N.06
Novembre/Dicembre 1997

La lectio divina come obbedienza alla Parola

La casa ancora addormentata, il suono della sveglia o il mio nome pronunciato sottovoce da mia madre in piedi sulla porta di camera, il tempo di prepararmi. Quando arrivavo nello studio – la stanza foderata di legno, una finestra a parete sul lato est da cui la luce del primo sole – ogni mattina mi si presentava questa scena, quasi un’icona: sul tavolo, ancora ingombro dei libri e dei quaderni della sera prima, il vassoio con la colazione – la tazzina fumante di latte e caffè, il pane, i biscotti – di fronte, raccolta su una sedia, mia madre – in mano il messalino quotidiano aperto alla Parola del giorno – … e il profumo del pane e del caffè si mischiava con il sapore della Parola della Vita.

 

 

Per anni il giorno mi si è aperto così

Mi piace partire da qui: non da un’idea, ma da un dono di Dio, per condividere quello che della lectio divina, come obbedienza alla Parola, mi ritrovo nella vita e medito nella mente e nel cuore. Partire dalla Parola come pane per dire che non posso farne a meno, e perché “obbedienza alla Parola” non suoni come l’ennesimo dovere, ma come la possibilità buona, godibile di nutrirmi… per vivere. “Quando le tue parole mi vennero incontro le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore” (Ger 15,16).

Ho cercato… e ho imparato che la condizione per assumere questo pane-parola è l’atteggiamento interiore – poi gesto e stile di vita – dell’ascolto. Se Dio è Colui che “parla”, “chiama”, “dice”- così la rivelazione biblica – l’uomo risponde “ascoltando”. Nella Sacra Scrittura è un continuo invitare e richiamare all’ascolto, al punto che questa sembra “la sintesi di tutto ciò che l’uomo deve fare di fronte a Dio”[1]. Se poi consideriamo che il termine “ascolto” è linguisticamente imparentato col termine “obbedienza” (basta il latino audire/ob-audire; ascoltare/obbedire), allora l’ascolto è la prima obbedienza, o detto diversamente: obbedire è vivere ascoltando. Dove ascolto dice un’operazione del cuore, della persona nella sua totalità. Un modo di stare di fronte alla vita e di fronte a Dio: apertura, desiderio, attesa di una pienezza che mi viene solo da un Altro.

 

 

Mi guardo dentro e attorno

Ho l’impressione che questo orizzonte di significati sia tanto affascinante quanto estraneo al nostro sentire, quello comune. Cresciuti o invecchiati con il telecomando in mano, normalmente l’ascolto non è percepito come valore, ma inteso come mezzo per acquisire informazioni, strumento che consente di appropriarsi di un contenuto. Le conseguenze di questa mens pesano soprattutto sul tipo di relazioni: dove l’ascolto è solo in funzione di ciò che viene dopo non c’è più tempo per ascoltarsi, non c’è più gusto; ed è probabile che il mistero che ogni altro racchiude venga scavalcato o ignorato, mentre se ne attendono le prestazioni.

In questo contesto la lectio divina, che presuppone l’intenzione di fermarsi ad ascoltare – prima che per capirci qualcosa per mettersi nella posizione che Dio chiede all’uomo -, sembra destinata a restare una tecnica sofisticata per accedere al mondo misterioso della Scrittura, roba da monaci e da monache, un po’ come le istruzioni per l’uso di un apparecchio complicato: 1. Leggere… 2. Meditare… 3. Pregare… e poi… chissà se funziona davvero…

Eppure, se lo Spirito del Signore ha seminato la sapienza della lectio divina nella vita della Chiesa e continua a consegnarcela, deve trattarsi di un bene per tutti, di un bene per oggi. Un tempo in cui va rievangelizzato l’ascolto, va rievangelizzata l’obbedienza – alla vita, alle relazioni vere e gratuite, a Dio – forse proprio questo è il tempo in cui va rispolverata la lectio divina: può contribuire a questa nuova evangelizzazione. Se è così, occorre però ripensarla e ridirla non più come una pratica per iniziati alla vita dello Spirito, ma come la mensa dei poveri, quella che ci entri gratis e ne scopri la preziosità mentre la frequenti.

