N.03
Maggio/Giugno 1994

Da ministro ordinato dentro il ministero della sofferenza

 

Una vita in … utile

Un giochino di parole per dire che pure un’esistenza segnata da malattie gravi, qual’è la distrofia muscolare, ha senso e funzione come ciascuno degli innumerevoli tasselli di un immenso, meraviglioso mosaico. L’artista non sbaglia quando sceglie per la sua opera anche quella pietruzza difforme o dal colore smorto: serve proprio così, in quel punto, con quella tonalità cromatica di per sé forse non bella e con quella forma che presa singolarmente può apparire sgradevole. Accanto alle altre pietruzze, essa compone un tratto, una sfumatura di immagini che nella veduta d’insieme formano e definiscono l’armonia e la perfezione del capolavoro.

Così, la vita di ogni essere umano, in una proporzione di valore infinitamente più alto perché immagine e somiglianza dell’“Artista” divino che l’ha pensata, creata ed amata fino alla morte, è preziosa e irripetibile anche quando il “mondo” quello per cui Gesù “non prega”, quella mentalità terrena che si oppone a Dio (Gv 17,9) la considera inutile. Quando si prova la sofferenza, dunque, occorre anzitutto non disperare.

 

 

Il mistero della sofferenza

Si tratta di partire dall’oggettività della propria situazione: sono un malato in cui la paralisi progressiva, la distrofia appunto, ha lavorato ininterrottamente dall’infanzia togliendo forze e movimenti in un crescendo lentissimo ma costante. Così, dopo aver conosciuto il correre ed il camminare, sperimento ora la sedia a rotelle e la dipendenza in tutto dagli altri.

L’ineluttabilità della malattia, almeno per l’oggi, è stata per me l’occasione di costatare che, pur nel mistero della contraddizione tra il mio stato fisico e come avrei voluto e potuto essere, “questa” è la permissione della Volontà di Dio per la mia persona. Attraverso il dono della Fede ed il mio “sì” ad esso, ho letto con evidenza nella mia storia che la sofferenza e l’impedimento non sono casuali, né tanto meno inutili: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato” (Eb 10,5 b).

La Preghiera ed i Sacramenti alimentano la mia vita interiore. Essendo l’anima così nutrita, come non riconoscere che il mio Signore continua ad essere crocifisso nelle mie membra inferme? “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Dunque il senso di “questa” mia croce è il medesimo di “quella” amorosa, autentica ed universale di Gesù: la Redenzione, la Resurrezione, la Vita eterna, l’Amore.

Guardo ciò che lascio abbracciando tutto questo: vedo solo l’angoscia della stessa sofferenza ma vissuta nella rabbia, nell’invidia, nella disperazione dell’occasione perduta. Mio Dio, stringimi più forte e per sempre alla tua Croce; la mia si farà tutt’uno con la tua e mi porteranno a Te!

 

 

La vocazione sacerdotale

Unire la mia alla Croce di Gesù, diventa così non solo senso e significato per questo tipo di esistenza, ma soprattutto offerta al Padre per la salvezza mia e di tanti fratelli che forse conoscerò solo in Dio. Il cammino della offerta quotidiana è sostenuto dalla presenza discretissima ed efficace della Mamma di Gesù; quante volte ho sperimentato l’aiuto del Suo Cuore Materno! Basta invocarlo.

Negli anni di questo cammino, durante una confessione, ecco la proposta: preparati al Sacerdozio, potrai fare bene a tante anime. Lì per lì, un diniego, e poi in queste condizioni… Dopo qualche anno un altro Sacerdote, la stessa proposta. Forse è proprio il Signore che mi chiama. Infine la parola chiara del Padre Spirituale: è la tua vocazione, cosa rispondi? Mi sono fidato. La Chiesa ha dato il consenso, ha indicato le strade da percorrere, ha accompagnato e verificato la preparazione nello spirito, nella mente e nel cuore. Ora sono Sacerdote per bontà divina e la mia sedia a rotelle ogni giorno si fa altare e confessionale.

La malattia continua a fare la sua parte, ma anche la preghiera e l’offerta sono costanti. “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, Santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1).

La Grazia del Signore provvede la forza e la serenità al mio niente per affrontare ogni giorno che la Provvidenza mi dona, nella fede che “… le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8,18).

 

 

La volontà di Dio

Ora è più chiaro il giochino di parole iniziale: in Dio nessuna vita è inutile, anzi più appare tale agli occhi del mondo e più il Signore permette di “investirla” in … utile, a gloria Sua e per il bene delle anime. Ciò che conta veramente è vivere secondo il suo volere, ciascuno nella propria storia personale, come attesta l’autore della lettera agli Ebrei: “Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la Tua volontà” (Eb 10,6-7; cfr. Sal 40,7-9).