Profondità
«Quando si parla di realtà profane “in quanto tali”, si prescinde in modo volontario o involontario dalla loro origine e dalla loro finalità. Come stupirsi allora se, dopo avere distaccato attraverso un’operazione razionale le realtà del mondo dalla loro relazione a Dio, si fatica poi tanto a riscoprirla? Il materialismo non è meno astratto dell’idealismo, perché il significato delle cose è iscritto nel loro essere, seppure nascosto e come sprofondato nella materia» (Ch. A. Bernard, Mediazioni spirituali e diversità delle spiritualità, 47).
Ai bambini piace fare domande. È il loro modo di esplorare il mondo: ‘Che cos’è?’, chiedono. E la risposta degli adulti raramente si dipana in una storia. Quasi sempre, il nostro modo di leggere la realtà tende a concettualizzare, a definire, ma si potrebbe suggerire anche un modello diverso di interpretazione del mondo orientando a scorgere un universo decisamente più ampio perché fatto di cose imbevute di racconti, di vita. ‘Che cosa ti dice?’, si potrebbe ribattere invitando a cogliere gli affetti che la realtà suscita.
Il pane che viene portato all’altare è imbevuto della storia di chi ha arato la terra nella quale il grano è cresciuto, del sudore di chi lo ha seminato, dell’operosità delle mani di chi lo ha impastato in un momento preciso della sua vita, forse una giornata piena di gioia o segnata dal dolore o tinta dalla semplice ferialità di ogni giorno. Letta alla superficie, un luogo sacro o un’opera d’arte può essere descritta inquadrandone il periodo storico o lo stile architettonico e si può rimanere affascinati dalla minuzia dei particolari o dalla tecnica applicata. Se lo sguardo è accompagnato alla profondità del testo, però, è possibile ascoltarne il racconto che l’artista ha voluto mischiare con il colore e la pietra diventa viva.
Riconoscere la vocazione è un esercizio di contemplazione. Stare davanti alla realtà per ascoltarne il racconto è liberare la mente dalla sua innata predisposizione a dare contorni offrendole la possibilità di riconoscerne il movimento e coglierne l’invito. Così, grazie all’affetto profondo del corpo e del cuore, chi contempla può cogliere, attraverso la superficie dei fatti, una promessa di vita per arrivare – con la sapienza della ragione – ad intuire il bene da compiere, per sé e per gli altri, e giungere a decidere di donare la vita, per amore.
Ringraziando l’Ufficio Nazionale per i beni culturali e l’edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana, sia questo numero redatto in collaborazione un’occasione per ricercare nell’arte sacra uno spunto per l’annuncio vocazionale.