L’altro parte di te stesso
San Benedetto stimola i fratelli ad amarsi con cuore casto, ossia con un cuore libero e disinteressato, per amore e soltanto per amore, perché il Signore ama il mio fratello, la mia sorella, come ama me. Dobbiamo alla presenza del Signore comportarci come suoi veri figli riconoscendo gli altri nostri fratelli e amandoli con disinteresse e gratuità, con un amore sincero e non solo perché ci sono simpatici o ne abbiamo un qualche vantaggio. In ogni situazione siamo dunque invitati a non giudicarci ma ad accoglierci vicendevolmente amando tutti e abbracciando tutti nello stesso amore, che è Cristo.
Le tensioni, le guerre, le violenze, le lotte che ci sono in ogni parte del mondo derivano dal fatto che l’uno non considera l’altro parte di se stesso e come se stesso, e anziché vivere per gli altri si vive per se stessi. Questo significa però condannarsi alla solitudine, alla chiusura del cuore e anche della mente; senza condividere, né ricevere né dare, la vita è morte. Il regno di Dio [invece] si compie cercando sempre di più di fare comunione, di avere «un cuore solo e un’anima sola». Il Signore ci dice che la veridicità dell’amore verso di lui è comprovata dall’amore e dall’attenzione verso il fratello, senza fare discriminazioni, perché in tutti il Signore si è identificato. Allora è osservata la legge dell’amore, e si manifesta attraverso i gesti che dimostrano in concreto – e non solo nella teoria e nei vaghi sentimenti – la capacità di accettare i fratelli e le sorelle così come sono.
Vi è sempre l’esigenza di accogliersi, di perdonarsi, di scusarsi, di non serbare rancore, di non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a noi. E soprattutto si richiede che il nostro modo di vivere e di fare il bene sia sincero, fatto con il cuore.
(Anna Maria Cànopi, L’amore che chiama, EDB, Bologna 2017, 171-173, passim)
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