L’importanza del diacono nella pastorale ordinaria
La XLVI Assemblea generale della CEI dello scorso maggio, sul tema “le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella prassi pastorale delle nostre chiese”, ha fortemente ribadito la necessità che l’animazione vocazionale si cali sempre più nella pastorale ordinaria. Questo, in modo particolare, deve sottolinearsi a riguardo della vocazione al diaconato permanente che è una vocazione nuova; se, infatti, a differenza delle altre vocazioni di speciale consacrazione, le vocazioni al diaconato permanente conoscono una notevole espansione numerica e geografica, tuttavia il dinamismo di crescita non è omogeneo. Restano una cinquantina circa di diocesi dove il diaconato permanente non è stato ripristinato e, in gran parte delle altre, la presenza dei diaconi permanenti non è ugualmente distribuita; così come lo stesso livello numerico, pure in crescita, non ha ancora una rilevanza e una collocazione certa nel panorama ecclesiale. Non è ancora diffusa nelle nostre chiese una “coscienza diaconale”. C’è da tener conto del fatto che ci si è trovati di fronte a un ministero da secoli non più familiare, ma sopratutto debole è la catechesi sul diaconato permanente e altrettanto debole una pastorale della vocazione diaconale.
Se la pastorale della vocazione al diaconato permanente s’iscrive nel contesto più generale della pastorale vocazionale promossa dalla chiesa particolare e si sviluppa come ogni altra vocazione in una situazione in cui si coltiva la consapevolezza della chiamata di tutti, il senso della generosità e del servizio, è pur vero che occorre intensificare la pastorale vocazionale specifica, così che si colga nel diaconato permanente il dono dello Spirito che immette nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale.
Ciò è fondamentale anche per non correre il rischio del farsi strada di una concezione superficiale e impropria del diaconato permanente, come una semplice opportunità eminentemente supplementare alla mancanza dei presbiteri, così che il ripristino del diaconato permanente appaia come semplice momento di organizzazione dei servizi ecclesiali. I mezzi di una pastorale della vocazione diaconale sono quelli di sempre: la catechesi, la preghiera, l’esplicita proposta della vocazione. L’inserimento nella pastorale ordinaria di un itinerario sul diaconato per suscitare questa nuova vocazione esige anzitutto di promuovere un’opportuna catechesi sia tra i laici che tra i sacerdoti e religiosi in modo che il ministero diaconale sia compreso in tutta la sua profondità[1].
Al riguardo si impone una particolare attenzione alla precisione del linguaggio, non sempre coerente negli stessi documenti: si usa di frequente il termine clero restringendone il significato ai soli presbiteri mentre esso include i tre gradi dell’Ordine: vescovi, presbiteri, diaconi; conseguentemente si prega per le vocazioni al ministero ordinato e se ne parla riferendosi solamente alle vocazioni al presbiterato.
Alcune diocesi hanno opportunamente edito sussidi integrativi delle sintetiche presentazioni del diaconato nei catechismi della CEI: si tratta di una catechesi più diffusa come ad esempio l’opuscolo “Il diaconato: una catechesi” da parte della Commissione di coordinamento dei diaconi permanenti della diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, o quello redatto a cura del Centro di formazione del diaconato permanente della Arcidiocesi di Torino o pratici depliants come quello della Regione Ecclesiastica Toscana. Si tratta di iniziative utili e quanto mai opportune per una diffusione della sensibilizzazione sul diaconato nelle nostre comunità. Un ministero da far conoscere quello del diaconato e insieme da promuovere.
