Nella fedeltà è il mio amore… Eccomi!
Ancora un appuntamento singolare – per non dire speciale – tra ‘Vocazioni’ e i suoi sempre più numerosi lettori. Non lo rende così speciale il tema monografico perché è tradizione che il primo numero dell’anno veicoli il tema della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Da tempo si sa che tale giornata è – quest’anno – il 25 aprile e da tempo si sa che il tema è “Nella fedeltà è il mio amore… Eccomi!”. Ma non sempre il numero della rivista è stato considerato “sussidio”, direttamente collegato all’insieme dei sussidi che il CNV prepara per questa giornata. Una scelta opportuna.
Dopo tanti anni – durante i quali il compito di approfondire il tema della giornata era affidato al sussidio di catechesi – si sentiva il bisogno di distinguere tra quelle che dovevano essere alcune agili e sintetiche proposte di contenuto – immediatamente utilizzabili dagli educatori alla fede (un’omelia, un incontro di catechesi, una riflessione in gruppi ecc.) – e l’approfondimento biblico, teologico, spirituale e pedagogico che la rivista sembra meglio (per taglio e ampiezza) poter realizzare. Naturalmente questo numero della rivista diventa parte integrante dei sussidi e viene allegato alla busta.
Ma siccome sono molti gli abbonati che leggono la rivista ma non sono normalmente tenuti ad utilizzare la busta, riteniamo di fare cosa gradita inserendo nel presente editoriale la scheda di presentazione del tema curata da M. Fusarelli con sorprendente competenza ed incisività.
Dal Convegno alla “Giornata” e, specialmente, oltre…
Abbiamo appena celebrato il Convegno Nazionale di Studio sul tema: “Dalla comunione alla vita fraterna”. Oltre 500 partecipanti hanno vissuto alla Domus Pacis dal 3 al 5 gennaio un appuntamento che ogni anno si rivela sempre più prezioso. Don Lorenzo Ghizzoni offre, al termine di questo numero, un resoconto del Convegno utile per coloro che non vi hanno potuto partecipare e sono in attesa degli Atti.
Ci stiamo preparando alla Giornata. I sussidi sono già tutti nelle nostre mani. I Direttori dei CDV hanno ricevuto già la busta-omaggio (sono gli unici a godere di questo favore particolare perché hanno il compito della promozione). Una tempestiva e sollecita prenotazione dei medesimi facilita molto il compito della nostra Segreteria anche in vista di probabili ristampe. Tutto è ormai pronto anche per il Seminario sulla Direzione Spirituale previsto nella settimana dopo Pasqua a Calambrone di Pisa e già abbondantemente pubblicizzato anche nel numero precedente della rivista. Queste le cose di sempre. Da ormai molti anni, grazie a Dio!
Maggio ‘99: Assemblea dei Vescovi
Ma questo 1999 chiude il millennio facendosi il dono – per noi immenso e tanto atteso e sperato – di un’Assemblea dei Vescovi, la prossima che si terrà a Roma nel mese di Maggio, tematizzata sulle vocazioni sacerdotali e consacrate. Il Consiglio episcopale permanente di questi giorni (Gennaio) e ancor più quello di Marzo, sono destinati anche a concretizzare più dettagliatamente l’impostazione dell’Assemblea ed alcune Commissioni episcopali (clero e vita consacrata in prima linea) stanno studiando a fondo la questione. Il CNV è coinvolto pienamente per dare il suo contributo.
Tempestivamente daremo notizia del cammino che si va percorrendo. Intanto vogliamo affidare alla preghiera di tutti questo momento così importante per tutti gli animatori vocazionali affinché tutto si svolga secondo il cuore di Dio.
Giugno ‘99: Incontro dei Direttori dei CDV
Dal pomeriggio del 17 giugno al pranzo del 19 tutti i Direttori dei CDV d’Italia sanno che devono trovarsi a Rocca di Papa per l’appuntamento a loro riservato ogni due anni. Sanno benissimo che mancare significa rischiare di essere tagliati fuori dal cammino comune e perdere un’occasione straordinaria d’incontro, di confronto e di approfondimento di argomenti centrali per il loro servizio.
