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Servire e regnare

«Il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).

Nella sua prima Lettera Enciclica – Redemptor Hominis – Giovanni Paolo II conduce il lettore nelle profondità del mistero della Redenzione e mostra come, in quanto figli di Dio, «partecipiamo a quell’unica e irreversibile restituzione dell’uomo e del mondo al Padre, che Egli, Figlio eterno e insieme vero uomo, fece una volta per sempre» (RH 20).

Riportiamo qui alcuni stralci tratti dalla parte finale dell’Enciclica, nella quale ogni vocazione cristiana viene letta come partecipazione al sacerdozio regale di Cristo.

 

 

Il Concilio Vaticano II, costruendo dalle stesse fondamenta l’immagine della Chiesa come Popolo di Dio – mediante l’indicazione della triplice missione di Cristo stesso, partecipando alla quale noi diventiamo veramente Popolo di Dio – ha messo in rilievo anche questa caratteristica della vocazione cristiana, che si può definire «regale». […] In mezzo a tutta la ricchezza [della dottrina conciliare], un elemento sembra emergere: la partecipazione alla missione regale di Cristo, cioè il fatto di riscoprire in sé e negli altri quella particolare dignità della nostra vocazione, che si può definire «regalità». Questa dignità si esprime nella disponibilità a servire, secondo l’esempio di Cristo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire». Se dunque alla luce di questo atteggiamento di Cristo si può veramente «regnare» soltanto «servendo», in pari tempo il «servire» esige una tale maturità spirituale che bisogna proprio definirlo un «regnare». Per poter degnamente ed efficacemente servire gli altri, bisogna saper dominare se stessi, bisogna possedere le virtù che rendono possibile questo dominio. La nostra partecipazione alla missione regale di Cristo – proprio al suo «ufficio regale» (munus) – è strettamente legata ad ogni sfera della morale, cristiana ed insieme umana. 

[…]

Ogni cristiano nella comunità del Popolo di Dio costruisce il Corpo di Cristo. […] Questo è il principio di quel «servizio regale», che impone a ciascuno di noi, seguendo l’esempio di Cristo, il dovere di esigere da se stessi esattamente quello a cui siamo chiamati, a cui – per rispondere alla vocazione – ci siamo personalmente obbligati, con la grazia di Dio. Tale fedeltà alla vocazione ottenuta da Dio, mediante Cristo, porta con sé quella solidale responsabilità per la Chiesa, alla quale il Concilio Vaticano II vuole educare tutti i cristiani. Nella Chiesa, infatti, come nella comunità del Popolo di Dio, guidata dall’opera dello Spirito Santo, ciascuno ha «il proprio dono», come insegna San Paolo. Questo «dono», pur essendo una personale vocazione ed una forma di partecipazione all’opera salvifica della Chiesa, serve parimenti agli altri, costruisce la Chiesa e le comunità fraterne nelle varie sfere dell’esistenza umana sulla terra.

[…]

La sua Chiesa, che noi tutti formiamo, è «per gli uomini» nel senso che, basandoci sull’esempio di Cristo e collaborando con la grazia che Egli ci ha guadagnato, possiamo raggiungere quel «regnare», e cioè realizzare una matura umanità in ciascuno di noi. Umanità matura significa pieno uso del dono della libertà, che abbiamo ottenuto dal Creatore, nel momento in cui egli ha chiamato all’esistenza l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza. Questo dono trova la sua piena realizzazione nella donazione, senza riserve, di tutta la propria persona umana, in spirito di amore sponsale al Cristo e, con Cristo, a tutti coloro, ai quali Egli invia uomini o donne, che a Lui sono totalmente consacrati secondo i consigli evangelici. Ecco l’ideale della vita religiosa, assunto dagli Ordini e Congregazioni, sia antichi che recenti, e dagli Istituti secolari.

Ai nostri tempi, si ritiene talvolta, erroneamente, che la libertà sia fine a se stessa, che ogni uomo sia libero quando ne usa come vuole, che a questo sia necessario tendere nella vita degli individui e delle società. La libertà, invece, è un grande dono soltanto quando sappiamo consapevolmente usarla per tutto ciò che è il vero bene. Cristo c’insegna che il migliore uso della libertà è la carità, che si realizza nel dono e nel servizio. Per tale «libertà Cristo ci ha liberati» e ci libera sempre. La Chiesa attinge qui l’incessante ispirazione, l’invito e l’impulso alla sua missione ed al suo servizio fra tutti gli uomini. La piena verità sulla libertà umana è profondamente incisa nel mistero della Redenzione. La Chiesa serve veramente l’umanità, quando tutela questa verità con instancabile attenzione, con amore fervente, con impegno maturo, e quando, in tutta la propria comunità, mediante la fedeltà alla vocazione di ciascun cristiano, la trasmette e la concretizza nella vita umana. In questo modo viene confermato ciò a cui abbiam fatto riferimento già in precedenza, e cioè che l’uomo è e diventa sempre la «via» della vita quotidiana della Chiesa.

 

(Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 21)

 

 

Proponiamo anche la visione del film Vittoria e Abdul, nel quale si vede come la regina Vittoria passi, nel suo regnare, dalla logica del potere a quella del servizio, grazie all’amicizia con il servo indiano Abdul.