Pastorale vocazionale e pastorale familiare in sinergia
La scelta del CNV di vivere il 26° Seminario di formazione alla direzione spirituale per l’orientamento vocazionale a Loreto e con un’attenzione particolare al ruolo fondamentale dei genitori nel discernimento vocazionale dei figli possiamo ritrovarla in queste tre motivazioni:
- per sintonizzarsi con il cammino della Chiesa italiana che celebra il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, incentrato sul legame tra Eucaristia e vissuto quotidiano della vita cristiana;
- perché la tematica familiare permette di valorizzare – tra gli ambiti della vita quotidiana individuati a Verona nel 2006 – sia quello degli affetti che quello della tradizione;
- per valorizzare quello straordinario luogo vocazionale che è la santa Casa di Loreto, casa del SÌ di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio, nell’annunciazione a Maria e nella vita della Santa Famiglia di Nazareth, luogo in cui la voce di Dio e la voce dei genitori si sono incrociate e armonizzate in maniera unica e irrepetibile, ma altamente illuminante.
Il beato Giovanni Paolo II, pellegrino in Brasile, durante la celebrazione eucaristica di giovedì 17 ottobre 1991, riprendendo anche affermazioni fatte nella Familiaris consortio al n. 53, sottolineava:
«Non c’è nessuno che non si renda conto, cari fratelli e sorelle, che il futuro della Chiesa è nelle famiglie cristiane opportunamente preparate ad assumere il ruolo di protagoniste della comunità umana. Torno qui a riaffermare, in primo luogo, che “dove esiste una pastorale chiara ed efficace della famiglia, allo stesso modo risulta naturale accogliere con gioia la vita, sarà più facile udire la voce di Dio e più generosa la risposta di chi ascolta. (…) La famiglia che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il migliore seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio”.
Bisogna quindi valorizzare le motivazioni cristiane che sono alla base delle grandi scelte della gioventù. La vita umana raggiunge la sua pienezza quando si fa dono di sé: un dono che può esprimersi nel matrimonio, nella verginità consacrata, nell’impegno per il prossimo come ideale e nella scelta del sacerdozio ministeriale. I genitori renderanno un vero servizio alla vita dei figli, se li aiuteranno a fare della propria esistenza un dono, rispettando le scelte da loro maturate e incoraggiando con gioia ogni vocazione, compresa quella religiosa o sacerdotale. La famiglia svolgerà così un ruolo fondamentale nella fioritura, nella crescita e nella maturazione finale della vocazione sacerdotale. Di conseguenza, la pastorale delle vocazioni è anche pastorale della famiglia».
- Una coscienza ecclesiale cresciuta
Sappiamo come la fioritura di cammini di spiritualità coniuga-le e familiare – avvenuta nel secondo dopoguerra anche se in forma un po’ elitaria – abbia conosciuto uno straordinario impulso ad opera del Concilio Vaticano II e soprattutto grazie all’apporto di Giovanni Paolo II. Egli, infatti, dedicò il suo primo grande ciclo di catechesi alla riflessione antropologica e teologica sul corpo e la sessualità umana, indisse un Sinodo sulla famiglia, scrisse una Lettera alle Famiglie (1994) e diede il via ai Congressi internazionali delle famiglie.
Attraverso tutta questa ricca molteplicità di interventi ha fatto maturare nella Chiesa alcune convinzioni fondamentali:
– che la pastorale familiare è una dimensione indispensabile della pastorale;
-che la pastorale familiare autentica non si limita a lavorare per la formazione delle famiglie, ma ha di mira il pieno sviluppo del protagonismo ecclesiale e sociale delle famiglie stesse;
– che la pastorale familiare può contribuire grandemente al rinnovamento della pastorale stessa, talvolta troppo settoriale o poco attenta alle dinamiche concrete della vita quotidiana delle persone;
-che la pastorale intera e tutta la predicazione non potranno davvero rinnovarsi senza recuperare il primo libro del creato, il mistero sponsale della sessualità e della corporeità umana, dove ciascun essere umano concretamente iniziato all’alfabeto della vita, indispensabile perché la vita cristiana possa dirsi e realizzarsi in maniera non disincarnata e spiritualista1.
- Un’imprescindibile esigenza di sinergia
Il tema del nostro seminario di studio si inserisce in questa ricca trama di prospettive che attendono ancora un loro pieno e consapevole sviluppo. Per cui possiamo dire che se la pastorale familiare offre l’“alfabeto della vita”, la pastorale vocazionale le conferisce quella prospettiva originale del disegno di Dio che permette il pieno sviluppo della sintassi e della architettura della fede. Certamente oggi avvertiamo che quello straordinario e insostituibile “capitale sociale” che è la famiglia attraversa una situazione di gravi difficoltà sul piano innanzitutto culturale e poi nelle sue conseguenze sociali.
Abbiamo tante famiglie “di fatto”, famiglie divise o ricostituite, famiglie unigenitoriali, senza dimenticare che avanza una cultura che tende a scalzare le stesse fondamenta della famiglia e cioè a relativizzare non solo la fedeltà e l’indissolubilità coniugale, ma la generatività e la stessa differenza sessuale
Eppure l’invito del Signore “vieni e seguimi” continua a risuonare anche oggi, e noi ne siamo testimoni. Tuttavia non possiamo non interrogarci su come la voce di Dio si rapporti a queste, spesso inedite e ferite, situazioni familiari di provenienza.
