I “luoghi-segno” e i contesti del discernimento
Il termine “luoghi-segno” è stato utilizzato dal Congresso Europeo sulle Vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata (1997) e dal relativo Documento finale (NVNE, n. 29) per indicare delle precise situazioni in cui i giovani chiamati sono nella fase ultima del discernimento vocazionale e all’inizio della formazione come i seminari diocesani (a cui sono paralleli i noviziati); oppure dove le vocazioni alla vita consacrata hanno una loro realizzazione stabile e quotidiana: le comunità monastiche, le comunità religiose, le fraternità di consacrati secolari.
Di cosa sono “segno”?
Di cosa sono segno questi luoghi? Il testo dice: “della vita come vocazione”. Se la tensione di tutta la pastorale vocazionale che si sta rinnovando, soprattutto a partire dal Congresso europeo, è quella di portare l’annuncio e l’accompagnamento vocazionale nei solchi periferici della Chiesa particolare e in ogni comunità cristiana, sono necessari non solo gli itinerari vocazionali nella pastorale ordinaria, ma anche dei segni forti. Tutti sappiamo come siano importanti le testimonianze vocazionali per suscitare interrogativi nei giovani, o per evocare desideri magari ancora nascosti sotto qualche paura o resistenza: i “luoghi-segno” mettono i chiamati davanti alle vocazioni di speciale consacrazione in formazione o mentre si realizzano e non solo o non tanto nella dimensione personale, ma in quella comunitaria.
Le comunità di consacrati o il seminario mostrano infatti anche la realizzazione di quella “nuova famiglia” di discepoli che Gesù raccoglie attorno a sé, caratterizzata da un vincolo speciale, il carisma della verginità per il Regno, che dà vita anche ad una capacità nuova di condivisione comunitaria, non fondata su legami parentali o culturali, ma sull’unione con Cristo nello Spirito. Ne deriva la necessità che in ogni Chiesa particolare ci sia un seminario diocesano per la formazione del futuro presbiterio, e delle comunità di consacrati, anche come luoghi “evocativi” di vocazioni indispensabili alla vita, alla santità e alla struttura sacramentale della Chiesa, “segni” di vocazioni che il Signore non può far mancare proprio anche a quella Chiesa particolare. Anche se il seminario fosse temporaneamente vuoto, non va comunque soppresso: è anzi occasione per tutta la comunità diocesana di ripensamento della pastorale, certamente poco vocazionale!
Annuncio, confronto e partecipazione ecclesiale
La vocazione di speciale consacrazione toccata con mano nel suo realizzarsi storico e nel suo dispiegarsi ecclesiale ed apostolico è una forma potente di annuncio vocazionale, di confronto e di provocazione per il discernimento dei propri desideri più profondi, e di coinvolgimento.
Nella propria Chiesa particolare infatti i carismi di vita consacrata e il ministero ordinato non sono corpi estranei, ma membri privilegiati anzi “giunture” o energie che sono essenziali alla sopravvivenza e al benessere di tutto il corpo ecclesiale. L’espressione comune tra i fedeli il “nostro” seminario, le “nostre” suore, i “nostri” frati… non sono espressioni di possesso esclusivo o strumentale, ma il riconoscimento che quelle vocazioni sono parte viva e indivisibile della comunità cristiana.
L’annuncio
Immediatamente forse ciascuno si rende conto di quanto siano importanti queste vocazioni per il servizio che fanno o per le responsabilità che portano, e li rimpiangono o li “pretendono” quando vengono meno! Ma il contatto continuo con queste realtà vocazionali forti provoca anche un ripensamento della propria identità cristiana e apre alla dimensione della vocazionalità iscritta in ogni vita umana. Dire che “ogni vita è vocazione” può rimanere una affermazione astratta o solo consolatoria, se non si vede mai nessuno che vive con decisione e fedeltà la sequela di Cristo e ne è contento. Vedere poi qualcuno che lo segue in una modalità radicale ed esclusiva – con una dedizione totale al ministero, all’apostolato, alla preghiera – ed è nella gioia… provoca a interrogarsi sul dono specifico di ognuno, più che ogni altro annuncio vocazionale. Ne deriva una indicazione pastorale: al di là del Seminario diocesano, che è obbligatorio in ogni diocesi, sono necessarie presenze carismatiche diverse di vita consacrata antiche o nuove, perché la pastorale vocazionale sia efficace, perché l’annuncio del Vangelo sia completo, perché la Chiesa si mostri al mondo con tutta la ricchezza dei doni dello Spirito.
