I “luoghi segno” della pastorale vocazionale: il Seminario
Saluto tutti i partecipanti e ringrazio di cuore don Luca per l’invito. Lo faccio anche a nome di tutta la mia comunità del Seminario Teologico Arcivescovile “Pio XI” di Reggio Calabria. Quanto dirò non è che la nostra esperienza, l’esperienza della nostra vita quotidiana, nella quale desidero entrare con le parole del Santo Padre:
“Prima che essere un luogo, uno spazio materiale, il Seminario rappresenta uno spazio spirituale, un itinerario di vita, un’atmosfera che favorisce e assicura un abituarsi a dare una risposta personale alla questione fondamentale di Cristo: ‘Mi ami tu?’. La risposta per il futuro sacerdote non può che essere il dono totale della propria vita. Si tratta di tradurre questo spirito, che non potrà mai venir meno nella Chiesa, nelle condizioni sociali, psicologiche, politiche e culturali del mondo attuale, peraltro così varie oltre che complesse, come hanno testimoniato i padri sinodali in rapporto alle diverse Chiese particolari” (Pastores dabo Vobis, 42).
Nel rispondere alla propria vocazione educativa, così profondamente delineata dall’affermazione della Pastores dabo Vobis, il Seminario si trova, in realtà, a diventare “segno” della “risposta personale alla questione fondamentale di Cristo… da tradurre nelle condizioni sociali, psicologiche, politiche e culturali della Chiesa particolare”. Se tante iniziative, originali e concrete, si possono dimostrare d’aiuto, non bisogna però dimenticare che ciò che fa del Seminario un “luogo-segno, forte e debole ad un tempo, della vocazionalità della vita” (cfr. Nuove Vocazioni per una Nuova Europa 29b), e che offre la possibilità di una sua più efficace aggregazione con la vita consacrata, è proprio l’essere fedele alla propria identità. Questo “spazio spirituale”, questo “itinerario di vita”, questa “atmosfera” di cui parlavamo ha, cioè, un volto specifico che ancora la PdV definisce chiaramente per noi. “Comunità ecclesiale educativa” (PdV, 61): ecco il “volto” del Seminario!
Il Seminario è comunità
Cosa permette di sentire il Seminario “non in modo esteriore e superficiale, ossia come un semplice luogo di abitazione e studio, ma in modo interiore e profondo: come una comunità… una vera famiglia che vive nella gioia”? (PdV 60). È proprio la realtà di famiglia. Forse è questo il primo aspetto del nostro essere luogo di pastorale vocazionale e del nostro relazionarci con le altre comunità religiose. Non si tratta di un’affermazione scontata ma di uno sforzo continuo di comunione: l’osservanza di una regola di vita che definisce il proprio modo di essere e di rapportarsi; la fraternità messa alla prova della correzione e della convivenza; soprattutto lo stile di servizio nell’assolvere i diversi ruoli in comunità… L’essere famiglia ci fa segno di vocazionalità della vita proprio in un tempo in cui troppo spesso le famiglie non rispondono propriamente a questa specifica vocazione.
Il Seminario è famiglia accogliente (cfr. NVNE 27b), casa per molti. È bello pensare che chi viene da noi sa dove si trovi la Cappella, il refettorio… Anche nei lavori di ristrutturazione, che da anni e con fatica stiamo portando avanti, questa logica è rispettata: l’accoglienza per chi vuole pregare e per gli incontri diocesani, l’ospitalità per i religiosi e per coloro che vengono ad offrire un servizio alla Diocesi, la presenza dei locali del Centro Diocesano Vocazioni e l’apertura a quasi tutte le iniziative pastorali da esso promosse.
Famiglia che accoglie e che partecipa. È un compito specifico dei seminaristi quello di essere presenti alle iniziative vocazionali diocesane, specie quelle promosse dal CDV, della cui équipe alcuni di essi sono tra l’altro parte. Si tratta di un compito che li educa ma anche di una valorizzazione del loro specifico “carisma” (cfr. Santo Marcianò in ‘Vocazioni’ 1999, 4). Le vocazioni, e di conseguenza le iniziative di pastorale vocazionale, stanno veramente a cuore ai nostri seminaristi che nel promuoverle, organizzarle, pubblicizzarle infondono tutto il loro impegno e la loro creatività.
