N.04
Luglio/Agosto 1997

Il pellegrinaggio a Loreto: un itinerario di annuncio e di proposta vocazionale

Lidea di rinnovare l’antica tradizione marchigiana del pellegrinaggio alla Santa Casa della Madonna di Loreto (una pratica devozionale entrata in crisi, come tante altre espressioni della pietà popolare, verso la fine degli anni ‘60) nacque nel 1978 per iniziativa di un insegnante di religione del Liceo classico di Macerata, don Giancarlo Vecerrica e dei suoi amici del movimento di Comunione e Liberazione. Come legare – si chiedeva don Vecerrica – l’anno scolastico appena trascorso al periodo delle vacanze estive, richiamando con un gesto significativo la necessità di domandare sempre la presenza di Cristo nella vita quotidiana? E come fare in modo che i giovani, per natura poco inclini alla semplice ripetizione verbale dell’annuncio cristiano, potessero incontrare un’esperienza viva ed affascinante di Chiesa?

In quegli anni molti studenti di C.L. partecipavano, nel mese di agosto, al grande pellegrinaggio polacco da Varsavia a Czestochowa: si cominciò allora ad invitare tutti gli studenti della regione, nel fine settimana immediatamente successivo alla chiusura delle scuole, ad un pellegrinaggio da Macerata a Loreto. Le ragioni del gesto erano già chiaramente espresse nel primo volantino di annuncio:

“Un giovane diventa grande se cammina, se si muove verso: perché la vita è una dinamica, è un movimento nella direzione adeguata all’uomo. E la forma di questo cammino è la gratitudine. La gratitudine, infatti, dice che Cristo è tutto e dà tutto per me, è espressione di sacrificio e di certezza (…) La proposta del pellegrinaggio è la domanda della presenza di Cristo in ogni situazione della vita. A noi è richiesto di camminare senza smettere di domandare”.

Al primo pellegrinaggio, svoltosi quasi per intero sotto una pioggia sferzante, presero parte appena trecento giovani. Già nell’edizione successiva, però, i partecipanti erano divenuti duemila, e da allora il numero dei pellegrini non ha mai cessato di crescere: così lo scorso anno il cammino lauretano è stato compiuto da più di trentacinquemila persone provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Ma se in questi due decenni il cammino da Macerata a Loreto è diventato uno degli avvenimenti di fede popolare più importanti a livello internazionale, ciò è stato possibile anche per la grande attenzione sempre dimostrata da Giovanni Paolo II per il pellegrinaggio, che dopo averne fatto menzione in un celebre discorso a Strasburgo, l’8 ottobre 1988, ha poi voluto presenziare alla Santa Messa inaugurale della XVI edizione, il 19 giugno 1993. Né si può dimenticare la partecipazione al pellegrinaggio – solo per limitarsi agli anni più recenti – di tante illustri personalità della Chiesa, come Francis Arinze, Giacomo Biffi, Eduardo Francisco Pironio, Dionigi Tettamanzi, Salvatore De Giorgi, Antonio Innocenti, Michel Sabbah, Paul Cordes, Lucas Moreira Neves e Luigi Giussani. Ha scritto di recente don Vecerrica:

“Il pellegrinaggio a piedi è un’esperienza forte e coraggiosa di fede al cospetto del mondo; esso consiste nel gridare con dei gesti chiari e pubblici che Dio è tutto per la vita, e quindi che da questo nasce una compagnia capace di sostenere quest’impostazione di vita. Il pellegrinaggio era una tradizione popolare ormai scomparsa, e riprenderlo ha provocato la libertà di tanti giovani. Così per tante persone che abbiamo incontrato la fede è tornata protagonista della vita, e l’aggregazione è cresciuta di anno in anno. È stata una cosa che ha meravigliato tutti: la ragione che avverto come sempre più evidente è il fatto che i giovani non cercano un motivo qualsiasi per vivere, ma delle ragioni adeguate. Allora proporre di incontrare Cristo oggi è rendere evidente che esiste una presenza viva che corrisponde alle esigenze dell’uomo. Che cosa proponiamo ai giovani? Un’ideologia o un’esperienza? Questo è il punto cruciale dell’educazione cristiana: i giovani avvertono dove è la vita, da dove nasce e chi può salvarla”.

Nelle parole di don Vecerrica è efficacemente descritta la natura di cammino vocazionale del Pellegrinaggio: la vocazione cui Dio chiama ogni uomo emerge nell’incontro con un’esperienza umana affascinante, che provoca, esige una risposta. Questa dinamica è tanto più evidente nei giovani: essi, come ricordava l’anno scorso a Macerata il card. Arinze, “non hanno paura del sacrificio: se sono convinti di qualcosa sono pronti a fare fatica, altrimenti no”.

La struttura stessa del cammino, poi, favorisce lo sguardo all’unica ragione per impiegare positivamente la propria energia umana, Cristo. Tutto, nel pellegrinaggio, è segno e richiamo alla verità del proprio cuore: la fatica fisica del camminare per più di trenta chilometri nella notte, alla luce della luna o meno; il trovarsi a camminare non da soli, ma insieme a tante migliaia di altri pellegrini, come “un cuor solo ed un’anima sola”; l’essere di volta in volta richiamati da chi guida il lungo corteo al silenzio, alla preghiera o al canto; l’avanzare, alla luce delle fiaccole e dei fuochi accesi sul ciglio della strada dai contadini, verso la meta certa che sorgerà al mattino.

Un altro aspetto da sottolineare è che il pellegrinaggio, in quanto gesto di popolo, è per sua natura portatore di una sfida esplicita a quella mentalità laicista ostile al Cristianesimo, e perciò ostile dell’uomo, che sembra ormai trionfare in Italia. Quando si arriva a Loreto è evidente sui volti di tanti, tanti pellegrini, pur segnati dal sonno e dalla stanchezza, lo stupore dell’avere visto con i propri occhi un luogo in cui è possibile riscoprire il proprio volto umano; ed infatti ogni anno presso la sede del comitato promotore del pellegrinaggio giungono centinaia di lettere che raccontano nella diversità delle circostanze particolari, la medesima esperienza: la scoperta, proprio durante il cammino lauretano di un accento di verità e di un entusiasmo per la fede che non si era mai sentito urgere così prepotentemente alle porte della propria libertà.