Lo stupore di riconoscere
Quali tappe è chiamato a percorrere chi si avvia lungo il cammino del discernimento?
La proposta del documento di preparazione al Sinodo, ripresa più volte da Papa Francesco, le sintetizza nei tre verbi oramai ben molto conosciuti: riconoscere, interpretare, scegliere.
In ciascuna tappa proposta, interagiscono in maniera dinamica e olistica tutte le facoltà dell’uomo; ma ogni passaggio è segnato in particolare dall’esercizio di una facoltà: memoria, intelletto e volontà.
Questo processo a tappe è presente già nel titolo che Ignazio di Loyola dà alle regole del discernimento, per la prima settimana degli Esercizi Spirituali: «Regole per sentire e riconoscere in qualche modo le varie mozioni che si producono nell’anima, per accogliere le buone e respingere le cattive»
Nella prima tappa del “riconoscere” si impara ad essere consapevoli di ciò che avviene all’infuori di noi e accanto a noi, perché esso incide profondamente sulla propria interiorità.
Così, i dati percepiti sono riportati nel momento presente che ciascuno vive: questo è il tempo di “ricordare per elaborare” ciò che si è vissuto; e un aiuto decisivo viene dalla memoria, non solo intellettuale ma anche affettiva.
E’ cogliere le ispirazioni interiori per identificarle, per dare loro un nome e familiarizzarsi con la loro presenza; per essere consapevoli e non lasciarsi agire da emozioni, pensieri e sensazioni; solo così, nella seconda tappa, si potrà agire su di esse, grazie all’intelletto e alla volontà. Una icona biblica, a noi nota, aiuta a focalizzare questo primo passaggio: il racconto del sogno di Salomone (1 Re 3,1-9).
Salomone è appena succeduto a suo padre Davide; è molto giovane, nulla fa pensare alla sua futura fama e gloria. Sulle alture di Gàbaon il Re offre a Jahvé un immenso sacrificio: mille buoi! Il Signore gli dice in sogno: “Chiedimi ciò che io devo concederti”.
Prima di rispondere ad una simile offerta, vale la pena di rifletterci. Santa Teresa d’Avila scrive che in confronto alla generosità di Dio noi non chiediamo mai abbastanza: “Chiedere ad un Re solo qualche spicciolo… sarebbe come fargli un insulto”. Di fronte a questa magnifica offerta, Salomone chiede semplicemente “lébh shoméá”: “Dammi, o Signore, un cuore che ascolta” (1 Re 3, 9). E’ la sapienza del cuore, capace di riconoscere quello che succede, di vivere la fatica della ricerca e la pazienza della attesa, per dilatare le proprie scelte in un tempo calmo, pacato e forse più vero. [1]
- Il tempo della memoria
“La memoria della maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare”.[2]
E’ una espressione profonda ed incisiva, che la scrittrice Marguerite Yourcenar mette in bocca a Publio Elio Traiano Adriano, imperatore romano del II° secolo, nella lunga lettera di memorie che egli scrive al giovane amico Marco Aurelio.
Uno dei drammi del nostro tempo, presente in tanta parte della letteratura contemporanea, è il vuoto disorientante del non sapere più chi siamo, dove andiamo, perché lo facciamo; il filosofo Martin Heidegger definisce tutto questo lo “spaesamento” dell’essere (Unheimlichkeit).[3]
Ciò comporta una diffusa amnesia, vissuta come frattura e dissociazione in vari ambiti della vita stessa: tra il pensare e il sentire; tra aspetti di vita rigidamente separati fra loro e percepiti come compartimenti stagni; tra l’io e gli altri; tra la propria storia personale e la tradizione in cui ogni vita affonda le proprie radici. [4]
Il primo a teorizzare l’importanza di un “tempo della memoria”, che contrastava con la dimensione puramente quantitativa del tempo, è stato il filosofo Henry L.Bergson. [5]
Lo stesso Bergson, tuttavia, si ispira ad uno dei più grandi filosofi e scrittori della tarda latinità: Agostino di Ippona. E’ Agostino ad indicare nella interiorità del cuore la via più preziosa e diretta per accedere ed elaborare la realtà del tempo.
