N.05
Settembre /Ottobre 2009

La Parola di Dio generatrice di vocazioni

“Docili strumenti” a servizio della vocazione

Come è noto, la “vocazione”, nel senso completo che noi cristiani riconosciamo a questo termine, è un mistero grande di fede. Dio Padre, Creatore e Signo­re del cielo e della terra, con il suo Verbo chiama ogni cosa all’esi­stenza, chiama ogni creatura alla vita, chiama ogni essere spirituale alla conoscenza e all’amore di lui. Dio chiama l’uomo a collaborare con lui per dominare e completare la creazione: «L’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato po­tere sulle opere delle tue mani» (Sal 8,6 ss.; cf Gaudium et Spes, 12 e 67). Gesù, Salvatore e Redentore del mondo, chiama tutti al suo Regno: «Venite a me, voi tutti!» (Mt 11,28) e “chiama” alcuni a partecipare più direttamente alla sua missione di salvezza: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,17).

Lo Spirito del Padre e di Gesù continua a far risuonare nell’inti­mo di ogni uomo le chiamate più personali: «Lo Spirito Santo che, distribuendo a ciascuno i suoi doni come vuole» (1Cor 12,11), di­spensa pure grazie speciali, con le quali rende gli uomini adatti e pronti ad assumere vari compiti e uffici per il rinnovamento e l’edi­ficazione della Chiesa, poiché «a ciascuno è data una manifestazio­ne particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1Cor 12,7; Lumen Gentium, 12). Tutto il Signore ha affidato a noi, tutto ha deposto nelle nostre mani: le cose che riguardano questo mondo e quelle che riguardano l’edificazione della sua Chiesa e l’annuncio del suo Vangelo.

A tanta generosità di Dio nell’offrire deve corrispondere la gene­rosità dell’uomo nel collaborare. Come ha fatto, per primo, Cristo stesso: «Io offro la mia vita!» (Gv 10,17 ss.).

 

La Parola di Dio chiama alla vita

La Parola di Dio ha in sé una forza generatrice intrinseca: crea e chiama alla vita. La prima chiamata di Dio è la chiamata alla vita. Dio chiama all’esistenza ed ama le cose create. L’uomo chiamato “è”, esi­ste; in quanto esistente, può rispondere alla chiamata del Creatore; in quanto esistente, può amare colui che, avendolo amato ed amandolo, lo ha creato, lo ha fatto esistente, lo mantiene in vita.

La definizione di vocazione definisce il divenire della persona umana, dalla nascita alla conclusione della sua esistenza. Ogni per­sona è amata da Dio ed è chiamata a realizzarsi secondo un progetto di amore che dà senso e significato al suo esistere.

L’uomo chiamato alla vita porta in sé l’immagine e l’impronta di chi l’ha chiamato. La perdita della propria identità da parte dell’uomo va vista proprio in relazione allo smarrimento di quel senso della vita che è racchiuso nella sua “vocazione” naturale. L’uomo appare l’es­sere privilegiato che Dio chiama alla vita, al quale egli rivolge la Parola e attende da lui un ascolto ed una risposta a questa Parola. L’uomo è “chiamato alla vita” per vivere in comunione con Dio (GS 21), perciò è costituito capace di dialogo con lui (GS 19), per una risposta con­sapevole e libera (GS 17), di collaborazione e creatività (LG 62; AA 16). Secondo la concezione biblica, l’uomo non ha la vocazione, come se fosse un bene di possesso, bensì deve maturare la propria vocazione in una graduale scoperta da compiere in relazione al progetto di Dio.