La nostra Diocesi sa quanto profondamente vero sia il monito del Documento conclusivo del II Congresso internazionale di Vescovi e altri responsabili delle vocazioni ecclesiastiche svoltosi nel 1982: “Nessuno è più adatto dei giovani per evangelizzare i giovani. I giovani studenti che si preparano al presbiterato, i giovani e le giovani in via di formazione religiosa e missionaria, a titolo personale e come comunità sono i primi e immediati apostoli della vocazione in mezzo ad altri giovani” [Congregazioni per le Chiese Orientali, per i Religiosi e gli Istituti secolari, per l’Evangelizzazione dei Popoli, per l’Educazione Cattolica (a cura di), “Sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari; esperienze del passato e programmi per l’avvenire”, 41].
In queste specifiche occasioni si concretizza maggiormente la sinergia-comunione con gli Istituti religiosi presenti in Diocesi: alcuni consacrati collaborano più fattivamente con il CDV o sono particolarmente attenti a rispondere alle iniziative vocazionali “frequentando”, pertanto, il Seminario. Significativa, inoltre, si rivela la presenza di consacrate e consacrati nell’équipe educativa del Seminario stesso e di religiosi in formazione presso il nostro Studentato Teologico. Il cammino di una fraternità vissuta all’interno della comunità, esercitata con l’accoglienza, condivisa con altri consacrati, è veramente “il segno che mostra l’origine divina del messaggio cristiano e possiede la forza di educare i cuori alla fede” (VFC 54).
Il Seminario è comunità educativa
Se quando la PdV parla del compito educativo si riferisce alla realtà interna del Seminario, è evidente che l’essere “luogo-segno” ci porta ad additare e suscitare un’esperienza di fede. È luogo – il Seminario – che veramente documenta quanto la vocazione del singolo stia a cuore a tutta la Chiesa, alla Chiesa particolare. E, nello stesso tempo, quanta attenzione la Chiesa riservi alla formazione dei futuri pastori, di coloro che avranno un compito insostituibile perché tante persone possano rispondere alla propria vocazione. Per questo è importante far conoscere il Seminario. E far conoscere è parte dell’educare.
Da alcuni anni, abbiamo intrapreso la pubblicazione di un periodico, esperienza che, in questo senso, considero molto preziosa anche per la pastorale vocazionale. Il giornalino, preparato con molta cura dagli stessi seminaristi, focalizza ogni anno un tema di fede (la vocazione, la formazione umana del sacerdote, la Chiesa, la Santità…), coinvolgendo nella stesura degli articoli esperti e testimoni, particolarmente consacrati, di tante Diocesi italiane e aggiungendo notizie sulla vita del Seminario e della Chiesa diocesana – tra cui una rubrica-intervista alle “vocazioni reggine” –. Il giornalino viene inviato a parrocchie, istituti religiosi e a tante famiglie; soprattutto, viene consegnato ai giovani durante importanti appuntamenti diocesani.
Ma educare alla fede e alla vocazione è soprattutto educare alla preghiera. All’interno, la preghiera liturgica e di adorazione è centrale nella nostra regola di vita. Per questo, la Scuola di preghiera promossa dal Seminario può diventare quello che è forse l’appuntamento più importante durante l’anno. Con cadenza quindicinale, molti giovani e adulti si radunano per tre ore di sera assieme a religiose e religiosi. La partecipazione numerosa (a volte anche 400 persone), ci ha “costretti” a trasformare in Cappella una stanza accanto alla Cappella originale. Al momento di accoglienza da parte dei seminaristi seguono la catechesi tenuta dal Rettore del Seminario, l’ora di Adorazione Eucaristica, la condivisione in gruppi guidati da seminaristi e religiosi. Durante la preghiera silenziosa è possibile accostarsi al Sacramento della Riconciliazione. I preti del Seminario ed altri sacerdoti e religiosi si uniscono per essere strumento della Misericordia Divina, per ascoltare, per guidare all’ascolto: “è solo nell‘ascolto di Dio che il credente può giungere a scoprire il progetto che Dio stesso ha pensato” (NVNE 27a).
Occasione di ascolto e di condivisione, il Seminario la offre inoltre a quei giovani che più precisamente si stanno interrogando su una possibile vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata attraverso due iniziative particolari che, sia pure in diverso modo, intendono raggiungere rispettivamente gli obiettivi del Seminario minore e dell’anno propedeutico. La prima è l’esperienza del gruppo Samuele che propone la condivisione della vita in Seminario per un fine-settimana al mese in supporto al cammino spirituale di ragazzi della scuola media superiore.