Il tema dell’incontro è – come si sa – “La dimensione vocazionale nel progetto culturale della Chiesa Italiana”. Lambiasi, Cencini, Brizzolara, Masseroni e Ladisa hanno già accettato di sobbarcarsi la fatica delle relazioni e tanti altri stanno lavorando per noi. Il cantiere ferve. Segnare nelle agende e liberarsi di qualsiasi altro impegno! Questa è la parola d’ordine! Saranno certamente presenti i vertici della CEI ai massimi livelli.
Un nuovo anno insieme
Proprio così: la grande famiglia degli animatori vocazionali vive insieme questo fine millennio e guarda avanti. Senza alcuna tentazione millenaristica è pur doveroso interrogarci su che cosa vogliamo portare nel terzo millennio dopo tanti anni di straordinario lavoro e di tante esperienze. Che cosa una verifica anche sommaria riesce a traghettare come patrimonio nel nuovo millennio? Nelle molte occasioni che avremo da vivere insieme coagulati anche dall’esperienza che si vive nella Direzione, nel Consiglio, nella Redazione della rivista questo interrogativo sarà sempre in sottofondo. Guardando avanti si capisce meglio che cosa il Signore, Padre della vita e di ogni vocazione, ci chiede.
Concludo queste note con un grazie affettuoso a tutti coloro che hanno reso possibile quanto il CNV ha potuto e saputo offrire nel ‘98 e a tutti coloro che rendono sereno il cammino di un nuovo anno che si apre: un peso che sembra così grande, portato insieme, cammin facendo ci si accorge che diventa più leggero… Ed ora ecco le riflessioni sul tema della Giornata di M. Fusarelli che saranno seguite da studi, orientamenti, esperienze destinate all’approfondimento del tema stesso.
1. Fedeli a…liberi per crescere nell’amore.
L’amore fedele nella Parola di Dio
Cristo, il Testimone fedele
Non abbiamo paura di partire con decisione da Gesù Cristo. In Lui si fa chiaro che cosa si intenda per fedeltà, per amore fedele. Da Lui iniziamo a chiederci se oggi sia ancora possibile parlare di fedeltà… e di scommetterci sopra tutta una vita! Partire da Gesù Cristo non significa che conosci già la fine… Lui è capace di trascinarti in un’avventura imprevedibile. Lui non dà risposte preconfezionate. Lui suscita e mette in moto la libertà e la fantasia di ciascuno e ciascuna. Gesù Cristo è il paradigma della risposta fedele nell’amore al Padre. In Lui fedeltà al Padre e fedeltà all’uomo si incontrano in un’unità profonda. La rivelazione di questa fedeltà sta al centro dell’annuncio cristiano.
“Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5).
La Pasqua è l’ora in cui si rivelano la fedeltà del Padre in Gesù di Nazareth e la risposta fedele di Gesù al Padre. Una fedeltà che è movimento pieno di slancio verso l’amore del Padre. Questo movimento è orientato e sostenuto dallo Spirito Santo, che ha accompagnato tutta intera l’esistenza di Gesù Cristo, dal concepimento all’ora della Pasqua. Non muta e cieca rassegnazione; non stoica affermazione di un dovere supremo cui aderire. In Gesù nulla fa pensare all’eroe pagano che sovrumanamente compie il suo dovere. In Gesù tutto parla la lingua della debolezza e dell’amore che di essa non ha paura.
L’amore fedele in lui è compimento del suo essere, rivelazione della sua intimità col Padre, cifra e segno della totalità della sua adesione al Padre. Nella sua Pasqua, Gesù “ha amato i suoi che erano nel mondo fino alla fine” (Gv 13,1): è la fedeltà al Padre che diventa totale nella fedeltà all’uomo. L’amore fedele può rispondere al Dio che chiama solo in quest’unica fedeltà: a Dio e all’uomo. Non c’è risposta che possa dimenticare l’uno o l’altro, pena perderli entrambi!
Spesso si potrebbe avvertire la fedeltà a Dio come una realtà che esclude quella all’uomo. Tanti vissuti religiosi portano questa scissione. Urge evangelizzare questa frattura. In particolare i giovani possono avvertire che Dio è avversario dell’uomo. Un Dio che esige fedeltà insidia la mia libertà e l’opprime… Si preferisce la danza di Orfeo, libero e narciso, all’uomo che deve fedeltà ad un Dio sentito lontano e nemico.
