Animatori vocazionali, in ascolto del loro tempo, servi di gioia e di speranza
Quando si giunge alla stesura della tesi di laurea, nel percorso degli studi universitari, ci si pongono normalmente tre domande: 1. Perché questo argomento? Che cosa lo rende attuale e interessante? 2. Che cosa è stato già detto e scritto sull’argomento? 3. Quale sarà e come sarà impostata la ricerca perché sia un auspicabile contributo di novità e magari di genialità? Così abbiamo deciso di muoverci anche noi, attraverso la nostra Rivista, con l’aiuto prezioso specialmente di quel gruppo di amici che ad essa collabora in maniera intelligente e generosa e che noi chiamiamo “gruppo redazionale”.
Perché questo argomento?
Che cosa lo ha reso attuale, interessante, “problematico”? Perché questo tentativo di uscire dalla logica delle cose di sempre pur facendo le cose di sempre? Quale la speranza nascosta nell’intimo dei nostri cuori?
Rispondo a questa domanda richiamando alcuni brevi passaggi dell’ editoriale del n. 2 di ‘Vocazioni’ dove A. Ladisa, attingendo a sua volta dal documento dei nostri vescovi “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”, ci suggeriva:
Così nella riunione della redazione in cui si progettavano i diversi numeri di quest’anno, si faceva strada un interrogativo: Non sarebbe opportuno che la rivista aiutasse i lettori a dare uno sguardo al contesto socio-culturale in cui stiamo vivendo per cercare di cogliere quei nodi problematici che vanno emergendo e tentare di dare una risposta capace di schiodare gli animatori vocazionali dalla ripetitività che li spinge a fare sempre le stesse cose allo stesso modo come se nulla di nuovo avvenisse intorno a noi? L’annuncio, la proposta, l’accompagnamento vocazionale rispondono agli interrogativi che abitano nei cuori dei ragazzi e dei giovani d’oggi oppure ricalcano dei cliché stereotipati e per questo poco attuali e altrettanto poco incisivi?
Siamo stati sollecitati a proseguire in questa direzione anche dai recenti Orientamenti Pastorali della CEI per il primo decennio del Duemila: Comunicare il vangelo in un mondo che cambia. Da dove partire in questo decennio che si apre dinanzi a noi per essere capaci di comunicare il vangelo ai nostri fratelli? – si chiedono i Vescovi italiani –. Ed ecco la risposta che non può non costituire anche per noi un punto di riferimento imprescindibile: “Partiremo dunque interrogandoci sull’oggi di Dio, sulle opportunità e sui problemi posti alla missione della Chiesa dal tempo in cui viviamo e dai mutamenti che lo caratterizzano, per passare poi a mettere a fuoco alcuni compiti e priorità pastorali che ci pare intravedere per i prossimi anni” (CV 34).
Come saper leggere e comprendere questo nostro tempo per poter annunciare alle giovani generazioni, e non, il Vangelo della vocazione? I Vescovi ci propongono un criterio da cui lasciarci guidare per compiere un necessario discernimento evangelico: “Dovremo coltivare due attenzioni tra loro complementari anche se, a prima vista, contrapposte” (CV 34).
a) Innanzi tutto saper ascoltare la cultura del nostro mondo e lasciarsi interpellare da essa: “La prima consiste nello sforzo di metterci in ascolto della cultura del nostro mondo, per discernere i semi del Verbo già presenti in essa, anche al di là dei confini visibili della Chiesa. Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio desideri e ricerche, cercare di capire che cosa fa ardere i loro cuori e cosa invece suscita in loro paura e diffidenza, è importante per poterci fare servi della loro gioia e della loro speranza. Non possiamo affatto escludere, inoltre, che i non credenti abbiano qualcosa da insegnarci riguardo alla comprensione della vita e che dunque, per vie inattese, il Signore possa in certi momenti farci sentire la sua voce attraverso di loro” (CV 34).
b) La seconda attenzione potrebbe essere così espressa: in questo mondo che cambia la Chiesa non potrà mai rinunciare alla trascendenza del Vangelo. “Vi è una novità irriducibile del messaggio cristiano: pur additando un cammino di piena umanizzazione, esso non si limita a proporre un mero umanesimo. Gesù Cristo è venuto a renderci partecipi della vita divina, di quella che felicemente è stata chiamata l’umanità di Dio. Il Signore ci ha fatti annunciatori della sua vita rivelata agli uomini e non possiamo misurare con criteri mondani l’annuncio che siamo chiamati a fare. In certi momenti il Vangelo è duro, impopolare, perché duri sono i cuori degli uomini – i nostri, a volte, più di quelli degli altri –, bisognosi di essere ricondotti sulla via della vita per aprirsi al dono di una nuova e più piena umanità” (CV 35).
Le risposte sono andate oltre ogni attesa… Il n. 2 della Rivista ha permesso certamente di mettere a fuoco le problematiche ed ha già offerto alcune piste per una corretta impostazione delle domande. Oggi vogliamo fare in questa giornata il tentativo di porci la seconda domanda del “laureando”.
Che cosa è stato già detto?
Che cosa possiamo considerare acquisito? Che cosa resta da dire? Ecco il senso della presenza di alcuni esperti che lavorano in questi mondi ed hanno qualcosa da dire alla pastorale vocazionale. Li ascolteremo e li interrogheremo come faceva Gesù con i dottori! Sono: S.E. Mons. Vincenzo Paglia, P. Giulio Albanese, Don Sergio Lanza, Don Bruno Stenco, Sr Marcella Farina. Termineremo cercando di rispondere alla terza domanda che si pone chi deve preparare la tesi.
Come e dove continuare a cercare?
Quale il contributo che la pastorale vocazionale può dare e ricevere da questi settori, aspetti, orizzonti? Toccherà a noi. Ma abbiamo voluto coinvolgere un prezioso cireneo che ci aiutasse a portare la croce: è il Presidente del Centro di Orientamento Pastorale (COP) – S.E. Mons. Gaetano Bonicelli – al quale va un grazie affettuoso per aver accolto il nostro invito. Sarà con noi tutta la giornata, ascolterà e concluderà dicendoci: “Se fossi in voi io mi muoverei così… continuerei così…”. E prima ancora ci dirà che cosa è emerso di sufficientemente chiaro e abbastanza comune dagli interventi dei nostri esperti. A tutti buona giornata e buon lavoro!