N.03
Maggio/Giugno 1999

“Riappropriamoci dell’amore”

“La vita non è una banalità, ma è una cosa seria; non è un gioco da sabato sera, ma è un impegno meraviglioso; non è una corsa al successo, ma è una missione d’amore”.

È stata questa la proposta della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni per l’anno 1999, che ha avuto luogo giorno 25 Aprile u.s., organizzata dal Seminario Arcivescovile Pio XI, dal Centro Diocesano Vocazioni, dall’Ufficio di Pastorale Giovanile, e che ha avuto come sede della sua celebrazione – per la prima volta a livello nazionale – la Diocesi di Reggio Calabria – Bova. Ecco allora a domandarci che senso ha una tale iniziativa? Cosa significa annunciare oggi, la possibilità stupenda di vivere la vita come risposta ad una “chiamata”, che abbia il suo contenuto centrale nell’amore fedele? Significa semplicemente questo: “Amore”. Madre Teresa di Calcutta diceva: “La peggiore malattia dell’occidente non è l’AIDS, ma è il non sentirsi amati. Vi è fame di amore e fame di Dio. Una volta che comprendi quanto Dio sia innamorato di te, puoi vivere solo irradiando questo amore. Ognuno di noi ha bisogno di amore. Ognuno di noi deve sapere di essere desiderato e di essere importante per Dio”.

In questo contesto, il tema di preghiera e catechesi della Giornata Mondiale per le Vocazioni di quest’anno – Nella fedeltà è il mio amore… Eccomi! – annunciando il valore vocazionale della “fedeltà”, è stata una proposta rivolta a tutti, in modo particolare ai giovani, ad uscire allo scoperto ed a farsi carico in prima persona di un’inversione di tendenza. A tal proposito il Santo Padre, nel suo messaggio in occasione di tale giornata, ha ricordato che per la persona umana la fedeltà a Dio è garanzia di fedeltà al proprio essere e, in tal modo, di piena realizzazione del proprio progetto di vita. È in questo senso che la giornata, nello svolgimento, ha trovato la sua piena realizzazione. 

Alle ore 8,30 in un clima di gioia e di festa è iniziata l’accoglienza e la sistemazione dei giovani, appartenenti a tutte le Associazioni, Movimenti, Gruppi reggini, e di numerosi altri partecipanti convenuti nell’Auditorium San Paolo da altre Diocesi della Calabria. Di seguito don Luca Bonari, Direttore del Centro Nazionale Vocazioni, ha guidato la riflessione sul tema della Giornata, sollecitando i più di 1300 giovani presenti a riscoprire e vivere la fedeltà come valore importante e fondamentale della propria vita, che rende credibile e vera la testimonianza che ogni vocazione è chiamata a rendere nella Chiesa e nella società. La Celebrazione Eucaristica, presieduta da S.E. Mons. Vittorio Mondello e, teletrasmessa da Rai1 alle ore 11, unitamente alla preghiera di adorazione che l’ha seguita, sono state il cuore dell’intera manifestazione. Ciascuno è stato chiamato infatti, a conformarsi a Cristo: l’“Eccomi” fedele del Padre all’uomo. Successivamente tra le 13 e le 15,30, nella gioia e nell’allegria, tutti i giovani convenuti si sono riuniti insieme nella Villa Comunale ed in altri luoghi per condividere un’agape fraterna, durante la quale hanno avuto la possibilità di intrecciare numerosi rapporti di conoscenza.

