N.06
Novembre/Dicembre 1999

La “Giornata” preparata con e tra i giovani…

 

 

 

…È una bella carità aiutare i giovani a porsi la domanda:“E tu che farai?”.

Quest’espressione ci sembra sintetizzi molto bene il servizio che nella Chiesa noi Apostoline siamo chiamate a svolgere e cioè l’orientamento vocazionale dei giovani. Ed è proprio nell’ambito di questa nostra missione che ogni anno, durante il periodo estivo, proponiamo ai giovani l’esperienza degli Esercizi Spirituali come momento privilegiato dell’incontro con il Dio che chiama, in modo unico e singolare, a rispondere alla propria vocazione.

Anche quest’anno 1999, aiutate da don Fabrizio Pieri, docente all’Istituto di spiritualità della Gregoriana, abbiamo riflettuto sul tema proposto dal Centro Nazionale Vocazioni in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: “Nella fedeltà è il mio amore… Eccomi!”. Meditando sulle innumerevoli esperienze bibliche, nelle quali è chiaramente presente la costante della fedeltà di Dio alla sua alleanza e del tentativo dell’uomo di rispondervi, abbiamo chiesto ad un “testimone” del Nuovo Testamento di farsi nostro compagno di viaggio: Pietro. Pietro, così com’è presentato nei Vangeli, è un uomo ricco di contraddizioni, di dubbi, di punte d’orgoglio, di fede semplice e schietta, sul quale Gesù Cristo non ha mai smesso di scommettere neanche dopo la paura e il rinnegamento.

Con il nostro compagno abbiamo percorso un itinerario che si è snodato attraverso l’esperienza della chiamata, della professione di fede, della prova e della scommessa dell’amore: “Mi ami tu?”, fino ad arrivare all’esperienza della Trasfigurazione di Gesù. Prendendo spunto da una frase di Edith Stein “La vocazione non la si trova semplicemente dopo aver riflettuto ed esaminato le varie strade, è una risposta che si ottiene con la preghiera”, abbiamo vissuto le nostre giornate cercando di assumere alcuni atteggiamenti interiori che hanno sicuramente favorito il nostro itinerario: l’ascolto della Parola di Dio come incontro con la “persona” di Gesù Cristo; il silenzio come capacità di avere un cuore continuamente in ascolto; il confronto con noi Apostoline  e con il sacerdote, come momento di verifica e di condivisione della propria storia con Dio.

Nel desiderio di stare “a cuore a cuore” con il Maestro abbiamo iniziato le nostre giornate con il vivere l’esperienza della Lectio Divina e per i giovani è stato veramente un momento di incontro con una pagina di Vangelo che è “presenza” di Gesù che introduce alla ricerca della volontà del Padre attraverso il desiderio di scoprire, ogni giorno, “il meglio” (crescita) e non “il massimo” (legalismo) di noi stessi e di quello che possiamo dare.

 

La chiamata di Pietro: la vocazione personale

In compagnia di Pietro, nel primo giorno, ci siamo fermati a meditare una pagina di Luca 5,1-11 che racconta la sua chiamata e quella dei primi discepoli. Rilevando la gratuità di Gesù, che con Pietro si “fa avanti” per primo, guarda e prende l’iniziativa, abbiamo cercato di scrutare l’originalità della nostra vocazione personale che trova il suo fondamento nella gran libertà di Dio nei riguardi dell’uomo, una libertà che spesso, però, facciamo fatica ad accettare perché pretendiamo di far ragionare Dio secondo i nostri orizzonti. La risposta alla nostra vocazione personale è invece quel brillare di gioia come le stelle di Baruc (3,34-35), un brillare, che è espressione di serenità e di riconciliazione per l’essere se stessi, che ci fa “amare l’Amore”. A conclusione della nostra giornata, vissuta nel segno del “sentirsi interpellati qui ed ora”, abbiamo preso visione di una videocassetta che ci ha presentato l’esperienza di Dorothy Day (vhs “La ribelle dell’East Side”) come persona interpellata da Dio che ha risposto, non senza fatiche e resistenze, rimanendo fedele alla sua vocazione che concretamente si è realizzata attraverso l’incontro con il Cristo nei poveri ed emarginati.

