N.05
Settembre/Ottobre 2021

Da una periferia all’altra

Montespaccato, periferia romana, è una zona in crescente espansione edilizia. Una sola parrocchia era insufficiente ai bisogni di una popolazione in costante aumento. Urgeva formare una nuova comunità, nella zona più decentrata dell’esteso quartiere che tange il Grande Raccordo Anulare, e confina con la Bastoggi: un disordinato agglomerato di case, addossate l’una all’altra, costruite in economia, come le strade del resto, poche e senza sbocchi laterali, lunghe quanto un enorme ferro di cavallo, da cui si dipanano viuzze in discese ripide, nate senza nessun piano regolatore. La “borgata Focaccia”, proprietà dell’omonimo conte piemontese, cominciò ad essere abitata nel secondo dopoguerra. Vi giunsero immigrati dal meridione e dal centro Italia, in cerca di lavoro. Le prime abitazioni sorsero sporadiche, in mezzo alla campagna. Le strade di terra battuta e la mancanza di qualunque servizio ne fecero un luogo inospitale e ostile. Oggi è un quartiere dormitorio, abitato da lavoratori e precari. Vi trovano spazio abitabile, nei garage e negli scantinati umidi, centinaia di immigrati. Mancano una piazza e luoghi di ritrovo. Nel 2000 la diocesi di Roma affidò ai Redentoristi la cura della nuova Parrocchia, dedicata poi al loro santo confratello Giovanni Neumann. 

Così iniziava la nostra avventura: in un appartamento, al primo piano di un condominio. Cominciammo a celebrare in una cappella già esistente, al pianterreno di un modesto edificio, ancora oggi sede della Parrocchia. Appena un centinaio di posti per oltre 13.000 abitanti, in attesa di una chiesa e di strutture parrocchiali, che, nonostante le promesse e i progetti, non arrivano. Gli abitanti si sentono di serie B, dimenticati dalle istituzioni. A volte imbarazzati di vivere in quartiere difficile, che abbandonano alla prima occasione, per i paesi di origine o altre mete turistiche. Una comunità da edificare ex novo. Si comincia dai rapporti umani, visitando le famiglie e i malati. Gradualmente si vince la diffidenza. Un seminterrato funge da oratorio. Si avvia così la “prima evangelizzazione”: predicazione, catechesi, momenti di preghiera, offerte formative per giovani e adulti, finanche un gruppo di teatro e un centro Caritas, per ovviare ai bisogni dei tanti disagiati. Cattolici e musulmani vengono accolti e sostenuti con la stessa carità. Due, o a volte tre missionari, a tempo pieno, immersi nel terribile quotidiano di questa gente. 

La storia ventennale dei Redentoristi a Montespaccato è solo la parabola di un’avventura più complessa. Un modo per raccontare il carisma, realtà viva e dalle mille sfaccettature, dono dello Spirito, difficile da imbrigliare in una sintesi obbligata o in una definizione. In molte città del mondo la presenza dei Redentoristi è iniziata in modo più o meno simile. La preferenza per la gente più abbandonata, priva di aiuti spirituali, l’opzione per le situazioni pastorali più urgenti, è la ragion d’essere della Congregazione, fondata da sant’Alfonso nel 1732, nell’entroterra del Regno di Napoli, e diffusa oggi in 82 paesi. Abbiamo da poco celebrato il secondo Centenario della morte di san Clemente Maria Hofbauer, redentorista di frontiera, colui che fece varcare all’Istituto le Alpi e lo proiettò nel mondo. Un uomo sempre in missione, per le strade d’Europa: poliglotta, in dialogo con ebrei e protestanti, guida del Romanticismo cattolico, icona attuale per le sfide e le trasformazioni inevitabili di un corpo missionario in fase di ristrutturazione. 

La vocazione dei Redentoristi si può riassumere in un verbo: predicare. Un carisma vitale per la Chiesa e sempre attuale. Predicare con la parola e con la penna, e oggi anche attraverso i social, e nelle università dove si insegna la teologia morale, quella alfonsiana, attenta all’uomo e alle sue complessità esistenziali. Parrocchie decentrate, chiese e santuari sono i luoghi in cui l’accoglienza, il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale diventano occasioni per evangelizzare e accompagnare, esercitare il ministero della consolazione e dell’ascolto. Lo stile è sempre lo stesso, inconfondibile: semplicità di tratto e di parola, carità pastorale e misericordia, annunciando l’amore di Cristo per l’uomo, in vista della conversione fondamentale. La vita fraterna in comunità, il dinamismo missionario, l’annuncio esplicito della salvezza, sono la carta di presentazione della Congregazione. Vivere e lavorare tra e con la gente fa del redentorista l’uomo del popolo, dedito alla promozione umana, spirituale e culturale dei poveri, con tutti i mezzi a sua disposizione, facendosi tutto a tutti.

Emblematico il caso di Pietro Donders, missionario per oltre 30 anni in un lebbrosario del Surinam, dei martiri ucraini, spagnoli, slovacchi, vietnamiti, testimoni del Vangelo, e di migliaia di missionari dislocati nelle zone più disagiate del mondo ferito, dall’Albania alla Siberia, per portare l’abbondante redenzione di Cristo ad ogni uomo.