N.01
Gennaio/Febbraio 1999

Essere famiglia fedele in situazioni limite

Sono la mamma di Giovanni (19 anni), Annalisa (17 anni) e Mario (14 anni). Con mio marito abbiamo desiderato i nostri figli e li abbiamo messi al mondo con l’intendimento di trasmettere loro la vita e di aiutarli a viverla secondo i piani del Signore. 

Quando nacque Giovanni, il futuro ci sorrideva e ci si aprivano davanti tante prospettive nuove. La gravidanza, per la verità un po’ problematica, aveva portato alla luce un bambino bello e promettente. Vedevo in lui segni di quasi precocità: a nove mesi camminava ed esprimeva grande vitalità. Provenendo da una famiglia numerosa, provata dalla presenza di una sorella con esiti di encefalopatia, conoscevo le fasi della crescita dei primi mesi di vita di un bambino e vedevo Giovanni evolvere bene. 

Lavoravo per conto di un primario radiologo; amavo la mia professione, perché mi realizzava e mi offriva buone prospettive per il mio futuro di madre e di donna. In questa fase felice della mia vita nacque Annalisa, una bambina bella, serena e vivace. Fu il confronto con la sua evoluzione che mi mise la pulce all’orecchio sulle condizioni di Giovanni… 

Mentre eravamo in attesa del terzogenito, iniziarono sospetti di problemi legati alla sua crescita. Verso i tre anni l’andatura di Giovanni cominciò ad essere poco sicura; il bambino spesso inciampava e cadeva. Fecero una diagnosi di diparesi da sofferenza perinatale e iniziarono anche un trattamento logopedico, in attesa di ulteriori approfondimenti clinici, di fronte a sintomi di diagnosi sconosciuta. Questa arrivò dopo un lungo iter di esami e accertamenti: si tratta di sindrome distrofica neuroassiale progressiva, sindrome ancora poco conosciuta. Le condizioni di Giovanni si sono andate aggravando, nonostante i trattamenti tempestivi e continuativi. Ora non cammina più né riesce più ad esprimersi verbalmente. Anche sul piano psico-intellettivo è progressivamente decaduto… Richiede continuo supporto e assistenza…

Gli accertamenti d’obbligo sui familiari confermarono la stessa diagnosi anche per Mario, mentre Annalisa, mio marito ed io risultammo indenni. La vita non fu facile, dalla fase del sospetto a quella dell’ipotesi di diagnosi infausta, alla speranza ricorrente di una sua smentita, alla sua definizione, e non solo per Giovanni, ma anche per Mario. 

Fu giocoforza per me lasciare il lavoro e dedicarmi totalmente alla mia famiglia: i miei bambini mi assorbivano a tempo pieno. Annalisa si è sempre prestata ad esserci di aiuto, ma sentivo la responsabilità di garantirle serenità ed esempio. Non doveva essere coinvolta oltre misura nel problema dei fratelli, era nel diritto di costruirsi una sua vita autonoma rispetto a loro…

Mi fu di grande aiuto la mia precedente esperienza in famiglia, che mi allenò ad affrontare con spirito di positiva accettazione gli eventi della vita. Mio marito, meno “provato” di me nella sua giovinezza, sembrava più facile a deprimersi e a lasciarsi sopraffare dalla situazione, ma non fu così. Insieme riuscimmo ad integrarci nell’affrontare responsabilmente ogni giornata con le sue sorprese e i suoi imprevisti, cercando di essere genitori attenti e premurosi verso i nostri figli, desiderati e accolti come “mandati” dal Signore proprio nella nostra famiglia e nella nostra vita, così come sono arrivati e come ce li ritroviamo oggi, secondo un misterioso piano che ci sforziamo ogni giorno di conoscere per potervi aderire con tutte le nostre risorse. 

