Il volto di Maria bellezza e misericordia
I colori della "chiamata"
Testo biblico (Lc 1,39-56)
“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
§ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre”.
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.“
L’artista
Sandro Filipepi, detto il Botticelli, nasce a Firenze nel 1445 da Mariano Filipepi – conciatore di cuoio e pellami – e da Monna Smeralda, sua moglie. Ultimo di quattro figli, abita in una casa in affitto vicino alla chiesa di Ognissanti, insieme ai fratelli Giovanni, Simone, che diventerà seguace di Savonarola, e Antonio, orafo, detto “Batticello” o “Battiloro” da cui deriva il soprannome che sarà poi adottato da tutti i fratelli.
Sandro svolge l’apprendistato presso la bottega di un orafo come fecero all’inizio altri giovani artisti, come Ghiberti, Pollaiolo, Della Robbia. Un tirocinio che aveva lo scopo di formare i giovani pittori alla accuratezza e alla precisione del dettaglio decorativo.
Dal 1464, per circa quattro anni, lavora presso Frà Filippo Lippi uno dei più importanti artisti del periodo al quale la famiglia Medici commissionava molte opere. L’influenza di Frà Lippi si evidenzia nell’uso della prospettiva e nella cura dei dettagli che Botticelli riesce a esprimere in modo mirabile. Sono di questo periodo alcuni dipinti su tavola, di piccole dimensioni, a soggetto religioso, soprattutto di Madonne con il bambino e angeli.
Nel 1470, all’età di venticinque anni, apre una bottega. Gode dei favori e dell’appoggio della famiglia Medici da cui riceve importanti commesse; tra le tante opere realizza il ritratto di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo. La sua intelligenza, il suo spirito, la sua curiosità intellettuale gli procurano molti consensi anche se il suo carattere e la mancanza di disciplina lo portano a contraddizioni e ripensamenti riscontrabili anche nei dipinti stessi oggetto di continue correzioni e modifiche.
A partire dal 1478 su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco, giovane cugino di Lorenzo il Magnifico affetto spesso da crisi depressive, Botticelli dipinge due capolavori: La nascita di Venere e L’allegoria della Primavera, risultati del clima culturale e delle idee neoplatoniche che si respiravano presso la corte Medicea. Questi dipinti, che rappresentano leggende dell’antichità greca e romana, vengono posti nella residenza del giovane Lorenzo e pare che avessero su di lui, affetto da depressione, un effetto terapeutico. I due capolavori sono il simbolo della più raffinata ed elegante produzione artistica della Firenze del Quattrocento; rappresentano il frutto della ricerca di una bellezza e di una grazia assolute, universali, che nella straordinaria qualità dell’esecuzione fanno apparire i personaggi simili a modelli di un mondo ideale, lontano dalle rappresentazioni terrene. Nei suoi dipinti Botticelli privilegia la figura umana e mette in secondo ordine l’ambiente, gli sfondi, che risultano comunque di grande qualità. Il suo stile, caratterizzato da una pittura raffinata ed elegante, si evidenzia nella descrizione di figure femminili e accanto a una bellezza senza tempo si può intuire un modo diverso di percepire la realtà, sottilmente velata di malinconia.
Il 1481 è l’anno della sua permanenza a Roma per decorare la cappella Sistina insieme ad altri artisti del tempo, tra cui il Perugino, il Ghirlandaio e il Signorelli. È questo il periodo in cui Botticelli elabora un proprio linguaggio che lo porterà a uno stile di pittura più semplice con una maggiore potenza dei colori e senza decorazioni e dettagli; le composizioni si semplificano e si orientano sempre più sul tema religioso e devozionale.
Nel 1492 la morte di Lorenzo il Magnifico segna la fine del governo e degli ideali dei Medici a Firenze. In questo contesto la vita artistica di Botticelli, come quella di tanti altri pittori, incontra difficoltà ed è costretto a profondi cambiamenti anche a causa delle richieste di rinnovamento e moralizzazione che venivano dal movimento di Frà Girolamo Savonarola. Oltre alle scelte formali, come la semplificazione della composizione, nell’opera di Botticelli si osserva un mutamento totale influenzato dal nuovo clima; i temi mitologici vengono abbandonati per dedicarsi all’arte sacra. Alcune sue prime opere, ritenute sacrileghe, vengono arse nei roghi chiamati falò delle vanità. Diceva Savonarola: «Voi farete bene a scancellare queste figure che sono dipinte così disonestamente».
