N.01
Gennaio/Febbraio 2017

Nel sogno di Dio: un progetto vocazionale

L’invito accorato che Papa Francesco ha rivolto alla Chiesa italiana risuona con tutta la sua risonanza vocazionale. Così si rivolgeva il Santo Padre ai delegati italiani a Firenze: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta con volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà»1. L’approfondimento del nostro studio focalizza il motivo del “sogno”, collegato al tema della chiamata e della vocazione che Dio affida a diversi personaggi della Bibbia2.

1. Sogni, visioni, rivelazioni della Bibbia
Se tra i popoli pagani è attestata una notevole diffusione della credenza nei sogni e della loro interpretazione carismatica, in Israele l’esperienza dei sogni è vissuta da personaggi che si mettono in ascolto di Dio e della sua Parola, non collegate con forme divinatorie di magia, stregoneria e negromanzia. Non solo i sogni mediano la relazione tra Dio e l’uomo, ma sono anche strumento di consultazione della volontà di Dio (cf 1Sam 3,1-18)3. L’impiego del sogno per indicare una rivelazione divina può essere inteso anche implicitamente in alcuni contesti biblici: è il caso di Abramo (Gen 15,12), di Natan (2Sam 7,4.17; 1Cr 17,3.15), di Gedeone (Gdc 6,25; 7,9), di Isaia (Is 26,9), di Osea (Os 4,5), di Michea (Mic 3,6), di Zaccaria (Zac 1,8). In alcuni casi i sogni assumono una funzione oracolare (Gen 20,3; 31,10.12; Gdc 7,13-15) e sono mediati da spiriti celesti e angeli. I sogni implicano un necessario discernimento, per il fatto che non tutti i sogni provengono da Dio. Nella Bibbia si mette in guardia dalla pratica della divinazione (cf Tb 6,14), si parla di terrori nella notte e di incubi (Sal 91,5) e soprattutto si afferma la reale possibilità di spiriti menzogneri (“angeli di satana”) che inducono a sogni effimeri. In Nm 12,6 si accenna alla presenza del profeta in mezzo al popolo, a cui Yhwh si rivela con visioni e sogni. Se è vero che la rivelazione divina poteva avvenire anche mediante “visioni e sogni”, tuttavia il ministero profetico non va associato alla pratica della divinazione dei culti idolatrici. Il profeta Geremia condanna proprio questo abuso, additando nella pretesa di sogni premonitori uno degli strumenti di impostura dei «falsi profeti» (Ger 23,25-28).
Si possono indicare tre aspetti biblico-teologici che emergono dall’esperienza del sogno: a) il sogno ha una funzione rivelativa, in quanto Dio può comunicare attraverso di esso un messaggio all’uomo; b) il sogno è strettamente collegato con la comunicazione della Parola di Dio, che coinvolge l’uomo in una risposta vocazionale e in una conseguente missione nel mondo; c) il sogno implica un discernimento vocazionale da parte di colui che è chiamato da Dio a realizzare il suo progetto non solo a livello personale, ma anche comunitario.
Fermiamo la nostra attenzione su alcuni protagonisti che hanno vissuto l’esperienza del sogno rivelatore e la cui esistenza è stata trasformata dalla grazia divina.

