N.04
Luglio/Agosto 1998

Un incontro, una chiamata: ti riconosci, ti incammini. E il mistero della vocazione

Il catechismo “Venite e Vedrete” in continuità con la prospettiva vocazionale del catechismo “Io ho scelto voi” vuole condurre i giovani ad un rinnovato incontro con Gesù Cristo per “dimorare in Lui” e “farsi suoi discepoli”, in modo da radicare più consapevolmente le proprie scelte esistenziali nel progetto di vita che il Padre ha rivelato nel suo Figlio e comunicato mediante lo Spirito. La proposta autentica di Gesù Cristo chiarisce, fa emergere, orienta la domanda di senso di cui i giovani sono portatori. Lo studio che segue vuole essere un invito a prendere in considerazione le varie tappe che un giovane è chiamato a percorrere per mettersi “davanti” al Vangelo e cominciare a seguire Gesù.

 

 

Prima fermata: gratuità, radice del seguire

Si legge nel CdG/2, 2.7: “Alla radice del seguire Gesù c’è la sua libera e gratuita iniziativa. Come allora, anche oggi all’origine della sequela c’è sempre una chiamata. “Che cercate?” continua a chiedere Gesù Cristo, centro del Vangelo. “Dove abiti?” continuano a rispondere i giovani davanti a questo lieto annuncio. Si tratta di progettare un “novum” nella vita del giovane credente per aiutarlo a legare fede e vita. Le proposizioni del Convegno di Palermo affermano: “La vita del giovane è sempre più caratterizzata da una molteplicità di esperienze spesso legate tra di loro che “non producono” facilmente risposte di senso”.

Il giovane Agostino nel Libro X,20 delle Confessioni così scriveva: “Come devo dunque cercarti Signore? Quando cerco Te mio Dio, io cerco la felicità della vita”.

Oggi va molto di moda nella cultura dei giovani la genericità, vuoi perché non si ha tempo per discernere certe scelte, vuoi perché non si ha il coraggio dell’ “eroicità”! È necessario porsi davanti al Vangelo della sequela non come cristiani “generici” ma sempre “firmati”. Le esigenze del Regno portano sempre la firma di Dio. Vocazione non implica semplicemente “riconoscere” ed attuare dati o inclinazioni personali (talenti). Vocazione è la firma di Dio su di noi perché è “chiamata” ad uscire dagli schemi di un’esistenza chiusa nel cerchio delle certezze umane, è prospettiva aperta verso un’esistenza impegnata, è proposta a collaborare con Dio nella storia della salvezza. Scrive ancora il CdG/2, 2.7: “Il merito blocca la missione, la gratuità la fonda”.

 

 

Seconda fermata: l’urgenza della risposta

“Oggi si tende a rimandare la risposta per un’eccessiva pretesa di chiarezza”. “ Il tuo volto Signore io cerco” (Salmo 27,8). L’immagine di questo salmo evoca da una parte il giovane in continua ricerca di senso e di significati per la vita, dall’altra Dio che non tradisce e non abbandona chi lo cerca. Anzi più il giovane cerca Dio, più lo desidera e più si sente chiamato e cercato da Lui. La fede è la risposta, l’armonizzazione fino all’unisono di due voci che reciprocamente si riconoscono anche se ciò avviene non senza fatica.

Oggi si ha paura di domandare, perché si ha paura della risposta. Il giovane ha dentro la sua vita una pretesa, ma quando è sicuro che una cosa non gli interessa, abbandona…

Sempre il padre Agostino, nel libro X,27, ci ricorda come è Dio a conquistarci. “Tu mi hai chiamato, il tuo grido ha vinto la mia sordità; hai brillato e la tua luce ha vinto la mia cecità; hai diffuso il tuo profumo ed io ho respirato ed ora anelo a te; ti ho gustato, ed ora ho fame e sete di te; mi hai toccato, ed ora ardo dal desiderio della tua pace”.

 

 

Terza fermata: il distacco

“Non c’è sequela senza esodo. E che il distacco debba essere totale e definitivo è detto subito: i primi discepoli lasciano il lavoro, il padre e la proprietà”.

La Chiesa è sempre sulle rotte dell’Esodo. È un popolo che deve conoscere la fatica di attraversare la storia. Il camminare nel “deserto” richiede di alleggerire il peso dei propri bagagli; da qui nasce la necessità del distacco. Oggi il giovane fa sempre più fatica a “distaccarsi”, vuoi perché a volte guarda indietro “allentando” il discernimento sull’orizzonte del futuro, vuoi perché si è portati ad “amoreggiare” con le mode del mondo scendendo spesso a compromesso. Si legge nel CdG/2, 2.7 p. 80: “Chi punta verso Dio vede nel mondo e nelle cose un dono di Dio, un dono per tutti e vi si accosta con animo libero, aperto alla gioia” per questo non ci “attacca” il suo cuore.

 

 

Quarta fermata: il dono

Donare nel nostro linguaggio comune significa dare a qualcuno gratuitamente e benevolmente la proprietà di una cosa. Nel dono, la cosa più importante non è tanto la cosa che si dona ma la persona che dona. È l’amore che caratterizza il dono. Il donarsi nella sequela richiede fatica, allenamento, e, come scrive il catechismo, “una consuetudine conquistata giorno dopo giorno”. Ma se questo cammino è autentico porta sempre ad una scoperta”.

Scrive Guglielmo di San Thierry: “Solo a piedi scalzi si può incontrare Dio e ci si può avvicinare al roveto al quale si manifesta”. Non si tratta quindi di trovare “posto” a Dio nella nostra vita, quanto di trovare il “nostro” posto nella pienezza di vita, d’amore nella comunione in cui Dio vive.

Christian Bobin scrive: “Il movimento del dono, è dare tutto se stesso. Se noi stiamo fermi è impossibile che entriamo in comunione con qualcuno…, perché il gesto del dare è un gesto che comporta movimento qualunque sia la cosa che io do, soprattutto se do me stesso. Non posso darlo restando immobile nella mia situazione”.

 

 

Quinta fermata: “davanti” per andare dietro

Seguire significa non solo camminare ma esprime un progetto consapevole, un andar dietro a qualcuno a cui si vuole restare vicini, facendo la sua stessa strada e condividendo le sue scelte. Dice un proverbio orientale: “La vita è un ponte, passaci sopra e non ti fermare”. Se il mondo è una strada, necessariamente la vita è un cammino. Una strada non è fatta per fermarsi; è fatta per camminare. È un luogo sul quale si traccia una direzione, si profila un orizzonte! Si riflette una storia. La sequela non è una chiamata a stare fermi ma a camminare. La sequela non conclude un itinerario ma lo apre. Scrive San Bernardo: “Che non si cerca mai invano, ma che non si trova mai in pienezza. Non si è mai finito di cercare Dio”.

Risulta chiaro che la vita cristiana dei giovani comporta l’entrare in una logica di “cammino” dietro a Gesù Cristo vivendo tutte le “tappe”, le “fermate” che questo richiede. Questo camminare si può fare restando sempre in ascolto “davanti” al Vangelo, per incontrare Gesù e vedere in Lui il “libro” della vita.

Santa Teresa di Gesù Bambino così scriveva: “Per me, non trovo più niente sui libri, se non nel Vangelo. Questo Libro mi basta. Ascolto con delizia questa parola di Gesù che mi dice tutto ciò che devo fare”.