Nei primi anni del Cinquecento l’avvento e il successo di giovani artisti come Michelangelo e Leonardo mettono in ombra la figura di Botticelli che, solo e ridotto in miseria, muore il 17 maggio 1510. Era talmente povero che il fratello Simone e suo nipote rinunciarono alla sua eredità a causa dei troppi debiti.
L’opera
Per poter comprendere il significato di quest’opera bisogna far riferimento al Vangelo di Luca (1,39-56). Botticelli non ha voluto raffigurare il momento dell’incontro di Maria con sua cugina Elisabetta o il momento in cui Maria innalza a Dio il canto del Magnificat; ha scelto un momento successivo alla nascita di Gesù bambino. Mi piace interpretare in questo modo l’intuizione dell’artista: Maria può vedere, sperimentare, stringere a sé il frutto dell’annuncio dell’angelo e sente il bisogno di porre per iscritto il suo canto di lode (scrive il Magnificat mesi dopo il suo canto).
Anche gli evangelisti sentirono il bisogno di mettere per iscritto la storia di Gesù, per narrarla a tutti ed è grazie a loro che si è diffusa nel mondo. Così Botticelli ha voluto che Maria stessa riportasse per iscritto il canto innalzato a Dio per fissare ogni singola parola di questo cantico. Guardando e contemplando il quadro possiamo sentire le parole di lode bisbigliate, quasi sussurrate.
Il fatto che questa tavola sia un tondo è molto significativo: i cerchi rappresentano il ciclo di vita, morte e vita dopo la morte. Questo dipinto sembra voler essere un riferimento al ciclo della vita di Gesù e dell’uomo, secondo la Bibbia. La forma circolare era anche tipica di dipinti che venivano messi nelle pareti delle camere da letto o nelle anticamere per devozione.
Era consuetudine del tempo includere nelle opere la figura del committente, Piero de’ Medici, rappresentato sulla sinistra come un angelo dalla veste rossa. In questa piccola opera Botticelli è stato abile a inserire anche i suoi famigliari. La moglie Lucrezia è Maria, Lorenzo il Magnifico è il giovane con il calamaio ed è accanto a suo fratello Giuliano. Dietro a Maria, le due sorelle maggiori, Nannina a destra e Bianca a sinistra sorreggono la corona. Il bambino è la piccola figlia di Lorenzo, Lucrezia. La composizione ebbe un enorme successo; ci sono giunti cinque dipinti con lo stesso tema, opera degli aiutanti di bottega del maestro, a testimonianza della fama e della notorietà di cui godeva.
Si riconosce l’impronta della formazione avuta da Frà Filippo Lippi: l’eleganza ricercata, i particolari di tessuti e abiti, i colori brillanti, la preziosità, la lucentezza e la quantità degli ori; dalla doratura della corona dei raggi alle bordure dei veli.
In questo tondo Botticelli ha raggiunto un raffinato e irraggiungibile tono aristocratico, in particolar modo nella linearità del disegno.
L’originalità di quest’opera risiede nell’aver unito lo spiritualismo cristiano con il naturalismo classico: alla perfetta bellezza di Maria si aggiunge quella velata malinconia, quella dolcezza malinconica che sulla scia delle suggestioni rimanda a temi culturali cari alla cultura neoplatonica.
Osserviamo da vicino i personaggi.
Maria
Maria è il personaggio centrale che domina lo spazio di questo tondo.
Ciò che colpisce di Maria è la compostezza, l’equilibrio, l’armonia; la sua è una presenza discreta, silenziosa, meditativa, che non si impone.
Maria è una giovane donna. La bellezza del suo volto, lo sguardo, i lineamenti delicati, i capelli, il velo, tutto fa trasparire una bellezza serena, ultraterrena, celestiale, principio e simbolo di una bellezza universale. Maria è incoronata da due angeli, il suo corpo è incorniciato da veli trasparenti, i capelli di seta si intrecciano con la sciarpa avvolta intorno al collo e il suo corpo è coperto di stoffe preziose.
Il suo sguardo cerca l’incontro nello sguardo del figlio. I suoi occhi sono socchiusi; sono occhi che si desiderano: è un dialogo d’amore tra Maria e Gesù, una sottile intesa tra i due, una complicità unica quella di una mamma con il suo bambino.
