La via all’accompagnamento spirituale: elogio della autenticità
In questo periodo mi sono trovato a vivere alcuni momenti ecclesiali intensi e significativi, in cui la dimensione dell’accompagnamento spirituale e vocazionale è stata il “focus” privilegiato di un interesse attento e riflessivo.
- Il Convegno organizzato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, per celebrare il 70° anniversario delle Pontificie Opere delle Vocazioni Sacerdotali (Roma, 3-5 novembre 2011). Un evento di interesse mondiale, in grado di rimettere in circolo i grandi temi della pastorale vocazionale, alla luce della crisi delle vocazioni al ministero ordinato, ma con uno sguardo privilegiato non solo all’annuncio del Vangelo della Vocazione, ma soprattutto alle opportunità per accompagnare i giovani a vivere scelte delicate e difficili.
- Il Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile (Roma, 1013 novembre 2011). In esso è emerso con nitidezza il sentiero di una pastorale giovanile chiamata a declinarsi come pastorale della ricerca di senso della vita, e quindi ad assumere con forza la dimensione dell’accompagnamento spirituale e vocazionale.
È una sfida non da poco quella che si propone a tutti gli operatori vocazionali e pastorali. Non è per nulla casuale la scelta del quadro che chiude la serie di cover per questo anno 2011. L’opera Grande scacchiera di P. Klee ricorda certamente le composizioni astratte del decennio precedente dell’artista, ma in questo caso il suo messaggio è netto: da una parte egli rappresenta l’elemento squadrato della scacchiera; dall’altra troviamo le dimensioni più morbide e rotondeggianti rappresentate dalle pedine. Ancora una volta, nell’opera di Klee, ritroviamo la metafora di un contrasto e di una conciliazione tra i vari eventi della vita.
È esattamente quanto ogni buon accompagnamento spirituale è chiamato a fare: far emergere le conflittualità, le resistenze, le ferite ancora aperte della vita, per aiutare a riannodare fili spezzati, per prendersi cura di ciò che in un giovane, e in ogni persona che lancia il suo SOS di aiuto e di ascolto, ha bisogno di emergere allo stato di consapevolezza, di verità e di autenticità.
Come non ricordare la famosa sfida a scacchi nel film il Settimo Sigillo (1956) di Ingmar Bergman?
In una Scandinavia dove imperversano peste e disperazione, torna dalle crociate in Terra Santa il nobile cavaliere Antonius Block. Sulla spiaggia, al suo arrivo, trova ad attenderlo la Morte, che ha scelto quel momento per portarlo con sé definitivamente.
Il cavaliere decide di sfidarla a scacchi e la partita si svolge nel corso di vari incontri tra Block e la Morte.
Durante la partita, Antonius ed il suo scudiero Jons, attraversando la Scandinavia, incontrano molte persone: tra di esse il cavaliere s’imbatte in una famiglia di attori e saltimbanchi, che sembrano non accorgersi della tragedia che li circonda, uniti solo dall’amore reciproco e da un sincero rispetto.
Questo incontro aiuterà Antonius a ritrovare la fede e l’unione con Dio. Allora, in cuor suo, egli accetta di morire, sacrificandosi per la coppia di innamorati.
La Morte non vince la sfida con Antonius che si conclude in perfetta parità. Ma ecco il colpo di scena: con un movimento repentino del braccio, il cavaliere colpisce intenzionalmente la scacchiera, facendo cadere alcune pedine; solo a quel punto la Morte potrà disporle in maniera tale da poter dare scacco matto al suo sfidante.
Non intendo andare oltre nella rievocazione di questo splendido film: esso può davvero divenire ulteriore metafora di un perenne scontro tra una vita morta ed inautentica e una vita viva, originale e creati-va, densa di autenticità.
Questo è l’esito dell’educare alla vita buona del Vangelo; ed è anche la meta desiderata di ogni accompagnamento spirituale capace di proporsi come sapienziale, coraggioso, rispettoso della verità e della autenticità depositate nel cuore di ogni esperienza umana.