I giovani più adulti, invece, si incontrano quindicinalmente il venerdì sera: la catechesi, l’adorazione, la S. Messa e la cena comunitaria scandiscono il ritmo di questi incontri che mirano ad una verifica sempre più matura della propria risposta vocazionale, alla luce di un approfondimento della Parola di Dio e di un confronto continuo con gli educatori del Seminario e gli stessi seminaristi. Ascoltare e invocare. Anche nella nostra, come in molte altre Diocesi, è viva l’esperienza della preghiera notturna per chiedere a Dio il dono delle vocazioni. Il III giovedì di ogni mese in Seminario il Santissimo Sacramento rimane esposto tutta la notte e le porte della Cappella restano aperte fino a mezzanotte per tutti, in comunione con altri istituti religiosi della Diocesi. E anche la domenica sera nella nostra Cappella invitiamo chi lo desidera a partecipare al Vespro Solenne celebrato dalla comunità.
“Luogo e segno” di preghiera: questo, la nostra comunità, desidera esserlo veramente e per tutti! La preghiera può veramente “creare nuova sensibilità e nuova cultura vocazionale favorevole al sacerdozio e alla vita consacrata” (NVNE 27a). Nella preghiera viviamo la comunione anche con i chiamati alla vita contemplativa, i quali “sostengono” il Seminario e le vocazioni e per i quali ci impegniamo ad invocare il Signore.
Il Seminario è comunità ecclesiale
È, cioè, un’“esperienza originale della vita della Chiesa… una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta attorno a Gesù” (PdV 60).
L’essere Chiesa è un messaggio fortemente eloquente che il Seminario può dare ai giovani. Troppo spesso, oggi, anche nei movimenti e gruppi ecclesiali è veramente scarso il “sensum ecclesiae”, il senso di appartenenza alla Chiesa. Questa debolezza nel percepire l’appartenenza segna, a mio avviso significativamente, l’identità dell’uomo cristiano. Nei giovani che incontriamo, il bisogno di appartenenza si traduce troppo spesso in legami con modelli preformati e idealizzati. E questo non soltanto, ad esempio nel mondo dello spettacolo o dei media ma anche – a volte – in ambito religioso. Si appartiene troppo ai gruppi, ai leaders, ai movimenti e troppo poco alla Chiesa e al Suo Signore! Il discorso vocazionale, per uscire da un individualismo-intimismo che rende critica non solo la risposta ma anche la perseveranza, ha bisogno di essere immerso in quest’orizzonte di appartenenza.
I seminaristi sono giovani che sanno di appartenere a Cristo e, in Lui, alla Sua e alla loro Chiesa: sono giovani che devono amare la Chiesa! Per questo, mi pare che la testimonianza di un Seminario Diocesano sia prezioso segno della risposta a Cristo incarnata nella Chiesa particolare: segno di “provocazione vocazionale” per i giovani ma anche per la stessa Chiesa diocesana. La Chiesa, non lo dimentichiamo, è definita dalla PdV “mysterium vocationis”! (PdV 34).
Primo importante e concreto segno di questa appartenenza è il rapporto che lega il Seminario al Vescovo. Il nostro Seminario ha, nella sua storia, un forte legame con il suo Pastore. La riapertura del Seminario Teologico Diocesano è infatti stata fortemente voluta dall’Arcivescovo di Reggio Calabria ed è stata intrapresa nel 1991 con solo 6 seminaristi. Un atto di fiducia nel Signore che chiama ma anche una consapevolezza delle potenzialità che il Seminario possiede per la vita spirituale e vocazionale di una Diocesi. Questo ci ha, in un certo senso, “segnati” dall’inizio.
Nelle diverse iniziative si pone dunque molta attenzione al rapporto reciproco che, attraverso il Seminario, i giovani della Diocesi e il Vescovo possono intensificare. Penso, ad esempio, alla giornata per i ministranti, alle giornate di spiritualità, agli esercizi vocazionali che a volte sono stati diretti proprio dal nostro Arcivescovo. Penso all’idea di pubblicare le catechesi sulla Chiesa da lui tenute ai seminaristi, dapprima sul nostro periodico e poi in un libro che il Seminario ha fatto stampare e ha distribuito in Diocesi.
Nella vita ecclesiale diocesana c’è un momento di Liturgia e di Grazia sempre molto significativo: le ordinazioni dei nuovi sacerdoti. I Vescovi italiani scrivono: “ordinazioni presbiterali e diaconali e professioni di consacrati sono preziose occasioni di evangelizzazione e di proposta vocazionale, specialmente se si ha cura di coinvolgere i giovani nella preparazione e nella celebrazione” (CEI, “Le vocazioni al ministero ordinato…” 27). La “familiarità” che il nostro Seminario offre alla Chiesa particolare diventa tangibile in questi momenti. Davvero, le Ordinazioni dei seminaristi sono un festa per tutta la comunità diocesana, soprattutto per i giovani. Nelle diverse parrocchie si attendono con Veglie di preghiera e curando la preparazione delle “Prime Messe” che i novelli presbiteri celebreranno. E, in Seminario, la sera precedente la Celebrazione delle Ordinazioni la comunità giovanile tradizionalmente si ritrova, per pregare con l’aiuto di un Oratorio musicale eseguito dalla Corale Diocesana.