Gesù
Gesù è un bambino come tanti. Roseo e paffutello, come tutti i bambini afferra ogni cosa. Con la mano sinistra tiene una melagrana, preannuncio del suo futuro di passione. Maria sorregge il frutto per non farlo cadere, sembra che voglia toglierlo dalla manina di Gesù quasi ad allontanare quella profezia così nefasta. Dal suo volto traspare quella malinconia che è caratteristica dell’artista.
L’altra mano sembra guidare quella della Vergine nella scrittura del Magnificat; è una mano che asseconda e contemporaneamente indica la via a ciò che sta facendo Maria.
Le mani
Le mani in questa tavola hanno un ruolo dominante, è il caso di dire che queste mani dialogano tra loro; nel silenzio delle parole le mani traducono un linguaggio molto eloquente e in questo caso contribuiscono a sottolineare ancor di più il legame tra Maria e il bambino.
Maria sente il bisogno di mettere per iscritto l’esperienza di tanta misericordia. Ora contempla il frutto della Misericordia del Padre, Gesù che è offerto per la salvezza di tutti gli uomini.
Guardate con quanta delicatezza Maria intinge la penna nel calamaio, le sue dita, l’armonia del gesto, ci piace pensare che (in questo momento) stia scrivendo il passo del Magnificat che elogia Dio per la sua misericordia. Botticelli ha fermato questo momento; una istantanea, Maria scrive, fa memoria della sua esperienza di abbandono e di fiducia, lei, che per prima ha sperimentato su di sé la misericordia del Padre, ora con questo scritto la offre al mondo, perché ognuno possa conoscerla.
La melagrana
La melagrana è un frutto dalla scorza dura che racchiude in sé numerosi chicchi, è un frutto dai molteplici significati e si presta a diverse interpretazioni: dapprima simbolo di prosperità e fertilità, nel Medioevo iniziò a comparire in molti dipinti di arte sacra come simbolo della passione e risurrezione di Cristo. La melagrana tenuta in mano da Maria e da Gesù bambino assume il doppio significato di castità, purezza e risurrezione.
L’oro
Di questo dipinto stupisce particolarmente l’uso fatto dell’oro: nella corona della vergine, nei raggi del cerchio (in alto, al centro), nelle aureole, nei veli, nei capelli. Botticelli ha voluto privilegiare Maria di tanto oro. Nell’iconografia medievale l’oro aveva un valore particolare perché conferiva al dipinto un “potere religioso”, rappresentava la presenza stessa di Dio.
Il libro
Un libro aperto: da una parte c’è il Benedictus di Zaccaria, dall’altra il Magnificat di Maria, ancora incompleto. Maria intinge il pennino nel calamaio (forse non esiste un’altra Madonna intenta a scrivere come questa di Botticelli). Pensa e scrive le parole del canto: «Eterna è la sua misericordia».
Gli angeli
Dalle radiografie fatte al dipinto sappiamo che l’artista ha più volte ritoccato il disegno iniziale per fare spazio ai due angeli. In particolare alle mani dei due angeli che sorreggono la corona sul capo di Maria. Una corona di stelle, con un velo trasparente ricamato oro, sembra sospesa, appena sfiorata con i due angeli che non osano toccarla. Al di sopra della corona, lo Spirito Santo irradia i propri raggi dorati. Come mai gli angeli incoronano Maria? Nell’iconografia classica Maria, assunta in cielo, è incoronata da Dio o da Gesù Cristo. Ancora una volta Botticelli rompe gli schemi e la ritrae incoronata da due angeli, quasi una prefigurazione, un anticipo di ciò che sarà in cielo. Per comprendere questo gesto dobbiamo capire il senso dell’incoronazione. È regina perché diventa mediatrice impresso Dio, madre di misericordia, che invita ciascuno di noi ad accogliere la sua presenza come madre del Signore, legame tra la nostra debolezza e la misericordia divina.
Due angeli sorreggono il libro e un altro angelo, in piedi con la veste rossa, sembra presentarli; il suo è un gesto di incoraggiamento e, allo stesso tempo, di protezione e intercessione presso Maria. Notiamo la straordinaria bellezza dei volti che esprimono una perfetta armonia, tema ricorrente nella produzione artistica di Botticelli.
