N.05
Settembre/Ottobre 2013

Caravaggio. Madonna del Rosario

La Madonna del Rosario costituisce una straordinaria maturazione di quanto Caravaggio aveva saputo produrre negli ultimi anni romani, essendo una stupenda sintesi di teatro sacro. Questa tela, attualmente conservata a Vienna, viene dipinta da Caravaggio a Napoli. Tra le prime commissioni ricevute, oltre alle Sette opere di misericordia corporale, c’è appunto anche quella per la cappella del Rosario nella Chiesa di San Domenico. Sebbene non esistano dati certi, il committente molto probabilmente fu Luigi Carafa Colonna, il cui nonno, Marcantonio Colonna, è ritratto nella tela mentre sorregge il mantello di San Domenico; inoltre il nome della casata è accennato dalla presenza di una colonna, propria dello stemma araldico della famiglia. La tela rende dunque esplicito omaggio alla famiglia committente e anche all’Ordine domenicano, cui i Carafa Colonna erano legati per molti aspetti e anche per una sorta di parentela con San Tommaso d’Aquino. Vediamo, infatti, Maria con in braccio Gesù Bambino e attorno a lei un gruppo di frati domenicani, mentre ai suoi lati possiamo riconoscere San Domenico e San Pietro Martire e, in basso, alcuni fedeli, tra cui Marcantonio Colonna. Questa ricca composizione risponde con immediatezza alle richieste della committenza, ponendo in evidenza l’Ordine domenicano e i Carafa Colonna.

Ma la tela dice molto di più, Caravaggio riesce a svolgere con profondità il vero tema, che è propriamente il Rosario, dunque Maria e dunque Gesù, perché, come si legge nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (2002) di Giovanni Paolo Il, raccogliendo una lunghissima tradizione: «Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore» (n. 1).

Con questa tela Caravaggio mostra di aver ben compreso cosa è il Rosario, e riesce a rappresentarlo con la bellezza dell’immagine artistica, strada privilegiata per introdurre alla «bellezza del volto di Cristo». San Domenico è posto alla destra di Maria, perché proprio a San Domenico è attribuita l’invenzione di questa straordinaria preghiera. Il domenicano beato Alano di Rupe (o della Roche), nel suo libro De dignitate psalterii, racconta che fu la Vergine Maria stessa a sollecitare San Domenico alla recita e alla diffusione del Rosario. Domenico si era ritirato in solitudine per pregare e far penitenza, sconsolato perché la sua predicazione contro le eresie degli Albigesi non produceva alcun frutto. Maria, commossa dalle lacrime del suo devoto figlio, gli si mostrò e gli offrì l’arma contro il potere del demonio: la corona del rosario. «…È un omaggio che gradisco immensamente e mi piace ancora di più se vi unite la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, perché tale meditazione è l’anima di questa preghiera. Non solo perché i devoti adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui».

Alano narra anche che nel 1200 San Domenico fu catturato con il suo compagno Bernardo sulle coste della Spagna, vicino a San Giacomo e messo ai remi della nave. Un giorno scoppiò una terribile tempesta. Stavano per naufragare, ma San Domenico esortò i suoi carcerieri a far penitenza e ad implorare Gesù e Maria. La leggenda continua dicendo che la Vergine si commosse, fece cessare la tempesta e i pirati si convertirono. San Domenico predicò con tanto vigore la recita del rosario che questa preghiera divenne popolarissima e ispirò inoltre ai suoi frati un eccezionale fervore nel recitare l’Ave Maria.

Negli anni in cui Caravaggio dipinge, il Santo Rosario vive un periodo di estesa diffusione popolare grazie all’intensa azione dei domenicani. Nel Cinquecento, poi, si era diffuso a tal punto da ricevere un’altra trasformazione operata dal domenicano Alberto da Castello, che aveva scelto quindici misteri tra i tanti ormai pregati, proponendoli alla meditazione e costituendo il santo Rosario nella forma che conosciamo oggi. Grande importanza nella diffusione del Rosario, come esercizio di devozione e di meditazione, avevano anche le confraternite laiche mariane. Caravaggio raccoglie anche quest’aspetto di preghiera popolare e riesce ad esprimerlo con grande pregnanza teologica. Nella tela, infatti, vediamo i fedeli tendere le mani come se implorassero un dono; sono povere persone, malvestite, sporche e malate; che hanno bisogno di tutto e sembrano chiedere quel tutto di cui mancano. In loro Caravaggio riesce a ritrarre la povertà che s’incontrava quotidianamente in quel momento storico a Napoli, una delle città più grandi d’Europa, con un’altissima quantità di miseri.

Con grande densità Caravaggio dipinge San Domenico con le mani aperte e lo sguardo rivolto a Maria, mentre Maria è ritratta con un tipico gesto materno, muto ma eloquente, e sembra far cenno a Domenico di distribuire le corone del Rosario. Maria è rappresentata così come possiamo immaginarla alle nozze di Cana, quando silenziosa ma decisa chiese ai maestri di tavola di fare quello che Gesù indicava. Sembra, infatti, chiedere a Domenico di fare la volontà di Gesù. Perché, il tutto di cui i poveri mancano, è racchiuso nei grani del Rosario. La vera miseria è la mancanza di fede; allora quei poveri con le mani protese ci ricordano in qualche modo i crudeli pirati carcerieri di San Domenico, che nell’angoscia della tempesta hanno saputo capire per cosa e per chi vivere e sopravvivere.