Non ci è consentito di fare dei piani o dei progetti sulla nostra vita. Viviamo giorno per giorno il dono reciproco della nostra disponibilità per i nostri figli e della loro gioia di vivere e di essere amati, consolidandoci nei legami di affetto e di reciproca accettazione, godendo del bene che riceviamo e tenendo fede ai nostri impegni quotidiani di genitori e di coniugi. Questo è un cammino in crescendo nella risposta a una “chiamata speciale” del Signore, la cui fedeltà è una continua sorpresa e un progressivo accumulo di doni. 

Ripensando alla mia vita, che viene spesso definita come segnata da difficoltà, la trovo connotata da segni grandi di provvidenza, da chiamate “forti” del Signore, a sua volta forte e fedele nel dare la grazia giusta al momento opportuno. Ogni giorno e ogni disponibilità regalati ai nostri figli ci sono motivo di grande riconoscenza al Signore e a chi ci cammina vicino. La solidarietà che sperimentiamo in chi ci sta intorno ci conferma nel valore della loro esistenza e nella certezza che in essi il Signore sta realizzando alcuni suoi piani misteriosi. Forse ci piacerebbe qualche volta conoscerli oppure ci viene la tentazione di suggerirne di migliori, secondo le nostre categorie e il nostro modo di pensare. Ma ogni volta che ci lasciamo prendere da questa tentazione, ci rendiamo conto che non ne vale la pena, perché il Signore sa quel che fa e quel che vuole. In questi ultimi tempi, un folto gruppo di volontari si è costituito come “Gruppo Amici di Giovanni e Mario” e assicura loro week-end sereni e impegnati. Per questo Natale ‘98, il Gruppo si sta attivando per l’acquisto di un pulmino attrezzato per il loro trasporto… Confesso di aver avuto i miei momenti difficili, di aver temuto di non avere forze sufficienti, soprattutto quando – recentemente – mi sono bloccata nei movimenti e mi sono ritrovata incapace di assicurare assistenza ai miei ragazzi… Ma altrettanto grande è stata la riprova che il Signore non lascia mancare l’aiuto giusto per ciascun momento. Ho sperimentato presenze amichevoli e preziose e movimenti di solidarietà veramente grandi, sollecitati da provvidenziali concomitanze, che non posso non riconoscere come segni speciali del Signore.

Guardando al futuro dei miei bambini, di mio marito e mio, so bene quel che ci attende e nessuno di noi fa progetti. Ma non possiamo non sperare che la pace che il Signore ci ha dato fino ad oggi, giorno per giorno, ci sarà data anche per qualsiasi evento futuro. Il Signore mi ha chiamato alla vita, al matrimonio, alla procreazione dei miei figli e ora mi chiama alla loro educazione e riabilitazione, in situazioni non certo facili, ma forse non molto diverse da tante altre che verrebbe la voglia di invidiare. Il Signore mi chiama ogni giorno a comunicare ai miei figli la gioia di vivere e la capacità di dare senso ai loro giorni. È un impegno grande e dignitoso quanto quello di qualsiasi altra madre. E guardandomi attorno non mi sento né diversa, né migliore, né più provata di altre. Il Signore non mi ha mai lasciato mancare l’aiuto al momento opportuno. In questa sua fedeltà mi ha fatto e mi fa toccare con mano ogni giorno, prodigi di grazia: l’unione della mia famiglia, la gioia di integrarci nella gestione quotidiana del nostro menage, il bene che ciascuno a modo proprio riesce a offrire e a ricevere, la solidarietà di tanti volontari e amici, l’aiuto concreto e inaspettato anche in momenti critici e difficili…

Sono andata a Lourdes con i miei figli, insieme a tanti altri bambini de “La Nostra Famiglia”. Ero tentata di chiedere la loro guarigione, ma non mi sono sentita di farlo. Mi sembrava di prevaricare nel chiedere per me il privilegio che altri, forse ancora più bisognosi di me, non potevano ottenere. Mi sembrava come di mettere in discussione la fedeltà del Signore, che mi dà prova continua del suo esserci e condurci passo passo là dove lui ha stabilito, senz’altro e sicuramente per il bene migliore. E questo bene è già presente nella serenità con cui riusciamo a vivere giorno per giorno la nostra esperienza e nella gioia dei nostri figli di ricevere e donare amore.