 

“Chi dite che io sia”?: la professione di fede

Nel secondo giorno, meditando sul vangelo di Luca 9,18-24 ci siamo lasciati provocare dalla domanda di Gesù: “Voi chi dite che io sia?”, puntando sul fatto che Gesù ha bisogno che noi gli diciamo ciò che proviamo nei suoi confronti. Infatti, riuscire a dire “Tu sei il Cristo” non è una semplice affermazione ma implica un coinvolgimento totale di vita, quasi un battito all’unisono con il suo cuore che concretamente significherà diventare suoi discepoli chiamati a percorrere la stessa strada del Maestro, strada di croce e di dono totale di sé, che però culmina nella Risurrezione, nella vita piena. Sulla scia di questa fedeltà, abbiamo vissuto la splendida esperienza della veglia di preghiera che si è protratta per tutta la notte in “compagnia” di Rut e Noemi (Rut 1,1-16) come esempio di fedeltà nell’amicizia, Geremia (Ger 20,7-9) come forza interiore che spinge ad annunciare, a lanciare un grido di speranza per tutti, Maria e Giovanni (Gv 19,25-27) come fedeltà fin ai piedi della croce, e di noi stessi con Gesù (Gv 15,9-11) per pronunciare, ancora una volta, il nostro “eccomi”.

 

La prova della vocazione di Pietro: la scommessa dell’amore

La nostra riflessione è proseguita, durante il terzo giorno, orientata sulla prova della vocazione di Pietro attraverso la pagina del vangelo di Giovanni 21,1-23, ci siamo detti che scommettere sull’amore è vivere un’affettività intelligente, è rispondere ad una chiamata crescendo nell’amore è vivere un’affettività intelligente, è rispondere ad una chiamata crescendo nell’amore e nell’amicizia con il Signore. Vivere un’affettività intelligente significa, inoltre, accogliere anche l’esperienza del “tradimento”, del rinnegamento che spesso, come Pietro, ci troviamo a vivere. Il Signore però ci da sempre la possibilità di poter incontrare il suo “sguardo”, uno sguardo di misericordia e di speranza che forse ci farà anche piangere, ma con la certezza che saranno proprio quelle lacrime a permettere alla grazia di Dio di essere feconda. 

Quest’incontro con lo sguardo amicale del Cristo è stato vissuto con molta intensità durante la celebrazione della liturgia penitenziale che, come Pietro ci ha esortati, è sfociata in un “esultare di gioia” (1 Pt 1,9) per lo sguardo ritrovato. Inoltre, durante questa giornata, abbiamo avuto modo di ascoltare l’esperienza di due testimoni del nostro tempo che hanno condiviso il loro cammino di fede/fiducia nel Signore sottolineando come la fedeltà di Dio nella loro vita non è venuta mai meno alimentando così il loro desiderio di rispondere in pienezza al dono della vocazione.

 

Il deserto: “È bello per noi stare qui”

Questo nostro itinerario ha trovato il suo culmine nell’esperienza della giornata di deserto, come possibilità di “salire sul monte” che è il cuore stesso di Dio, accompagnati dalla parola dal vangelo di Luca 9,28-36 sulla Trasfigurazione, e attraverso il silenzio prolungato per tutto il giorno abbiamo cercato di “vedere” nella nostra vita le bellezza del volto del Figlio. Il monte della preghiera vera è la possibilità che diamo a Dio di donarci suo Figlio, l’eletto, che s’inserisce nel nostro cuore e ci fa volare in altro: è stato questo il nostro vivere il silenzio!

Come tutte le esperienze “importanti” della vita, anche queste giornate sono state caratterizzate da tanti momenti di “fatica” nel cercare di mettersi in “sintonia” con il “desiderio” di bene di Dio, una fatica che è stata però “ricompensata” dalla “bellezza” dell’incontro con il Dio che chiama. Ciò che abbiamo cercato di comunicare ai giovani, è stato che non eravamo li per “cercare” le vocazioni, gli stati di vita ma semplicemente eravamo sorelle che aiutavano a fare “un passo in più” per diventare sempre meglio ciò che ognuno è chiamato ad essere. E questo con la certezza che solo scrutando in profondità lo Spirito di Dio potremmo rispondere e corrispondere con libertà e verità alla nostra unica e irripetibile vocazione.

A tutti, buon cammino nella fedeltà!