“È in te, spirito mio, che misuro il tempo. Non strepitare contro di me: è così; non strepitare contro di te per colpa delle tue impressioni, che ti turbano. È in te, lo ripeto, che misuro il tempo”. [6]
Il “riconoscere” porta a scandagliare la sorgente fresca e profonda delle proprie radici, per ritrovare la forza e la spinta del dinamismo generativo della profezia.
In ognuno di noi c’è un patrimonio di cammino, di esperienze e di impegno ricco di umanità, passione e dedizione da assumere ed elaborare.
Una immagine può rendere bene questa esperienza: Bernardette Soubirous, a Lourdes, chiede alla sua Signora dove si trovi l’acqua della sorgente, che lei non riesce a vedere. La Madonna le risponde con una sola parola: “Scava”!
E’ un invito importante da far risuonare nel proprio cammino di vita: “Scava, dentro di te e nelle radici della tua storia, senza nostalgie, ma con il desiderio di far emergere tutto il bene che è stato seminato”.
La sapienza del cuore è l’arte dello scriba descritto in Mt 13,52: “Egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Con una consapevolezza: non è semplice accostare la realtà misteriosamente e abissalmente profonda del cuore umano; il rischio che si corre è di cercare all’infinito, come ciechi che brancolano in una “selva oscura”.
Oggi c’è un grande bisogno di “logos”, che possa intercettare e proporre vie di significato vero e profondo per la vita; senza di esso non è possibile una esistenza unificata e armonica. E nella ricerca del “logos”, del senso di vita, ognuno segue una strada unica e irrepetibile, spesso sofferta, confusa e tortuosa.
Una sofferenza che è acuita dalla amnesia della dimensione del “mistero”, definita da Paul Ricoeur “la dimenticanza della profondità dell’essere”. [7]
Il tempo della memoria porta a chiedersi: «A che scopo sto facendo questo?» La risposta più opportuna dovrebbe essere: «Non per me!». Comincio da me stesso ma non finisco su me stesso; sono il punto di partenza ma non sono la meta di arrivo; ho consapevolezza di quello che sono, con il mio carico di fragilità e di desideri, ma non vivo costantemente preoccupato di me stesso.
Attingendo ancora al romanzo “Memorie di Adriano”, per la nostra vita è essenziale “costruire i granai della memoria, per ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”. [8]
- Il tempo della fragilità
Riconoscere le “zone d’ombra” della propria vita significa esplorarle e portarle alla luce per essere accettate e riconciliate.
Nel Vangelo di Giovanni (6,51-58), Gesù si presenta come il “pane della vita”. La reazione della gente, oltre che dei suoi discepoli, è di sconcerto e di rifiuto.
La risposta di Gesù è quasi una pretesa eccessiva e disorientante: “Sono io che vi faccio vivere!”. Gesù non dice: «Prendete di me la mia sapienza». Non dice: «Bevete la mia innocenza, mangiate la mia santità, la parte più sublime che è in me». Dice invece: «Prendete la fragilità, la debolezza, la precarietà, il dolore, l’intensità di questa mia vita».
Questo è Gesù: un Dio che conosce i sentimenti del cuore umano, la paura e il desiderio; che ha pianto e ha gridato i suoi sentimenti al cielo. [9]
E’ quasi un Dio minore, ma è solo diventando figli di questo Dio minore che egli diventa il «mio e nostro» Signore. Non si può giungere alla divinità di Cristo se non passando per la sua umanità, la carne e il sangue, mani che impastano la polvere e saliva messa sugli occhi del cieco; lacrime per l’amico Lazzaro; i piedi bagnati di nardo, la casa che si riempie di profumo e di amicizia, e la croce di sangue
2.1 Fiducia o sfiducia in noi stessi
L’uomo è un essere in ricerca con un punto di domanda piantato nel cuore; per questo dovremmo chiederci, con verità: “Chi sono io veramente? Dove sto andando con la mia esistenza?”.