La fedeltà a Dio e agli altri può soffocare il desiderio di vita e di festa, di pace e di … “star bene”… questa la paura di tanti.
Gesù è la risposta fedele di amore all’amore. Dall’amore all’amore… Al cristiano è chiesto di seguirlo, come figura semplice e totale del diventare discepolo. Amore fedele e risposta fedele si comprendono dunque solo nel contesto della sequela.
“Ti seguirò dovunque tu vada!”. Il grido del candidato alla sequela chiede di diventare vita e scelta quotidiana. Seguire Gesù è la modalità autenticamente cristiana della fedeltà. Chi lo segue nella libertà e nell’amore impara l’arte preziosa e difficile della fedeltà. Non impara a restare fermo. Ma a camminare, a mettere i suoi piedi di discepolo nelle orme del Maestro. Un movimento che coinvolge tutta la vita. È la danza di una fedeltà che libera. E la danza è frutto dello Spirito. E lo Spirito che spinse Gesù nel deserto e ne consumò l’offerta pasquale, oggi muove i passi del discepolo sui sentieri della sequela.
Gesù non vuole soltanto esporre una dottrina, imprimere un precetto morale, indicare una via di salvezza, annunziare una nuova concezione del santo regno, ma vuole mettere in luce che una santa realtà è imminente – e rendere attenti: Ecco l’ora! Il regno di Dio sta alle porte della storia.
È pronto ad entrare. Dio viene. Tutto è maturo.
Ascoltate! Mettete mano al compimento!
Entrate nel nuovo! Venite!
In quest’ora Gesù è solo libero, tutto libero per il dovere di ogni momento.
E lo compie, questo dovere, in una pace e in una nobiltà incomprensibili.
(R. Guardini, Il Signore, Milano 1981, 423)
Il rischio di lasciarci spingere al disprezzo degli uomini è molto grande. Chi disprezza un uomo non potrà mai ottenerne nulla. Niente di ciò che disprezziamo negli altri ci è completamente estraneo. Spesso ci aspettiamo dagli altri più di quanto noi stessi siamo disposti a dare. Perché finora abbiamo riflettuto così poco sulla debolezza dell’uomo? Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno. L’unico rapporto fruttuoso con gli uomini – e specialmente con i deboli – è l’amore, cioè la volontà di mantenere la comunione con loro. Dio non ha disprezzato gli uomini ma si è fatto uomo per amor loro.
(D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, Milano 1988, 66-67)
Per riflettere e interrogarsi
– C’è un paradosso permanente insito nella vita cristiana: assumere un atteggiamento attivo, agire responsabilmente nelle situazioni concrete e, ad un tempo, contemplare la croce, l’annientamento; l’esserci e l’annichilirsi; l’assunzione e l’uso del potere e lo spogliarsi, il servire.
– Sembrerebbe dunque esserci una contraddizione costitutiva del nostro essere, una struttura tragica dell’uomo cristiano, chiamato alla fedeltà dei due contrari: Dio e il mondo.
– In Gesù Cristo, che da Dio ha preso la ‘forma’ di servo, abbiamo concreto il percorso dalla signoria al servizio: dalla signoria divina a quella del Servo, mediante la croce. Di fronte al suo mistero non ci è chiesta tanto un’imitazione moralistica, quanto di sviluppare la stessa responsabilità che spinse Gesù a uscire da sé, prendendo la forma di servo. E questo sentire non è qualcosa di puramente interiore o pietistico. Esso ha piuttosto tutta l’ampiezza e la profondità dell’esistenza umana, che è essenzialmente amore al prossimo. L’altro che amiamo è il sacramento da cui riceviamo Dio stesso.
Ascoltiamo un Pastore della Chiesa…
Che cosa si intende per primato di Dio?
Il primato di Dio su ogni iniziativa umana: Dio è il Padre che ama per primo, che comunica se stesso e si dona in Gesù prima ancora di ogni attesa umana, il primo nel perdonare gratuitamente, Colui da cui tutto viene, tutto dipende, a cui tutto tende e tutto ritorna. È importante anzitutto sentirci amati.
