Famiglia, vocazione e missione

Siamo in un vero tempo di Grazia in cui la Chiesa si sta interrogando sulla vocazione e sulla missione della famiglia, con la consapevolezza, come affermava Benedetto XVI aprendo il Sinodo sull’evangelizzazione, che «il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una buona notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato»1.

1. Il matrimonio è una buona notizia
La doppia consultazione senza precedenti, sollecitata da Papa Francesco attraverso i Questionari inviati a tutte le comunità cristiane del mondo, ha fatto uscire il Sinodo dalle anguste aule vaticane per offrirci uno sguardo lucido sulla realtà attuale, in cui annunciare il Vangelo del matrimonio e della famiglia. Per quanto riguarda il territorio italiano hanno risposto circa 150 diocesi e una ventina di associazioni di rilievo nazionale, esprimendo in sintesi ciò che era emerso dall’ascolto dei vari consigli pastorali parrocchiali e diocesani, le assemblee del clero e i vari organismi ecclesiali nelle zone e nei decanati. Nell’Instrumentum laboris, che ha ricapitolato tutte le risposte pervenute da ogni parte del mondo nella prima sessione, è stato delineato uno scenario che riprende pienamente i lineamenti di un ospedale da campo. Infatti, in più occasioni Papa Francesco ha utilizzato questa immagine per descrivere la Chiesa in mezzo al suo popolo. Le situazioni di disagio di molte famiglie sono abbastanza evidenti: crisi di coppia, aumento di convivenze e unioni di fatto, crescita delle separazioni e dei divorzi. Questa situazione è aggravata dalla percezione di una limitata formazione sia dei laici sia dei presbiteri sulle tematiche familiari che, data la sfida attuale, sollecita un ripensamento riguardo all’attuale proposta formativa.
«La conoscenza dei documenti conciliari e post-conciliari del Magistero sulla famiglia da parte del popolo di Dio, sembra essere generalmente scarsa. […] Qualche osservazione pervenuta ha imputato la responsabilità della scarsa diffusione di questa conoscenza agli stessi pastori, che, secondo il giudizio di alcuni fedeli, non conoscono loro stessi in profondità l’argomento matrimonio-famiglia dei documenti, né sembrano avere gli strumenti per sviluppare questa tematica»2.
È evidente che sia gli sposi sia i sacerdoti sono molto più formati che nel passato; tuttavia, il clima culturale in cui loro stessi e soprattutto le giovani generazioni sono immersi chiede un nuovo investimento formativo. Probabilmente la formazione dei presbiteri su ciò che vive la famiglia, sia nell’iter del seminario, sia nelle varie stagioni dell’esistenza del sacerdote, costituirà un delicato ambito di riflessione del cammino sinodale. L’Assemblea dei Vescovi Italiani di novembre 2014 è stata dedicata proprio a questo specifico argomento. Negli ultimi anni molte iniziative sono sorte in tal senso, come ad esempio il corso autunnale intensivo di due mesi per presbiteri e diaconi denominato Il buon Pastore dà vita alla famiglia, curato in collaborazione tra Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia e Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni, insieme al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Rispetto alle precedenti generazioni, probabilmente al giorno d’oggi in Italia anche tra i laici vi è in genere una maggiore conoscenza sia della Parola di Dio sia del Magistero della Chiesa, ma non sembra ancora sufficiente. D’altronde, la pressione culturale è molto persuasiva e penetrante, pertanto richiede una formazione più adeguata. Per fare solo un esempio, attualmente Facebook USA consente ai propri utenti di scegliere il proprio sesso tra oltre 70 generi diversi e per ciascuno sono previste 6 gradualità (questo numero è in continua evoluzione).
«Gesù concede all’uomo e alla donna di ricuperare quel “principio” secondo cui Dio li ha uniti in una sola carne (cf Mt 19,4-6), per il quale – con la grazia di Cristo – essi sono resi capaci di amarsi per sempre e con fedeltà»3.