L’incontro con la Parola produce alcune conseguenze:

–  antropologica: la Parola donata alla libertà dell’uomo definisce l’essere umano come una “identità responsoriale”: chi è “chiamato” ha la capacità di “rispondere”;

–     la Parola mette in evidenza la valenza teologica, poiché, attraverso la Scrittura, apre l’uomo alla trascendenza di Dio, al mistero trinitario;

–   pedagogica: la Parola educa l’uditore ad “ascoltare”, a confrontarsi con il suo messaggio, a discernere la proposta e a prendere posizio­ne di fronte a se stesso e alla sua storia;

–    liturgica: la Parola trova nella “Liturgia” la sua forma più alta e profonda; l’accoglienza della Parola implica l’atteggiamento di “ac­coglienza” e di “silenzio” interiore;

–    testimoniale: la Parola chiede di essere declinata non solo all’in­terno della comunità cristiana, ma anche nella “missione” verso il mondo e nell’”evangelizzazione” dei popoli.

 

La Parola di Dio chiama alla grazia

Ma non è solo questo. Tutto è stato “chiamato alla vita” dalla Pa­rola creatrice di Dio, ma l’uomo, in questa creazione, è al centro, è il vertice di tutto. «E Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza… Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27). Fatto a imma­gine e somiglianza di Dio, unico tra tutti gli esseri creati, l’uomo è “chia­mato” a condividere la stessa vita di Dio. Caduto miseramente con il peccato, l’uomo è risollevato dalla caduta da Cristo Gesù. L’uomo è chiamato alla gloria, cioè alla grazia, all’amore di Dio, alla vita eterna. Emerge così il profilo vocazionale della Parola di Dio, che è Parola ri­volta al dialogo personale con l’uomo. Mediante la Parola si riesce a cogliere la pedagogia di Dio, che educa gli uomini all’incontro con lui.

Nella Chiesa ogni persona è chiamata, con il Battesimo, a vivere sotto «la legge dello Spirito che dà vita in Cristo» (Rm 8,2). La pasto­rale vocazionale, allora, è l’impegno del singolo, della comunità, della Chiesa, per far conoscere e comprendere ad ogni uomo il piano della salvezza di Dio; non solo quello universale, ma anche e soprattutto il “disegno”, il progetto personale che Dio riserva per ogni credente in Cristo. La promozione vocazionale diventa così l’aiuto che la Chiesa offre al credente per conoscere questo divino “disegno d’amore” e per realizzarlo nella propria vita.

La Chiesa, l’ekklesia, la “convocata”, che per nativa costituzio­ne è “vocazione”, diviene generatrice ed educatrice di vocazioni. L’essenziale dimensione ecclesiale della vocazione cristiana non solo deriva “dalla” e “per” la Chiesa e dalla sua mediazione, non solo si fa riconoscere e si compie “nella” Chiesa, ma si configura – nel fon­damentale servizio a Dio – anche e necessariamente come servizio “alla” Chiesa (cf PDV 35). Ogni vocazione, pertanto, è legata alla Chiesa per origine, sviluppo, destinazione e missione.

La pastorale vocazionale, pertanto, «è un problema vitale che si colloca nel cuore della Chiesa; dalla sua soluzione, infatti, dipendo­no il suo avvenire, il suo sviluppo e la sua missione. Ogni operatore di pastorale vocazionale, mentre rinnova la propria fede nella mis­sione redentrice di Cristo mediante la Chiesa, si propone di servire la Chiesa, affinché i “doni gerarchici e carismatici” che Dio continua a elargire al suo popolo, trovino ovunque generosa accoglienza».

 

La Parola di Dio chiama a fare di sé un dono

La salvezza dell’uomo si realizza attraverso l’inserimento nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Proprio perché dono, la salvezza deve essere condivisa con i fratelli, perché siamo tutti Corpo di Cri­sto, membra gli uni degli altri (cf 1Cor 12,27). La salvezza offerta ad uno viene offerta a tutti, ma è necessario che questo “uno” si metta a disposizione di Dio, offrendo egli stesso la salvezza ricevuta in dono come dono a sua volta offerto ai fratelli. Questo è il principio teologico, il fondamento biblico della pastorale vocazionale: non ri­tenere per se stessi, come “tesoro geloso”, la salvezza ricevuta, ma condividerla con tutti i fratelli, perché a tutti gli uomini giunga il messaggio del Vangelo, la salvezza di Cristo.