2. Il sonno profondo di Abramo
Il ciclo patriarcale della Genesi è inaugurato dalla figura di Abramo, che obbedisce alla Parola di Dio e lascia Carran per recarsi nel territorio di Canaan (Gen 12,1-9). Il motivo del sogno collegato al torpore si trova nella narrazione dell’alleanza che Dio compie con il patriarca in Gen 15,1-21. La sua chiamata, cominciata in un esodo, si trasforma in un’esperienza notturna4. Abramo è condotto fuori dalla sua tenda ed è invitato a «guardare e contare le stelle» perché innumerevole sarà la sua discendenza (v. 5). Nel v. 6 si descrive la “risposta” di fede con cui Abram corrisponde alla promessa di Yhwh: «Egli credette al Signore che glielo accreditò come giustizia». La fede e la giustizia di Abram si manifestano nel momento della prova. È qui che Abram diviene l’archetipo del credente, proprio perché Gen 15,6 è il primo testo della Bibbia in cui si parla della fede. Credere per Abramo è appoggiarsi a Dio, ponendo la propria sicurezza in Lui e lasciando che Dio disponga della sua vita (cf Is 30,15-17).
La seconda parte del racconto (vv. 7-21) si apre con la rivelazione di Dio che guida Abram e che gli assicura la posterità (v. 7). Il patriarca chiede un segno (v. 8) e la sua richiesta viene esaudita tramite un giuramento (v. 18)5. È proprio durante il rito della separazione degli animali che giunge la notte e Abram sperimenta il torpore (v. 12: tardemah = sonno). L’agire di Dio accade mentre Abram si trova in uno stato passivo (il sonno), così da ricordare che non è l’uomo a guidare la storia, ma essa è sostenuta dalla mano dell’Onnipotente. Nel sonno del patriarca Dio rivela il suo “sogno”: la salvezza di un popolo dalla schiavitù e la fecondità della terra promessa (vv. 13-16). Tra promessa di Dio e suo compimento si colloca la fine “felice” di Abramo (cf Gen 25,8; Gb 5,26). Nel v. 17 si descrive un evento teofanico: «Un forno fumante, una fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi». Sorprendentemente è Dio solo che passa attraverso gli animali e s’impegna con un giuramento solenne mentre Abramo sta solo a guardare. Yhwh realizza la sua alleanza (letteralmente “taglia l’alleanza”) con Abramo, impegnandosi con questo rito antico e solenne (cf Ger 34,18-19) a compiere la promessa della benedizione universale.
Non solo Abramo è oggetto della benedizione di Dio, ma egli diventa il partner dell’alleanza personale con cui il Signore inaugura un nuovo inizio, fondato sulla fede del patriarca e sulla sua partecipazione alla giustizia di Dio. La vocazione di Abramo è segnata in modo irripetibile da questo atto di alleanza, che costituirà il fondamento teologico della riflessione paolina (cf Gal 3-4; Rm 3-5).

3. Il sogno di Giacobbe
Giacobbe è il secondo patriarca che vive l’esperienza del sogno in prospettiva vocazionale. Il racconto del sogno è contestualizzato in Gen 28 ed è collegato al viaggio nella terra di Carran, suggeritogli dalla madre Rebecca, al fine di scegliere come moglie una figlia di Labano, ma anche per sottrarsi all’ira vendicativa del fratello Esaù (cf Gen 27,46-28,5). Il sogno e il conseguente voto di Giacobbe a Betel (vv. 10-22) assumono una funzione iniziatica e simbolica6. Giacobbe trascorre la notte in un «luogo» (11a) e pone sotto il suo capo una pietra come guanciale (cf 1Sam 19,13). Ignaro della santità di quel luogo, durante la notte egli fa un sogno (v. 12), che lo spinge a scoprire il progetto di Dio per la sua vita. È una scala in mattoni (= scalinata), simile alle ziggurat mesopotamiche (cf Babele: Gen 11,4); la sua funzione è il collegamento degli esseri viventi (angeli: mal’akim elohim; cf Gb 1,6; 2,1) che salgono e scendono dal cielo per venire sulla terra. Si tratta di un’immagine che rivela la comunicazione della presenza della santità di Dio sulla terra. Gli angeli non parlano con Giacobbe, ma comunicano con la loro azione il dinamismo della presenza di Dio.
La rivelazione ripete la promessa fatta ad Abramo: Dio si rivela come «il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco».
Anche Giacobbe è erede della promessa, come Isacco (26,34). Dio darà questo luogo a Giacobbe e «la sua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra» (v. 14). Il suo popolo si “estenderà” confermando la sua benedizione che si estende su tutta la sua discendenza (cf Is 54,3; Gen 12,3; 18,18; 22,18; 26,4) in una dimensione cosmica (i quattro angoli della terra: a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno). Nel v. 15 mediante l’uso di verbi di consolazione («Io sono con te / ti farò ritornare / non ti abbandonerò»), Dio promette la sua protezione e il «ritorno in questa terra».
Nei vv. 16-18 si narra la reazione di Giacobbe destatosi dal sonno.
È la consapevolezza della “santità di quel luogo” accompagnata dal timore religioso. Nei vv. 20-22 si introduce il motivo del “voto”, quale conferma dell’alleanza con Dio e richiesta della sua protezione («Il Signore sarà il mio Dio»)7. Giacobbe è chiamato ad uscire dal proprio ambiente per diventare adulto e contrarre matrimonio. Nel fare l’obbedienza, Giacobbe incontra Yhwh che gli appare in sogno. Egli deve cercare se stesso, la sua identità e soprattutto “il luogo” che Dio gli offre per vivere il suo futuro nella volontà celeste. Nell’esperienza notturna del sogno egli è chiamato a vedere «nella notte» e a percepire la presenza di Dio «davanti a lui, mentre domina la scalinata». Segue la conferma del progetto divino: il Signore – in piedi, in cima alla scala – attraverso un oracolo, gli conferma la promessa – il dono della terra ed una discendenza numerosa – e rinnova la benedizione dei padri. Questa promessa benedetta di Dio domanda la risposta della fede. Giacobbe deve trasformare il sogno in realtà, nella consapevolezza che la sua vita appartiene al Signore e che tutti i beni provengono dalle sue mani (Gen 33,1-30).
Nella figura di Giacobbe si conferma la fedeltà di Dio alla sua promessa fatta ad Abramo e alla discendenza.