1.1 Crescono i germogli del «giardino del principio» (cf Mt 19,4-6)
Il ritorno al principio non è un semplice volgersi al passato, ma è attingere alle radici della storia umana per recuperare un dignitoso futuro. La vocazione sponsale, che è lo spazio sorgivo della famiglia, richiede l’armonia della differenza, come le note che insieme creano la melodia. Questa «bontà della differenza sessuale»4 è un panorama particolarmente bello da schiudere alle nuove generazioni.
In Italia vi sono alcune iniziative particolarmente feconde sul piano dell’accompagnamento degli adolescenti nelle tappe dell’amore, dove si realizza una fruttuosa collaborazione fra scuola, gruppi giovanili e uffici pastorali. Questa fioritura di attività lascia intendere una formazione decisamente più adeguata per chi educa i ragazzi e i giovani, spalancando loro la bellezza e la bontà della legge naturale. Una di queste è Teen Star che, sotto gli impulsi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diffonde lo sguardo delle catechesi sull’amore umano di San Giovanni Paolo II, con un linguaggio e un metodo adatto ad ambienti laici. L’altra è Il corpo racconta, nata in Svizzera e sperimentata nella diocesi di Fidenza, nei dintorni di Parma, in un progetto di collaborazione fra pastorale familiare e pastorale giovanile, che ora si sta riversando in varie zone del territorio nazionale. Questo percorso consiste fondamentalmente nell’accompagnare un dialogo sul corpo fra mamme e figlie e tra papà e figli che iniziano l’adolescenza, costituendo un vero e proprio laboratorio educativo. C’è poi La luna nel pozzo, un progetto che, sostenuto dal Forum delle associazioni familiari, si è diffuso in Puglia e che solo nella città di Bari ha coinvolto 18 scuole statali e paritarie. Alcune grandi realtà ecclesiali si stanno attrezzando in tal senso, quali ad esempio il movimento dei Focolari, che sta elaborando un percorso denominato Up2Me. Vi sono poi – presenti da anni sul territorio italiano – alcune iniziative formative sulla sessualità umana, curate dai Centri di regolazione naturale della fertilità ed altre sul piano più locale che stanno nascendo.

2. La buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo5
Oggi un adolescente è spesso naufrago, assorbito da miriadi di messaggi: sul web e attraverso i media, nella piazza, nei luoghi dello sport e dello svago. Spesso sono voci più assordanti delle indicazioni che riceve a scuola, in parrocchia o in casa. Non possiamo permettere che rimanga solo davanti a questa confusione: come afferma un proverbio africano, particolarmente caro al Santo Padre, «per far crescere un uomo occorre un intero villaggio». La questione vera è scoprire le radici sponsali della persona umana, dove l’uomo è chiamato a seguire il proprio destino, costruendo il villaggio dell’umano, dove curare come un balsamo le ferite che stanno dentro a questa poca chiarezza.
Papa Francesco, nelle sue catechesi sull’amore familiare, ha chiarito con forza la fecondità della differenza sessuale.
«La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio»6.
«La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa»7.
È evidente che oggi chi si avvia alle nozze sente tutto il peso della modernità. Talvolta la stessa Chiesa ha lasciato soli l’uomo, nella sua fragile virilità, e la donna, nello smarrimento della femminilità. Come cambiare allora il volto della comunità cristiana per chinarsi sulle brucianti ferite di chi si sente solo, per essere nello stesso tempo «Chiesa in uscita»8 e «una casa con la porta sempre aperta»9?