Il primato di Gesù Cristo, figlio del Padre, immagine perfetta di Dio e figura dell’uomo perfetto, riferimento di ogni crescita umana autentica. Lo scopo di ogni cammino umano è divenire come Gesù, figli di Dio in Lui. Nessun uomo o donna può realizzarsi se non in Gesù Cristo, nessuno potrà mai essere più autenticamente persona umana di Lui. Il punto di arrivo di ogni cammino umano è Gesù Cristo e lo sguardo di ogni uomo e di ogni donna deve anzitutto fissarsi su Gesù Cristo, contemplare Lui, imparare da Lui, imitare Lui, seguire Lui. Contemplarlo, accettarlo, seguirlo nella sua vita, nella sua passione, nella sua morte. Non c’è mai stata realizzazione umana più alta di quella della croce. Non è dunque anzitutto importante costruire la Chiesa, ma seguire Gesù Cristo. È il seguirlo, il guardare a Lui per primo, l’entrare in Lui, il partecipare alla sua vita di Figlio che ci fa Chiesa. La Chiesa è l’assemblea di coloro che sono veramente figli di Dio in Gesù Cristo, vivendo come Lui ha vissuto, amando come Lui ha amato e morendo come Lui è morto, affidandosi al Padre.
Il primato della grazia, cioè dello Spirito Santo, dono del Padre all’uomo in Gesù, per farci vivere come Gesù Cristo e farci amare come Gesù ha amato. È l’amore del Padre che ci permette di agire moralmente seguendo gli esempi di Gesù Cristo, uomo perfetto, giusto, onesto, verace, mite, saggio e coraggioso, che dà la vita per i suoi nemici.
(Carlo M. Martini, Ripartiamo da Dio, Milano 1995, 16)
Alla luce della fedeltà vissuta da Gesù, possiamo leggere in filigrana quella di alcune figure bibliche esemplari.
Pietro, un cammino di fedeltà
In Pietro la fedeltà è un cammino, graduale, difficile, fatto di cadute e risurrezioni. Un itinerario di fedeltà dunque.
Brani proposti: Mt 14,28; Mt 19,27; Mt 26,40; Mc 8,29; Gv 18,11.
Giosuè, la valorosa ricerca nella fedeltà
L’AT ci annuncia il Dio fedele all’alleanza. E quindi la risposta dell’uomo, che è intessuta di un amore fedele, gratuita risposta ad un Amore che sempre previene e sostiene. Giosuè è il valoroso che guida il popolo nella risposta fedele all’alleanza.
Brani proposti: Nm 13,16; 27, 18; Dt 1,38; Gs 24, 1s; Sir 46,1; At 7,15.
Geremia, la fatica della fedeltà
Geremia, il profeta divorato dalla sua missione, cammina in una fedeltà appassionata e sofferta.
Brani proposti: Ger 1,11s; 2; 15,10-21; 16, 1-15.
2. Fedeli in…cordata
La chiesa luogo di educazione alla fedeltà
Un popolo fedele
Israele si è sperimentato come l’assemblea di Dio (qaahl Jhwh), luogo santo in cui la sua fedeltà si fa tangibile e nella quale si può rispondere a lui nell’amore. È necessario quindi che Israele proclami la fedeltà di Dio (Sal 36,6), la invochi (1Re 8,56-58), perché faccia germinare nella nostra terra la fedeltà a lui. In un’economia dell’alleanza Dio esige la nostra fedeltà (Gs 24,14), anche come condizione per una fedeltà degli uomini verso gli uomini, che ne sono spesso privi (Ger 9,2-5). La risposta all’alleanza ha dunque sempre una dimensione comunitaria:
“Il re, in piedi presso la colonna, concluse un’alleanza davanti al Signore, impegnandosi a seguire il Signore e a osservarne i comandi, le leggi e i decreti con tutto il cuore e con tutta l’anima, mettendo in pratica le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza” (2Re 23,3).
Lo stesso vale per l’infedeltà del popolo all’alleanza:
“Allora dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca” (Ger 7,28).
Ad imitazione del servo fedele che porta a termine la sua missione tra contrasti – tipo di Cristo che dà compimento alla fedeltà di Dio (2Cor 1,20), quale sacerdote fedele (Eb 2,17) -, i “fedeli” (At 10,45; 2Cor 6,15; Ef 1,1) si preoccuperanno di considerare la fedeltà tra i massimi comandamenti (Mt 23,23), una costante in tutti i momenti della vita (Lc 16,10-12). Se tale fedeltà comporta una continua lotta contro il maligno, specialmente negli ultimi tempi (Ap 13,10; 14,12), ha come premio la gioia del Signore (Mt 25,21.23) ed è assicurata quale dono dello Spirito (Gal 5,22) e del sangue di Cristo (Ap 12,11).