Il paesaggio
Lo sfondo del quadro si apre in un paesaggio, dalla finestra possiamo vedere uno scorcio tipico dei Paesi Bassi. Nel XV secolo i rapporti commerciali tra queste regioni del Nord Europa e l’Italia erano intensi: i commercianti con i loro viaggi avevano reso possibile uno scambio di culture, di tradizioni che aveva portato anche a una circolazione di artisti, delle loro opere e delle loro idee. Questa finestra che si apre al mondo vuole dire che il Magnificat di Maria è un canto di liberazione, è uno scritto che percorrerà le valli, le montagne, navigherà i fiumi, supererà ogni limite per giungere ai confini del mondo perché non è solo l’esperienza di Maria, ma di ogni uomo.
Approccio vocazionale
Il Magnificat tra canto e scrittura
I significati della scrittura nell’esperienza vocazionale
Nel suo vangelo Luca narra il canto del Magnificat. Con questo scritto Maria diventa esempio e modello, punto di riferimento per ogni vocazione. Papa Francesco ci invita a fare nostro l’atteggia-mento di Maria, a rileggere e contemplare con il suo sguardo la storia della sua e della nostra vocazione. A Botticelli non interessa riportare sulla tavola l’incontro tra Maria ed Elisabetta, lui ha voluto raffigurare insieme Maria e Gesù, l’accettazione e il compimento dell’annuncio dell’angelo, il Figlio di Dio, frutto della misericordia.
L’artista ora ritrae Maria mentre mette per iscritto la propria storia.
Ci piace sostare sul versetto che cita «ricordandosi della sua misericordia»: Maria, volto della misericordia, porta Dio nel proprio cuore, lo accoglie tra le sue braccia, comprende la grandezza di ciò che il Signore compie in lei, rendendola partecipe del suo progetto.
E invita ciascuno di noi a scrivere il Magnificat, a riconoscerlo presente nella nostra storia.
Quest’opera è un invito ad approfondire un aspetto importante nel discernimento vocazionale, lo spunto per rileggere nella propria storia ciò che Dio opera e ha operato nella vita di ciascuno di noi e, perché no, a scrivere a noi stessi e agli altri e a vivere su di noi lo sguardo della sua misericordia.
Perché c’è bisogno di mettere per iscritto esperienze, gli eventi della propria vita personale?
Per noi stessi, per dare un nome ai nostri sentimenti (ciò a cui possiamo dare un nome, delimitandolo in qualche modo, fa meno paura) e per farne memoria nei momenti di stanchezza, di dubbio, di solitudine, di abbandono, ma anche e soprattutto per “magnificare” nel senso di magnum facere (rendere grande) Dio per tutte le cose belle che opera nella nostra vita, della misericordia su di noi.
Lo scritto diventa un interlocutore che ci aiuta a far memoria di un incontro; mi piace pensare la scrittura come “mezzo” di guarigione, di liberazione, un modo per guardare le proprie emozioni, i sentimenti e chiamarli per nome. La scrittura diventa allora uno strumento di chiarezza personale, aiuta a ritrovare il filo rosso che collega tutti gli avvenimenti della propria storia e a renderli comprensibili.
La scrittura aiuta a comprendere i desideri, la propria volontà, aiuta a disegnare la nostra storia, a capire chi sono (il progetto di vita), da dove vengo, dove sto andando, aiuta a guardare oltre le aspettative e ci conduce a un incontro dove ci scopriamo amati da Dio. Perché, nel tempo, la scrittura aiuta a rileggere i pensieri, gli avvenimenti, le esperienze sotto una luce nuova, diversa, a riconoscere i passi di Dio nella nostra vita che diventa storia di salvezza per noi e per gli altri; così possiamo “magnificare” Dio per tutto ciò che opera in noi.
Preghiera
Maria molto tempo è trascorso
da quando hai innalzato
il tuo canto di meraviglia e stupore
per tutto ciò che Dio ha operato in te.
E ora, per farci partecipi
della tua gioia e della tua lode,
scrivi su un libro
queste parole di amore
che hai sperimentato con Dio.
Aiutaci a rileggere la nostra storia
alla luce del tuo sguardo
pieno di misericordia e di amore
solo cosi il tuo canto di lode
magnificherà la nostra vita.
Sandro Botticelli,
La Madonna del Magnificat,
tempera su tavola, diametro 118 cm, 1481, Galleria degli Uffizi di Firenze