Ottimo momento della Giornata è stata la condivisione che i partecipanti hanno fatto in alcuni gruppi, animati da seminaristi, dai componenti del Centro Diocesano Vocazioni e da alcuni rappresentanti delle altre Associazioni ecclesiali. Si è avuta così la possibilità di confrontarsi sui contenuti e le suggestioni raccolte nella prima parte della giornata. Quindi alle 17,30, ritrovatisi nuovamente insieme in Piazza Duomo è iniziata una comunicazione vivace, durante la quale dieci giovani, in rappresentanza di altrettanti gruppi, hanno riferito le risonanze sul tema proposto. Di seguito, don Luca facendo sintesi di quanto detto, ha consegnato ai giovani il mandato: “Fedeltà a se stessi, fedeltà agli altri, fedeltà a Dio: ecco la vocazione cristiana; un impegno di coerenza ed un modello di vita scelto in piena libertà e consapevolezza, un impegno di servizio amorevole ai frutti vissuto nel dono totale di e nell’abbandono alla volontà del Padre”.

A conclusione e coronamento di tutto, perché il valore della fedeltà non restasse un valore astratto, ma una realtà incarnata dinamica e creativa, hanno fatto seguito le testimonianze di Sr. Paola Dauria; Emanuela e Paolo Marchionni (una coppia di sposi, collaboratori del Centro sulla fertilità del Policlinico Gemelli di Roma); in collegamento telefonico con il Monastero della Visitazione di Reggio Calabria, Sr. Maria Amata. Inoltre per un’azione pastorale tesa a raggiungere anche i cosiddetti “lontani” (più di cinquemila persone) è stata prevista la testimonianza musicale del cantante Ron. A questa parte della serata ha fatto da presentatrice Maria Rita Viaggi, annunciatrice della Rai.

Al di là dei numeri e del clamore suscitato dalla novità di quest’iniziativa, perché tutto ciò non resti qualcosa di occasionale è necessario inserirlo in un contesto più ampio di attività diocesane, che sostanzialmente cercano di essere una risposta a questo quesito: “L’annuncio vocazionale con i suoi contenuti ed i suoi metodi, può essere una risposta alle problematiche di oggi?”. Viviamo storicamente in un contesto socio-culturale carico di contrasti e di contraddizioni, si assiste tra la gente ad una “fuga”, con i conseguenti individualismi sul piano personale ed i particolarismi sul piano sociale. Questo gioco di contrasti si riflette inevitabilmente sul piano della progettazione del futuro che è visto da parte di molti giovani in un’ottica limitata alle proprie vedute, strettamente funzionale ad interessi personali (autorealizzazione). È una logica che riduce il futuro a scelte mediocri che limitano la voglia di libertà e le possibilità della persona. Si viene ad avere così, una scarsa apertura al mistero, alla responsabilità nei confronti della vita ricevuta in dono e da generare negli altri. È, in altre parole, una sensibilità ed emotività che rischia di delineare i tratti di un “uomo senza vocazione”, giovani con un’identità incompiuta e debole, con la conseguente indecisione cronica di fronte alla scelta vocazionale. L’aspetto più drammatico, così, della società moderna è la congiura nei confronti del silenzio: oggi si fa di tutto per impedire al giovane di pensare, riflettere, di entrare dentro di sé. Le parole d’ordine sembrano queste: non pensare, divertirsi, consumare… e poi morire.

Di questa situazione, la nostra pastorale vocazionale diocesana se n’è fatta carico, ponendosi come obiettivo principale, quello di evangelizzare la “vocazione”. Da alcuni anni ormai, ci s’impegna innanzi tutto con la Preghiera per le Vocazioni, non solo nella liturgia, ma anche con una “catena” di preghiera che nella notte tra il terzo giovedì ed il terzo venerdi di ogni mese, s’innalza al cielo per implorare il dono delle vocazioni di speciale consacrazione. Un’altra modalità con cui si tenta di suscitare la domanda di senso, sono le Settimane Vocazionali parrocchiali, durante le quali la comunità, previamente sensibilizzata e preparata, suddivisa per archi di età, è invitata a riflettere ed a porsi seriamente l’interrogativo sul senso che vuole dare o ha voluto dare alla propria vita. A livello giovanile sono da lungo tempo avviate e collaudate alcune iniziative a carattere diocesano, come le Giornate di Spiritualità per Giovani, la Scuola di Preghiera, la Scuola della Parola, la Lectio Biblica mensile, gli Esercizi Spirituali per giovani, i Campi Vocazionali. Tutto questo apre nuove strade e chiede un nuovo impulso allo stesso processo di evangelizzazione della vocazione, il cui scopo trova la sua realizzazione nel servizio offerto alla persona perché sappia discernere il progetto di Dio sulla sua vita, animati dalla certezza che in ognuno c’è un dono originale che attende di essere scoperto. Ma allora, cosa si è voluto fare promuovendo questa Giornata?