D’altra parte, però, il Seminario è molto attento alle professioni religiose che avvengono in Diocesi, partecipando a queste Celebrazioni e rendendole note al mondo giovanile. In quest’ultimo anno, ancora, la prima Solenne Liturgia di Consacrazione delle vergini avvenuta dopo l’Istituzione dell’Ordo Virginum ci ha donato una “novità vocazionale” che, essendo la forma di consacrazione femminile più antica e caratteristicamente legata alla Diocesi, è in profonda unione con lo stile di preghiera e di radicamento nella Chiesa particolare che il Seminario ha potuto testimoniare in questi anni.
Nel legame tra la vocazione e la Chiesa particolare, in modo forte, si colloca il rapporto che il Seminario imposta con le parrocchie e le strutture ecclesiali orientate ad opere di carità, spesso rette da Congregazioni religiose. Qui i chierici svolgono il loro servizio e questo ci rende ancor meglio “segno” di un ministero sacerdotale – e dunque di una formazione vocazionale – orientata prima di tutto ad essere ripresentazione viva dell’amore oblativo di Cristo per la Sua Chiesa. Segno, inoltre, della necessità di vivere con il presbiterato e gli altri consacrati una fraternità (cfr. CEI, “Le vocazioni al ministero ordinato…” 14) fatta anche di attenzione filiale. Quanto è importante che i seminaristi indichino ai giovani la bellezza di potersi porre “alla scuola della vocazione”, direttamente e fiduciosamente, dai sacerdoti e dai consacrati. Quanta ricchezza essi ottengono e testimoniano anche, ad esempio, nell’attenzione e nella cura di sacerdoti anziani!
Quale, dunque, il “carisma” del Seminario nella pastorale vocazionale?
Si tratta di un dono e di un compito bellissimo e impegnativo, che lo Spirito Santo affida alle nostre comunità ed anche alle nostre singole persone, e del quale ho solo cercato di tracciare alcune linee, semplicemente sulla scia dell’esperienza.
Tra tutti, forse è l’ultimo il punto che mi sembra più caratterizzante: l’essere comunità ecclesiale. La nostra identità ci fa “ponte” tra il mondo delle vocazioni, soprattutto il mondo giovanile, e la Chiesa particolare, dalla quale veniamo e alla quale siamo destinati. Non è che questo non avvenga per le altre vocazioni di speciale consacrazione: anzi, come si è visto, accade in sintonia e profonda comunione con loro. Ogni vocazione è dalla, nella e per la Chiesa. Ma, essendo un Seminario Diocesano, noi apparteniamo concretamente al mondo di quei giovani ai quali ci rivolgiamo e di quella specifica Chiesa nella quale viviamo. Per questo, più visibilmente, di tutti e due i mondi e del legame che tra essi deve esserci, siamo “segno”.
Credo sia questa, al di là – come dicevo – di tante iniziative più o meno interessanti, una peculiarità nell’annunciare il vangelo della vocazione che il Seminario testimonia in unione agli altri consacrati. E, per questo, mi piace concludere il mio intervento con alcune parole del Documento Vita Fraterna in Comunità: “essendo la carità il carisma migliore di tutti, la comunità religiosa arricchisce la Chiesa di cui è parte viva prima di tutto con il suo amore. Ama la Chiesa universale e questa Chiesa particolare in cui è inserita, perché è dentro la Chiesa e come Chiesa che essa si sente posta in contatto con la comunione della Trinità beata e beatificante, fonte di tutti i beni, e diventa così manifestazione privilegiata dell’intima natura della Chiesa stessa. Ama la sua Chiesa particolare, la arricchisce con i suoi carismi e la apre ad una dimensione più universale” (Vita Fraterna in Comunità, 60). Sono parole rivolte proprio agli istituti religiosi. Con loro, il Signore ci conceda di vivere e annunciare la vocazione così: come un servizio d’amore che, con questo amore totale e consacrato, arricchisce concretamente la Chiesa – la nostra Chiesa particolare – e l’umanità intera. Così sia. Grazie.