4. Giuseppe, il «signore dei sogni»
Denominato dai fratelli il «signore dei sogni» (Gen 37,19: ba’al hahalomoth), Giuseppe rappresenta una singolare figura esemplare della narrazione biblica. Il ciclo patriarcale comprendente Gen 37-50 unisce due racconti (la famiglia di Giacobbe e la nazione egiziana) abilmente intrecciati e caratterizzati da uno schema narrativo comune.
In entrambi si presenta una situazione critica a cui segue un prodigioso cambiamento con un’esaltazione del protagonista e un lieto fine. Il racconto della famiglia di Giacobbe in cui sono coinvolti i fratelli maggiori, presenta la crisi che minaccia la rottura dell’unione familiare (Gen 37) a cui seguiranno la caduta (Gen 39) e l’ascesa di Giuseppe (Gen 40-41). Questi, divenuto ministro della corte egiziana, metterà alla prova i suoi fratelli (Gen 42-44) e ripristinerà la pace familiare (Gen 45-47) mediante il perdono e la riconciliazione (Gen 50,15-21).
Ugualmente, il racconto riguardante la nazione egiziana è contrassegnato dalla crisi della corruzione, dell’ingiustizia (Gen 39,7-23) e della carestia (Gen 41,53-57). In questo scenario si assiste alla prodigiosa ascesa al potere del “giusto” Giuseppe, interprete dei sogni del faraone (Gen 40-41), che saprà condurre la politica agricola egiziana (Gen 47,13-26), affrontando e superando saggiamente le difficoltà sociali.
Il racconto genesiaco culmina con l’ultimo atto dell’anziano padre Giacobbe, che prima di morire (Gen 50,22-26) esprime le sue volontà testamentarie (Gen 47,29-48,22) e pronuncia la solenne “benedizione” sui figli con gli oracoli delle tribù (Gen 49).
Presentato come un giovane fedele, casto e abile, Giuseppe vive la propria missione fidandosi della provvidenza divina. Accanto a Giuseppe c’è Yhwh che difende il giusto di fronte alle ingiustizie, soccorre il povero nelle sue necessità, consola l’afflitto, apre nuove strade di luce. La predilezione del padre Giacobbe nei riguardi di Giuseppe è premiata dalla fiducia e dall’autenticità delle relazioni di cui è capace il giovane.
Una delle caratteristiche del racconto è data dalla presenza dei “sogni rivelatori” e dal carisma dell’interpretazione (40,8). La storia si apre con due sogni premonitori, rivelati con tutta semplicità ai fratelli, che «lo odiarono ancora di più» (37,5.8). Lo stesso padre Giacobbe lo rimproverò per aver lasciato intendere la sua superiorità su tutti i membri della famiglia (37,10). Il motivo dei sogni ritorna nella condizione di prigionia che Giuseppe deve affrontare a causa dell’ingiusta accusa mossa dalla moglie di Potifar (Gen 39,11-20). In questo contesto, protetto dalla benevolenza divina (39.21.23), Giuseppe interpreta puntualmente i sogni del coppiere e del panettiere di corte.
Due anni dopo, in occasione di due sogni del faraone (41,1-13: sette vacche grasse/magre; sette spighe piene/vuote), Giuseppe fu ancora convocato al cospetto del re. Il giovane ebreo illumina il cuore del faraone e lo induce a promuoverlo come governatore del popolo, in vista di una necessaria politica agraria, in grado di fronteggiare l’imminente carestia (41,37-57). È lo stesso Giuseppe a riconoscere che il carisma dell’interpretazione dei sogni non viene da lui, ma dalla provvidenza divina (41,16). Laddove maghi, astrologi e saggi della corte egiziana avevano fallito, Giuseppe ha successo e diviene strumento di salvezza per tutto il popolo. Occorre cogliere nel racconto la funzione del sogno in relazione al progetto misterioso di Dio, che sceglie i piccoli e i poveri per testimoniare come la fedeltà e l’amore misericordioso prevalgano sulla logica della vendetta e della morte.
Proseguendo la storia biblica, va ricordata la figura di Salomone, il re sapiente che, nell’intraprendere il governo del regno, domandò ed ottenne da Dio sull’altura di Gabaon «un cuore docile, per rendere giustizia al popolo e saper distinguere il bene dal male» (1Re 3,9).

