Vocazioni realizzate: il confronto con i Testimoni
Nella cultura “albero degli zoccoli” di “Olmi-memoria”, i messaggi che venivano rivolti alla persona erano pochi e tipici della cultura contadina. Nobile, ma univoca e ripetitiva. Vocaboli-valori, abbigliamento e tradizioni erano un “replay” continuo. Gli adolescenti che sopravvivevano alle troppe mortalità” infantili, guardando il nonno sapevano già cosa sarebbero stati, più o meno, da grandi.
Oltre l’albero degli zoccoli
Oggi, saltate le “tradizioni” quali cerniera di collegamento e spesso vittime dell’incertezza data per certa, i nostri giovanissimi inconsciamente chiedono una “bussola” degli orientamenti, un “vocabolario” da calare nella nuova esperienza che stanno vivendo; sentono di essere i “neonati” dentro una società complessa e contraddittoria. Potessimo, noi educatori, credere veramente che la Parola di Dio donata con un certo entusiasmo può frantumare le loro resistenze, iniziali, per poi lasciarsi “sedurre” e accompagnare dallo splendore della Verità… che è Cristo l’amico che non tradisce!? Chissà, se dopo tanti studi, simposi e tavole rotonde, arriveremo a pregare di più quel Padrone che ha una “messe per tutte le stagioni”, per poi offrire e attingere insieme al recente dono fattoci dai nostri Vescovi: “Io ho scelto voi”: nuovo catechismo dei Giovani/1, che poi è per i Giovanissimi. Un testo di catechesi da prendere in mano con spirito nuovo. Per questo ha fatto bene il card. Ruini, a presentarlo e donarlo come “un libro della fede giovane”.
I grandi perché
Nel II Cap. il CdG fa riferimento ai saggi d’Israele quali Giobbe o il Qoelet: “Sta’ lieto, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio” (Qo 11,9). Più avanti un altro brano biblico si fa provocatorio: “Gli empi” dicono sragionando: “Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati” (Sap 2,1-2). Ma ecco la venuta di Cristo! Emerge la sua figura eccezionale a cui ispirarsi.
E, tra l’altro, vocazionalmente dà delle risposte alla vita di ciascuno: “Perciò io vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete… la vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito?… E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?… Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,25ss).
Confrontarsi
Il CdG dai riferimenti biblici passa a presentare dei Testimoni O.K. I nostri adolescenti dal poster facile e fans di troppi “celebri modelli” che durano lo spazio di un mattino, possono seriamente confrontarsi sul come impostare e gestire il “mestiere del vivere” da cristiani sereni e crescenti. Vediamoli.
Benedetta Bianchi Porro
Stupenda ragazza, colpita da sofferenze durissime, ha la forza di arrivare al quinto anno di università nella facoltà di medicina; malgrado la malattia progressivamente le tolga tutti i sensi: alla fine può comunicare solo attraverso una mano. Muore a soli 27 anni, dopo aver irradiato amicizia, fede rocciosa e consolazioni a non finire. Le sue idee forza: “Il mio compito è di amare la sofferenza di tutti quelli che vengono attorno al mio letto e mi danno o mi domandano l’aiuto di una preghiera”. “Sto vivendo la semplicità, cioè lo spogliamento dell’anima: è così bella! Si diventa molto leggeri e liberi”. “Dio ci dà il suo pane attraverso gli altri: ho provato. Ed è nella sofferenza che si accende in noi la luce di Cristo che ci sostiene: quando soffriamo ci volgiamo tutti al bene”. Evidentemente sarebbero molti altri “valori vocazionali” che potrebbero irrompere nel “diario” dei nostri giovanissimi. Richiamare in loro l’urgenza del “superamento”: vale a dire raggiungere quell’“indifferenza” che S. Ignazio di Lojola raccomanda per superare tutto ciò che nel mondo ci imbriglia e ci fa affossare nelle prime difficoltà o prove. Troppi, giovanissimi e giovani di fronte a molte “strade in salita” e a molte sfide si rifugiano nei “nirvana” artificiali della droga, del sesso dissacrato, nell’alcool, del rock subliminale e mass-media discorrendo… Non tutti gli adolescenti però sono così! Una moltitudine immensa sa lottare e offrire sull’esempio di Cristo e di Benedetta Bianchi Porro.
