N.04
Luglio/Agosto 1997

Discepoli in Terra Santa con Gesù, secondo il vangelo di Matteo

Il “Diario di viaggio” di Egeria (fine IV sec.) inizia con un testo mutilo e con queste parole: “…ci venivano mostrati secondo le Scritture. Poi a piedi siamo arrivati ad un luogo in cui quei monti, fra cui passavamo, si aprivano e formavano una valle senza fine, immensa, tutta pianeggiante e bellissima: e al di là della valle appariva il monte santo di Dio, il Sinai”.

Le prime parole mettono in risalto il ruolo delle Scritture sante per il cammino, un cammino di ritorno ai luoghi dai quali ha preso il via la fede nella storia, sulle orme dei Patriarchi, del popolo d’Israele, di Gesù, degli Apostoli. Non vi era altra guida se non la stessa Scrittura, libro di compagnia lungo il cammino e la sosta come il “pellegrino russo”. La storia del pellegrinaggio cristiano non è solo storia di cammino, ma è storia di “cammino attraverso il testo biblico”, vero canovaccio e unico maestro capace di illuminare il senso del tempo e dello spazio.

Anche noi, aiutati dal testo biblico dell’evangelista Matteo, ci collochiamo entro questa antica tradizione, all’inizio del pellegrinare cristiano verso i luoghi Santi, di là da dove erano partiti gli apostoli per allontanarsi fisicamente dalla terra d’origine ma sempre prossimi al ricordo e all’annuncio del Signore: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).

Ogni anno si organizzano innumerevoli pellegrinaggi nella terra di Israele, la Palestina; in queste poche righe vorrei offrire la possibilità di pensare un itinerario che sia in grado di raccordare il “testo biblico” con il “contesto” culturale, spirituale e territoriale della Terra Santa. Questo non preclude la possibilità di ripensare i valori sottesi anche in altri contesti, per esperienze e cammini di spiritualità.

La prospettiva che vorrei presentare parte dalla preoccupazione di ripensare la logica narrativa di un testo biblico – il vangelo secondo Matteo – nella Terra Santa, teatro di rappresentazione delle scene del testo stesso (lo stesso progetto è ipotizzabile anche per gli altri vangeli secondo le particolarità degli stessi). Per illuminare questa prospettiva dividerò l’esposizione in due momenti: nel primo cercherò di enucleare sinteticamente la relazione tra la logica del vangelo secondo Matteo ed il progetto di discepolato posto da esso, nel secondo esporrò più analiticamente, un possibile percorso di pellegrinaggio in Terra Santa capace di realizzare concretamente il progetto tematicamente accennato nel primo momento.

 

Il Progetto di discepolato del Vangelo Secondo Matteo

L’idea di pensare un itinerario vocazionale sul vangelo di Matteo deve anzitutto raccogliere le armoniche che emergono dallo “spazio” e dal “tempo” nel progetto del testo, “spazio” e “tempo” entro i quali sono presentati i personaggi evangelici. L’Emmanuele, il Dio con noi che appare all’inizio del vangelo (cfr. Mt 1,22-23) attraversa i tempi e gli spazi per presentarsi in ogni tempo e in ogni spazio in compagnia dei discepoli nella finale dello stesso vangelo. La conclusione: “Ecco io sono con voi (=Emmanuele) tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20) provoca una lettura che superi il limite spaziale e cronologico dei discepoli effettivi di Gesù (Pietro, Giacomo, Giovanni…): infatti, il “voi” dell’espressione determinato dalla compagnia di Gesù fino alla fine del mondo inaugura una figura di discepolato che continui nella storia fino ai nostri giorni, e prosegua fino al termine della storia. Nella conclusione del vangelo di Matteo ogni lettore è chiamato ad accogliere la prospettiva di fede inaugurata dalla predicazione di Gesù, è invitato a ricomprendersi come personaggio del racconto, chiamato da Gesù a seguirlo, ad imitarlo; ed infine a rendere altri “discepoli” nel battesimo e nell’insegnamento: il tutto nella missione.

