N.02
Marzo/Aprile 1998

Il CDV e il suo Direttore nel Congresso Europeo per le Vocazioni

Analizzando gli Atti del Congresso Europeo sulle Vocazioni[1], il Documento di Lavoro[2] (DL) e il Documento Finale[3] (DF), si resta molto sorpresi per lo spazio ridotto dato agli organismi unitari, rispetto ai testi precedenti. Pochi sono i riferimenti al CDV[4]. Alcuni potrebbero pensare che il Congresso abbia voluto snobbare o sottovalutare tali organismi. Non è così. Il Congresso non ha avuto la pretesa di dire tutto, per non ripetere quanto altri documenti avevano già ottimamente detto al riguardo, per fare intendere che il testo è destinato alla comunità cristiana in tutte le sue articolazioni, soprattutto per proporre le grandi strategie di tipo pedagogico, aspetto il più carente e il più atteso dagli operatori pastorali[5].

 

 

Segni d’interesse in una situazione non omogenea

Un segno dell’interesse per gli organismi vocazionali, si può rilevare anche dalla richiesta congressuale che si prenda in seria considerazione per l’Europa la costituzione di un organismo o Centro unitario di pastorale vocazionale sopranazionale, come segno ed espressione concreta di comunione e condivisione, di coordinamento e scambio di esperienze e persone tra le singole Chiese …[6].

Un rilievo in senso positivo fatto dal DF per gli organismi unitari in genere, compresi quindi anche i CDV, è il seguente: dove essi esistono e sono funzionanti hanno conseguito grandi vantaggi e hanno già dato notevoli frutti[7].

Fortunatamente non mancano impostazioni “esemplari” di Chiese particolari dove i CDV sono perfettamente inseriti nel quadro della pastorale diocesana e sono lo strumento per una programmazione organicamente connessa con tutto il piano della pastorale della Chiesa particolare[8].

Al di là degli aspetti lacunosi, a cui accenneremo, il DL riconosce che il CDV, voluto dal Concilio, è uno degli organismi che sta caratterizzando la storia della pastorale vocazionale post-conciliare[9]. Questa affermazione è di una valenza unica, perché fa capire quanto è da ritenersi necessaria l’attenzione da parte delle Chiese particolari.

È ovvio che la situazione circa la presenza e l’operatività dei CDV non si presenta dappertutto allo stesso modo. Vengono segnalate espressamente alcune anomalie e disfunzioni.

– Persistono tuttora comunità diocesane che dopo oltre 30 anni dal Vaticano II non hanno istituito questo organismo unitario a servizio delle vocazioni[10]

– In molte Chiese particolari tale organismo esiste solo sulla carta o ha scarsa incidenza[11].

– I Centri diocesani non paiono animati ovunque dalla stessa volontà di lavorare e collaborare davvero per le vocazioni di tutti[12].

– Spesso esiste un certo progetto generale di pastorale unitaria che ancora stenta a divenire prassi di Chiesa locale, e sembra in qualche modo incepparsi quando dalle proposte generali si passa alla traduzione capillare nella realtà diocesana e parrocchiale. Infatti, non sono ancora sparite del tutto prospettive e prassi particolaristiche e meno ecclesiali[13].

– Alle volte si rileva una certa fatica nel rapporto tra Chiesa locale e vita religiosa, per cui si ritiene uscire da una lettura funzionale della stessa vita religiosa, anche se si intravedono segnali di nuovi orientamenti dopo il Sinodo sulla vita consacrata[14].

– In alcune Chiese particolari si constata un avvicendamento rapido delle persone all’interno del CDV. Segno che in questo ambito il lavoro non risulta molto gratificante e più che altrove i risultati non sono proporzionati all’impiego di tempo e di fatica[15].

Sono sufficienti questi cenni per comprendere il cammino che ancora occorra percorrere in numerose Chiese particolari d’Europa, compresa l’Italia[16].

 

 

Il CDV e le nuove istanze della pastorale vocazionale

 Dall’inchiesta fatta a tutti i Paesi d’Europa dalla Pontificia Opera per le Vocazioni, durante il cammino di preparazione al Congresso, sono state ricorrenti domande come queste: “Che cosa manca nella pastorale vocazionale di questo tempo per favorire efficacemente le risposte? Quale potrebbe essere il sussulto idoneo ad aprire stagioni nuove nelle nostre Chiese?”[17].

Il Congresso, ovviamente, ha cercato di dare una risposta seria a questi interrogativi e, partendo dalla consapevolezza che la pastorale delle vocazioni si trova di fronte all’esigenza di un cambiamento radicale, ha chiesto a tutti, ma soprattutto ai responsabili di organismi unitari, un salto di qualità, come ha raccomandato anche Giovanni Paolo II nel suo Messaggio di fine Congresso[18]. Tutto il DF ha tenuto presente questo orientamento di base. Il CDV viene coinvolto in tutto il testo, non solo quindi in quei pochi passi che parlano esplicitamente di tale organismo.