3. Il corpo rivela le radici sponsali della persona umana
Per accompagnare la vocazione, occorre innanzitutto precisare che l’uomo non può trasformare la propria origine, perché non ha deciso lui cosa è e cosa è destinato ad essere: la vita gli viene offerta con un corpo sessuato, il quale chiama al dono fecondo di sé e quindi ad una relazione nella differenza e nella reciprocità. Ciò richiede, come afferma il teologo francese Xavier Lacroix, «una comprensionedella bellezza del corpo che è già rivelazione dell’anima o della persona»10.
Il Signore ha messo la Chiesa attuale in un compito di responsabilità, ma anche di straordinaria bellezza: sembra di essere come su un “balcone” dal quale si possono vedere tante belle famiglie che, accudendo magari il proprio quarto figlio, amandosi e perdonandosi, dicendo quotidianamente permesso, grazie, scusa11, rinnovano la società. Dovremo però, nelle scelte pastorali, credere di più alla fecondità della coppia sponsale nella vita ordinaria della comunità cristiana. Un sacerdote che cammina con le famiglie sa quanto può essere efficace una coppia di fidanzati o di giovani sposi che, mostrando la reciprocità fra il maschile e il femminile, accompagna la catechesi dei fanciulli, o meglio ancora contribuisce con il parroco a coordinare il consiglio pastorale parrocchiale: un vero lievito per la pastorale vocazionale.
Siamo convinti che Papa Francesco stia mettendo in atto l’orizzonte intuito da San Giovanni Paolo II quando sottolineava che «la futura evangelizzazione dipenderà in gran parte dalla chiesa domestica»12. C’è ancora molta solitudine nei fidanzati paralizzati dalla paura del per sempre, o in chi dopo il matrimonio deve custodire la fedeltà sponsale e la cura dei figli, coniugando la tachicardia dei ritmi lavorativi con gli affetti familiari. Per spezzare questa cultura del provvisorio occorre ricostruire, attraverso una comunità cristiana viva, la vera cultura dell’incontro. Ce lo hanno indicato i Padri sinodali: «Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno»13.
Spesso le nostre realtà ecclesiali sono strette da un certo individualismo e rinchiudono la persona nel ruolo. L’operatore Caritas mentre si china sulle povertà della gente non mostra di essere marito e padre. Oppure la catechista che è imprigionata in un metodo rigido non esprime a pieno il suo genio femminile e, soprattutto, non porta il buon profumo di famiglia. O, ancora peggio, il diacono che, intriso dell’odore di sacrestia, non diffonde la tenerezza paterna di Dio con le mani con cui poco prima ha accarezzato sua moglie o i suoi figli: le stesse mani con cui ogni giorno lavora. Nella vocazione sponsale c’è una chiamata alla felicità che deve emergere con chiarezza: sembra infatti che talvolta abbiamo appesantito l’idea del matrimonio riducendola a una serie di obblighi o divieti; o peggio ancora, in molti casi «sposarsi è percepito come un lusso»14.
L’indissolubilità del matrimonio («Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, guarisca e trasformi il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce15.
Ecco allora l’orizzonte luminoso della Grazia sponsale: Cristo guarisce l’amore umano. «Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cf Mc 10,1-12)»16: è questa la buona notizia da diffondere e, in tal senso, occorre «favorire l’evangelizzazione attraverso la famiglia»17.
Ecco dunque la vera sfida: si tratterà di mettere in gioco, come una straordinaria risorsa, le tante belle famiglie che abbiamo in Italia. Non si tratta di pensare a famiglie perfette, che in realtà non esistono, ma di vasi di creta che, nella fragilità, ci offrono un bel tesoro (cf 2Cor 4,7) che è l’amore sponsale, restituendoci il giardino del principio (cf Gen 1,27).

4. La circolarità del dono nei tre altari della vita familiare
San Giovanni Paolo II nelle catechesi sull’amore umano definiva il corpo come «sacramento primordiale»18. Esso infatti appare come una finestra dove l’umano e il divino si compenetrano; rivela un’origine che trascende l’uomo stesso e che apre al futuro nella circolarità del dono. Ogni tipo di amore umano passa per il corpo; ma in modo del tutto particolare, l’amore sponsale passa per il corpo e, nella luce di Cristo, richiede un’intima unità fra il talamo nuziale, la mensa familiare e la mensa eucaristica. È proprio la dinamica del dono che unisce questi tre altari, che fanno da fondamento alla santità della coppia e della famiglia. Il dono del corpo, che si vive fra gli sposi nell’atto coniugale aperto alla vita, si intreccia con il dono del corpo fra gli stessi coniugi e verso i figli nel dialogo quotidiano vissuto nel clima familiare, specialmente a tavola, e con il dono ricevuto del Corpo di Cristo da parte degli sposi nella comunità, che apre a un’esistenza eucaristica. In questa prospettiva infatti, comprendiamo la vita spirituale come modo di vivere il proprio corpo. Il poeta francese Paul Claudel descrive una ragazza cieca che dice al suo fidanzato: «Mentre io sono sola, sono come qualcuno che non ha corpo (…). Soltanto se qualcuno viene, mi prende e mi tiene nelle sue braccia, allora io esisto in un corpo. Soltanto attraverso di lui io conosco (il mio corpo). Non lo conosco se non lo dono»19.
È solo una relazione di amore che illumina l’esistenza nel proprio corpo. Questo diviene particolarmente significativo nella dinamica sponsale, dove emerge la chiamata, cioè il principio unitivo del matrimonio nello spazio della differenza e della reciprocità fra i coniugi, e la missione, cioè il principio procreativo nel concepire i figli e generarli di giorno in giorno. Tutto questo è evidente soprattutto negli spazi di vita in cui si sperimenta la non-autosufficienza. Penso in modo particolare al corpo dei neonati che necessitano di carezze e cure amorevoli, ma anche a quello degli anziani quando vivono uno stato di salute che non gli permette più di provvedere a se stessi.
Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo20.
In futuro dovremo accompagnare con maggior cure le giovani coppie perché si aprano sempre più ad accogliere i bimbi che non hanno famiglia. Oltretutto il dramma della non-fertilità si sta diffondendo sempre più (oltre il 21,7%) in una società che non alimenta la propria generatività e che vede il figlio come un problema da risolvere. Si tratta allora di ridestare quella circolarità dell’amore già descritta da Papa Francesco nella omelia per il suo ingresso il 19 marzo del 2013, spalancando la dinamica del dono di sé come gusto dell’esistenza. È la custodia che si vive in famiglia che alimenta i doni di Dio.
È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori21.
I ministri della Chiesa devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Questo è Vangelo puro!22.
C’è una ministerialità particolare quando in famiglia è presente un tabernacolo del Calvario. La ministerialità coniugale si rinnova verso i propri figli (naturali o affidatari) o verso i genitori anziani in una ministerialità di misericordia sulle orme del Samaritano. In tal senso ci sono, talvolta nascosti, esempi di una santità coniugale e familiare straordinaria nel quotidiano. Soprattutto sarà necessario riscoprire la dinamica familiare come lievito per le nostre comunità.

