raggiungere i locali notturni della riviera promuovendo un’iniziativa chiamata Il Dio della notte, portando la Parola di Gesù nelle discoteche e nei pub. Inoltre gli educatori del “Punto Giovani” hanno tentato di evangelizzare sulle spiagge, lungo le strade e di dire a tutti i giovani che incontravano: “Gesù ti ama! Ti aspetta in Chiesa questa sera perché deve parlarti”, in molte Chiese, ogni sera, vi era l’adorazione eucaristica, con sacerdoti, presenti per colloqui e per il Sacramento della Riconciliazione, e catechisti a disposizione per offrire ascolto e consiglio. Nelle due settimane di ferragosto dello scorso anno i giovani che hanno risposto agli inviti sono stati 7000 circa. L’incontro degli adolescenti con i responsabili del “Punto Giovani” è certamente coinvolgente e provoca in loro un forte ripensamento sull’impegno da assumersi come cristiani nella scelta vocazionale.
Un’altra opportunità da presentare agli adolescenti è l’incontro con un testimone della carità, come don Oreste Benzi, figura di sacerdote che può raccontare la sua avventura a servizio degli ultimi e invita a donare la propria vita rispondendo alla chiamata del Signore: “Attenzione, ragazzi, a non perdere la coincidenza con Dio. Rispondete alla chiamata che il Signore vi fa, perché quello che chiede è sempre un più rispetto a quello che avete già dato. […] Se volete vivere sempre nella gioia ricordatevi che la vita è un eterno sì”[14].
Dalla Giornata Mondiale dei Giovani del 2000 è partita l’esperienza di una nuova evangelizzazione rivolta a giovani e giovanissimi, denominata “Sentinelle del mattino”. Portare l’annuncio della fede nei luoghi frequentati dai giovani, specie quelli lontani dalla Chiesa, ma anche negli ambienti di disagio è l’obiettivo di oltre 100 giovani provenienti da tutta Italia che hanno dato vita ad esperienze di ascolto di strada in alcune diocesi come Verona, Città di Castello, Massa Carrara. Moltissimi sono i luoghi di missione previsti: pub, locali, palestre, scuole, sale giochi, centri commerciali, piazze e centri di aggregazione saranno “visitati” dai giovani missionari che porteranno con semplicità e gioia la loro testimonianza di vita cristiana. Immediati i linguaggi utilizzati: musical, animazione di strada, Chiese aperte di notte che esprimono il volto di una Chiesa giovane.
L’iniziativa vuole toccare anche gli ambienti più difficili di disagio ed emarginazione. La strada, luogo di missione per eccellenza, prende così il volto della prostituta, del tossicodipendente, dello spacciatore, dell’alcolista. I missionari si confrontano con tutti questi spaccati per rispondere all’invito del Papa a “sentirsi responsabili dell’evangelizzazione dei propri coetanei”. Nel confronto con i giovani missionari, i giovanissimi sono stimolati a progettare la loro vita nelle forme più diverse di donazione.
Conclusione
Le esperienze ed i suggerimenti proposti hanno lo scopo di aiutare i genitori cristiani a divenire le prime guide spirituali dei propri figli, crescendo essi stessi come adulti nella fede e cercando di trasmettere questa fede creduta e vissuta ai figli. Nell’orientamento vocazionale il compito dei genitori è quello di creare un ambiente familiare che porti il giovanissimo a fare della propria vita un dono, sia nella vocazione matrimoniale, sia nella vocazione di speciale consacrazione.
All’interno della parrocchia, le guide spirituali degli adolescenti (non solo il sacerdote – come ho detto – ma anche i laici educatori ed i consacrati che operano nella pastorale parrocchiale) possono imparare dai genitori una paternità e maternità nuova, che non si limita a dare indicazioni, seppur validissime, ma si “prende cura”, si “prende in carico” il giovanissimo e lo accompagna verso l’età adulta e verso le scelte fondamentali di vita. Queste figure di accompagnatori spirituali non si sostituiranno ai genitori, ma li affiancheranno per sopperire là dove le famiglie non riescono ad arrivare. L’adolescente, estremamente bisognoso di essere amato, si sentirà circondato da un clima spirituale, sia in famiglia, sia in parrocchia, che lo aiuterà a crescere e a diventare, a sua volta, capace di ridonare ai fratelli l’amore ricevuto.
Anche se il cammino di crescita spirituale e di orientamento vocazionale dell’adolescente è soprattutto personalizzato e confidenziale, la guida spirituale si deve mantenere in costante collegamento con gli altri educatori presenti in parrocchia, perché il giovane non viva isolato. Ogni vocazione di speciale consacrazione ha sempre la dimensione ecclesiale perché è all’interno della comunità cristiana ed è a servizio di tutta la Chiesa, pur concretizzandosi in ambiti specifici. Quindi anche la maturazione di questa vocazione nel giovane deve conservare sempre l’aspetto comunitario e per far ciò occorre che le famiglie e le figure educative presenti nella comunità parrocchiale operino in modo unitario e concorde.
Lasciando allo Spirito Santo la libertà di agire nelle persone, le vocazioni di speciale consacrazione nascono e maturano in quella comunità cristiana dove i genitori, i sacerdoti, i consacrati, gli educatori laici siano veramente “un cuor solo ed un’anima sola”.
Note
[1] Cfr. Lumen gentium 11.
[2] Cfr. Gaudium et spes 48.
[3] Cfr. Gravissimum educationis 3.
[4] Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del Duemila, 2001, n. 52.
[5] Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 52.
[6] Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento della catechesi, n. 152.
[7] Conferenza Episcopale Italiana, Il rinnovamento della catechesi, n. 152.
[8] Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, n. 10.
[9] Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 41.
[10] Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 68.
[11] Masseroni E., La parrocchia: frontiera della nuova evangelizzazione, Vercelli, 2000, pp. 25-26.
[12] Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 68.
[13] Masseroni E., Vocazione e vocazioni. Tra segni dei tempi e profezia, Casale Monferrato, 1985, p. 173.
[14] Gasperini Suor Maria Paola, I ragazzi hanno incontrato don Oreste Benzi, in “Gazzetta d’Alba” settembre 2003, p. 29.