Il Battesimo segna l’inizio di questo cammino di fedeltà. Un inizio che contiene tutto. Un principio, quindi. “Rimanere” fedeli… sì, ma in uno “stare” che è movimento. Quel movimento che si è inaugurato nel vortice dell’acqua battesimale e che chiede di continuare. Restare fedeli significa allora crescere nella libertà e nell’amore verso quel volto che il Padre ha sempre disegnato e con il quale mi sogna da sempre nel suo Figlio Gesù. Quel volto che lo Spirito, con mite forza, non si stanca di formare e di rendere bello.
Un popolo sempre perdonato
“Soltanto abbiate gran cura di eseguire i comandi e la legge che Mosè, servo del Signore, vi ha dato, amando il Signore vostro Dio, camminando in tutte le sue vie, osservando i suoi comandi, restando fedeli a lui e servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima” (Gs 22,5). Non come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non sono rimasti fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore (Eb 8,9).
Israele si scopre sempre di nuovo come il popolo con cui Dio ha concluso l’alleanza. Da qui l’invito a restare fedeli ad essa. È una fedeltà dinamica, non immobile. Non si tratta di custodire qualcosa sotto vuoto spinto, bensì di “camminare”, di “restare”, di “diventare” fedeli. Un cammino mai compiuto, ma sempre in via di farsi e di rinnovarsi. È dentro questo quadro, positivo, che va letta l’esperienza dell’infedeltà del popolo e, oggi, della chiesa. Non si tratta tanto di un’infedeltà formale ad una norma esterna; piuttosto si tratta di non restare sulla via tracciata dall’alleanza, di dimenticare le cose grani che il Signore ha fatto per noi. Tutta l’assemblea dei fedeli si scopre sempre di nuovo “infedele” e impara a vivere di quell’amore fedele che la fa sempre nuova nel perdono.
Non possiamo dimenticare facilmente che la chiesa nasce dal pentimento e dalla fedeltà “ricreata” di Pietro. Né possiamo dimenticare che parlare della chiesa come del luogo della risposta fedele, non ci può far dimenticare la realtà dell’amore infedele. In questa preparazione al Giubileo, il papa sta chiedendo perdono per le infedeltà della chiesa: responsabilità storiche gravano su di essa. Responsabilità che spesso sono vere e proprie infedeltà allo spirito del Vangelo. Ci vuole coraggio per questo gesto. Il papa dimostra di averlo. Forse resta un po’ solo… Noi sappiamo, nelle nostre comunità cristiane, gruppi, movimenti, associazioni, di sperimentare spesso di essere un popolo infedele.
Luogo di perdono e di festa: così ha definito la comunità cristiana un grande testimone del nostro tempo, Jean Vanier, fondatore dell’Arca. Una definizione che ci aiuta a lasciar ricostruire la nostra fedeltà dal Signore dentro questo popolo fedele, per il dono della grazia e da esso pure sempre di continuo rinnovato e ricreato.
L’Eucaristia è il luogo per eccellenza in cui si sperimenta di essere un popolo sempre perdonato e rinnovato nella fedeltà. L’Eucaristia ci annuncia infatti l’estrema fedeltà di Dio all’uomo in Gesù Cristo. Vige un rapporto vitale tra Eucaristia e fedeltà nella comunità cristiana. L’Eucaristia, infatti, resta il sacramento della fedeltà nella comunità, anzi essa stessa genera e sostiene la fedeltà dei credenti. Essa è il principio dell’esistenza di una comunità cristiana fedele. Se l’Eucaristia è il principio di tutta la carità della Chiesa, tanto più lo è della fedeltà, intesa come amore fedele che risponde. Non solo. L’Eucaristia denuncia anche l’infedeltà della Chiesa…
La Riconciliazione rigenera la risposta fedele e amante del credente e la rilancia sempre di nuovo. Essa va colta nel suo contesto proprio: la comunità dell’alleanza che nasce dal perdono del Padre ed è attraversata da quella risposta fedele di Gesù Cristo che ne configura la fisionomia pasquale. La Riconciliazione è legata intimamente all’Eucaristia. Non solo perché prepara ad essa. A partire dall’Eucaristia possiamo annunciare la fedeltà del Padre che rigenera la fedeltà della sua Chiesa e sostiene il cammino di libertà del credente. La Chiesa fedele è il luogo della fedeltà e vive della fedeltà dei suoi membri (= christifideles!).
