N.01
Gennaio/Febbraio 2025

Ricominciare

Abba Pior chiedeva
ad Abba Poemen
«Cosa fai oggi Abba?»
e Abba Poemen rispondeva
«Oggi ricomincio».

Detti dei padri del deserto

 

«Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza» (Annuncio del giorno di Pasqua). 

Abbiamo da poco ascoltato l’annuncio della Pasqua proclamato solennemente nel giorno dell’Epifania del Signore; la Chiesa ci insegna che è nei ritmi e nelle vicende del tempo che ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Possiamo provare a dare fiducia a questo annuncio per imparare – e insegnare a nostra volta, quel senso del tempo che, rimettendo al cuore della storia le azioni di grazia del Signore e la vita di Gesù, viene a spiegare il senso di tutta la nostra vita.

Così come nell’alternarsi delle stagioni, nell’avvicendarsi del giorno e della notte, nel respiro e nel battito di ogni cuore pulsa la vita, così scopriamo che c’è un ritmo nella vita di fede; laddove l’esperienza voglia essere armonica, assecondare il ritmo non è irrilevante, pena la dissonanza di un assolo autoreferenziale. 

La preghiera della Chiesa risuona in noi al battito ritmato di un tempo dato, ispirato, legato alla storia della salvezza. 

«Ogni cosa ha il suo momento» dice Qoelet (3,1); mentre il mondo afferma il diritto di avere disponibilità di qualsiasi cosa nell’attimo stesso in cui la si vuole, la Rivelazione ci ricorda che è proprio di Dio consegnare ogni cosa a suo tempo, riconoscendo valore a ciascun momento di vita.

Ogni anno la Chiesa ci restituisce questo insegnamento e il tempo di Avvento arriva puntuale a inaugurare un nuovo anno liturgico, con il suo calendario di celebrazioni il cui «centro è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto»: un viaggio dentro il nostro tempo accompagnati dal ritmo della Parola di Dio, della liturgia, della preghiera.

L’anno liturgico, con le sue ripetizioni e i suoi déjà vu, è molto più simile alla vita di quanto crediamo; noi immaginiamo lo scorrere del tempo cronologico come una linea continua, che si sviluppa, forse in salita, di età in età; ma in realtà l’anno liturgico, così come la vita, ci fa tornare e ritornare sui fatti, sugli affetti, sulle motivazioni, sulle relazioni con un movimento circolare che si muove in avanti con noi e che, ogni volta che ricomincia, ci regala la possibilità di scendere in profondità e di conoscere più da vicino il mistero della Salvezza e la vita del Signore Gesù. 

Con ogni probabilità, se avessimo dovuto pensare noi allo sviluppo dell’anno liturgico, avremmo scelto per iniziare l’Annunciazione dell’angelo alla Vergine Maria e la Pasqua, per concludere con questa meravigliosa esperienza di fede che aspettiamo desideriamo, con il successo della Risurrezione.

La sorpresa che ci fa la Chiesa, invece, è che non è così, non è ‘solo’ la Pasqua la destinazione. Il tempo della comunità dei credenti è orientato in una direzione precisa e dobbiamo fare un lungo passo indietro per comprenderlo, dobbiamo allungare lo sguardo alla fine l’anno liturgico concluso da poco. 

Per i cristiani l’anno si conclude, cioè si completa, con la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: questa è un’indicazione fondamentale. 

La destinazione di ogni preghiera e di ogni anno di preghiera, di tutta la vita liturgica della Chiesa, la destinazione di un anno di celebrazioni eucaristiche, di ritiri, di ogni accompagnamento vocazionale, di ogni giorno che ci è donato è celebrare che c’è un Re e Signore dell’universo, del tempo e della storia.

Ovvero ci vuole un anno di messe celebrate, di memorie di santi, di martiri, di solennità, di memorie mariane… tutto un lunghissimo viaggio di settimana in settimana per arrivare a questo approdo, per ascoltare le parole di Gesù: «Io sono Re per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo» (Gv 18,37).

 Questa è la meta e questo è il punto di ripartenza. I cristiani hanno questo vantaggio per comprendere la storia: partono dalla fine, guardano tutto dalla fine e dal suo fine.

Non serve a nulla credere nel mistero dell’incarnazione, celebrare il Natale, proporre percorsi di discernimento vocazionale, parlare di Gesù e neppure vedere miracoli nella vita delle persone, se il nostro annuncio non porta all’incontro con Lui, il Re e il Signore della vita cioè se non diamo a Lui la signoria sulle nostre cose, su tutto ciò che viviamo, decidiamo, facciamo; tutto potrebbe non servire a nulla. 

Pensieri, sentimenti, azioni – per quanto siamo convinti della nostra autonomia e libertà, hanno sempre un signore, un padrone, un baal dice la Scrittura. Non è vero che se Gesù non è il Signore della tua vita allora sei tu padrone di te stesso; non è così. Tu hai solo due alternative nella vita: o sei schiavo o sei figlio. E chi ti fa figlio è Gesù, il Signore, il Figlio di Dio, il Re della gloria.

Questa regalità è la destinazione che motiva la vita, quel porto che vale la pena tutto questo mare da attraversare. Solo dopo aver ricevuto questa buona notizia si può ricominciare. Da questo porto sicuro può riprendere l’abbrivio la navigazione di ogni nostro accompagnamento vocazionale.