N.05
Settembre/Ottobre 2000

Catechesi, liturgia, carità: cammino di discernimento

Il tema che affrontiamo in questo orientamento ha una chiara dimensione pastorale Come punto di riferimento terremo la parte terza del documento  Nuove vocazioni per una nuova Europa,  nel quale si afferma che gli orientamenti concreti della pastorale vocazionale non discendono soltanto da una corretta teologia della vocazione, ma anche dalla vitalità della comunità. Altro punto di riferimento è il progetto catechistico della Chiesa Italiana. La Pastorale vocazionale nasce dal mistero della Chiesa e si pone al servizio di essa: la Chiesa per nativa costituzione è vocazione, è generatrice ed educatrice di vocazioni.

È vocazione giacché assemblea convocata da Dio; è genitrice giacché chiama all’incontro con Dio-Padre attraverso Dio-Figlio per la potenza di Dio-Spirito Santo; è educatrice giacché con la sua azione aiuta ogni suo membro a cogliere la peculiarità del progetto di Dio.

Quando pensiamo ad un itinerario pastorale di discernimento vocazionale non facciamo altro che pensare ad un cammino di fede lungo il quale matura la virtù della Fede e si manifesta e si rafforza la vocazione del singolo a servizio della comunità cristiana. Il protagonista del discernimento spirituale, come della formazione e maturazione della vocazione, è lo Spirito Santo; la comunità e chi in essa ha il compito di guidare nel discernimento ed incoraggiare la risposta deve invocarlo per riconoscere la sua opera. Questo itinerario pastorale ha come tre pilastri che lo sostengono la catechesi, la liturgia, la carità.

 

Catechesi

La catechesi annunciando il vangelo chiama il credente ad aprirsi al mistero dell’Amore di Dio che in Gesù incarnato morto e Risorto chiama operai per la sua vigna, mostra il progetto del Regno di Dio, invita alla sequela. È il momento della proposta, del vieni e vedi. “La catechesi illumina le molteplici situazioni della vita preparando ognuno a scoprire ed a vivere la sua vocazione cristiana nel mondo”[1]

Oggi prima di parlare di catechesi intesa come un’esplicitazione sistematica dell’evangelizzazione dobbiamo prendere coscienza che nel nostro tempo c’è urgente bisogno di una nuova evangelizzazione che porti ogni uomo a riscoprire il senso del suo battesimo e della sua vita cristiana. Prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede  e si convertono, per questo un itinerario pastorale se vuole essere veramente vocazionale deve partire dal primo annuncio della salvezza che non supponga la fede[2]; altrimenti cuciamo una pezza nuova su un vestito vecchio (Mc 2,21; Lc 5,36).

Nell’Europa culturalmente complessa e priva di precisi punti di riferimento in cui prevale il modello antropologico dell’uomo senza vocazione è urgente riproporre il cuore del Kerigma che risponde all’interrogativo esistenziale posto da Dio “Adamo dove sei?” (Gn 3,9). Cristo è il nuovo Adamo che propone all’uomo contemporaneo di passare dall’essere vagabondo senza speranza all’essere pellegrino verso la casa del Padre che gli rivela il suo progetto come condizione di libertà, di dignità, di regalità fonte di felicità (cfr. Lc 15,11-32) .

“Occorrono testimoni: padri e madri aperti alla vita e al dono della vita; sposi e spose che testimonino e celebrino la bellezza dell’amore umano benedetto da Dio; persone capaci di dialogo e di carità culturale, per la trasmissione del messaggio cristiano mediante i linguaggi della nostra società; professionisti e persone semplici capaci di imprimere all’impegno nella vita civile ed ai rapporti di lavoro e d’amicizia la trasparenza della verità e l’intensità della carità; donne che riscoprano nella fede cristiana la possibilità di vivere in pieno il loro genio femminile; presbiteri dal cuore grande, come quello del Buon Pastore; diaconi permanenti che annuncino la Parola e la libertà del servizio per i più poveri, apostoli consacrati capaci d’immergersi nel mondo e nella storia con cuore contemplativo e mistici così famigliari col mistero di Dio da saper celebrare l’esperienza del divino ed indicare Dio presente nel vivo dell’azione”[3].

Abbiamo bisogno di nuovi confessori della fede: la nostra terra è avida non solo di persone sante, ma di comunità sante. È necessario annunciare il vangelo della vocazione con iniziative concrete: giornate vocazionali parrocchiali, settimane vocazionali, missioni  popolari; iniziative che lascino un eco vocazionale che risuoni stabilmente nella comunità. È necessario che la Comunità Cristiana sappia incarnare il suo essere Popolo Profetico, capace di interpretare i segni dei tempi rimanendo in sintonia con il disegno divino attraverso un rapporto costante con Dio che si incarna in una liturgia capace di far incontrare la Creatura con il suo Creatura, l’Uomo Peccatore con il suo Redentore, l’Uomo delle tenebre con il fuoco dello Spirito Vivificatore.

 

Liturgia

La liturgia convocando la Comunità Cristiana per celebrare i misteri della salvezza interpella personalmente ciascuno quanto alla sua vocazione specifica, lo pone in dialogo con Dio e con i fratelli che ti interpellano. Dalla liturgia viene sempre un appello vocazionale per chi partecipa. Ogni celebrazione è un evento vocazionale in quanto ogni vocazione nasce da una in-vocazione. Nelle celebrazioni liturgiche si fa memoria dell’agire di Dio per Cristo nello Spirito.