Gesù «salì sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi anda­rono da lui. Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per man­darli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni» (Mc 3,13-15).  La Chiesa, per volontà di Cristo, trova nelle vocazioni di “speciale consacrazione” le forze necessarie per l’espletamento della sua missione:

* i ministeri ordinati (vescovi, presbiteri, diaconi), che Gesù stes­so ha stabilito al fine di edificare il suo corpo (cf Ef 4,11); i ministeri sono una grazia necessaria per la vita e la missione della Chiesa;

* la consacrazione religiosa, vero carisma dello Spirito per l’edifi­cazione della Chiesa, è vocazione a seguire radicalmente Cristo, me­diante i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza vissuti in una comunità fraterna, così da determinare la totale donazione di sé a Dio sommamente amato e la piena disponibilità al servizio della Chiesa e del mondo, testimoniando le realtà future;

* la consacrazione secolare che, mediante la professione dei con­sigli evangelici, chiede a laici e ministri ordinati, che ad essa si dedi­cano, di donarsi totalmente a Dio e di vivere radicalmente il Vangelo nella vita ordinaria di questo mondo, assumendo le realtà temporali per santificarle e per trasformarle;

* la vocazione missionaria ad gentes, “chiamata” particolare a con­sacrare la propria vita per l’annuncio del Vangelo, la fondazione e la crescita delle nuove comunità dei credenti.

A tali vocazioni speciali i cristiani sono “chiamati” a rispondere con generosità e ad offrire la stessa vita per servire a tempo pieno e con cuore indiviso il Regno di Dio. Sono queste le vocazioni consa­crate che la Chiesa considera preziosissime e invoca con preghiera incessante, le accoglie con amore e trepidazione, le accompagna e custodisce maternamente.

 

Alcune prospettive pastorali

Le considerazioni svolte ci permettono di evidenziare alcune prospettive pastorali – che riporto solo per enunciazioni -, che pos­sono essere meglio tradotte nel cammino ecclesiale e segnatamente nel contesto della vita consacrata:

1- la necessità di ripartire dalla Parola di Dio e riproporla per far riscoprire la propria identità carismatica;

2- l’attenzione alla pastorale giovanile, segmento particolarmente sensibile della formazione alla Parola e della scoperta vocazionale;

3- la Parola implica soprattutto la testimonianza della vita consa­crata nella comunità ecclesiale e nel contesto della società umana:

–   a livello della maturità umana;

–   della spiritualità, a cominciare dalla testimonianza del Fondato­re/Fondatrice e del carisma;

–   dell’evangelizzazione e della “nuova evangelizzazione”;

–   della preghiera personale e dell’unificazione della vita interiore;

–   a livello liturgico.

 

Tre proposte vocazionali ai giovani in forma di domanda

 

1) Attirare a Cristo presente e vivo

I giovani non sono attirati da motivazioni psicologiche o sociali, ma dalla figura e dal messaggio di Gesù. Vogliono fare un’esperien­za vera, sensibile, “pratica” di Dio. Nella nostra pastorale vocazio­nale offriamo ai giovani una spiritualità che attira e che conquista?

2) Far fare esperienza di fraternità e comunità

I giovani oggi sono disorientati dalla frantumazione della fami­glia e della società e sono alla ricerca di senso di vita e di punti di riferimento forti e profondi: i giovani vogliono “superare” le loro fragilità. Occorre dare loro un sostegno di legami affettivi, di dialo­go sincero e spontaneo, di condivisione di vita e di valori. Le nostre proposte vocazionali, le nostre comunità sono luoghi d’incontro, di festa, di perdono?

3) Portare alla evangelizzazione

È necessario fare del Vangelo il principale obiettivo della pastorale giovanile e vocazionale: Vangelo da portare dappertutto, senza fon­damentalismi, ma anche senza timori e paure. Nella nostra pastorale vocazionale, nella formazione, è chiaro che il nostro carisma è una forma concreta di vivere il Vangelo, prima e principale Regola di vita?