5. Dalla cultura dello scarto alla cultura dell’incontro
Il sacramento del matrimonio porta in sé un fermento comunionale a cui corrisponde una ministerialità specifica, che, in armonia con la ministerialità del presbitero, costruisce la comunità. Lo hanno sottolineato i Vescovi Italiani nel documento che offre gli orientamenti per il decennio dedicato alla sfida educativa.
Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono a loro volta aiutare la parrocchia a diventare «famiglia di famiglie»23.
La famiglia, infatti, non solo è chiamata a passare da oggetto a soggetto di pastorale, ma soprattutto può divenire il metodo con cui costruire in modo nuovo la comunità cristiana. Costruire la comunità avendo nella famiglia il metodo implica dare il primato a Dio e quindi riconoscere la paternità del presbitero e la maternità della Chiesa. È proprio il sacramento della coppia che può permettere di passare «dalla cultura dello scarto alla cultura dell’incontro»24.
In famiglia non puoi scartare chi è parte di te nel legame di sangue: c’è un’appartenenza incancellabile. Non puoi scartare tuo padre e nemmeno tua suocera: anche se sono anni che non parli con loro, c’è qualcosa che ti lega nella parentela e che non puoi recidere. Così è tra il presbitero e la sua comunità, e fra la piccola chiesa domestica e la Chiesa universale. È soltanto concependo la Chiesa come una famiglia che si potrà superare ogni divisione e sperimentare il dono di Gesù: «La vera guarigione (…) è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano»25.
In questa prospettiva sarà fondamentale la formazione. In tal senso stanno investendo alcune diocesi, come Cremona in Lombardia e Oppido-Palmi in Calabria, che negli ultimi anni hanno inviato 5 coppie a frequentare il Corso di Diploma o il Master ciclo speciale in pastorale familiare, realizzato in collaborazione tra Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia e il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Si tratta di un percorso per coniugi, sacerdoti e religiosi che, rispettando i tempi della famiglia e gli impegni pastorali dei parroci, integra studio teologico, laboriosità pastorale e vita fraterna in alcuni momenti forti dell’anno. Anche la diocesi di Lanciano-Ortona sta cercando di rilanciare, con un nuovo investimento formativo, l’ufficio di pastorale familiare. «Alla guida di questo organismo diocesano è opportuno che siano preposti insieme un sacerdote e una coppia di sposi, adeguatamente preparati»26. Questa corresponsabilità dell’ufficio fra la coppia e il sacerdote sarà determinante per portare un lievito nuovo di comunione alla vita diocesana, evitando per entrambi il rischio del clericalismo. Così, la famiglia aiuta il sacerdote a incarnare nel quotidiano il suo ministero. Il sacerdote dona alla famiglia l’ossigeno della vita spirituale, la bussola della Parola di Dio, il perdono sacramentale e il corpo vivo di Cristo Sposo. In tal modo la Famiglia di famiglie, che è la comunità, rinasce. Lo hanno ben compreso ad Ancona, dove il seminario regionale delle Marche ha individuato per ogni seminarista una famiglia che lo accompagni nel suo percorso formativo.