La liturgia fonte e culmine della vita cristiana pone l’uomo in dialogo con Dio, il quale, nell’economia sacramentale affidata alla Chiesa, chiama a salvezza il suo popolo e lo conduce alla piena realizzazione dell’opera che Egli ha iniziato in lui fin dall’eternità (Ger 1,5ss).

La preghiera diventa via per il discernimento vocazionale, perché una volta accolto l’annuncio del Kerigma, solo nell’ascolto di Dio il credente può giungere a scoprire il progetto che Dio stesso ha pensato (At 2,42ss); Gesù stesso ha percorso questa via per cogliere la pienezza della sua vocazione (ad es. Lc 3,21; 4,1-13; Mc 14,34-39 …). In un itinerario pastorale vocazionale non può quindi mancare la proposta di preghiera sia comunitaria che personale: è il comando di Gesù “pregate il Padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Mt 9,36-38; Lc 10,2).

Preghiera comunitaria: la preghiera nella comunità, resa in molti casi anche incessante è una delle vie maggiormente percorse per creare nuova sensibilità e nuova cultura vocazionale; ne sono esempio molte iniziative come monastero invisibile, giovedì vocazionale (messa per le vocazioni), scuola di preghiera o della parola, lectio divina.

Preghiera personale: che alimenti la ricerca della volontà di Dio attivando quelli atteggiamenti di fiducia e di abbandono che sono indispensabili per pronunciare il proprio “sì” e superare paure ed incertezze. In questo cammino di proposta-discernimento vocazionale è necessario riscoprire la liturgia delle ore  come momento privilegiato di Dialogo con Dio nella comunità ecclesiale: la prima funzione vitale che sgorga dalla liturgia è la manifestazione della comunione che si vive all’interno della Chiesa. Vi riconosceranno da come vi amerete (Gv 13,35).

La Koinonia non è solo comportamentale, ma è anche itinerario vocazionale in quanto aprirsi ad una vocazione è in ogni caso vocazione alla fraternità, perché non si può interpretare la vocazione solo  come perfezione privata e personale: la vocazione è relazione, è dialogo ed è accoglienza.

 

Carità

La carità è la via regina, in un itinerario vocazionale, per discernere la propria vocazione che è essenzialmente vita per gli altri. Un cammino vocazionale che si fermi all’annuncio o alla liturgia è incompleto se non arriva alla carità. L’esperienza del servizio è esperienza di grande libertà in Cristo. Molti giovani hanno davvero ritrovato Dio e se stessi, lo scopo di vivere e la vera felicità, donando tempo e attenzione ai fratelli fino a decidere di donare loro tutta l’esistenza.

Un itinerario pastorale che vuole essere a servizio della Persona che è stata redenta da Cristo deve porsi come obiettivo di guidarlo a vivere la Carità che è Dio stesso: amare come ama Dio, questa realtà è l’unica che non passerà. (1Cor 13,8) Nel nostro tempo tra i giovani, ma non solo c’è un fermento di attenzione ai poveri e agli ultimi, ma come mai tanto fiorire d’iniziative ed esperienze di volontariato producono scarsi frutti vocazionali? Forse la risposta può sembrare banale: per essere filantropici basta essere cristiani (= uomini) di buona volontà! Ma per vedere nell’Altro Cristo occorre essere Cristiani Santi, questa è la nostra prima vocazione.

La pastorale della carità delle comunità cristiane deve guidare il servizio a quell’autenticità di chi ha imparato il privilegio di lavare i piedi ai fratelli più poveri… che ha acquistato la libertà di perdere il proprio tempo per le necessità altrui. Come Pietro se ci lasciamo lavare i piedi da Gesù sapremo lavarli come Lui…! (Gv 13,6-10.15). Ogni credente deve vivere l’esperienza globale dell’itinerario vocazionale ecclesiale come la via maestra per cogliere il progetto di Dio e poter dire come Cristo mio cibo è fare la volontà del Padre (Gv 4,34). Le vocazioni che non nascono da questa esperienza ecclesiale e da quest’inserimento nell’azione comunitaria rischiano di essere viziate alla radice e di dubbia autenticità.

Questo vale per le vocazioni di particolare consacrazione, ma anche per tutti i ministeri che caratterizzano la vita della comunità. Quello del  catechista o dell’animatore vocazionale è un servizio che deve avere un ancoraggio alla vita della comunità e non solo alle pie intenzioni personali; solo così educatore/animatore vocazionale può avere la forza ed il coraggio di provocare nel senso di un impegno che non sia su misura dei gusti del giovane, ma sulla misura oggettiva di fede, la quale non può essere qualcosa di addomesticabile. Se viviamo testimoniando la nostra vocazione potremmo essere dei veri pro-vocatori capaci di discernere l’opera di Dio, con-vocatori di quelli che il Padre chiama, educatori capaci di favorire la libertà della risposta vocazionale. 

 

 

Note

[1] Rinnovamento della Catechesi (RdC), n. 33.

[2] Cfr. SC 9.

[3] NVNE, 12.