N.04
Luglio/Agosto 2024

La geometria del caos

Luoghi, si ricordi, da cui non si può mai più tornare

Arturo Pérez-Reverte, Il pittore di battaglie, Marco Tropea Editore

 

Andrés Faulques era un fotoreporter di guerra, uno bravo. Forse il più bravo, perché non c’era spazio per la pietà nel suo sguardo, solo istinto e freddezza tecnica, la ricerca infallibile dell’inquadratura perfetta: “Un testimone indifferente e ideale”. Ha visto e documentato gli orrori da troppi conflitti, oggi quasi dimenticati: Cambogia, Cipro, Sudamerica, Africa, ex Jugoslavia. Le sue fotografie diffuse e ammirate come icone laiche. Un giorno qualcosa si è spezzato, il dolore lo ha travolto in maniera così inesorabile da spingerlo a ritirarsi nell’anonimato, in una torre sul mare, a dipingere un enorme affresco circolare: la summa di tutte le battaglie del mondo, il caos dall’assedio di Troia a oggi. Vuole scoprire, e rivelare, il codice segreto che si cela dietro ogni guerra, sempre uguale a sé stessa nella sua disumanità: “Perché il dolore e tutti i dolori fossero sopportabili”. Ma il passato torna a reclamare tempo e colpe, a esigere il tributo di responsabilità mai prese in considerazione. Alla sua porta si presenta un uomo, dice di chiamarsi Ivo Markovic, croato, che gli parla di una foto famosa, da premio, scattata nei Balcani: “Io sono il soldato di quella foto”. L’immagine che a Faulques era valsa riconoscimenti e fama, per Markovic aveva significato la perdita di tutto. E dopo anni è giunto il momento della vendetta, ma prima: “Mi serve parlare con lei, conoscerla meglio, fare in modo che sia al corrente di alcune cose. Voglio che sappia e capisca… Poi, finalmente, potrò ucciderla”. Inizia così un faccia a faccia intessuto di ricordi e amarezza, in cui i due uomini che si fronteggiano, perdenti e rassegnati, uniti dalla sconfitta del vivere, cercano di capire le geometrie del caos e rispondere alle grandi domande di senso: perché la crudeltà umana? Perché la sofferenza degli innocenti? Perché uno vive e uno muore? Non è difficile immaginare quanto ci sia del vissuto dell’autore stesso nelle riflessioni e nei dialoghi dei due personaggi: prima di dedicarsi alla letteratura Arturo Pérez-Reverte è stato per vent’anni inviato di guerra per giornali, radio e televisione. Sa di cosa parla, e sa che l’arte e la cultura servono a restituirci l’umanità perduta: “La verità è nelle cose, non in noi, ricordò. Ma ha bisogno di noi per manifestarsi”.