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Amicizia e fraternità

Modi diversi di amare ed accompagnarsi. Siamo tutti chiamati alla fraternità e all’amicizia e scopriamo che una ha bisogno di essere alimentata e sostenuta dall’altra. Che l’una purifica, rinnova e rigenera l’altra.

Riportiamo qui un breve testo di Florenskij.

 

Per il cristiano ogni uomo è prossimo ma non ogni uomo è amico […] Perfino chi ci ama non è sempre amico, perché i rapporti di amicizia sono profondamente individuali ed esclusivi […] Quindi il fatto che ci siano dei fratelli, per quanto amati, non elimina ancora la necessità dell’amico, e viceversa. Anzi, la necessità di avere un amico diventa più acuta se ci sono dei fratelli e l’esistenza dell’amico include la necessità dei fratelli […] Per vivere tra fratelli bisogna avere un amico, anche lontano; per avere un amico bisogna vivere tra i fratelli, per lo meno essere tra loro in spirito. Infatti, per poter trattare tutti come se stessi, bisogna vedere e sentire se stessi almeno in uno, bisogna in quest’uno percepire la vittoria già ottenuta, anche se parziale, sull’aseità (individualismo). L’amico è quest’uno. […] D’altra parte perché l’amore di phylìa per l’amico non degeneri in una specie di amore per se stessi, perché l’amico non diventi semplicemente condizione per una vita comoda, perché l’amicizia possegga profondità, è indispensabile che si aprano all’esterno le energie che dà l’amicizia, cioè è indispensabile l’amore agapico per i fratelli. La phylìa sul piano ecclesiale generale della salvezza è il lievito, mentre l’agape è il sale che preserva dalla corruzione i rapporti umani. Senza il lievito non c’è fermentazione, non c’è creatività dell’umanità ecclesiale, non c’è moto in avanti, non c’è pathos di vita; senza il sale non c’è freschezza, raccoglimento, purezza e integrità di questa vita, non c’è saldezza di strutture e istituzioni, non c’è ordine di vita.

 

(Pavel Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, San Paolo, Milano 2010, pp. 424-425)