Ponendo a centro di tutto Cristo, Via Verità e Vita, si è cercato di porre il giovane nella possibilità di snidare le sue pseudo-certezze, aiutandolo a fare emergere l’equivoco e la contraddizione di fondo: quell’interpretazione della vita troppo soggettivistica, che rende difficile una presa di posizione coraggiosa nei confronti della scelta vocazionale, e che fa percepire il progetto di Dio come nemico del bisogno di felicità dell’uomo. Ecco dunque la tematica che ha caratterizzato l’intera Giornata: “Riappropriamoci dell’amore”. Questo, come è realizzabile? Ecco le modalità ed i contenuti. Innanzi tutto occorre tirare fuori la verità dell’io, allo scopo di aiutare la persona nella ricerca della propria identità, del posto che occupa nella vita; non offrendo soluzioni immediate, ma indicando metodo e contenuti, come espressione di una fede capace di fare scattare la bellezza e la grandezza dell’avventura di una vita umana; riscoprire il silenzio e la preghiera, affinché ciascun possa ritrovare le grandi domande che inquietano ed illuminano l’esistenza. Chi sei Tu, Dio mio? Chi sono io? È indispensabile inoltre, aiutare il giovane ad accettare di non sapere, di riconoscere la vita come mistero, così che possa superarsi ed aprirsi al futuro in modo propositivo e progettuale, con gratitudine, accettazione di sé e gioia. Infine bisogna favorire la sua capacità di ascolto e relazione con l’Altro, sforzandosi di storicizzare più che possibile il Suo messaggio, in modo totale e definitivo.

Alla luce di quanto detto, appare chiaro, come in una società eticamente neutra, priva di modelli progettuali e di speranza, è urgente e fondamentale proporre un “progetto culturale vocazionale”. In un contesto sociale nel quale vediamo i giovani impantanati nella cultura della distrazione, dove le domande fondamentali corrono il rischio di essere soffocate o rimosse, proporre una cultura vocazionale significa permettere all’uomo di ritrovare se stesso, di riconoscere i bisogni più profondi ed autentici che chiedono di essere accolti, di riappropriarsi dei valori supremi. Ciò importa un’attenzione teologico-pastorale e pedagogico – educativa che metta in grado il giovane, la persona in genere, ad aprirsi ad una visione globale ed armonica della vita, in tutte le sue componenti: da quella biologica a quella psico-affettiva a quella spirituale.

La proposta vocazionale cristiana, così, ponendo nel cuore delle giovani generazioni quest’atteggiamento culturale – vocazionale di fondo, ricerca e scopre la pienezza di senso e di significato della vita come dono gratuito e totale di sé, al di fuori del quale non è possibile vivere, e apre la via alla realizzazione della persona umana. Questo cammino, però, deve avere il suo principio ed il suo culmine in Cristo, l’unico che “possa svelare pienamente l’uomo all’uomo” (Gaudium et spes 22).

È tuttavia doveroso, come conclusione a quanto esposto nello spirito di servizio per l’utilità comune, affermare che tutto questo sarebbe nulla se non vi fosse la carità: quell’amore supremo, cioè, che si fa animazione vocazionale “per contagio”, attraverso una testimonianza entusiasta, convinta, credibile, segno di un cuore totalmente e pienamente innamorato di Dio e dell’uomo.