 

 

Frequentando questa mensa ho osservato

Chi decide di ascoltare Dio nella sua Parola, per prima cosa si domanda da che parte incominciare. In genere vengono prese in considerazione queste possibilità: partire da Genesi 1,1 (purtroppo però non è “l’inizio”!); aprire la Bibbia a caso (lo facciamo tutti qualche volta, ma può essere un metodo?); andare in cerca di quel libro o quel passo che “mi ispira”, già sentito e conosciuto e che penso faccia al caso mio (assomiglia troppo ad un self service spirituale).

Esiste un’altra via, forse meno praticata: non una Parola a senso, a caso, a gusto personale, ma la Parola del giorno, quella che la Chiesa mi offre quotidianamente nella liturgia. Ogni giorno la Chiesa dispensa il pane della Parola, se lo accolgo nella fede so che è quanto mi basterà. Proprio come la manna nel deserto per gli Israeliti2. “Il Signore disse a Mosè: Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno” (Es 16,4).

Ascoltare una Parola che non ho scelto io, ma che ricevo, che mi è data, significa muoversi nell’orizzonte dell’obbedienza della fede. E la Parola di Dio mi è sempre “data”, in qualunque modo io l’accosti. Ma quando la accolgo dalla Chiesa – il “luogo” creato dalla fede3 – questa obbedienza sembra brillare più chiaramente. Mettersi in ascolto della Parola del giorno è un fatto che dice immediatamente comunione ecclesiale. Dallo stallo del coro di un antico monastero alla sedia di cucina di un appartamento di città; dalla panca della Chiesa parrocchiale al sedile del pullman che mi porta al lavoro; dall’inginocchiatoio della cappella al muretto del cortile di una scuola… quando mi fermo ad ascoltare la Parola del giorno con me c’è proprio tutta la Chiesa.

Aperte le mani ad accogliere il pane-parola di Dio, si pone l’interrogativo di “come” stare dinanzi ad esso. La lectio divina, così come la tradizione patristica ci ha trasmesso e soprattutto la vita monastica ha custodito, risponde essenzialmente a questa domanda: il “come”. Si può dire che è un metodo, una strada lungo la quale la Parola può essere ascoltata. Alla domanda: “come ascoltare la Parola”, mi sembra che in sintesi la lectio risponda: “come incontrando una persona”. E’ il Dio vivo Colui che parla, è il Verbo di Dio la Parola pronunciata, è lo Spirito di Dio che ne ha operato l’incarnazione nella parola scritta e può introdurci nella sua verità. Accostarsi alla Parola è accostarsi al Mistero di questo Dio Personale, diventarne sempre più familiari. “Obbedienti alla Parola del Signore… osiamo dire: Padre!”.

In questa via aperta all’incontro ci sono alcune tappe segnate, punti di riferimento, gradini collaudati e consumati da tanti fratelli e sorelle che ci hanno preceduto: possibilità che vengono offerte anche a noi.

 

 

Lectio.

Come incontrando una persona…

Il primo segno che esprime la volontà di accoglienza della Parola è darle tempo, cuore, spazio. Solo la disponibilità al gratuito sostare sulla Parola consente di entrarci dentro. E credo che non basti neppure un tempo, un cuore, uno spazio qualsiasi, ma debba essere soprattutto un cuore grato, un tempo e uno spazio che esprimano gratitudine: perché anche oggi – e ogni oggi – Qualcuno mi rivolge la Parola. Trovato il tempo, il luogo, la disponibilità del cuore per la lectio è il momento di invocare lo Spirito Santo. L’itinerario della lectio si fa solo nello Spirito, come seguendone le tracce. Con Lui ci si può inoltrare nella lettura, in direzione di un ascolto obbediente.

Ormai tutti sanno che la Parola di Dio non si legge come un romanzo, come un giornale, come un oroscopo. Eppure non è facile leggerla: spesso non capisci cosa vuol dire e ti sembra lontana, altre volte pensi di aver già capito tutto e ti sembra scontata. Obbedienza alla Parola nella lectio è forse cercare il modo di non scivolare sulle parole, lasciar perdere la pretesa di capire tutto, sospendere la fretta di rendere la Parola immediatamente pronta per l’uso. A questo scopo per qualcuno è utile ripetersi più volte le parole e le espressioni chiave, per altri è necessario sottolineare il testo o scrivere e riscrivere, per altri ancora chissà… A tutti è possibile inserire i singoli brani nel loro contesto e connetterli con altri che risuonano già nella mente e nel cuore. Più la mensa della Parola è frequentata, più sarà naturale muovercisi dentro respirando aria di casa.

 

 

Meditatio.

