Giovani che si sono allontanati dalla Chiesa
La ricerca che diede vita, ormai dieci anni fa, al libro intitolato “Dio a modo mio” fu la prima in Italia a progettare e svolgere, a livello nazionale, un’indagine qualitativa con quella estensione territoriale e campionaria, dando voce a centinaia di giovani. Nelle conclusioni di quel libro, Bignardi scriveva che i giovani di oggi, dal punto di vista religioso, sono al confine tra due generazioni: quella di un passato che non c’è più e di un futuro che non c’è ancora. Una generazione che – battezzata alla religione cristiano-cattolica nel 94,8% dei casi – viveva nella sua giovane età il distacco da un’istituzione dalla quale e nella quale era stata però socializzata, vivendo così tutte le contraddizioni di una transizione ancora in atto. Già in questa prima ricerca, emerge una generazione in gran parte indifferente alla Chiesa e alle sue proposte, ma non alla fede e alla ricerca di Dio. Una generazione pienamente dentro i processi di una, forse, già superata secolarizzazione, immersa in una società individualizzata e individualista, pronta a disegnare anche le personali credenze a proprio vantaggio e in funzione della propria soggettività. Un “Dio a modo mio”, non assente, ma pensato a partire dalla propria interiorità, al quale dare una forma adatta alla singolarità, personalizzato, che risponde a esigenze soggettive, che trova spazio nel grande desiderio di punti di riferimento e, ancor prima, di relazione, spesso senza necessità di mediazione. Emerge, dalle parole dei giovani, la distanza dalla Chiesa, percepita lontana, marginale se non assente nelle proprie vite, sentita come istituzione e, come tale, non considerata capace di influire, accompagnare, seguire il personale percorso di vita spirituale e sociale, nella costruzione delle proprie reti di relazione. Nei dieci anni trascorsi da allora, le statistiche ci dicono che questo allontanamento perdura e si amplia, lasciando spazio, come sappiamo, a nuove forme di spiritualità. Ma quali sono le ragioni di questo allontanamento? Il gruppo di ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo ha ritenuto che un modo per tentare un primo approccio a questo interrogativo fosse ascoltare chi ha vissuto l’esperienza di appartenenza alla Chiesa per poi distaccarsene, cercando (o no) altre strade per vivere la propria vita spirituale. Il percorso di ricerca più recente, quello i cui risultati sono presentati nel volume Cerco dunque credo?, prende così in esame proprio i giovani italiani che, nel corso del tempo, si sono allontanati dalla religione cattolica. Si cerca di dipanare una complessità in forte divenire per conoscere e approfondire le ragioni di questo allontanamento, le mancanze percepite, le visioni della Chiesa, le convinzioni mutate, per esplorare il percorso che hanno iniziato a coltivare e sviluppare una volta conclusa quella esperienza, per conoscere le inquietudini e i temi della loro ricerca esistenziale, per comprendere le distanze e identificare processi e vissuto.
I risultati ci parlano di giovani grati alla Chiesa per averli accolti nel percorso che hanno fatto al suo interno, ma che conservano un atteggiamento critico anche nei confronti dell’iniziazione cristiana, spesso ricordata come fonte di noia, sentita come un obbligo, organizzata come una lezioncina, con un approccio al Vangelo di tipo favolistico. Il loro distacco, si sa, avviene prevalentemente tra i 16 e i 17 anni, quando hanno già perso i loro riferimenti nei contesti pastorali e avviene soprattutto per la necessità di avere risposte personali alle domande di fondo della vita. Fallisce dunque il passaggio da una fede infantile a una fede adulta. E ci sono molte ragioni per le quali il distacco avviene: il disinteresse, l’idea cioè che si possa vivere bene anche senza la Chiesa, la difficoltà a accettare la Chiesa così come oggi si propone, il non trovare risposta a domande di senso che la vita pone loro dinanzi, una domanda di spiritualità che non è soddisfatta dall’esperienza cristiana che conoscono, la delusione rispetto alle loro personali aspettative. Sentono la Chiesa lontana, chiusa, fredda, ferma, incapace di relazionarsi al loro vissuto, spesso complesso, di giovani che sperimentano una condizione di vita più difficile di quella delle generazioni che li hanno preceduti.
Quale Chiesa vorrebbero? Una Chiesa in dialogo con tutti, aperta, contemporanea, una comunità cristiana calda, che non giudica; vorrebbero delle celebrazioni coinvolgenti, vive, capaci di emozionare, dei linguaggi comprensibili, vicini alla vita.
Nei giovani, sembra essere in atto una metamorfosi del credere, che è collegata alle trasformazioni del modo di vivere. Da un modo di credere basato sull’appartenenza, a un credere che ha radici nella coscienza e ha motivazioni personali. Una fede fortemente caratterizzata sul piano individuale, che non trova agganci con la comunità, che sembra poterne fare a meno se questa non si rende disponibile al loro modo di sentire.