Nella risposta fedele della Chiesa Sposa, si situano tutte le vocazioni quali risposte fedeli e modalità differenti di vivere l’unica vocazione e l’unica risposta. Chiesa, Eucaristia, cammino di libertà nella Riconciliazione: i grandi luoghi nei quali cresce e si forma la risposta fedele all’Amore. Lo Spirito del Risorto suscita ogni vocazione, che non è altro che un volto unico e irripetibile, sempre affascinante, di questa risposta. Ogni vocazione nasce e prende volto dentro queste grandi realtà. Alcuni percorsi di risposta all’amore fedele vanno approntati, perché la chiesa si scopra sempre di nuovo comunità tutta vocazionale, chiamata e a sua volta, “vocante”.
– agli adolescenti…
– ai giovani…
– alle giovani coppie…
– alle famiglie…
– ai catechisti…
– al volontariato…
PER PREGARE…
Dammi la grazia della fedeltà.
Tu me la concedi se mi doni
la grazia della fiducia incrollabile nella tua misericordia,
se mi doni la grazia di pregare e di amare.
Tu mi concedi la grazia della fedeltà
se mi doni la grazia di dimenticare la mia testardaggine
dedicandomi al santo compito che mi hai affidato.
(K. Rahner, Preghiere per la vita, Milano 1986, 184)
3. Testimoni di fedeltà
(Edith Stein, Tovini, don Calabria)
Alcune figure ci parlano di una risposta d’amore fedele. Il nostro tempo è affascinato dai testimoni. Proponiamo qui tre figure: un laico, una contemplativa, un sacerdote. Tre parole forti di fedeltà.
Beato Giuseppe Tovini
Laico bresciano, morto nel 1894, è stato proclamato Beato da Giovanni Paolo II il 20 settembre 1998 a Brescia, sua città natale. Testimone singolare del contesto religioso, culturale e sociale, egli svolse la sua attività e testimoniò il bene nella città di Brescia, segnata da una presenza cattolica viva e tenace. Questo laico fu padre premuroso di ben dieci figli e professionista rigoroso ed attento nel campo giuridico. Egli sollecitò i cattolici ad affermare i valori del Vangelo nella società, attraverso la creazione di opere educative e sociali, circoli culturali, comitati operativi e singolari iniziative economiche.
In un tempo in cui taluni pretendevano di confinare la fede entro le mura degli edifici sacri, Giuseppe Tovini testimoniò che l’adesione a Cristo e l’obbedienza alla Chiesa, lungi dall’estraniare il credente dalla storia, lo spingono ad essere fermento di autentica civiltà e di progresso sociale. Egli fu apostolo dell’educazione cristiana ed esponente di quel movimento cattolico sociale che ha segnato fortemente l’intera società italiana di fine Ottocento.
L’onestà e coerenza del Tovini trovavano radici nel profondo, vitale rapporto con Dio, che egli alimentava costantemente con l’Eucaristia, la meditazione e la devozione alla Vergine. Dall’ascolto di Dio nella diuturna preghiera, egli traeva la luce e il vigore per le grandi battaglie sociali e politiche che dovette sostenere per tutelare i valori cristiani.
Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)
Tra le menti più lucide della filosofia tedesca degli anni venti, Edith Stein era nata nel 1891 in una famiglia ebrea di Breslavia. Allieva di Edmund Husserl a Gottinga, segue i corsi e le conferenze di Max Scheler. Dopo la difficile scelta di diventare cristiana, riceve il battesimo nel 1922. Desidererebbe entrare nel Carmelo, ma i suoi consiglieri spirituali la dissuadono, per continuare a dedicarsi allo studio e alla presenza sociale. Insegna, tiene conferenza in varie università europee, è sostenitrice della condizione femminile, che vede chiamata alla parità con l’uomo. La sua promettente carriera scientifica è definitivamente interrotta dal nazismo nel 1933.