Il confronto
Mettere a confronto la propria prospettiva di vita con quella di chi ha saputo rinunciare a tutto per il Signore e per la sua Chiesa, per la salvezza dei fratelli e per la diffusione della civiltà dell’amore, fa interrogare i giovani e gli adulti di oggi sulla propria autonomia e “autosufficienza” vocazionale. Uno dei problemi della diffusione della cultura vocazionale nel contesto della post-modernità, nel quale prevale l’immagine dell’“uomo senza vocazione”, è come suscitare la domanda sul senso pieno e ultimo della vita. “Fino a che punto do spazio alla mia interiorità? Non sto reprimendo i miei desideri più profondi o più alti? Sono veramente libero? Ho scelto davvero di amare qualcuno fino in fondo?”. E questo problema si ripete in parte anche tra i cristiani: “Fino a che punto faccio le mie scelte ascoltando i desideri dello Spirito in me?”; “Sono sicuro che quello che sto facendo è l’ideale per me; o mi sto accontentando del minimo?”.
Queste e altre domande simili, possono aprire alla dinamica vocazionale e mettere una persona in ricerca, portandola ad abbandonare l’illusione dell’autonomia assoluta e la ricerca della realizzazione di sé con i propri mezzi. Esse sarebbero solo domande astratte, che non penetrano e non convertono, se non fossero poste dalla vita, più che dalle parole, di qualcuno che vive con gioia e radicalità una consacrazione totale a Dio. Ne deriva un’indicazione pastorale: c’è una provocazione personale e comunitaria che va fatta ai vicini e ai lontani, mettendoli di fronte a queste vocazioni realizzate, perché si scuotano, si interroghino, si confrontino e chiariscano così quali sono in loro i veri desideri, quelli messi dal Signore a fondamento della vita: qual’è la loro vocazione davanti a Dio!
La partecipazione ecclesiale
La presenza inoltre di luoghi-segno coinvolge gli altri cristiani laici, giovani o sposati o anziani, nella vita interna di quelle comunità. Esse diventano oggetto di interesse per il modo caratteristico di quel carisma di mettere in pratica un aspetto del Vangelo; luoghi dove si può dare o ricevere aiuto partecipando all’attività apostolica specifica; spesso luoghi di comunione nella preghiera. Il contatto, il confronto tra vocazioni che sono fondate su stati di vita diversi, l’arricchimento reciproco che ne deriva è notevolissimo: anzi si può dire che è uno dei frutti più ricchi ed evangelici di questo dopo Concilio. La relazione reciproca e complementare tra le diverse vocazioni nella Chiesa, tutte dotate di una uguale dignità, come finalmente riconoscono teologi e magistero, fa crescere il corpo della Chiesa e la rende viva e capace di evangelizzare in modo nuovo: l’essere più coscienti della propria identità vocazionale si risolve in una più forte spinta alla missionarietà, all’apostolato, all’impegno intra ed extra-ecclesiale. Inoltre non c’è dubbio che i laici che si fanno amici stabili di una vocazione di speciale consacrazione ne ricevono un aiuto notevole per la formazione alla preghiera e al servizio disinteressato, una spinta ad assumere una mentalità ecclesiale e a vivere la comunione fraterna nella comunità parrocchiale e diocesana.
D’altro lato i laici, soprattutto se sposi che vivono con coerenza e sacrificio la loro vocazione, sono di grande aiuto ai consacrati e ai presbiteri perché mostrano loro una diversa simbologia e una vera realizzazione dell’amore trinitario e del rapporto tra Dio e l’uomo, tra Cristo e la Chiesa, ma insegnano a loro anche come concretizzare e a finalizzare a qualcuno la loro dedizione generale a Dio e ai fratelli. L’indicazione pastorale è che ogni chiesa particolare deve creare dei contesti di confronto e deve favorire la collaborazione tra comunità di consacrati e famiglie, tra sacerdoti e sposati, ma su un piano diverso dal passato e con finalità diverse.
In conclusione, se si può affermare che il contatto con le vocazioni e i carismi specifici è utile perché apre a delle realtà indispensabili alla vita cristiana ordinaria come la preghiera, la vita comune, la verginità per il Regno, la povertà e l’umiltà, l’apostolato e la missione, si deve anche dire che solo con questo incontro si può toccare con mano che la vita è davvero vocazione. E l’impegno stabile di testimonianza gratuita al mondo, con tutta una vita donata in modo esclusivo per la gloria di Dio, mette una Chiesa locale, ma anche i non credenti, di fronte ad un evento di grazia che non può non lasciare un segno. Anzi diversi segni: le comunità monastiche “testimoni del volto orante della comunità ecclesiale”; le comunità religiose apostoliche strumenti dei mille volti della carità di Cristo; le fraternità degli istituti secolari fermento della trasformazione del mondo dall’interno; i seminari diocesani grembo del presbiterio del Vescovo, danno tante voci e volti al mistero della vocazione, che in Gesù Cristo ha la sua sintesi e la sua pienezza.