5. Daniele interprete dei sogni
Un ultimo personaggio anticotestamentario collegato al motivo dei sogni e al carisma dell’interpretazione è Daniele. Nella prima parte del libro (Dn 1-6) vengono presentati due sogni del re Nabucodonosor, che nessun mago o indovino del regno è in grado spiegare. Il contesto è complicato dal decreto del re, che impone la morte di quei maghi e saggi di Babilonia che non sono in grado di rivelare il sogno e il suo significato (Dn 2,12-13). Solo a Daniele e ai suoi compagni (Anania, Misaele e Azaria) è concessa da Dio l’interpretazione, ottenuta mediante una “visione notturna” (Dn 2,19-23). La benedizione che sale al cielo dalla preghiera dei quattro compagni ebrei (2,20-23) conferma che solo a Dio appartengono la sapienza e la potenza e Lui solo «svela cose profonde e occulte e sa quello che è celato nelle tenebre» (Dn 2,21.29).
La spiegazione del primo sogno riguarda la visione della «statua enorme, splendida, terribile, dalla testa d’oro, il petto e le braccia di argento, il ventre e le cosce di bronzo. Le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di argilla» (cf 2,31-33). L’interpretazione «degna di fede» riguarda la successione dei regni, che verranno distrutti finché «il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre» (Dn 2,44).
Il secondo sogno premonitore riguarda la visione di un albero maestoso, la cui cima raggiungeva il cielo ed era visibile fino all’estremità della terra. Esso verrà reciso per l’ordine divino, recato da un vigilante sceso sulla terra: «Tagliate l’albero e troncate i suoi rami: scuotete le foglie, disperdetene i frutti: fuggano le bestie di sotto e gli uccelli dai suoi rami» (4,11). La sorte della sua radice si trasformerà in un essere dal «cuore di bestia», che sarà annullata per sempre dopo un periodo di prigionia. La spiegazione che Daniele fornisce al re culmina in un invito alla conversione e al riconoscimento che ogni regno appartiene al «re del cielo» (4,23).
Il sogno premonitore si trasforma in un ammonimento rivolto a Nabucodonosor: «O re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità» (4,24).
Analogamente alla vicenda di Giuseppe, la missione del saggio Daniele insieme ai suoi compagni, riguarda l’interpretazione “teologica” della storia, che è guidata dall’onnipotenza divina. Il simbolismo apocalittico che caratterizza lo sviluppo del libro di Daniele conferma come i sogni siano strumenti della comunicazione celeste e la loro interpretazione riguarda il compimento del progetto di Dio8.

6. I sogni di Giuseppe di Nazaret
Di grande rilievo risulta la figura di Giuseppe di Nazaret, tratteggiata in Mt 1-2, i cui sogni sono tutti caratterizzati da visioni angeliche9. La dimensione vocazionale che caratterizza il motivo biblico del sogno si esprime con evidenza nella presentazione di Giuseppe, lo sposo di Maria. La condizione della Vergine «incinta per opera dello Spirito Santo» pone il “giusto” Giuseppe in un profondo turbamento per le conseguenze che tale condizione avrebbe potuto avere nei riguardi di Maria «sua sposa» (v. 19). Si possono cogliere diversi elementi dal contesto generale: a) l’amore profondo unito al rispetto per la Vergine Maria da parte di Giuseppe; b) la “giustizia” di Giuseppe e il desiderio di andare “oltre” il dettato della legge mosaica; c) l’apertura al mistero che si stava compiendo nella vita di Maria e nella sua futura famiglia. In tale contesto Giuseppe riceve il primo sogno, attraverso la parola rassicurante dell’angelo (Mt 1,20-21). La sua risposta è la piena obbedienza alla parola divina.
Dal sogno al segno, per vivere il realismo del suo presente: egli è colui che ama di un amore “trascendente” la Vergine Madre. Giuseppe incarna il progetto di Dio su di lui, su Maria e sul bambino che nascerà. Sarà il «salvatore» e porterà a compimento la profezia dell’Emmanuele (cf 1,23; Is 7,14).
Il secondo sogno è menzionato dopo la visita dei Magi, per sottrarre il bambino alla persecuzione di Erode (v. 13). Dio guida la storia della Santa Famiglia affidando a Giuseppe l’incarico di proteggere il bambino e la madre in Egitto, fino alla morte di Erode. Questo secondo sogno si collega alla tradizione genesiaca della vicenda di Giuseppe, il figlio di Giacobbe, che sperimenta la persecuzione e la prigionia in Egitto (la “teologia dell’esodo”: cf Os 11,1).
Gli ultimi due sogni avvengono dopo la morte di Erode. Il primo concerne l’avvertimento rivolto a Giuseppe di riportare Maria e il bambino Gesù in Israele (v. 19), mentre il secondo riguarda l’indicazione di stabilire la loro dimora a Nazaret di Galilea (v. 22). Si ripete il motivo teologico dell’esodo, che pone in risalto il primato di Dio “liberatore”, che protegge e guida verso la terra promessa il suo popolo (cf Es 4,19; Dt 34,10). Mentre il popolo prenderà possesso di tutto il territorio di Israele, Giuseppe, Maria e Gesù abiteranno nell’alta Galilea, a Nazaret, per cui egli verrà denominato «Nazareno» (v. 23). Dio rivela attraverso i sogni il senso della storia della salvezza, di cui la Santa Famiglia è oggetto. In essa si compie il progetto di amore, a cui Giuseppe, mediante un’obbedienza piena di fiducia e di speranza, collabora con tutta la propria esistenza.

