Un esodo verso la sintesi tra principi e prassi di comunione e interazione
Il Forum precedente si era concluso con la consapevolezza di aver raggiunto un consenso generale per quanto riguarda i principi dell’ecclesiologia di comunione, nei suoi elementi essenziali e nelle sue conseguenze pastorali, ma di dover percorrere ancora molta strada prima di giungere a trasformare i principi in scelte operative che ci permettano di fare una sintesi tra fede e vita e camminare compatti verso la realizzazione concreta di una pastorale vocazionale unitaria.
Ed ecco il Forum di quest’anno: un’esperienza autentica di comunione, di scambio e di condivisione, in un clima che ha favorito l’ascolto reciproco, nel desiderio comune di individuare possibili piste da perseguire, perché la comunione, a tutti i livelli e in tutti i campi di azione, diventi finalmente quell’ambito vitale, quella condizione essenziale, senza la quale è impossibile far risuonare con forza ed efficacia l’annuncio vocazionale.
Il nostro “andare oltre” ci ha portato quest’anno a scegliere di dividere per regioni i gruppi di lavoro, affinché il nostro scambio di riflessioni sia contestualizzato dentro un preciso orizzonte – quello regionale, dei CRV –, e porti a cercare strade possibili da percorrere insieme, e così il nostro convenire qui diventi punto di partenza o continuazione di un’autentica collaborazione nel territorio. Di fatto, constatiamo ancora una volta come, in questo possibile dialogo, in alcuni gruppi sia venuto a mancare il direttore regionale e, dunque, l’interlocutore privilegiato. Ci auguriamo che il dialogo possa essere ripristinato almeno a livello regionale.
Una comunione tra il già e il non ancora
Innanzitutto è stato rilevato che da parte dei consacrati è aumentata l’attenzione alle indicazioni/attività promosse dai CDV – CRV – CNV; vi è un sensibile aumento dei consacrati animatori vocazionali che collaborano fattivamente negli organismi di partecipazione; laddove la partecipazione non è possibile, si rimane almeno attenti alle indicazioni che vengono offerte. Questa attenzione e sensibilità è andata crescendo anche da parte dei responsabili generali degli istituti stessi che destinano alcuni membri a tempo pieno al servizio degli organismi di partecipazione: CDV o altri uffici.
Questo dato di fatto rappresenta un ulteriore passo in avanti nel nostro cammino verso la pastorale vocazionale unitaria e, laddove si sta realizzando, costituisce un’autentica testimonianza per i giovani. Permane tuttavia uno scollamento tra i principi di un’ecclesiologia di comunione e le scelte operative, che non sempre ne sono consequenziali. Emblematico è un certo disinteresse o ignoranza da parte di alcuni Istituti della vita del CDV. È da dire anche che non sempre i direttori dei CDV sono in grado di coinvolgere gli istituti presenti nel territorio.
Questa analisi della situazione ci consente di focalizzare un principio che può diventare criterio di discernimento: la spiritualità di comunione cresce e si sviluppa soprattutto laddove vi sono delle persone – animatori vocazionali – che, con il proprio impegno personale e grazie alle proprie convinzioni, sono capaci di costruire relazioni significative, promuovere la collaborazione e sostenere la corresponsabilità. La comunione, ad ogni livello, dipende non tanto dagli organismi, quanto dalla convinzione e dalla disponibilità delle persone a giocarsi per essa fino in fondo. Atteggiamenti di fondo per favorire la comunione possono essere: la gratuità del servizio per tutte le vocazioni, la capacità di sentirsi parte di un unico Corpo, dove la diversità è intesa come ricchezza, crea comunione e diventa risorsa sulla quale poter scommettere.
Un esodo verso la sintesi tra principi e prassi di comunione
Grazie ad un lavoro capillare di sensibilizzazione e di crescita nei principi dell’ecclesiologia di comunione dentro gli Istituti di vita consacrata e nella Chiesa locale, si sono raggiunti alcuni significativi traguardi evidenziati nei lavori di gruppo anche attraverso la condivisione di esperienze positive già in atto.
Tuttavia emergono alcuni nodi problematici.
Nodi problematici
Sul versante della vita consacrata
Nonostante gli sforzi compiuti, si rileva ancora una certa tensione nel conciliare le esigenze della vita dell’istituto e le aspettative della Chiesa locale. Occorre uno sforzo e un’attenzione da parte dei superiori maggiori per riuscire a coniugare, senza unilateralismi o parallelismi, i progetti-programmi dei singoli istituti e le proposte pastorali ecclesiali (diocesane e regionali). Anche il frequente avvicendamento dei consacrati può costituire un ostacolo per garantire la continuità di presenza entro gli organismi di partecipazione.
Permane un’eccessiva rigidità strutturale degli Istituti di vita consacrata, per cui talvolta risulta faticoso l’inserimento attivo, costante negli organismi di partecipazione.
Deve ancora crescere il cammino ecclesiale e comunionale degli Istituti, per superare le spinte centripete che impediscono una reale apertura alle domande del territorio.
Si riscontra, laddove si pensa e si progetta in favore della pastorale vocazionale unitaria, la latitanza degli istituti di una certa valenza numerica, che potrebbero condividere e far circolare maggiormente i propri qualificati cammini vocazionali.
Sul versante degli organismi ecclesiali
Da parte della gerarchia (vescovi, direttori CRV – CDV) si chiede il superamento di una visione esclusivamente funzionale o addirittura negativa della vita consacrata, per passare al riconoscimento del carisma di ogni istituto, colto come dono per tutta la Chiesa.