Entra nel Carmelo, compiendo così il suo desiderio. Nel monastero vive la semplice e spoglia vita carmelitana, continuando comunque i suoi studi e terminando alcuni importanti scritti filosofici. Nel 1938, a seguito delle leggi razziali, viene trasferita nel Monastero delle Carmelitane di Echt in Olanda, per sottrarla agli uomini della gestapo. Il 26 luglio del 1942 i vescovi olandesi avevano disposto che dai pulpiti fosse data lettura di una lettera pastorale con cui, contro la volontà dell’autorità, esprimevano tutto il loro sdegno per la persecuzione degli ebrei. Il Monastero di Echt si adopera per trasferire sr. Teresa benedetta e la sorella Rosa in Svizzera, ma l’espatrio non giunge.
Il 2 agosto 1942 è arrestata dalle SS insieme alla sorella Rosa. Mentre i soldati tedeschi la portano via, alcuni la sentono rivolgersi alla sorella spaventata dicendo: “Andiamo ad immolarci per il nostro popolo!”. Edith può trascurare se stessa, perché si considera la propria persona come qualcosa di donato, e per questo motivo si viene donati. Nei pochi giorni della prigionia, dimostra grande pace e diventa angelo di carità per i bambini deportati, di cui le cui madri terrorizzate non riescono più ad avere cura. Un testimone oculare la descriverà come “una Pietà senza Cristo”; non appare colpita nella propria personalità, ma da una profonda preoccupazione.
Si hanno ancora delle testimonianze durante una sosta nel trasferimento da Schifferstadt verso l’Europa orientale; poi le sue tracce si perdono nel nulla. Trasferita con la sorella ad Auschwitz, entrano nella camera a gas il 9 agosto 1942, vittime della follia nazista. Attraverso la sua morte forzata, che lei vede come un atto di obbedienza, Edith Stein testimonia che esiste un’attività al di là di ogni azione, un significato che ognuno di noi ha in se stesso attraverso la propria persona. La croce, “unica speranza” in mezzo alla distruzione e all’odio, è la testimonianza di amore fedele fino alla fine che S. Teresa Benedetta della Croce lascia al XX secolo.
Beato Giovanni Calabria
Giovanni Calabria nasce a Verona nel 1873. Di famiglia modesta, resta presto orfano di padre. Il piccolo Giovanni lavora per sostenere i suoi. A 19 anni frequenta il liceo in Seminario come esterno. Dopo il servizio militare continua gli studi, preoccupandosi già dei poveri e dei malati. Ancora studente, un incontro provvidenziale: tornando a casa una sera, trova sulla porta di casa un piccolo mendicante. Lo accoglie in casa sua. Nel 1901 è ordinato sacerdote. Nel ministero pastorale colpiva il suo interessamento per i poveri e i sofferenti, dei giovani abbandonati o poco seguiti dalle famiglie. Attento ai segni della Provvidenza, don Calabria aprì diverse Case per i fanciulli. Dedicò la sua attenzione ad altri tipi di emarginazione: parrocchie periferiche, anziani, ex carcerati, sacerdoti in difficoltà.
Ma con grande intuito profetico, egli percepì chiaramente che la vera causa dei mali del nostro tempo era da ricercarsi nel progressivo allontanamento degli uomini da Dio. Ed ecco allora l’uomo di Dio additare con forza l’unico vero rimedio: annunciare al mondo che Dio è Padre. Questo rimane il fine primario dell’opera nata con don Calabria. Dedicò molta attenzione al problema dell’unità dei cristiani. Il suo consiglio illuminato era ricercato in ogni campo ecclesiastico e civile e di ogni ceto sociale. Don Calabria concluse la sua intensa vita terrena nel 1954 e fu beatificato da Giovanni Paolo II il 17 aprile 1988. Attende di essere canonizzato nella primavera del 1999, anno dedicato a Dio Padre!
Il primato di Dio, la preghiera, la ricerca della santità, l’umile disponibilità e soprattutto una fede incrollabile in Dio Padre e nella sua Provvidenza, sono i punti essenziali della personalità di don Calabria. Un sacerdote pastore del Popolo di Dio e attento, in esso, ai più poveri. Il senso della paternità di Dio è stato espresso da don Calabria soprattutto nelle Case di accoglienza aperte a tutti, specie ai giovani in difficoltà e messe a loro servizio.
4. L’amore fedele per l’oggi: è ancora possibile?
Oggi: tempo di grandi fedeltà!