Se questa conclusione di Matteo provoca un atto di rilettura dell’intero vangelo, in quanto posiziona il lettore come destinatario diretto delle parole di Gesù, allora sarà possibile interpretare, in una nuova luce, anche la frase iniziale del vangelo: “Libro della genealogia di Gesù Cristo…” (Mt 1,1).

La struttura di una genealogia, infatti, può essere osservata da due punti di vista: nel collocare il personaggio al principio di essa, questi diviene il capostipite, come “generante”, oppure posizionarlo al termine di quella come “generato”. È curioso notare quanto l’apparente univocità del genitivo, (= di Gesù Cristo) tesa ad affermare che egli è “figlio di Davide, figlio di Abramo” si concluda nel mostrare che egli non è “generato dalla linea genealogica di Abramo, di Davide” (cfr. Mt 1,16). Piuttosto, la sua nascita non può essere ricondotta entro uno schema di “albero genealogico”, poiché proviene dall’alto, dallo Spirito e da una donna, non esplicitamente collegata al casato davidico. Questa nascita dall’alto determina una nuova modalità “genealogica”(cfr. anche Gv 3, il dialogo con Nicodemo), quella che Gesù inaugurerà al termine del vangelo, mostrando agli undici come si possano “generare alla fede” tutte le genti, rendendole discepole, nel battesimo, e nell’insegnamento delle parole che egli aveva trasmesso a loro. Questa nuova “genealogia” del discepolato dice concretamente che Gesù è il “capostipite” dal quale dipartono gli undici e da loro tutte le genti. Così compresi i termini possono essere risignificati: “Libro della genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo” può allora voler dire che l’intero testo evangelico è finalizzato a mostrare quanto Gesù “abbia generato nuovi discepoli”, la Chiesa, così importante per il vangelo di Matteo: Gesù Cristo diviene, in questa prospettiva, il soggetto generante secondo lo Spirito!

In questa focalizzazione, che ha voluto richiamare solo la chiusura e l’apertura del vangelo secondo Matteo, si colloca lo sguardo di fondo, l’atteggiamento del pellegrino in Terra Santa “secondo Matteo”: l’imitazione di Gesù nella prospettiva del discepolato, in quanto personaggio non solo del testo matteano, ma anche del contesto territoriale, nel richiamo teologico-simbolico dello “spazio”.

 

 

 

TRACCIATO PER UN ITINERARIO
DI PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA
A PARTIRE DAL TESTO DEL VANGELO SECONDO MATTEO

 

 

L’apertura e la chiusura del Vangelo di Matteo determinano i confini del pellegrinaggio stesso, posizionato, nel suo cominciamento al sud, nel deserto, e teso al nord, su un monte dell’alta Galilea nella chiusura. L’itinerario è diviso in tre parti, con al centro Gerusalemme (Seconda parte: Mt 19-28), città della morte e città della vita, città della pace, città sempre in guerra, città contraddittoria. Da lì si diparte il mistero della salvezza che fa da spartiacque tra l’attesa di una storia che trova il suo inizio con i Patriarchi d’Israele (Prima parte: Mt 1-4) e la compromissione sempre maggiore dell’attività e delle parole di Gesù di Nazareth (Terza parte: Mt 5-20).

 

 

 

PARTE PRIMA

DA BEER-SHERA (BERSHEVA) A BET-LEHEM (BETLEMME) ATTRAVERSO LA RIVELAZIONE MESSIANICA. TESTO: Mt 1-4

Il vangelo di Matteo si apre con una lunga genealogia, con un concatenamento nella storia, una storia che inizia con Abramo e giunge a Gesù, figlio di Davide, figlio di Abramo (Mt 1,1-17). Dalla vicenda patriarcale attraverso la speranza messianica davidica all’avvento del Messia: in questo senso la temporalità del racconto si spinge così fino all’inizio della storia della salvezza, con Abramo. Da qui vogliamo partire, dal luogo nel quale Abramo invocò il nome del Signore (Gn 21,33), cioè Beer-Sheva per vivere l’esperienza della ricerca, ricerca che è stata segnata dall’aridità e dalla prova del deserto, minaccia di morte continua (qui giunse anche Elia da dove si inoltrò per una giornata nel deserto, poi, per quaranta giorni, verso il monte di Dio, l’Oreb – cfr. 1Re 19).