In queste brevi note concentriamo la nostra attenzione su quei punti qualificanti, in qualche modo “nuovi”, secondo l’espressione del testo[19], che cercano di dare una svolta concreta e nuova al servizio del CDV e del suo Direttore.

 

 

Azione corale della comunità diocesana in tutte le sue espressioni

La formula dell’Esortazione Apostolica sulla Vita Consacrata[20] è stata fatta propria dal Congresso e applicata alla globalità del servizio vocazionale: azione cioè di tutta la comunità, religiosa o parrocchiale, di tutto l’istituto o di tutta la diocesi, di ogni presbitero o consacrato/a o credente, e per tutte le vocazioni in ogni fase della vita[21].

Pare un’attività scontata da parte del CDV, eppure nella prassi pastorale non è così. La “coralità” tende a superare alcuni atteggiamenti che possano far segnare il passo alla pastorale vocazionale e renderla fatica inefficace: come l’atteggiamento della delega, l’occasionalità delle iniziative o ancor peggio l’attesa fatalistica che la storia risolva i nostri problemi[22]. In altri termini si vuole che si passi dalla “patologia della stanchezza e della rassegnazione” che si giustifica attribuendo al mondo giovanile la causa unica della crisi vocazionale, anziché ad eventuali errori e inadempienze[23].

Se un tempo la pastorale vocazionale si riferiva solo ad alcune vocazioni, oggi deve tendere a tutte le vocazioni, poiché nella Chiesa “o si cresce insieme o non cresce nessuno”; se in epoca non proprio lontana si dava il compito solo a persone volenterose e solitarie in contesto di concorrenza, di propaganda, di esperienze episodiche, oggi fanno vera pastorale vocazionale coloro che lavorano in modo “stabile e coerente” e sono animati dalla certezza che in ogni persona, nessuno escluso, c’è un dono originale di Dio che attende d’essere scoperto; se un tempo ci s’illudeva di risolvere la crisi con scelte discutibili, ad esempio importando vocazioni da Paesi del Terzo Mondo, ora nessuno deve illudersi di risolvere la crisi aggirandola, poiché il Signore continua a chiamare in ogni Chiesa e in ogni luogo[24].

Non si tratta semplicemente d’una questione d’organizzazione pratica, quanto di uno spirito nuovo che deve permeare la pastorale nella Chiesa. Da parte sua il CDV deve promuovere la comunione-collaborazione con tutte le componenti vocazionali presenti nella Chiesa particolare. “La crisi vocazionale è anche crisi di comunione nel favorire e nel far crescere le vocazioni. Non possono nascere vocazioni laddove non si vive uno spirito autenticamente ecclesiale”[25]. La coralità della pastorale vocazionale chiede la fede nel primato assoluto dello Spirito. Ciò significa rianimare tutta la pastorale delle vocazioni con un grande “movimento di preghiera” – nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nei gruppi, nelle famiglie – perché ogni vocazione è dono, e solo l’invocazione promuove una mentalità accogliente e un cuore disposto[26].

 

 

Puntare decisamente sugli educatori

Il Congresso affida agli organismi unitari, quindi anche al CDV, “la formazione degli educatori-formatori vocazionali”, come vero e proprio elemento centrale e strategico dell’attuale pastorale vocazionale[27]. In una situazione religiosa e culturale che sta cambiando rapidamente, si ritiene indispensabile la formazione e la preparazione degli “animatori di base: catechisti, parroci, diaconi, consacrati, vescovi…”[28].

Quest’urgenza è stata sottolineata con forza dal Sommo Pontefice nel Messaggio inviato al Congresso all’inizio dei lavori: “una Chiesa particolare – ha affermato – può guardare con fiducia al proprio futuro, soltanto se è capace di mettere in atto questa attenzione pedagogica, provvedendo in modo costante alla cura dei formatori e, primi fra tutti, dei presbiteri”[29]. È ovvio che tale istanza è conseguenza della “coralità” richiesta dal salto di qualità della pastorale vocazionale. Solo attraverso una sapiente presenza educativa, soprattutto nell’accompagnamento spirituale, la dimensione vocazionale può attraversare tutto il campo di azione nella pastorale della comunità cristiana[30].

Le personalità spirituali forti – avverte il DF – non sono soltanto alcune persone dotate di carisma, ma sono il risultato di una formazione particolarmente attenta al primato assoluto dello Spirito. In questo contesto va accuratamente incoraggiata e formata la ministerialità educativa della donna, perché sia soprattutto accanto alle giovani una figura di riferimento e una guida sapiente. Forse anche questo fa parte di quella svolta che caratterizza la pastorale vocazionale… “Oggi le vocazioni al femminile hanno bisogno di riferimento a figure femminili, personali e comunitarie, capaci di dare concretezza alla proposta di modelli oltre che di valori”[31].