Come incontrando una persona…

L’accoglienza gratuita e grata della Parola, l’ascolto attento e costante, conducono “dentro”, nelle sue profondità. Muove il desiderio di conoscere davvero la volontà di Dio, di incontrare il volto di Cristo. E mentre cerchi di scavare il senso di un’espressione di Gesù, di penetrare il gesto di un profeta, di immergerti in un tratto della storia della salvezza… ti accorgi che quel racconto, quella frase, quel gesto stanno scrutando la tua storia. E riconosci il Padre che attraverso il Figlio, nello Spirito, ti dice: “Io voglio fare della tua storia una storia di salvezza!”. Obbedienza alla Parola nella meditatio allora è raccogliere ogni cenno di Dio: attaccarsi a una parola, un’immagine, un personaggio e custodirlo in cuore, portarlo dentro per tutta la giornata, illuminando con quella luce la vita del giorno. In questo modo la lectio si dilata e la meditatio può diventare – forse è proprio questo lo scopo – un modo di essere. Così deve essere stata Maria.

 

 

Oratio.

Come incontrando la persona di Dio…

Dalle profondità della Parola si accede al mistero di Dio, la cui sostanza è Amore. Obbedire alla Parola nella oratio è lasciarsi afferrare dal mistero dell’Amore di Dio e commuoversi per Lui, gustarne la dolcezza e lasciare che sia Lui a dare forma all’esistenza. La lectio divina vuol giungere qui. E non si tratta di un’esperienza di lusso, solo per pochi che se lo possono permettere: la preghiera che nasce dall’incontro col mistero dell’Amore di Dio, così come si rivela nella Parola, è proprio dei piccoli, dei semplici. Certo, la semplicità evangelica non è cosa da poco: la capacità di stupirsi, di sgranare gli occhi e il cuore di fronte all’Amore di Dio chiede apertura all’azione dello Spirito, che solo lava i nostri occhi appannati e dilata i nostri cuori rattrappiti, ma proprio per questo è possibile a tutti, perché è dono.

 

 

Actio.

In tempi recenti si è sentito il bisogno di aggiungere ai gradini classici – lectio, meditatio, oratio/contemplatio – anche la actio. È significativo e importante che oggi si ponga l’accento sul fatto che la lettura meditata e pregata si traduca in agire coerente. Tuttavia è necessario avere ben presente che quello che c’è prima della actio è già azione. Azione di Dio in noi, ma proprio per questo – credo – il vertice dell’azione. Lasciare che, nell’incontro con la Parola, l’Amore di Dio ci si riveli e venga riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito è l’“azione”che giorno per giorno ci fa cristiani. Da parte nostra è chiesta l’adesione della fede4. “Gli dissero allora: Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?. Gesù rispose: Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6,28-29).

L’azione cui la lectio divina tende è soprattutto questa: credere, come adesione e connaturalità sempre maggiore col mistero di Dio, col suo Amore. Un credere, dunque, che informa tutta l’esistenza e la apre alla condivisione del dono d’amore ricevuto. Da questa azione di Dio in noi fiorisce l’agire cristiano, da qui la fantasia e la creatività nell’amare.

Obbedire alla Parola nella actio è allora far sì che tutto l’agire venga dalla fede, che il cuore dell’esistenza si alimenti al mistero di Dio-Amore. 

Mi si consenta di concludere con una preghiera alla Madre di Dio e nostra, vergine dell’obbedienza… Perché non pregare così prima o dopo l’incontro con la Parola?! 

 

 

Maria,

che la Parola ti era cresciuta prima nel grembo

e ora ti cresceva in casa,

che quando Lo guardavi e Lo ascoltavi

chissà se capivi tutto,

ma intanto Gli vivevi accanto. 

Maria,

che la Parola ti è stata familiare 

come a nessuno di noi quaggiù,

e ci hai goduto e ci hai sofferto insieme:

serva, madre, discepola, sposa. 

Ripetici nel cuore 

che è possibile anche a noi 

tanta profondissima confidenza,

che è donato anche a noi

tanto tenerissimo Amore.

E poi, accompagnaci per la via… 

Tu, vergine obbediente.

 

 

 

Note

[1] G. MOIOLI Temi cristiani maggiori, p.168.

[2] Cfr., in proposito, le acute osservazioni di A. CENCINI nel suo libro Amerai il Signore Dio tuo, al cap. IV.

[3] Cfr. G. MOIOLI, Temi cristiani maggiori, p. 186

[4] Cfr. E. BIANCHI, La lectio divina nella vita religiosa, p. 373.