Il pellegrinaggio del cuore
La domanda «qual è la volontà di Dio sulla mia vita?» sembra nascondere in molti – tra i pochi che, per la verità, ancora se la pongono – una nota malinconica, quasi si dovesse cercare chissà dove e chissà per quanto tempo e comunque sempre in uno spazio fuori di sé stessi, in attesa di qualche improbabile voce dal cielo che, guarda un po’, non arriva mai!
Accade sovente che le giovani e i giovani del nostro tempo che hanno il coraggio di mettersi al cospetto di questa inquietudine, non sappiano da dove partire per il viaggio della vita. Il mondo li spinge, da una parte, verso la direzione della realizzazione di sé ad ogni costo e, dall’altra, verso «una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie» (Card. J. Ratzinger, s. Missa pro eligendo Pontifice, 18 aprile 2005). La Chiesa da parte sua, nel corso di questo secolo, sembra aver ingenuamente data per scontata la comprensione delle parole di Gesù rivolte ai discepoli «non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv15,16) che invece, fraintese, lasciano molti in un atteggiamento passivo, delegando le decisioni ai guru del momento che si propongono come dispensatori di risposte per tutti.
La domanda più importante della vita diventa così quella spesso più disattesa, dispersa tra mille possibilità eterodirette o logorata dentro una insana solitudine autoreferenziale.
Quella che viviamo è una stagione complessa dove la dispersione è forse la cifra che più segna le ultime generazioni. E la dispersione è il vero contrario della felicità: ha a che fare con quella dolorosa incapacità di portare a compimento, contenere le energie, rimanere in raccoglimento, coinvolgersi in una missione; in ultima analisi la dispersione impedisce di vivere orientati ed essere fecondi. Questo tempo, così ricco di opportunità, ci fa essere più poveri nella capacità di scegliere e di decidere, di scartare ciò che non vale, ci disperde nei pensieri del nostro cuore.
Allora, quale via suggerire a chi vuole cimentarsi in una autentica ricerca del Bene e del Meglio a cui dedicare la propria vita?
«Rientra in te!» suggerisce sant’Agostino. «Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: la verità abita nell’uomo interiore». «Rientrate nel vostro cuore! Dove volete andare lontani da voi? Andando lontano vi perderete. Torna, torna al cuore (…). Rientra nel cuore: lì esamina quel che forse percepisci di Dio, perché lì si trova l’immagine di Dio; nell’interiorità dell’uomo abita Cristo, nella tua interiorità tu vieni rinnovato secondo l’immagine di Dio: nella di lui immagine riconosci il tuo Creatore».
Non si può conoscere la volontà di Dio se non entrando in relazione con lui, in «una relazione viva e personale con il Dio vivo e vero. Tale relazione è la preghiera» (CCC 2558).
«Dio per primo chiama l’uomo. Sia che l’uomo dimentichi il suo Creatore oppure si nasconda lontano dal suo volto, sia che corra dietro ai propri idoli o accusi la divinità di averlo abbandonato, il Dio vivo e vero chiama incessantemente ogni persona al misterioso incontro della preghiera. Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta. Mano mano che Dio si rivela e rivela l’uomo a sé stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di Alleanza. Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore. Si svela lungo tutta la storia della salvezza» (CCC 2567).
Quale strumento deve vibrare in noi per emettere il suono della preghiera? Da dove viene la voce della preghiera?
«È il cuore che prega» (CCC 2562). Il luogo della preghiera: la Bibbia lo chiama ‘cuore’. Designa l’interiorità dell’uomo.
Oggi occorre con urgenza consegnare questo annuncio ai nostri giovani: possiedono questo cuore! A noi tocca dire loro che hanno un cuore e che ne devono avere cura. E dovremo dire loro che Qualcuno questo cuore glielo ha donato.
Il mondo dice loro troppo spesso che hanno un corpo, che devono farsi notare e devono piacere. A qualcuno viene presto tolta la purezza e regalata la malizia e quasi ogni messaggio mediatico ha un contenuto sessualizzato. Il mondo dice loro che hanno talenti e intelligenza, che devono essere performanti, che possono avere successo, che devono conoscere persone che contano e diventare qualcuno di importante nella vita… o peggio li tratta da sciocchi, strumentalizzandoli per la società dei consumi.
«Il cuore – invece – è la dimora dove sto, dove abito (dove discendo). È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione; è il luogo dell’alleanza» (CCC 2563).
Il mondo già dice loro che il cuore è la sede dei sentimenti: non è del tutto sbagliato ma è parziale e troppo poco. Il cuore, nel progetto di Dio, è il luogo dell’intelligenza, la sede della coscienza, il sacrario dell’anima, la parte più autentica del sé. È l’organo della volontà e per questo va esplorato, conosciuto e aiutato a maturare.
Non parliamo qui di una sensibilità affettiva, nemmeno di una intelligenza emotiva ma della radice della nostra esistenza: è di questo luogo da custodire e in cui discendere che parla Gesù nel discorso della montagna (cf. Mt 6,6).
Accompagnare nel discernimento significa, dunque, accompagnare alla preghiera, farsi compagni di quel lungo e avventuroso pellegrinaggio interiore il cui percorso si snoda tutto nella stanza dove, chiusa la porta, pregare il Padre nel segreto; e il Padre, che vede nel segreto, regala la sua ricompensa.
È un viaggio che è giunto il momento di fare!