 

 

Promozione d’una autentica cultura vocazionale nella società civile ed ecclesiale 

È questo l’altro elemento raccomandato dal DF agli organismi vocazionali unitari. Al tema della “cultura vocazionale” è stato dedicato il Messaggio Pontificio della XXX Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni[32], celebrata nel 1993. Nel discorso al Congresso, Giovanni Paolo II ribadisce il concetto che la costante e paziente attenzione della Comunità cristiana al mistero della divina chiamata promuoverà una nuova cultura vocazionale nei giovani e nelle famiglie[33]. Il disagio che attraversa il mondo giovanile – continua il Papa – rivela anche nelle nuove generazioni, pressanti domande sul significato dell’esistenza, a conferma del fatto che nulla e nessuno può soffocare nell’uomo la domanda di senso e il desiderio di verità. Per molti è questo il terreno sul quale si pone la ricerca vocazionale[34].

La penuria delle vocazioni specifiche è soprattutto assenza di coscienza vocazionale della vita, ovvero assenza di cultura della vocazione. Ragione per cui, questa cultura – osserva il DF – diventa oggi, probabilmente il primo obiettivo della pastorale vocazionale o, forse, della pastorale in genere. Che pastorale è, infatti, quella che non coltiva la libertà di sentirsi chiamati da Dio, né fa nascere novità di vita?[35].

 

 

Compiti e responsabilità del direttore del CDV oggi

Dopo quanto abbiamo riferito circa gli orientamenti del Congresso Europeo, non è difficile tirare le conseguenze impellenti sul piano della prassi e della concretezza. Emerge chiaramente una nuova immagine del CDV e dei suoi responsabili, primo fra tutti il servizio del Direttore. Le attese odierne della pastorale vocazionale sono molte e di grande rilievo. Diciamo questo non per intimorire, quanto invece per co-responsabilizzare e rilanciare servizi così come sono richiesti oggi.

Il DF non vuole incolpare alcuno per quello che non si sarebbe fatto nel passato, anzi esprime riconoscenza verso coloro che tra notevoli difficoltà hanno offerto il loro servizio con generosità. In ogni caso si tratta di imprimere nuovo slancio nell’attuare quanto il Dio della storia chiede oggi.

– Si esige anzitutto che il CDV, voluto dal Concilio, sia presente in tutte le diocesi e che sia operante, non a motivo di crisi e di emergenza vocazionale ma per un’istanza ecclesiale.

– Il Direttore del CDV deve essere impegnato a tempo pieno e a pieno titolo nel servizio vocazionale. Non può essere uno dei tanti compiti pastorali, quasi un’appendice del lavoro svolto nel seminario diocesano. Ciò non favorisce l’equa attenzione che viene richiesta per tutte le vocazioni e perla sensibilizzazione di tutte le articolazioni della comunità diocesana.

– Il Direttore del CDV più che concentrare sulla sua persona i servizi, deve contribuire a far lavorare tutti promuovendo quella coralità voluta dal Congresso: parrocchie, movimenti, persone e comunità. Non basta restringere la sua attività all’organizzazione della Giornata Mondiale, o nel portare avanti qualche iniziativa per i giovani.

– Si osserva che un punto debole della pastorale dei CDV è costituito dalla mancanza di animatori vocazionali. Abbiamo già riportato i risultati dell’inchiesta che documenta una situazione di fatto, cioè che meno del 10% dei CDV abbiano avviato iniziative per la preparazione e la formazione degli animatori. Mancano quindi persone che permettano di passare da una pastorale occasionale ad una sistematica attività di accompagnamento[36]. Mancando gli educatori e gli animatori tutto rischia di arenarsi. Già si è detto che questo è un punto qualificante e urgente di cui il Direttore non può non farsene carico.

– La promozione di una cultura vocazionale, su accennata, e l’impegno di rendere esplicita la dimensione vocazionale della pastorale ordinaria e di tutte le pastorali, coinvolge tutti i ministeri. Non sembra conveniente affidare il compito di Direttore del CDV a persone non sufficientemente preparate o a giovani sacerdoti alla prima esperienza pastorale.

– Il Congresso raccomanda infine di affidare compiti così importanti e delicati, quali sono quelli dei Direttori dei CDV, non a persone pessimiste, scoraggiate, rassegnate, ma a responsabili entusiasti, samaritani della speranza, perché a loro volta svolgano il ministero dell’incoraggiamento con i presbiteri, gli educatori, le famiglie cristiane, le famiglie religiose, i laici consacrati, in pratica con tutti coloro che devono servire la vita accanto alle giovani generazioni[37].