Per questo vorremmo sprofondare fino all’estremo sud del deserto del Neghev: terra arida, terra di prova e di morte; per poi risalire ed accostare alla “terra di morte” una “acqua di morte”, quella del mar Morto facendo germinare la speranza verso le sorgenti della vita e della storia, là dove doveva nascere il re Davide e il nuovo “figlio di Davide”, Gesù, a Bet-Lehem.

 

PRIMO GIORNO

1. La speranza tra deserto e mar Morto (Mt 1,1-17)

Le culture del deserto. Giunti a Beer-Sheva, visita del Tell Beer-Sheva (roccaforte amministrativa del Neghev in epoca Israelitica all’imbocco del deserto del Neghev). Scendendo in pieno deserto incontreremo tracce di culture e popoli del deserto: la cultura nabatea di epoca romana e bizantina (con attestazione della fede cristiana nei primi secoli, inculturata tra i nabatei), nelle stazioni di passaggio da Petra all’occidente: visita a Mamshit; visita al secondo luogo nabateo, la fortezza di יAvdat. A contatto con culture del deserto giungiamo presso Mizpé Ramon (= vista sul Ramon) con la panoramica immensa sul Makhtesh Ramon (= mortaio Ramon), cratere naturale nel deserto.

SECONDO GIORNO

Esperienza a diretto contatto con il deserto: escursione su fuoristrada per tutta la mattinata nel Makhtesh Ramon. In seguito, visita alle miniere salomoniche di Timma; arrivo a Elat sul golfo di Aqaba.             

TERZO GIORNO

La creazione ed il mondo animale: pesci, uccelli, animali terrestri. Visita al museo oceanografico a ovest di Elat; partenza per risalire lungo la strada dell’Araba, quindi sosta al QibbutzYotvata con la visita al parco faunistico con riserva di animali biblici. Partenza per Arad. Arrivo nel secondo pomeriggio ad Arad. Possibilità di un’esperienza di spiritualità in un punto panoramico prospiciente sul deserto.

QUARTO GIORNO

Il Mar Morto e la spiritualità del deserto. Visita al Tell Arad a 10 km a ovest della città moderna. Si giunge a Masada, salita con funivia e visita. Partenza per Ein Gedi (il contatto con due acque: possibilità di bagno nel Mar Morto oppure doccia di acqua fresca presso Na’al David). Partenza per Qumran e visita. Conclusione del cammino nel deserto. Direzione verso l’oasi di Gerico.

 

QUINTO GIORNO

1. La rivelazione del Messia: battesimo e tentazioni (Mt 3,1-4,11)

Visita al monastero di San Giorgio Koziba, nel ricordo del profeta Elia e dei santi Gioacchino ed Anna. Da lì itinerario a piedi sulla sponda alta del Wadi Kelt giungendo a Gerico. Visita alla città di Gerico. Monastero della quarantena (delle tentazioni), salita oltre il monastero verso l’alto monte (Mt 4,1-11): (primo monte); visita alla Gerico neolitica (Teli ElSuitan) e vista sui dintorni ricordando il Battesimo di Gesù; visita alla Gerico islamica (Palazzo di Hisham); visita alla Gerico erodiana.