Non scappare da queste domande richiede il coraggio di guardarci dentro e soprattutto di imparare a comprendere la effettiva consistenza della stima di noi stessi, della fiducia o della sfiducia. [10]
Nella vita si può correre il rischio di perpetuare la dinamica infantile della onnipotenza costruendo un monumento perenne al proprio orgoglio; può essere utile ricordare il racconto biblico della “torre di Babele” (Gen 11,1-9).
Ricorrendo ad una famosa immagine cinematografica, ci si può percepire come una sorta di Titanic, il grande transatlantico ritenuto inaffondabile, che durante il viaggio inaugurale nella notte tra il 14 e 15 aprile 1912, entrò in collisione con un iceberg e affondò inesorabilmente nell’abisso del mare, con il suo triste carico di storie umane dolorosamente infrante.
Ci sono persone che sono altrettanti “Titanic” di orgoglio, che la vista stessa provvede ad affondare. E ci sono altre persone che vivono nei confronti di se stessi una percezione profonda di disistima e svalutazione, che impedisce una giusta percezione della realtà e inquina le relazioni, generando delusione, frustrazione e costante auto accusa.
Una corretta stima di sé passa attraverso la rilettura degli eventi interiori e della propria storia relazionale, per comprenderne potenzialità e limiti, valorizzando gli uni e integrando gli altri, senza inutili ritorsioni contro sé stessi.
2.2I blocchi del cuore
Oltre alla malattia fisica c’è un tipo di sofferenza che ci fa sentire impotenti: sono le paure e i blocchi interiori, le paralisi del cuore e della volontà, quando tutto di noi invoca serenità e pace, mentre siamo avvolti dalla incertezza, dall’inquietudine e dal buio.[11]
Sono molte le persone che, sentendosi paralizzate e bloccate, non riescono ad uscire da sé stesse e soffrono di inibizioni e insicurezze. Gesù, prima di guarire il paralitico gli perdona i peccati (Mc 2,1-12).
La prima cosa da fare è cambiare l’atteggiamento dello spirito. Sono le false aspettative a causare, spesso, le nostre insicurezze: vorremmo essere perfetti e questo genera una profonda paura di fallire. Occorre imparare a sillabare in modo nuovo i presupposti fondamentali della vita, soprattutto la nostra creaturalità e fragilità.
Ci sono in noi delle leggi mortifere che spengono la fiducia in sé stessi, come quando i giudei dicono a Pilato: “Noi abbiamo una legge e in base a questa legge lui deve morire” (Gv 19,7).
Il paralitico non capisce se è davvero guarito, tuttavia ha il coraggio di alzarsi; si relaziona in modo diverso con la sua paralisi, confidando soprattutto sulla parola di Gesù che lo perdona prima di guarirlo. Possiamo continuare a convivere con le nostre inibizioni e insicurezze, attraversando la vita in loro compagnia: questa è la vera guarigione.
E’ la nostra visione della vita che va messa in discussione, convivendo con le debolezze e portando il proprio lettino sotto braccio.
La vera cura di noi stessi avviene nell’incoraggiamento a rialzarci, nel liberarci dall’illusione del perfezionismo, nel togliere il cartello “divieto di accesso” a tutto ciò che ci rende paurosi ed insicuri.
“Nei momenti in cui dubbi e paure affollano il vostro cuore, si rende necessario il discernimento. Esso ci consente di mettere ordine nella confusione dei nostri pensieri e sentimenti, per agire in modo giusto e prudente” [12]
Quanto viene proposto per la vita di un giovane, è altrettanto importante per la vita degli adulti, per sbloccare resistenze e timori che generano immobilismo e difesa dello “status quo”.