 

 

 

 

Note

[1] Cfr. Seminarium, anno XXXVII, n. 2-3, Aprile-Settembre 1997. È un numero monografico di 700 pagine dedicato all’argomento con il titolo De Congressu habito ad Vocationes ad Presbyteratum et ad Vitam Consecratam fovendas in Europa.

[2] PONTIFICIA OPERA PER LE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, La pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari d’Europa, Lib. Ed. Vaticana 1996.

[3] Idem, Nuove vocazioni per una nuova Europa, Lib. Ed. Vaticana 1998.

[4] Il DF ne parla al n. 29e, il DL al n. 79, gli Atti nell’intervento di I. CASTELLANI per l’Italia Seminarium, cit. pp. 376-378 e nell’intervento di J.M. LAUNAY per la Francia, ib. pp. 382-383. 

[5] DF, n. 9 e n. 29e.

[6] DF, n. 29e.

[7] Ivi.

[8] DL, n. 79.

[9] ivi.

[10] DF, n. 29e.

[11] DL, n. 79 e DF, n. 29e. 

[12] DF, n. 29e. 

[13] Ivi.

[14] Ivi, Proposizioni, 16, nota 92. Il DL, n. 81, osserva che risulta un po’ più difficile il contributo specifico dei religiosi e delle religiose ai programmi vocazionali della Diocesi. Talora c’è un accordo di massima sui principi ecclesiologici e sugli orientamenti pastorali, ma poi c’è la tendenza a costituire gruppi in proprio per attività specifiche, anche se va riconosciuto lo sforzo crescente di non entrare in conflitto con i cammini analoghi della Chiesa particolare.

[15] Cfr. DL, 79.

[16] Cfr. Seminarium, cit pp. 376-378.Durante il suo intervento, I. CASTELLANI ha presentato al Congresso un quadro della situazione dei Centri Diocesani in Italia risultante da una recente e specifica ricerca del CNV. 1197,4% delle diocesi ha il CDV, quale organismo unitario a servizio delle vocazioni di speciale consacrazione. Tuttavia fa problema il continuo ricambio della persona del direttore e l’inserimento, particolarmente nel Centro-Sud, dei giovani sacerdoti alla prima esperienza pastorale. Non più del 6,3% dei direttori del CDV è impegnato a pieno titolo in questo servizio e solo il 15,4% organizza il lavoro sulla base di una programmazione annuale. 1124,1% dei CDV si impegna specificamente per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, l’8,7% sollecita il maggior coinvolgimento del clero e solo il 5,7% mostra specifica attenzione per i gruppi e movimenti ecclesiali. La quasi totalità dei Centri dirige il servizio verso il mondo giovanile, anche se vi si riscontra un’impostazione scarsamente articolata e senza una progettazione di lungo respiro. Solo il 9,2% promuove attività formative per gli animatori, perciò mancano le persone che permettano di passare da una pastorale occasionale ad una sistematica attività. In altri termini nelle diocesi italiane la pastorale delle vocazioni resta pur sempre il problema più urgente ed ancora la “cenerentola” delle pastorali.

[17] DL, 6.

[18] Seminarium, cit., p. 528.

[19] DF 12-13.

[20] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Vita consacrata, 54. 

[21] Cfr. DF, 13c; Seminarium, cit. p. 561s. 

[22] Cfr. Seminarium, cit. p. 562.

[23] DF, 13c.

[24] Ivi.

[25] Ivi, 29e.

[26] Cfr. Seminarium, cit. p. 562.

[27] DF, 29c.

[28] Proposizioni, 17. Cfr.DF, nota 93.

[29] Seminarium, cit. p. 211.

[30] Cfr. Seminarium, cit. p. 563. Il DL, n. 86, osserva che “Il futuro della Chiesa e della società, nonché la pastorale vocazionale, hanno bisogno in modo particolare di nuovi educatori nel contesto della nuova evangelizzazione. Si sta verificando, infatti, la debolezza di tanti luoghi pedagogici (gruppo, comunità, oratori, scuola e soprattutto famiglia). Il ritorno di questi luoghi ad essere efficacemente educativi richiede la presenza di figure spirituali di sicuro riferimento; nonché guide spirituali motivate, robuste, limpide. Di qui l’impegno da parte delle Chiese particolari di formare i formatori”.

[31] DF, 29d.

[32] Cfr. P.O. V.E., Messaggi Pontifici per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, ed. Rogate, Roma 1993, pp. 241-245.

[33] Seminarium, cit., p. 539.

[34] Ivi.

[35] DF, n. 136.

[36] Seminarium, cit, p. 377.

[37] DL n. 88.