I suddetti nodi problematici nascono dal nostro limite e dalla nostra condizione di popolo in cammino verso il sogno di Dio che è l’unità ma, letti dentro una prospettiva di fede, possono diventare per noi l’occasione per assumere come stile la spiritualità dell’Esodo, che è risuonata in questa sede.
Passaggi richiesti
A ciascuno è richiesto quindi di operare alcuni passaggi.
A tutti
Il passaggio dalla diffidenza reciproca all’accoglienza dell’altro come presenza irrinunciabile, anche nella progettazione delle iniziative. Da parte dei direttori dei CDV o CRV si ritiene irrinunciabile la presenza dei membri degli Istituti di vita consacrata in tali organismi per una pastorale vocazionale unitaria.
Da una visione funzionaleorganizzativa del CDV (il CDV serve per organizzare) ad una concezione del CDV come luogo in cui, per sua naturale vocazione istituzionale, può crescere la comunione.
Ai consacrati
Il passaggio da una gestione di animazione vocazionale individualistica e tutta preoccupata della “coltivazione del proprio orto”, ad un’animazione dentro i CDV – CRV corale, polifonica, che possa esprimere finalmente la ricchezza di tutti i carismi nella Chiesa.
Da una partecipazione passiva all’interno dei CDV ad una presenza propositiva, di sostegno e di stimolo.
Da uno stile di presenza poco significativo, ad una presenza che esprima maggiormente la specificità carismatica di ogni istituto, al servizio di un annuncio vocazionale autenticamente evangelico, che interpelli seriamente i giovani.
Ai direttori dei CDV – CRV
Il passaggio da un conoscenza sommaria e ancora stereotipata della vita consacrata ad una conoscenza approfondita delle diverse vocazioni per una stima e valorizzazione di ciascuna.
Dal monopolio o assolutizzazione delle proprie proposte all’accoglienza della complementarietà delle iniziative vocazionali.
Verso il futuro…quali percorsi?
Tutte le spinte propositive vanno nella direzione di maggiore incisività ed inserimento della pastorale vocazionale nel territorio, inteso come campo di azione comune, come luogo di incarnazione, come punto di partenza da cui riprendere slancio, operando alcune scelte prioritarie, che diventano per noi opportunità di crescita.
La formazione alla comunione
È opportuno offrire, sia a livello regionale che diocesano, cammini di formazione e occasioni di studio e di approfondimento.
Per i membri dei CDV
Perché possano acquisire insieme i principi di una pastorale vocazionale secondo le indicazioni della Chiesa;
Per ogni animatore vocazionale
Perché acquisisca un corretto senso di ecclesialità, di missionarietà e di comunionalità. Un itinerario formativo comune certamente porta ad una prassi di comunione.
Le occasioni di comunione
Si auspica l’individuazione di spazi e opportunità di incontro tra il CNV e i Presidenti delle Conferenze CISM,CIIS, USMI, CIMI per elaborare una pastorale vocazionale unitaria e frutto di un pensiero comune. L’intercongregazionalità, o gruppi di collegamento, intesi come conoscenza, stima, apertura reciproca tra istituti di vita consacrata. Essi costituiscono la condizione essenziale per costruire un tessuto di comunione, attraverso il quale risplenda tutta la bellezza della “sequela Christi”.
Occorre tessere una rete di collaborazione capillare nel territorio che promuova un’autentica cultura della vocazione
– nelle parrocchie;
– nelle scuole (attraverso gli insegnanti di religione);
– nei luoghi di ritrovo tipici dei giovani.
Da parte del CDV
Si tratta di censire tutte le risorse presenti nel territorio, per far emergere le ricchezze esistenti, farle circolare, favorendo il loro organico coordinamento. La propositività del CDV piuttosto che soffocare la creatività espressa nelle proposte, dovrebbe favorirne la complementarietà. Probabilmente l’approdo ad una pastorale fondata maggiormente su un’ecclesiologia missionaria aiuterebbe a “stanare” le specifiche ricchezze e ad aprire nuovi orizzonti…
È da alimentare maggiormente (anche se non mancano delle esperienze positive a questo riguardo) la comunione-collaborazione della pastorale vocazionale con gli altri uffici diocesani: pastorale giovanile, pastorale familiare, ufficio missionario, pastorale della terza età, al fine di far convergere le forze presenti nel territorio nella realizzazione di progetti comuni che permettano di raggiungere effettivamente il mondo giovanile.
La creazione di una cultura vocazionale non può realizzarsi se la pastorale vocazionale non diventa autenticamente la dimensione trasversale di tutta la pastorale ordinaria.
Conclusione
Attraverso la ricchezza dei contenuti delle relazioni e lo scambio di esperienze significative e trainanti, in questi giorni abbiamo assaporato il “gusto” dell’appartenenza alla Chiesa, dell’impegno dentro la Chiesa e per la Chiesa, umile e gratuito, con la gioia di aver realizzato dentro di essa degli spazi, come questo, in cui si è sperimentata la bellezza di una Chiesa che, attraverso la comunione dei suoi membri, esprime se stessa nel modo più convincente e realizza quella fecondità e generatività che le è propria.
L’esperienza di questo Forum ci ha permesso di cogliere la necessità di continuare a camminare nella direzione della comunione, nonostante i limiti e le fatiche che continueremo ad incontrare nel nostro cammino, pena la sterilità spirituale o il rischio di cadere in un individualismo che non apre ad un futuro.