Papa Francesco suggerisce anche il cammino da compiere: il passo essenziale per superare le paure consiste nell’identificarle con chiarezza; è necessario guardarsi dentro e dar loro un nome, chiedendosi: “Nella situazione concreta che sto vivendo, che cosa temo di più? Che cosa mi blocca e mi impedisce di andare avanti? Perché non ho il coraggio di fare le scelte importanti che dovrei fare?”
“Non abbiate timore di guardare con onestà alle vostre paure, riconoscerle per quello che sono e fare i conti con esse. La Bibbia non nega il sentimento umano della paura né i tanti motivi che possono provocarla” (…) Bisogna reagire! Mai chiudersi!” [13]
- Il tempo delle scelte
Vivere una scelta di vita, ancor più se in prospettiva vocazionale, presuppone una dedizione che impegna la vita in maniera stabile e radicale. Essa si snoda attraverso tappe che non possono essere bruciate, né alcuna di esse può divenire l’ultima e la definitiva.
Sono molti coloro che hanno perso il senso della propria vita come appello e chiamata; non portano in sé una progettualità che li porti a cercare e a trovare in quanto dicono e fanno il gusto dell’esistere.
La mancanza dichiarata o tacita di una progettualità di vita porta a forme di pura rassegnazione o di fatalismo pessimistico; di attività frenetica, disordinata, caotica che altro non è se non la compensazione di un vuoto interiore.
Ci sono dei motivi sul perché è così difficile scegliere.
- Le troppe alternative: quando si hanno a disposizione varie opzioni tra cui scegliere, la mente va in confusione; c’è un eccesso di informazioni e una mancanza di criteri chiari su cui valutare ogni opzione.
- Il perfezionismo: spesso si è troppo esigenti con se stessi e ci si impone di dover fare sempre la scelta migliore, temendo di sbagliare. Si finisce così con l’evitare di prendere decisioni, per non commettere errori e per il timore di non essere all’altezza.
- L’eccesso di razionalismo: se si fondano le proprie scelte esclusivamente su ragionamenti razionali, si soffocano le emozioni, che sono parte integrante del nostro essere. In questo modo si perdono informazioni preziose su noi stessi e sul mondo che ci circonda.
- L’eccesso di emotività: se da un lato basare le proprie scelte esclusivamente su calcoli razionali è limitante, allo stesso modo potrebbe essere controproducente affidarsi solo alle proprie emozioni, che per natura, sono mutevoli.
- Il dare troppo peso alle conseguenze: ogni scelta ha innegabilmente un effetto sulla nostra vita. Se è vero che nessuna scelta va presa con leggerezza, è pur vero che non bisogna dare troppo peso all’impatto di una singola scelta sulla nostra vita. Non sempre le scelte compiute sono irreversibili. Per quanto possa essere difficile, esiste sempre la possibilità di fermarsi, cambiare strada o intraprenderne una nuova.
- Il tempo del desiderio
«Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (Lc 12,34). “Il cuore che desidera. Ma tutti noi abbiamo un desiderio. La povera gente è quella che non ha desiderio; il desiderio di andare avanti, verso l’orizzonte; e per noi cristiani questo orizzonte è l’incontro con Gesù, l’incontro proprio con Lui, che è la nostra vita, la nostra gioia, quello che ci fa felici”.[14]
Il tema dei sogni e dei desideri è un filone costante nelle riflessioni di Papa Francesco, in particolare quando, rivolgendosi ai giovani, li stimola ad abitare il presente, a non lasciarsi rubare il futuro e la speranza, nella ricerca di bene e di felicità insita nel cuore umano.
Il desiderio è profondamente radicato nell’essere umano, e lo spinge con forza al di là di se stesso. Diviene appello all’altro, invocazione dell’altro, preghiera e vocazione.
«La vita umana è vita che si rivolge all’altro».[15]
Come imparare a percorrere i sentieri del desiderio?