Il dipinto è in questo modo un’esortazione semplice e diretta alla preghiera come meditazione sui misteri della vita di Gesù e di Maria, come se dicesse che tutto ciò di cui si ha bisogno è racchiuso in quei misteri e solo da Gesù Cristo può provenire. La scelta di Caravaggio è molto precisa; egli non rappresenta i bisogni soddisfatti, le grazie ricevute, i miracoli; sa bene che Maria risponde alle preghiere dei suoi fedeli – come scrisse Dante nella Divina Commedia: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disianza vuol volar sanz’ali» (Paradiso, XXXIII, 13-15) –, perciò vuole evidenziare che non è nei beni ricevuti il senso della preghiera, ma nell’unico Bene, quello che Maria tiene tra le braccia.

San Pietro martire, posto alla sinistra di Maria, esibisce un’evidente ferita sul capo mentre, guardando fisso negli occhi dell’astante, indica con la mano destra Maria con in braccio Gesù bambino: un modo eloquente e immediato per ricordare che la fedeltà al Vangelo non comporta necessariamente onori e ricchezza, ma è piuttosto la conformazione della propria vita a quella di Cristo. Nel momento in cui Caravaggio dipinge era ancora vivo il ricordo della grande grazia concessa dalla Madonna del Rosario, ovvero la vittoria in quello che sembrava uno scontro epocale tra la cristianità e l’impero Ottomano. Papa Pio V aveva invitato tutta la cristianità alla preghiera del Rosario, emettendo anche una bolla al proposito nel 1569, Consueverunt romani pontifices, promuovendo processioni pubbliche e penitenze per la salvezza del popolo cristiano, prossimo ad essere sopraffatto. Quando nel 1571 la flotta cristiana ottiene a Lepanto una decisiva vittoria nei confronti degli Ottomani, il Papa era raccolto in preghiera e, prima ancora di poter avere notizia della vittoria, aveva avuto l’ispirazione di far suonare a festa tutte le campane di Roma, certo di aver ottenuto dalla Madonna del Rosario la grazia tanto richiesta. Dopo questo fatto, Pio V aveva inserito il titolo Auxilium christianorum nelle litanie e aveva istituito nel giorno 7 ottobre la festa di Santa Maria della Vittoria, poi trasformata da papa Gregorio XlII in festa della Madonna del Rosario. Caravaggio nella sua tela deve anche celebrare la vittoria di Lepanto, cui aveva partecipato peraltro un membro della famiglia Colonna, e l’artista riesce a rappresentare il vero volto di quella vittoria: il volto della fede, di chi tutto pone nelle mani di Maria, sicuro che quelle mani portano Gesù.

L’artista non si limita a celebrare i doni ricevuti grazie alla preghiera del Rosario, ma ne mostra soprattutto il significato. Nella preghiera si è vicini a Gesù e a Maria, nella preghiera si comprende il senso della propria sofferenza, nella preghiera si stabilisce un legame profondo tra la nostra miseria e la misericordia di Dio. Caravaggio ci esorta a unirci a quel gruppo di fedeli, che per primi si sono inginocchiati per ricevere il vero dono che Maria porta a chi prega come San Domenico: Gesù Cristo.

Maria è dipinta con il Bimbo in braccio. Si tratta della rappresentazione del tema della maternità, che è l’oggetto di meditazione di un mistero della gioia, appunto la nascita di Gesù, ma è anche l’immagine più immediata di Maria che è Madre dei fedeli in quanto Madre di Gesù. Il grande mistero dell’incarnazione è il cuore del Vangelo e Caravaggio sa di non poterlo mai aggirare. Del resto, l’incarnazione è il volto di Dio che si offre alla rappresentazione degli artisti.

Proprio perché artista, Caravaggio non può non amare il Dio che si fa visibile, che si fa carne, colore, ombra, proprio lui che è Luce. E anche dei fedeli Caravaggio ama rappresentare l’aspetto più povero e debole. I tanto citati piedi sporchi dipinti da Caravaggio sono proprio un atto di pittorico amore verso la realtà così come si dà, nella sua debolezza e nella sua povertà. Alla povertà dell’uomo risponde Dio abbassandosi fino a lui, facendosi debole per rendere l’uomo forte. Maria è il cardine di questo misterioso movimento, creatura e madre del Creatore.

Nella tela, Maria funge strutturalmente da elemento portante: a lei rimandano gli sguardi e i gesti, e da lei partono lo sguardo e il gesto che danno il verso alla dinamica del quadro. I fedeli che si rivolgono a San Domenico ricevono da lui ciò che Maria maternamente consiglia, ovvero la preghiera. Il realismo con cui i fedeli sono dipinti ha il grande effetto psicologico di creare identificazione tra il popolo fedele e la scena rappresentata.

C’è una continuità tra l’immagine e la realtà, ottenuta con sapiente effetto retorico. In questo modo l’opera d’arte assolve il suo compito sacro di rendere presente ciò che non si vede e Caravaggio, conoscendo bene le potenzialità della pittura, riesce a utilizzarle con sempre maggiore maturità.

 

olio su tela,

1607, Kunsthistorisches Museum, Vienna

 

 

 

 

 

 

 

 

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