6. Con Abramo a «guardar le stelle» (cf Gen 15,5): verso un nuovo desiderio di famiglia
Molto spesso però le nostre Chiese locali sono stanche e infiacchite e sperimentano un certo immobilismo con alcuni aspetti di sterilità. Come riassaporare allora quella che Papa Francesco chiama «un’eterna novità»27? Come ridestare la speranza che spalanca nella forza del Vangelo una nuova fiducia nel futuro?
Ecco la via: tornare allo sguardo di Abramo il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli» (Rm 4,18). In tal modo vide guarita la sterilità che soffocava la sua vita e gli rubava il futuro. Abramo ci invita a lasciarci afferrare da Colui che «lo condusse fuori e gli disse: Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle; e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). Proprio questo «guardare le stelle» sembra che offra l’orizzonte per far crescere, nella nostra società malata di individualismo, un nuovo desiderio di famiglia.
Abramo è ripiegato in se stesso, nelle sue paure e nelle sue solitudini, ed è invitato ad alzare lo sguardo al cielo e ad aprirsi alle possibilità infinite di Dio. Il Signore lo chiama a smettere di fare i suoi calcoli limitati e a schiudere il suo cuore a una speranza nuova: addirittura non solo un figlio, ma una discendenza numerosa come le stelle del cielo. E il suo cuore, aprendosi, comincia a battere forte!
Oggi la promessa di Abramo può diffondersi in questo mondo attraverso le tante piccole chiese domestiche in uscita: come tante fiammelle che illuminano la notte di chi ha smarrito il sorriso di Dio.
Per chi vive le logiche dello Spirito, non è affatto una casualità che si siano susseguiti, come tempi cronologici, l’Assemblea Sino-dale e il cammino per il V Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Potremo incarnare le 5 vie indicate dal Convegno di Firenze: uscire dal tempio, ma anche dalle nostre pre-comprensioni che ci impediscono incontri veri con l’altro; annunciare il Vangelo nella carne della nostra povertà; abitare gli spazi dell’umano senza riserve; educare le giovani generazioni alla pienezza di vita; trasfigurare le ferite in feritoie di luce.
Perché questo accada è necessario un nuovo volto della comunità cristiana, che trovi nella dinamica familiare il metodo per costruire la fraternità universale e accompagnare al «giardino del principio» (cf Mt 19,4). Questo è il nuovo umanesimo: non un arido ritorno al passato ma un fecondo recupero del futuro, a partire dalla bellezza dei legami familiari. 

NOTE
1 Benedetto XVI, Santa Messa per l’apertura del Sinodo dei Vescovi, Omelia del Santo Padre, Piazza San Pietro, Roma, 7 Ottobre 2012.
2 Sinodo dei Vescovi – III Assemblea generale straordinaria, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, Instrumentum laboris, Città del Vaticano 2014, 11-12.
3 Ivi, 2.
4 Cf Papa Francesco, Esortazione post-sinodale Lumen fidei, n. 52.
5 Papa Francesco, Udienza Generale, 20 maggio 2015.
6 Papa Francesco, Udienza Generale, 15 aprile 2015.
7 Ibidem.
8 Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, n. 24.
9 Messaggio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 Ottobre 2014.
10 X. Lacroix, Il corpo di carne. La dimensione etica, estetica e spirituale dell’amore, EDB, Bologna 2005, p. 75.
11 Papa Francesco, Messaggio al Primo Congresso Latino-americano di pastorale familiare (Panama 4-9 agosto 2014), 7 agosto 2014.
12 Giovanni Paolo II, Discorso all’Episcopato Latinoamericano, Puebla, 28 gennaio1979.
13 Messaggio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 Ottobre 2014.
14 Sinodo dei Vescovi – III Assemblea generale straordinaria, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, Relatio Synodi, Città del Vaticano, 18 ottobre 2014, 42.
15 Ivi, 14.
16 Ivi, 16.
17 Ivi, 40.
18 Giovanni Paolo II, Uomo e donna li creò. Catechesi sull’amore umano, Città Nuova, Roma 1985, pp. 190-193.
19 Cf P. Claudel, La Pére humiliè, Gallinard, Parigi 1920, p. 104.
20 Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 88.
21 Papa Francesco, Santa Messa, imposizione del pallio e consegna dell’anello del pescatore per l’inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma, Omelia del Santo Padre, Roma, 19 marzo 2013.
22 Papa Francesco, Intervista a Papa Francesco pubblicata da «La Civiltà Cattolica», 19 agosto 2013.
23 Conferenza Episcopale Italiana, Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, EDB, Bologna 2010, 38.
24 Cf Papa Francesco, Omelia nella Santa Messa con i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, 27 luglio 2013.
25 Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 92.
26 Conferenza Episcopale Italiana, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25 luglio 1993, 237.
27 Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 11.