Una prima indicazione ce la dona il brano del vangelo di Marco (10,17-30), conosciuto come l’incontro di Gesù con il giovane ricco; in verità, il vangelo parla solo di “un tale”, un uomo ricco, senza nome, che corre incontro a Gesù.
“ Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10,17)”.
Gesù lo guarda diritto negli occhi e vede che è un cercatore di vita. Gli vuole subito bene perché comprende la sua insoddisfazione profonda, che è fame e sete di altro. Chi ha sempre compiuto il proprio dovere dovrebbe sentirsi a posto, ma non è così. E’ una inquietudine profonda che lo pervade, un desiderio di “andare oltre”, che non nasce dagli errori commessi, ma da ciò che non si è osato cercare e dall’audacia che è venuta a mancare.
Gesù è il vero maestro del desiderio, colui che insegna ad «amare quelle assenze che ci fanno vivere»[16]; noi viviamo di assenze, di desideri, di vocazione, di ciò che ancora manca, non di cose già fatte.
Una seconda suggestione ci porta a percorrere un cammino di rivisitazione del desiderio, per tornare a viverlo come pulsione positiva e come espressione della nostra voglia di volare alto.[17]
E’ un appello a ritrovare lo slancio e la creatività per essere amanti del positivo, immaginando nuovi sentieri di vita tra sogni e desideri, ricerca di felicità e scelte di vocazione. La cultura attuale presenta estremamente povera di capacità progettuale, che immagini la vita come un “cammino verso una meta”. Occorre liberare i sogni e i desideri assopiti in noi.
“Come i semi che sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera. Fidatevi dei vostri sogni, perché in essi è nascosto il passaggio verso l’eternità”.[18]
Teilhard De Chardin evoca tre atteggiamenti che possono creare blocco o resistenza nello sviluppo di una pedagogia del desiderio e contro i quali occorre reagire.[19]
- La tendenza al minimo sforzo, che crea una situazione di stand-by e ricerca nella agitazione esterna il rinnovamento della propria esistenza, in uno sforzo frenetico di perfezionismo.
- La tendenza all’egoismo, che spinge a rinchiudersi in se stessi o a riportare gli altri sotto il proprio controllo: una modalità di relazione negativa e sterile tesa più al possesso che al dono.
- La tendenza all’autoreferenzialità, che impedisce un compimento felice della propria esistenza. La vera gioia sgorga dal far germogliare e crescere più umanità attorno a noi, aggiungendo un nostro piccolo punto di ricamo al già grande e magnifico ordito della vita: «È in una profonda e istintiva unione con la corrente totale della Vita che sta la maggiore di tutte le gioie»[20].
- Il tempo dello stupore grato
Imparare a “riconoscere” ci permette di riemergere da uno stato di letargo che ci avvolge e ci imprigiona, per riappropriarci di istanti significativi del proprio vissuto. Questo genera stupore e riconoscenza.
Tornano a stupirci la morte e la vita, le passioni e i desideri, i tradimenti e l’amore, l’avventura e il coraggio, l’indifferenza e la curiosità, la guerra e la pace, l’odio, la violenza e i gesti di bontà, che spesso sono facilmente dimenticati o accantonati.
Luca Goldoni, a proposito dello stupore, scrive: “La ragione ci porta fino ai piedi di un muro, ma poi ci lascia lì. Credo che l’ultima risorsa sia lo stupore; non bisognerebbe stancarsi mai di provare un attimo di sbalordimento di fronte a quelle cose che ci appaiono ovvie: il suono della propria voce, la venatura di una foglia, le stelle che cadono la notte di San Lorenzo”. [21]
Ci si può stupire di fronte ad imprese straordinarie o a situazioni eclatanti, ma si può rimanere commossi e meravigliati anche di fronte ad eventi di straordinaria quotidianità.