Conclusione
Si possono indicare tre aspetti riassuntivi che intersecano la dimensione vocazionale del sogno. Il primo è rappresentato dalla “ricettività” del sogno, che è finalizzata a far comprendere come il protagonista della “rivelazione” misterica è sempre Dio. Il secondo riguarda la relazione tra sogno e scelta di vita. Nei racconti biblici il sogno è collegato alla comprensione di un dialogo fondato sull’amore e sul dono di sé, che implica una risposta libera e personale dell’uomo che si affida al Signore. In tal senso Dio muove i “desideri del cuore” perché il credente aderisca alla Parola rivelata, scegliendo di realizzare la propria vocazione in un progetto più grande. Il terzo è dato dall’apertura verso un futuro di pienezza. Saper sognare è l’arte dei piccoli, la cui innocenza si schiude davanti al mistero “più grande”. Solo chi sa vivere nell’umiltà davanti a Dio saprà, con stupore, condividere il “sogno di Dio” e diventare suo discepolo, come Papa Francesco ricorda: «Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice»10.

 

NOTE
1 Papa Francesco, Il nuovo umanesimo in Cristo Gesù. Discorso del Santo Padre, in “Sognare anche voi questa Chiesa”, Sussidio a cura della segreteria generale della CEI all’indomani del 5° Convegno ecclesiale nazionale (Firenze 9-13 novembre 2015), Roma 2016, 16.
2 Cf S. Cavalletti, Sogno, in Schede Bibliche-Pastorali, II (M-Z), Dehoniane, Bologna 20143, pp. 3370-3378; Sogni, in Le immagini bibliche. Simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, a cura di L. Ryken, J.C. Wilhoit, T. Longman III, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2006, pp. 1346-1351.
3 Visioni notturne: cf Gen 46,2; Gb 4,13; 20,8; 33,15; Is 29,7; sogni durante la notte: Gen 20,3; 21,24; 40,5; 41,11; 1Re 3,5; Gb 33,5; Is 29,7; Dn 7,1-2.
4 Per un approfondimento del tema, cf P.L. Ferrari, Notte, in Dizionario Biblico della Vocazione, a cura di G. De Virgilio, Rogate, Roma 2007, pp. 604-611.
5 Il chiedere un segno, di per sé non è contro la fede, come si vede in Gedeone (cf Gdc 6,14-22.36-40) ed Ezechia (cf 2Re 20,8-11); cf G. von Rad, Genesi. Traduzione e commento (AT 2-4), Paideia, Brescia 1978, pp. 241-247.
6 Per l’approfondimento del tema, cf M. Viterbi Ben Horin, Il sogno di Giacobbe, Borla, Roma 1988.
7 Cf Nm 21,2; Gdc 11,30; 1Sam 1,11; 2Sam 15,7-9.
8 Cf A. Bonora, Daniele, in Schede Bibliche-Pastorali, I (A-L), pp. 804-808; S. Cavalletti, Sogno, op. cit., pp. 3773-3774. La funzione del sogno premonitore è confermata anche all’inizio del libro di Ester, con la menzione del sogno di Mardocheo sul destino del popolo giudaico (cf Est 1,1a-l).
9 In Matteo sono menzionati sei sogni: quattro di Giuseppe (Mt 1,20.24: 2,12.13.19.23), uno dei Magi (Mt 2,12) e uno della moglie di Pilato (Mt 27,19).
10 Papa Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica (14.11.2013), n. 24.