È da tenere poi sempre presente che anche per il diaconato vale la parola di Gesù “pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38). La preghiera per le vocazioni diaconali deve entrare nella Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni e deve essere richiamata di tanto in tanto nelle intenzioni della preghiera dei fedeli, così che, insieme alla invocazione, si tenga desta la coscienza del dono del Signore e la disponibilità ad accoglierlo. Alla sensibilizzazione sul diaconato permanente servono, per una presa diretta sulle comunità, anche iniziative particolari: alcune chiese particolari segnalano l’efficacia di un piano sistematico di alcune catechesi consecutive nelle parrocchie di una medesima zona, accompagnate da momenti di preghiera e dalla testimonianza di diaconi permanenti. La Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla, che ha adottato da tempo tale esperienza, la conclude nelle assemblee eucaristiche di una domenica prestabilita con la segnalazione al parroco, mediante elezione, delle persone che potrebbero essere presentate al Vescovo per l’aspirantato. Nella mia piccola diocesi è stata determinante la riflessione sull’Ordine nei suoi tre gradi fatta in tutte le parrocchie in preparazione al Sinodo diocesano mentre contemporaneamente si portava avanti la formazione dei primi candidati al diaconato permanente; proprio con l’apertura del Sinodo ha coinciso l’ordinazione di nove diaconi, quattro dei quali permanenti, i primi quattro. Altri due permanenti ho potuto ordinare concluso il Sinodo e quattro nuovi aspiranti inizieranno col nuovo anno pastorale il cammino di preparazione. Questa concreta presentazione del diaconato permanente, in un momento particolarmente solenne e, soprattutto, partecipato dalla intera diocesi, ha contribuito a una generale, favorevole accettazione, creando il clima adatto alla sensibilizzazione vocazionale.
La coscienza diaconale diffusa, radicata e maturata nella fede, può offrire elementi oggettivi di riscontro per poter riconoscere la chiamata del Signore. D’altra parte se l’origine della vocazione è opera della grazia, che interpella colui che è chiamato, il suo discernimento avviene nella Chiesa e ad opera della Chiesa. Pertanto la comunità diocesana e, in particolare, quella parrocchiale non può rimanere passiva al riguardo. Il contesto idoneo nel quale matura la vocazione al diaconato è “una chiesa intenta a discernere le vie per le quali oggi il Signore la chiama a sostenere la responsabilità del Vangelo, a vivere e a manifestare il mistero della comunione, a tradurre in opere e istituzioni la premure della carità e i diversi servizi pastorali”[2].Una parrocchia impegnata a crescere come “comunità che annuncia, celebra e testimonia il Vangelo della carità”, sotto la guida del parroco è chiamata, in un clima di fede e di preghiera, a svolgere una prima opera di discernimento dei possibili “chiamati”, individuando tra coloro che già di fatto esercitano un servizio catechistico, liturgico, caritativo e pastorale quelli che godendo della buona stima della comunità presentano spiccate caratteristiche di servizio diaconale e a tradurre il discernimento in proposta alla valutazione di chi viene prescelto. Si tratta certamente di un primo discernimento che avrà modo di essere approfondito successivamente prima di divenire pubblico e ufficiale con l’ammissione tra i candidati al diaconato mediante il rito previsto. Ma la proposta iniziale è una provocazione fondamentale alla coscienza in ordine al consenso.
L’azione della Parrocchia, tuttavia, è possibile in un contesto diocesano che offra di fatto le condizioni necessarie perché il ministero diaconale possa essere correttamente inserito ed esercitato. Il ripristino del diaconato permanente non può non essere inscritto nel piano pastorale diocesano sia per ciò che riguarda l’annuncio della nuova vocazione, il discernimento degli aspiranti, la formazione dei candidati, il ministero. Tutto ciò suppone l’erezione di strutture necessarie e la scelta di idonei collaboratori del vescovo come indicato dalle recenti Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti della Congregazione per l’Educazione Cattolica e dal Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti della Congregazione per il Clero. Ma per rimanere al momento della animazione e promozione vocazionale decisiva è la scelta del Delegato del Vescovo e la collaborazione all’interno del Centro Diocesano Vocazioni. Così come è di grande utilità a un’azione pastorale omogenea il Coordinamento regionale tra le Commissioni diocesane del Diaconato permanente, che già è in atto in alcune Regioni ecclesiastiche. Soprattutto l’apporto di tale organismo dovrà sostenere una più diffusa sensibilizzazione e un maggiore approfondimento dell’identità e del ruolo del ministero diaconale, per farlo uscire da una situazione depressiva di clero da riserva che ne compromette sul nascere la dimensione profetica.
Note
[1] CEI, Orientamenti e Norme, 6 (che cita Evangelizzazione e Ministeri, 60).
[2] CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Norme fondamentali per la formazione dei Diaconi permanenti, 16.