- Prassi educative contemporanee
Vorrei però attirare l’attenzione su un altro aspetto, quello della radicalità della chiamata evangelica: «Un altro dei suoi discepoli gli disse: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,21-22).
La radicalità del discepolato evangelico sembra incontrarsi oggi con una prassi educativa familiare meno conflittuale, che anzi teorizza l’educazione come spontaneo sviluppo del bambino/ragazzo in un contesto di pura autorealizzazione e di costante contrattazione familiare, volta a fuggire ogni conflitto.
Questa prassi costituisce un incentivo o un ostacolo a un pieno sviluppo vocazionale dei giovani?
Scrive il teologo Angelini a proposito di certe teorie e prassi educative contemporanee: «L’opera dell’educatore è separata dalla sua persona. Essa esigerebbe competenza “psicologica”, e comunque competenza nella conoscenza del bambino, anziché competenza nel mestiere personale di vivere. Questa separazione realizza appunto l’obiettiva “irresponsabilità” della generazione adulta nei confronti della nuova generazione»2.
E il filosofo e sociologo francese Marcel Gauchet nel libro Il figlio del desiderio fa notare che la nostra società esalta a tal punto la dimensione infantile da arrivare a mitizzarla e, alla fine, a mistificarla e ci invita a riflettere su questa “rivoluzione antropologica” dei nostri giorni e a prendere coscienza dei rischi di questo mutamento:
«Desideriamo a tal punto la felicità dei nostri figli che smettiamo di chiederci qual è la vita che realmente vivono e quali sono le loro vere aspirazioni, finendo per schiacciarli sotto il peso delle nostre buone intenzioni. La finta attribuzione di un’autonomia astratta rappresenta un ostacolo all’acquisizione dei mezzi reali per raggiungerli. Sotto le vesti di questo culto dell’infanzia noi abbandoniamo il bambino a se stesso nella gestione della sua difficile situazione, celebrandolo, lo ignoriamo»3.
Il genitore di un figlio del desiderio è un genitore interdetto, diviso tra iperinterventismo e astensionismo adulti. E dall’altra parte qualcuno – come Philippe Meirieu nel suo libro Frankeinstein pedagogo, che riprende il romanzo di Mary Shelley – denuncia il fatto che l’atteggiamento attuale degli adulti nei confronti dei bambini e degli adolescenti è quello del dottor Frankenstein nei confronti della creatura che ha fabbricato. Prima vuole un essere a sua immagine, dopo lo trova mostruoso e l’abbandona. Ne nascono disagio, sofferenza, vuoto esistenziale, cui la società risponde proponendo una pura ricerca di piaceri sostituitivi al deficit affettivo e all’abbandono4.
«Questa è la vera novità degli adolescenti di oggi: gli abbiamo dato tutto e non hanno più fame, si è assopita l’essenza creativa del loro essere adolescenti. Per questo tante dipendenze: sintomi – non cause – di una mancanza di ricerca di quel tutto che è la vita e che si vuole abbracciare creando e creandosi. Si compra la felicità subito e si spegne il desiderio del tutto, che è il caos adolescenziale. Caos benedetto che troppo spesso gli adulti cercano di controllare con l’aridità di una disciplina insensata o con il comodo consumismo, invece di incoraggiare quello slancio verso cose grandi: una vetta da conquistare, un mare da attraversare» («La Stampa», 12 aprile 2011).
- Una sfida inedita e discernimenti necessari
Se questa è la situazione, dal punto di vista vocazionale – lo sappiamo – i giovani subiscono forse resistenze esterne meno forti, ma dentro ai vissuti familiari vivono più profondamente tutta una serie di condizionamenti affettivi e di repressione dei sogni e dei grandi ideali, che vanno riconosciuti sia in sede di pastorale familiare che nella fase della proposta e dell’orientamento vocazionale.
Il nostro Seminario di studio si colloca quindi su un terreno che ha bisogno di un attento discernimento e che esige una convinta sinergia con la pastorale familiare, per un pieno sviluppo di quella grazia sacramentale che opera all’interno della famiglia cristiana, di cui parla con forza il Direttorio di Pastorale Familiare per la Chiesa in Italia (n. 143):
«In ogni famiglia cristiana, con la parola e con la testimonianza, i genitori svolgano il loro servizio educativo e mettano in atto i loro carismi così da aiutare i figli a vivere nella fede, nelle varie tappe della loro crescita. […] Formino “i figli alla vita, in modo che ciascuno adempia in pienezza il suo compito secondo la vocazione ricevuta da Dio” (FC 53). Consapevoli della fondamentale responsabilità della famiglia in proposito5, attraverso l’ascolto della parola di Dio, la vita di preghiera, l’esercizio della carità, una condotta vigile e sobria, una generosa partecipazione alla vita ecclesiale, i genitori creino le premesse per scelte vocazionali mature e responsabili. Non ostacolino, ma rispettino, condividano e accompagnino con trepida e fiduciosa gioia il cammino di quei figli che intendessero verificare e seguire una vocazione al sacerdozio, alla consacrazione religiosa o secolare, o alla vita missionaria».