Vedere una persona che sa sopportare con pazienza la sua malattia o sofferenza, e con un grazie semplice e delicato ricambia quel poco di attenzione che le è stato donato, fa sgorgare nel cuore uno stupore sacro.
Incontrare qualcuno che di fronte ad una necessità si rende disponibile, senza “se” e senza “ma”, ci permette di intuire che l’amore non mette limiti all’amore. Questa è la scintilla che accende in noi una meraviglia grata.
Nei giovani, spesso così bistrattati dall’epidemia di sondaggi mirati a darci di loro un’immagine scialba e parziale, come non riconoscere la freschezza e la bellezza di una solidarietà capace di coinvolgersi e di sporcarsi le mani?
Alda Merini esprime bene tutto ciò: “La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori”[22].
Lo stupore come la bellezza non hanno bisogno di prove o di ragionamenti; hanno solo bisogno di essere vissuti con coraggio e verità. In ciascuno di noi c’è un bambino stupito e meravigliato da accettare, amare e di cui prendersi cura.
Se poteste mantenere la meraviglia del vostro cuore dinanzi ai miracoli quotidiani della vita, il vostro dolore non sembrerà meno meraviglioso della vostra gioia”
(Khalil Gibran)
[1] Cfr. Loris Piorar, Riconoscere, interpretare e scegliere. Le tappe del discernimento, La Rivista del Clero Italiano, 5/2017, pp. 378-388.
[2] Marguerite Yourcenar, pseudonimo di Marguerite Cleenewerck de Crayencour (1903-1987), scrittrice francese. Memorie di Adriano. Seguite dai taccuini di appunti, ed. Einaudi, Torino 2005;
[3] Martin Heidegger, Essere e tempo (traduzione di P. Chiodi), ed. Longanesi, Milano 2005;
[4] Su questo aspetto è utile l’analisi sulla “condizione sull’uomo nucleare” proposta in H.J.M. Nouwen, Il guaritore ferito, Queriniana, Brescia 1982; pp. 9-20;
[5] Henri- Louis Bergson (1859- 1951) materia e memoria. Saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito, Laterza, Bari 2009.
[6] S. Agostino, Le Confessioni, XI, 27, 36.
[7] Cfr Franco Imoda, Sviluppo umano, Psicologia e Mistero, Piemme, Casale Monferrato 1993; pp. 17-37;
[8] Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, ed. Einaudi, Torino 2005;
[9] Ermes Ronchi, Il canto del pane, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2011 (5 ed.)
[10] Cfr. Anselm Grün, Autostima e accettazione dell’ombra. Come ritrovare la fiducia in se stessi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, (5 ed.)
[11] Cfr. Anselm Grün, Lottare e amare. Come gli uomini possono ritrovare se stessi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011, (3 ed.)
[12] Papa Francesco, Messaggio GMG 2018
[13] Papa Francesco, Messaggio GMG 2018
[14] Papa Francesco, Angelus, 11 agosto 2013.
[15] Massimo Recalcati, La forza del desiderio, Qiqajon, Magnano 2014.
[16] Rainer Maria Rilke, (1875 – 1926) è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema. È considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX° secolo.
[17] Massimo Recalcati, Ritratti del desiderio, Ed. Cortina Raffaello, Milano 2012.
[18] Khalil Gibran (1883 – 1931) è stato un poeta e pittore naturalizzato statunitense. Fra le opere più note: Il Profeta e Massime spirituali.
[19] Pierre Teilhard De Chardin, Sulla felicità, Queriniana Brescia 1990, 20136;
[20] Bertrand Arthur William Russell (1872 – 1979), è stato un filosofo, logico, matematico, attivista e saggista gallese. Fu anche un autorevole esponente del movimento pacifista e un divulgatore della filosofia.
[21] Luca Goldoni, Vita da bestie, Rizzoli, Milano 1998;
[22] Alda Merini, Corpo d’amore; un incontro con Gesù, Frassinelli – Sperling & Kupfer Editori, Segrate (MI) 2001