Giuseppe Moscati
Un santo medico che intendeva la professione come offerta della propria vita a Dio nei fratelli. Una santità laicale, che sprona tutti a santificarsi nel retto svolgimento della propria professione o ministero. Al mattino l’eucaristia credendo alla “presenza reale” nel pane, per poi portarsi sulle pendici arroccate del Vesuvio al capezzale di tanti poveri, per incontrare Cristo realmente presente negli ultimi. Spontaneo, aperto, “fresco” e gioviale nel cuore e nelle espressioni, ama ripetere: “Amiamo il Signore senza misura: senza misura nel dolore e senza misura nell’amore”. E aggiungeva: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini sono passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per salire più in alto, se si dedicheranno al bene”. Morì nel 1927 e proclamato santo nel 1987. Ai giovanissimi va ricordato che non basta l’ammirazione ma ciò che vale è l’imitazione; guardando a questi veri campioni li faremo scoprire come “il quinto vangelo” è praticabile, anche oggi.
Marcello Candia
Nel cap. 3 del CdG “Responsabili nel mondo”, si parla di un industriale milanese che lascia la sua città, il mondo industriale, e la famiglia, per fondare un ospedale e un lebbrosario a Marituba in Brasile. Qualche sua espressione portante: “Ho pensato di poter fare di più: è la storia dei talenti, ognuno di noi ne ha. Il vangelo non sbaglia. Il traffico dei talenti è una responsabilità di coscienza che abbiamo tutti. E siccome questa responsabilità io la sentivo bruciare, ho agito, ho dovuto agire, non avrei potuto che agire”. E aggiunse: “Occuparsi della povera gente deve essere una scelta che insorge dentro, che esce fuori come la vita, o la forza sminuisce. E a cose fatte, ecco, te lo garantisco: si vede palesemente che il Signore ci viene incontro. Io ho sempre trovato della gran gente grata. Devo anche aggiungere che non l’ho certo fatto per questo. Non si devono sentire le cose che si fanno come realizzazione di se stessi… Le opere si fanno per amore di Dio, perché questo motivo è di vita su un piano di fede”. Morì a Milano nel 1983. È lanciato verso gli altari!
Giorgio La Pira
Accanto al Candia viene brevemente presentata la figura di un altro laico “ancora vivo” nella coscienza di molti. Giorgio La Pira: siciliano prima, è fiorentino poi, dove morirà nel 1977. Sindaco di Firenze, seppe unire la sua attività culturale, alla spiritualità, e la sua azione politica alla carità. Parlava di “interpretare questo tempo nella luce teologale, della fede, della pace, della speranza e dell’amore”. Era mosso da utopie o da utopismo? Erano le sue “utopie” ma cariche di viva speranza: “Le generazioni nuove di tutti i popoli alzano il loro sguardo verso le frontiere storiche della pace, dell’unità, della libertà, della elevazione spirituale e civile di tutte le genti, per costruire insieme la nuova, universale, pacificata e fraterna casa degli uomini”.
Vocazioni consacrate
Il catechismo “Io ho scelto voi” presenta altri testimoni di valore laici: Vittorio Bachelet, Piergiorgio Frassati, Simona Romagnoli. Noi per esigenze di spazio per quell’inguaribile desiderio che molti giovanissimi e giovani siano affascinati da figure sacerdotali e religiose, attualizzandole nell’oggi in totalità, vogliamo concludere questa panoramica con alcuni flash su: Padre Massimiliano Kolbe, Edith Stein, Don Antonio Seghezzi.
Massimiliano Kolbe
Un Santo frate minore conventuale, morì nel famigerato lager nazista di Auschwitz, offrendosi al supplizio in cambio di un prigioniero, padre di famiglia. Fa impressione risentire come con una certa “regalità”, si presenta agli aguzzini: “Sono un Sacerdote Cattolico!”. Dopo giorni di inaudite sofferenze, nel bunker della fame, senza cibo e senza acqua, viene ucciso con un’iniezione di acido fenico, a soli 47 anni. La sua forte spiritualità, la sua cultura e la sua fiducia-amore alla Madonna, da Figlio di S. Francesco, lo portarono a morire come era vissuto. Ma potremmo anche dire che “sapendo che doveva morire visse per poter rimanere ‘vivo’ anche quando fosse morto”! Fu anche un profeta della comunicazione: fondò giornali, stazioni radiofoniche, creando nuove forme di comunità fraterne come “la città dell’Immacolata”, in Polonia e poi in Giappone. Rimane di lui un’idea-forza, ispirata dallo Spirito: “L’odio non è forza creativa. Soltanto l’amore crea e vince”.