 

SESTO GIORNO

1. Dalla rivelazione del Messia alla sua nascita (Mt 1,18-2,23)

Visita all’Herodion (simbolo della potenza di Erode) e al Monastero di Mar Theodosios (dove si ricorda il passaggio dei Magi), quindi a Betlemme. Momento di spiritualità presso la basilica e le grotte: “Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode” Città natale di Davide e città di Gesù Cristo. In serata puntare verso Gerusalemme passando dal luogo della tomba di Rachele (Mt 2,16-18) e raggiungendo Gerusalemme da Betania (leggendo il brano di Mt 21,1: discesa da Betfage il giorno delle Palme): a piedi percorrere un tratto di strada ascoltando le parole dei salmi di ascensione (Sal 120-134).

 

Conclusione della prima parte

L’ampio spazio offerto all’esperienza del deserto è funzionale a far accrescere il desiderio della vita (Betlemme) e della città (Gerusalemme). Il desiderio della vita, nel percorrere i testi di creazione, di salvezza e liberazione afferma il primato di Dio, fonte della vita; il desiderio della città pone l’uomo come collaboratore di Dio nella costruzione della comunità. Su questi due cardini è possibile disegnare un itinerario spirituale e vocazionale nello sguardo verso Dio e verso l’uomo.

 

 

 

PARTE SECONDA

LA SALITA A GERUSALEMME. DAL DESERTO ALLA CITTÀ. GERUSALEMME. 

CITTÀ DELLA CONTRADDIZIONE. CITTÀ “DUALE”  TESTO: Mt 19-28

Dopo il lungo itinerario nel deserto (deserto del Neghev, di Giuda) e tra acque di morte (Mar Morto) è cresciuta l’attesa di Gerusalemme, della città santa, di Sion. In Gerusalemme si concentrano tutte le tensioni del vangelo di Mt, quelle del vangelo dell’infanzia (Mt 12) e quelle finali. In Gerusalemme i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo riconobbero per Erode che a Betlemme sarebbe nato il Messia; sempre a Gerusalemme gli stessi non lo riconobbero e lo condannarono a morte.

 

SETTIMO GIORNO

1. La storia di Gerusalemme

Introduzione alla città di Gerusalemme; visita alla città di Davide, all’Ofel; spianata del Tempio e presentazione globale: Abramo (Gn 22: sacrificio di Isacco), Davide (Sion) e Salomone (il primo tempio). Il Tempio (Mt 21,12-23,32): visita al Muro del Pianto, alla Moschea di Omar, El Aqsa. Discesa dal monte degli ulivi verso il Getzemani (Mt 23,33-25,46). Verso sera: preghiera ed adorazione al Getzemani.

OTTAVO GIORNO

Visita al Cenacolo, casa di Caifa, Gallicantu, Chiesa della Dormizione, Basilica Nea (Mt 26,1-35). Presentazione storica e tradizionale della Via Crucis. Via Crucis entrando dalla porta di Santo Stefano o dei Leoni iniziando dalla Piscina Probatica (Mt 26,4727,66) fino al Santo Sepolcro. Verso sera: possibilità di restare nel Santo Sepolcro fino a mezzanotte e oltre a pregare (Mt 28,1-15).

 

NONO GIORNO

1. Gerusalemme al centro della storia.

Museo di Israele e visita allo YadwaShem (la memoria dell’Olocausto). Dalla porta di Giaffa visita esterna della cosiddetta Torre di Davide, il quartiere armeno, il quartiere ebraico con gli scavi sotterranei nel quartiere erodiano, quindi la casa bruciata. Possibile visita al quartiere degli ebrei ultra-ortodossi Me’a Shearim.

 

Conclusione della seconda parte

La tensione dei racconti evangelici verso la città santa è accresciuta dal ruolo e dalla funzione simbolica che questa città ha esercitato e continua ad esercitare nella storia delle tre grandi religioni: ebraismo, cristianesimo ed islamismo. In vista di Gerusalemme possono essere proposti itinerari di dialogo, interculturale, interreligioso, ecumenico. Gerusalemme è l’anti-Babele: è difesa della pluralità che nasce dall’unicità di Dio. La fantasia dello Spirito di Dio è garantita dalla realtà storico-simbolica di Gerusalemme e minata dalla pretesa di Babele.