Giorni di fedeltà senza ali!
Là dove è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore!
Ascoltata la Scrittura, letta e accolta nella chiesa e resa viva dai testimoni… il nostro percorso non dimentica la storia. Siamo ben coscienti che la Parola della fedeltà risuona nel contesto concreto e vitale di questo tempo che ci è dato di vivere. E allora eccoci a chiederci che cosa significhi annunciare oggi la possibilità stupenda di una risposta impastata di amore fedele. Viviamo in un contesto culturale nel quale il tema della fedeltà può modularsi tra luci e ombre. Da una parte, infatti, c’è oggi una forte fedeltà nelle varie “culture” che convivono nella complessità.
Non pensiamo di essere noi credenti gli unici gestori della “fedeltà”. Il nostro tempo conosce molte “fedeltà”. E dobbiamo saperlo riconoscere e confrontarci con esse. Non si parla molto di “fedeltà”: è un termine antiquato. Ma sfogliamo un dizionario più aggiornato. Troveremo parole come: campo, progetto, piano, sistema, investimento, trend… Parole che richiamano realtà grandi, che richiedono energie e investimenti notevoli. Quanta costanza richiede il mondo del lavoro… con i suoi ritmi incalzanti e competitivi. L’elenco potrebbe continuare a lungo. L’annuncio della possibilità tutta attuale di un amore fedele che risponde e si dona, chiede il confronto con queste fedeltà “laiche”… per leggerle con simpatia e per riconoscere ciò che caratterizza la fedeltà in senso cristiano. È la risposta fedele al dono di una chiamata nella chiesa.
Una domanda è obbligata a questo punto: qual è la traiettoria della fedeltà possibile all’uomo? La forza che esige un compito nella società tecnocratica chiede tutto… come se tutto dipendesse dall’uomo. Chiede e pretende la realizzazione di un progetto forse ampio, ma sempre chiuso su se stesso. Posso dare tutto fino al logoramento delle energie… e non essere fedele nel cuore della vita. La fedeltà donata all’uomo è appunto solo questo… un dono. L’attenzione non è posta tutta sull’uomo. Egli non è lasciato solo a rispondere. Fedeltà non si identifica neppure con coerenza.
“Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo”. “È Lui che suscita in voi il volere e l’operare”. “Là dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”: è chiesto di chiarire proprio dove riposa ciò che conta per l’uomo d’oggi. Al giovane che si sperimenta senza radici e caratterizzato da un’identità frammentata occorre farsi vicini e compagni di strada proprio per aiutarlo a cercare il suo tesoro e lì investire tutte le energie, con la calma e la pazienza di chi sa che non potrebbe rispondere, senza aver prima tutto ricevuto.
Fedeli sì: a chi? Per quanto tempo?
Fedeltà… viene abbinata quasi sempre a coniugale. Quanti sondaggi dicono che sarebbe un “valore” in ripresa. Quanto i mass media si divertono sopra storie di rara fedeltà e di spettacolare infedeltà! Anche per i giovani del post-moderno la fedeltà nella coppia continua ad essere una realtà importante. Nonostante tutto. A costo di patteggiamenti… pur sempre qualcosa da non buttare via. Ma anche qui: quale fedeltà? Quella della “coppia serra”, tutta presa dal suo angusto universo? Quella tutta giocata sulle sole emozioni? Quella di chi ha poi paura solo di restare solo e di non farcela? Domande da approfondire…
Per l’amore essere fedele è esigenza intrinseca. Solo l’amore gratuito sarà anche fedele. Esso non si limita nel tempo né ad alcune condizioni, ma progetta il “sempre” e il “comunque”. La fedeltà si dimostra nel perdono più forte dell’offesa, nel bene più forte del male, nell’amore davvero più vitale di tutto ciò che mortifica.
Essere fedeli vuol dire sentirsi impegnati a coltivare l’amore e a educarlo, non solo perché sia forte nelle difficoltà, ma perché crescendo, maturi in ciascuno dei due una vita più piena. Fedeltà è impegno quotidiano a modellare un progetto sempre in costruzione; è anche vigilanza e creatività, perché l’amore non scada mai a sciatteria, non sia mai banalizzato né dato per scontato.
(Venite e vedrete, Catechismo dei giovani /2, 335)