Edith Stein
La sua vita fu una continua ricerca della verità. Nata in Slesia nel 1891, da una famiglia ebrea, cerca la verità soprattutto negli studi filosofici e nell’impegno sociale. C’è un periodo della sua vita in cui si dichiara atea, ma la sua ricerca continua, fino al battesimo ricevuto nel 1922. Medita la Parola, fino a scoprire gli scritti di S. Teresa d’Avila, nutrendosi sempre più dell’eucaristia. Desiderosa di sempre maggiore contemplazione, si fa carmelitana. Perseguitata dal nazismo, in quanto ebrea, viene deportata ad Auschwitz insieme alla sorella e uccisa nella camera a gas, nel 1942. Le sue convinzioni, fra le altre, furono: “Il cuore dell’uomo racchiude un grande potenziale nascosto, un germe di vita, che però rischia di essere soffocato da rovi e erbacce… Abbiamo per questo bisogno di rivolgerci verso una luce che la guidi sicura…”.
Don Antonio Seghezzi
Prete bergamasco. Il suo leit-motiv: “essere totalmente e splendidamente prete”: tra i giovani prima e in seminario come educatore, poi. Partì più tardi come cappellano, per assistere i soldati italiani in Abissinia. Tornato, fu nominato assistente diocesano dei giovani di azione cattolica. Deportato nel 1945, a Dachau, morì. Tutti lo ricordano come un prete entusiasta della sua vocazione, ripeteva: “La vocazione è come innamorarsi: si sogna, si ama, si crede al bello, si vuole diventare felici”. E insisteva: “Quando ami Gesù… riesci meglio a vedere più serenamente la vita… Ricorda che il Signore sa che ci sei. È la dolcissima bontà del Signore che ti fa fiorire. Chiamalo di continuo come fossi innamorato e …cerca nel tuo cuore ogni più bella parola e ogni forte sospiro… So che il Signore ci ama e allora che cosa ci manca?”.
Valori vocazionali
– La vita: un regalo di Dio da giocarsi ogni giorno come risposta non deludente verso chi ci ha voluto esistenti per sempre.
– La fede in Gesù Cristo diventa la chiave per rispondere alle profonde esigenze esistenziali. Troppe fughe adolescenziali mostrano una certa paura di Cristo. È in lui che si trova la verità dell’uomo. Può apparire esigente; a volte chiede delle “rinunzie”. Va allora gridato sopra i tetti dentro lo stordimento contemporaneo, che se anche Gesù di Nazaret si presenta chiedendoci delle “rinunzie”, egli ci illumina perché possiamo “rinunciare almeno per il più!”. È lui la sorgente di ogni valore; è lui il modello a cui i santi si sono ispirati.
– La vita di Benedetta Bianchi Porro ci dice che non possiamo rifugiarci in alibi fuorvianti che ci trattengono dall’operare, costi quel che costi. Anche la sofferenza è ingrediente della vita? Va valorizzata. Persuadendoci che le vocazioni più autentiche sono quelle “costruite nella ferialità” di ogni giorno.
– La vita di Giuseppe Moscati ci dice che la scienza va sempre coniugata con coscienza. È la coscienza illuminata e rafforzata dalla Grazia spinge a vivere la carità laicale in un amore senza misura. Egli seppe vedere Cristo crocifisso nei poveri e malati. Gli ultimi non possono lasciare nessuno indifferente. La vocazione di ciascuno è servizio. Non si può essere felici da soli.
– La vita di Marcello Candia è un chiaro avvertimento che il denaro e la posizione professionale-industriale non sono tutto. Che una certa logica capitalista può anche essere frantumata dalla “stoltezza” evangelica. L’espropriarsi dei ricchi dalla troppa ricchezza è trovare nei poveri l’occasione per farsi solidali e fraterni. La vera vocazione dell’uomo è la “diaconia”, altrimenti l’uomo stesso si snatura e si spegne.
– La vita di P. Kolbe: insegna che il mondo ha bisogno di consacrati non solo nell’eroismo di un lager, ma nella donazione – martirio quotidiano, lì dove urge la presenza di “padri e madri spirituali” che aiutano ogni persona a non cadere nella deleteria cultura della morte.
– La vita di Edith Stein ripropone la grandezza della vita monastico-contemplativa. Una meta raggiunta lasciando l’ebraismo, dando il giusto valore alla ricerca, e approdando al grande e definitivo incontro con Cristo “per amarlo con cuore indiviso”… fino al martirio. La sua Luce era per la Stein lo splendore della Verità: Cristo!
– La vita di don Antonio Seghezzi ci fa pensare con nostalgia ai preti di un tempo, “tosti” e vere guide spirituali, con la veste talare che sembrava incollata alla loro figura con il breviario sotto il braccio sempre da completarne la “recita”… Preti dalle battute incisive, dall’adunanze A.C. entusiasmanti e dall’adorazione eucaristica anche nelle ore notturne… Questi i preti che se anche morti in un lager, aspettano che qualcuno li “rivivi” oggi con tutta la propria vita.