 

 

PARTE TERZA

IL MINISTERO E L’INSEGNAMENTO DI GESÙ NUOVO “FIGLIO DI DAVIDE”, NUOVO “MOSÈ” TESTO: Mt 4,12-18,35

In questo itinerario Matteo espone il messaggio e l’azione di Gesù come modello di credente e di discepolo. La Galilea è il luogo della vita, luogo di verde, di sorgenti d’acqua, il lago di Tiberiade, le sorgenti del Giordano, il monte Hermon, al nord. Dalla Galilea alla Galilea attraverso la Giudea: il programma messianico del vangelo di Matteo nel parallelismo dei due monti, quello delle Beatitudini e quello della missione finale (Mt 5-8 e Mt 28,16-20).

 

DECIMO GIORNO

Partenza da Gerusalemme in prima mattinata e arrivo a Nazareth (Mt 2,22b-23; 4,12-13; 13,53-58). Visita alla basilica di Nazareth, agli scavi sotto la basilica, alla chiesa di San Giuseppe. Partenza per Tiberiade.

 

UNDICESIMO GIORNO

1. Verso il monte delle Beatitudini

Partenza per Cafarnao, visita alla Domus ecclesia (casa di Pietro) e alla Sinagoga del IV sec. (Mt 4,12-17); verso Tabgha: visita alla chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14,13-21; 15,32-39) con momento di spiritualità sul lungo lago; pranzo al sacco; visita alla chiesa del primato (Mt 16,13-28); verso il monte delle Beatitudini (Mt 4,18-25); arrivo al monte delle Beatitudini e momento di spiritualità sul testo del discorso della montagna (Mt 5-8) (secondo monte).

 

DODICESIMO GIORNO

1. Verso il monte della Trasfigurazione 

Partenza per il monte Tabor, luogo della Trasfigurazione (Mt 17,1-13) (terzo monte); visita al sito archeologico di BetShe’an, la Scitopolis romana e alla sinagoga di Bet Alfa (ruolo della sinagoga e del giudalismo rabbinico nel vangelo di Matteo, cfr. Mt 23).

 

TREDICESIMO GIORNO

1. Verso il monte della Missione

Partenza per Tell Hazor, visita al Telle al museo nel Qibbuz a circa 1 km; direzione verso le sorgenti del Giordano a Banias (Cesarea di Filippo: Mt 16,13ss.); visita alla fortezza crociata di Nimrud; salita verso la riserva naturale del monte Hermon, lettura di Mt 28,16-20: momento di spiritualità conclusivo con l’apertura della missione al confine della Terra promessa verso ogni terra e ogni tempo; (quarto monte): “Ecco sono con voi (=Emmanuele, Mt 2,23) tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

 

Conclusione della terza parte

In questa terza parte che rinchiude la sezione più ampia del vangelo di Matteo, viene disegnata la figura del discepolo mediante i lunghi discorsi di Gesù (discorso della montagna, missionario, parabolico, ecclesiale…) e le sue azioni, mediante prodigi e segni. 

Il cammino era iniziato nel deserto al principio della storia della creazione e della salvezza (parte prima) nel segno dell’invocazione di Dio che nasce dall’angustia, dal dolore, dalla fatica, dalla sete… L’incontro con la città di Gerusalemme (parte seconda) diviene il simbolo centrale che attrae a sé tutta la vicenda di Gesù e dei discepoli. Tra il deserto e la città vi è anche il simbolo del monte che nel vangelo di Matteo assume particolare rilevanza: esso è fuori e dentro la città. Dal monte delle Tentazioni a quello delle Beatitudini, al monte della Trasfigurazione; al monte del Tempio in Gerusalemme, all’altura del Golgota, fuori dalle mura della città fino al monte della Galilea, quello della missione. Attratti verso il cielo, come i monti, i discepoli discendono verso la piana e la città per portare fino agli estremi confini del mondo e della storia la parola e la presenza dell’Emmanuele.